31.3.16

Recensione: "Paese per nessuno"



Un film autoprodotto, realizzato da una troupe, praticamente, di una sola persona.
Imperfetto, certo, eppure non banale.
C'è un forte messaggio di fondo e un'anima dietro.
Ai confini del thriller esistenziale un film che racconta di vite perdute che hanno il solo desiderio di perdersi definitivamente.
(attenzione, locandina bella ma per certi versi fuorviante, trovate le immagini, più indicative, all'interno del post)

presenti spoiler
chiunque lo vuole vedere mi contatti in privato o contatti direttamente il regista a klaverna@libero.it




Finalmente, mesi dopo l'ormai cult Possessione Demoniaca, torniamo a parlare di un'opera autoprodotta.
Amatoriale la chiamerebbe qualcuno, ma in moltissimi casi l'accezione è assolutamente sbagliata e fuorviante.
Amatoriale, in genere, presuppone anche un giudizio di valore (basso), mentre in realtà andrebbe più riferito ai mezzi a disposizione, all'inesperienza dell'autore (e di altre componenti, come gli attori) o comunque a dati quanto più oggettivi possibile.

Perchè poi con mezzi amatoriali, da appassionato o da neofita, si possono raggiungere anche risultati eccellenti.
In alcuni casi, anzi, nella maggior parte dei casi, l'approccio (spesso forzatamente) amatoriale porta anche ad un risultato amatoriale ma, insomma, stiamoci attenti, non è automatica la cosa.
Detto questo nel realizzare un film autoprodotto (e qui ragazzi stiamo parlando di una troupe di una persona...) non c'è cosa più rischiosa e difficile che volerlo fare "serio", non di genere.
Non solo serio, ma autorale, con dentro delle tematiche forti.
E' quello che ha tentato Klaverna con il suo Paese per nessuno, piccolo film molto coraggioso e che merita senz'altro attenzione.
Quando usi il genere ogni errore può paradossalmente trasformarsi in divertimento, in momento cult, o comunque non essere troppo stigmatizzato.
Quando invece realizzi un drammatico (uff, che palle definire un film in questo modo così generale, ma è per capisse) ogni imperfezione ti si rivolta contro come un mostro a tre teste.
Quindi ci vuol coraggio ragazzi, a volte sfrontatezza.
E Paese per nessuno secondo me, tirando le somme, la sua battaglia la vince.
E la vince su parecchi fronti.
Intanto su quello tecnico, visto che il film è pieno di inquadrature e movimenti di macchina a tratti pure notevoli (molti realizzati con un drone, veramente belli). Ma l'occhio di Klaverna c'è, un senso estetico pure. Anzi, a volte semmai l'eccessiva cura di inquadrature e immagini potrebbe anche essere, appunto, eccessiva. Ad esempio la scelta del bianco e nero poteva presupporre la classica querelle "Questo sta a fa l'esteta o no?", quando in realtà si dimostrerà poi una scelta narrativa ben precisa, anche molto interessante e inconsueta (presente in b/n, passato a colori, con un senso poi).
Nei primi 10 minuti non c'è un solo secondo di inquadratura fissa praticamente.
La prima scena, curioso, mi ha ricordato l'incipit dell'ultimo film discreto di Argento, Nonhosonno, con quel dimenarsi, completamente coperti, anche il viso, sotto le lenzuola. E anche qua fa capolino una ragazza morta...
Altra sfida vinta è quella di aver trovato le facce giuste, praticamente tutte. Peccato invece che in fase di dialogo l'amatorialità (ecco, qua sì) dei ragazzi venga fuori abbastanza evidentemente.
I due fratelli chitarristi, poi, spaccano il video. E il sorriso di uno di questi nel momento in cui si toglie la maschera è davvero una scena molto potente.
Ma di che parla il film?
Eh, altro punto a favore, visto che in realtà dove il film vada a parare, quale sia il suo messaggio o la sua tematica principale è un qualcosa che, semmai, uno scopre piano piano. Peccato, in questo senso -ne ho discusso anche col regista- una locandina che "aiuta" o indirizza troppo lo spettatore verso una certa lettura, lettura non affatto scontata e che fino ai titoli di coda "parlati" era tutt'altro che esplicitata.
In ogni caso parliamo di una deriva giovanile che porta ad un nichilismo che porta ad un maledettismo che porta quasi ad un film "satanico", che porta al desiderio di non essere più dove si è, che sia il proprio territorio o la vita stessa.


Non avere sogni, obiettivi, probabilmente per colpa di una nazione e di un territorio che non ti aiuta in questo, e lasciarsi così scivolare via.
Interessante che partendo da questo assunto il film possa giocare con lo spettatore tra il drammatico, il thriller e persino l'horror (solo potenzialmente però, non ci arriva mai).
Con punte anche di weird.
Mi riferisco specialmente al dialogo tra il protagonista e la signora (a proposito, che forza e coraggio, complimenti) ustionata a mutilata.
Weird puro con una punta di grottesco nel canto finale, solitario, della stessa signora.
Ma il bizzarro massimo si raggiunge in quella che è probabilmente la scena più bella del film, nonchè scena madre per come è possibile ritrovare dentro di lei il senso del tutto.
Il ragazzo che guarda la cartina dell'italia, ritrova Parma (il luogo di ambientazione), poi strappa la cartina stessa, ne fa una maschera (credo demoniaca, con la Via Emilia che campeggia davanti) e poi se la mangia.
Che bella metafora (anche visivamente, degna di film ben più famosi) di questo sentirsi vittima del proprio territorio, condannati. Un senso di appartenenza misto ad un odio profondo. E quel finale ingoiare tutto, atto cannibalico di distruzione e di autodistruzione.
Credo che quella maschera di demonio fatta con la cartina italiana (ed emiliana) sia l'immagine simbolo del film.
Ho trovato molto ben realizzato poi il primo flashback, quello dell'arrivo del colore, Tempi giusti, musica giusta, montaggio giusto e colori giusti. E quelle foto, credo della famiglia di lei, bollite in acqua, originale.
Ecco, credo, ed è incosueta sta cosa eh, che il "Paese per nessuno" a colori sia più bello di quello in bianco e nero, anche esteticamente.
Ma non solo. Nella prima parte abbiamo le magagne maggiori. Un ritmo troppo rarefatto, un indugiare su luoghi suggestivo ma quasi fine a sè stesso alla lunga, un dialogo tra madre e figlio veramente poco fortunato. Il montaggio audio ad esempio è deficitario in alcuni momenti. C'è la scelta, ottima, di usare la presa diretta ma il paradosso è che tale scelta invece che dare naturalezza e "verità" svela il "trucco", con un brusio (credo del microfono) che pare comparire e scomparire tra un'inquadratura e l'altra.
A livello narrativo il plot, pur giocando sui piani temporali, non è affatto complesso, molto basico. Direi che si dà più importanza a quello che le vicende significano che a come le stesse vengono costruite.
Lo spettatore potrebbe restare però confuso almeno in un passaggio, via di mezzo tra un qualcosa di spiegato non perfettamente o ad una vera e propria dimenticanza.
A tavola madre e figlio parlano di 5 ragazzi suicidi. Lui è sconvolto dalla cosa.
Poi nel flash back, quello lungo, seguiamo le vicende che, o almeno io ho creduto così, hanno portato a quei 5 suicidi di cui sopra.
Ecco, in realtà ci sono solo 3 ragazzi in quella casa.
Ora, o la vicenda non è quella (il che porterebbe ad una confusione ancora più grande) oppure c'è stato un'amalgama affatto ben costruito tra passato e presente, colori e b/n. Magari poi quelle ragazze che dovevano arrivare sono effettivamente arrivate, o magari ci sono altre spiegazioni ma, come la mettiamo la mettiamo, si crea una confusione che poteva tranquillamente essere evitata.
Inutile dire altro, forse ho citato fin troppe scene e cose.
Paese per nessuno è un film imperfetto, certamente, ma realizzato con l'anima e con il desiderio assoluto di dire qualcosa.
E questo, al di là di tutto, è già importante.
In questo mondo e in questa terra senza più stimoli non resta che affidarsi alla musica di una chitarra, e suonare come se ci si trovasse nell'anticamera dell'addio.

7 commenti:

  1. Grande Klaverna!
    Sono contento che abbia trovato spazio anche in un altro blog! :)

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    1. Ahah, se lo merita.
      Ma per me resta Giovanni, se ne faccia una ragione

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    2. Giovanni a Giuseppe1 aprile 2016 alle ore 23:17

      dal sito di James visto che me lo merito...
      http://whiterussiancinema.blogspot.it/2016/02/intervista-klaverna.html

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    3. http://whiterussiancinema.blogspot.it/2016/02/intervista-klaverna.html

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    4. L'avevo letta un secondo dopo aver scritto la mia ;)

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  2. Giovani Ossetti alor
    grandi James e Caden!!
    grande anche Ruben Lasen che non conosco, e che è stato l'unico finora a chiedere di vedere il film!!!

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