9.11.19

Recensioni "Campo" - "My English Cousin" - "Honeyland" - BuioDoc 42 - Festival dei Popoli 2019

Sono al Festival dei Popoli di Firenze, un importantissimo festival di documentari.
Questi i film che ho visto ieri, in ordine di apparizione e - casualità - anche di gradimento (in climax ascendente)

Mi dispiace, specie per Honeyland, scriverne poco ma avevo 40 minuti di connessione per parlare di tutti e 3 i film


CAMPO

Da qualche parte in Portogallo (non ho fatto in tempo ad appuntare dove) esiste una delle più grandi basi militari europee (non ho fatto in tempo ad appuntarmi se sia addirittura la più grande).
C'è un solo problema, ovvero che questo è un esercito che probabilmente la guerra la vedrà solo al cinema.
Il soggetto del film era molto interessante, aver trovato questo gigantesco campo militare in cui si addestrano soldati che oltre "fingere" missioni e battaglie non fanno altro era sicuramente un buon motivo per raccontarci una storia.
Il film, però, ha due problemi.
Il primo è una coperta terribilmente troppo corta, troppo poco materiale per costruire un lungometraggio.
Il secondo problema è proprio il modo in cui il regista (presente in sala) ha tentato di allungare questa coperta.
E lo ha fatto facendo diventare Campo un'opera filosofica, esistenziale, di massimi sistemi.
Una voce fuori... campo ci parla di Dei, dell'Origine della Terra, di come gli uomini furono catapultati su di essa (e qui l'incipit con i paracadute dei militari è davvero bellissimo), di creazione di esseri umani e animali, di come tutte le qualità migliori (forza, velocità etc...) furono dati ai secondi lasciando i primi quasi come specie inferiore, di come poi grazie a Prometeo e il suo averci regalato il Fuoco potemmo dominare il Mondo, di Ordine e Caos, di granelli nell'Universo e di tante altre cose.
Il problema non è tanto quello che la voce dice (cose anche molto interessanti, altre invece meno) ma la sensazione che il significato del film sia enormemente superiore al significante, a quello che vediamo e, anzi, nemmeno troppo connesso ad esso.
Ne nasce un film che ha la stessa struttura di Behemoth, una voce Alta e Universale che si intramezza a immagini di noi poveri uomini, di militari che giocano alla guerra, di ornitologi che classificano uccelli, di pastori con le loro pecore (e qui il paragone con il capolavoro cinese è perfetto).
Ma mentre nel film orientale quello che veniva detto si sposava alla meraviglia con quello che vedevamo e, anzi, lo rendeva potentissimo, qui c'è la sensazione di una lezione di filosofia fatta su uno scorrere di immagini non tanto interessanti e pertinenti.
Se a livello di montaggio Campo somiglia a Behemoth per quanto riguarda gli spazi ricorda molto il nostro, sopravvalutatissimo, Sacro Gra.
La Base Militare come il Grande Raccordo Anulare di Roma, con cose che accadono dentro di esso o nei suoi pressi.
Ma anche qui c'è un altro problema visto che non si capisce mai se quella gente che corre, se quegli scienziati, se quei pastori siano dentro o appena fuori la Base o che attinenza possano avere con essa.
Il film rimane interessante, ha tante immagini belle (gli spari notturni, i paracadute, gli alberi che cadono, il racconto in bianco e nero della prima mongolfiera o del confronto uomini-rocce, la nascita dell'agnello e la morte di un altro) e i temi che affronta sono molto interessanti.
 Ma hanno due problemi.
Sono troppi e nel posto, forse, ahimè, sbagliato

6

MY ENGLISH COUSIN


Incredibile come in 10 minuti si sia passati da un film che voleva volare altissimo ad uno che, invece, non tenta mai minimamente, un solo secondo, di essere più grande del piccolissimo che è.
La storia di un algerino in Inghilterra, Fahed, raccontata dal suo cugino regista.
Fahed che fa il kebabbaro, che si sveglia sempre alle 5, che ha una moglie inglese e obesa con cui oltre a rispettarsi non sono nulla, Fahed che vuole tornare in Algeria, Fahed che lascia la casa e va a vivere in un appartamento insieme a 4 inglesi (grandi bevitori, of course), Fahed che poi in Algeria ci torna davvero e trova una ragazza da sposare ma nemmeno ci ha mai parlato, Fahed che poi cambia idea e torna in Inghilterra, Fahed che cambia di nuovo idea e torna ancora in Algeria, Fahed che trova un'altra ragazza da sposare, Fahed che ci ripensa ancora e, infine, torna per l'ultima volta nel Regno Unito.
Niente di più che questo nostro seguire questo simpaticissimo e bambinone uomo che arrivato a 50 anni non sa assolutamente che fare.
Sullo sfondo il duro lavoro, i pochi soldi, le tradizione algerine, la tristezza infinita di alcuni luoghi periferici inglesi, posti dove oltre che abbattere palazzi e bere nei bar non hanno altro da fare.
Ne nasce un documentario minuscolo, senza velleità, ma vero, sincero, divertente e mai piagnone.

Allo spettatore più volte scapperà una dolce risata, ad esempio nel vedere Fahed pesarsi con le valige, col personaggio (leggasi persona) fantastico del nipotino decenne, con le rumorose ma innocue liti in famiglia in Algeria.
Uno di quei documentari da camera che non chiedono niente (a differenza di Campo) e danno solo quello che vogliono dare, un'oretta spensierata e sincera.
E piccoli spunti di riflessione

6.5

HONEYLAND


E proprio in serata arriva il vero filmone della giornata.
Se qualcuno di voi ha conosciuto grazie a questo blog lo splendido Sto Lyko (greco) non potrà non vedersi anche questo Honeyland, film praticamente fratello.
Se nell'opera ellenica la protagonista era una poverissima famiglia di pastori qui abbiamo invece degli apicoltori. 
Per il resto i due film sono sovrapponibili, stessa inaudita povertà, stessa dignità, stesse difficoltà e - anche qui gestita in maniera straordinaria - stessa capacità di nascondere una leggera sceneggiatura sotto delle spoglie più reali del reale (penso alla morte della madre o al racconto dei progressivi problemi con la famiglia vicina, quasi di sicuro tutto opera di finzione).
Una storia di figlia e madre, anche se è sempre particolare parlare di figlie e madri quando la prima ha 60 anni e la seconda oltre 80.
Siamo in una remota zona dei Balcani, meravigliosamente arida o aridamente meravigliosa.
C'è una donna che oltre alle sue api non ha altro. Ha alveari in rocce che raggiunge solo attraverso pericolosissime mulattiere, ne ha altri sul muro di casa e altri ancora nella sua aia.
Prende sempre solo metà del miele per lasciarne metà a loro - le api - coloro che le permettono di vivere. Prende il miele senza protezioni, solo una sbuffata di fumo e nient'altro e non a caso il suo naso - grande così - racconta anni di punture.
Ogni tanto lo vende quel miele, a pochi euro al litro e con quei pochi soldi compra banane e poco altro, solo ciò che basta a sopravvivere. La madre è cieca e sta morendo ma ha un carattere di ferro e alla morte no, non ci pensa.
Un giorno arriva una famiglia di Rom turchi (o almeno credo) come vicina di casa della donna.
Anche loro sono apicoltori oltre che pastori di mucche. Hanno 6 bambini.
Per Hatidze, la donna di cui sopra, un modo per avere qualcuno con cui parlare, per sentirsi di nuovo viva, per vivere nel mondo.
Ma ben presto quella che sembrava una fortuna si rivelerà una disgrazia.
Honeyland è un documentario bellissimo, pieno di immagini ferme nel tempo e dotate di straordinaria potenza. 
Il mestiere dell'apicoltore è visto in ogni suo piccolo aspetto e l'empatia che lo spettatore prova per Hatidze davvero miracolosa.
Ne viene fuori la figura di una donna straordinaria che fa sentire lo spettatore piccolo piccolo, come un'ape.
Una donna capace di vivere col niente, capace di amare, di divertirsi, di accudire, di volere bene.
Vederla insieme a quei bambini scalda il cuore come scalda il cuore quel finale completamente sola, in una terribile e "perfetta" solitudine, con la famiglia amata ed odiata che se ne è andata e con la madre che l'ha lasciata per sempre.
Resteranno negli occhi delle immagini, come quel delirio di mucche nel recinto, come quelle due api che fanno lotta greco-romana allo stesso modo dei due ragazzi nella scena appena precedente, come il grande albero nel fiume, come la tinta che, vezzosamente, si fa Hatidze.
E' risaputo come in pochi contesti come quello dell'assoluta povertà sia possibile riscontrare la ricchezza umana.
Honeyland ne sarà l'ennesima dimostrazione.

8

6 commenti:

  1. Ciao Caden
    Stasera finalmente in sala ho visto Honeyland. Un viaggio senza tempo con le irruzioni della modernita' con radio ma il vero salto e' con il colore per i capelli, mi ha riportato qui.

    Da quando sono uscita ho in testa e canticchio...
    (...) Mastica e sputa 
    da una parte il miele 
    mastica e sputa 
    dall'altra la cera

    mastica e sputa 
    prima che faccia neve 
    stanotte è venuta l'ombra 
    l'ombra che mi fa il verso

    le ho mostrato il coltello 
    e la mia maschera di gelso 
    e se lo sa mio padre 
    mi metterò in cammino 
    se mio padre lo sa 
    mi imbarcherò lontano

    Mastica e sputa 
    da una parte il miele 
    mastica e sputa 
    dall'altra la cera.
    (...)

    "dolce" Nott
    francesca basil

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    Risposte
    1. ovviamente ho dovuto fare copia incolla per scoprire da dove viene :)

      adoro De Andrè ma, come sempre per me, conosco veramente poco (non sono uno che conosce discografie ampie di quasi nessun cantante)

      per il resto film grandioso che mi riporta anche a giorni molto belli a Firenze

      orgoglioso di averlo portato per primi noi nella rete

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    2. terribile quella frase che ho scritto in parentesi, non sembra nemmeno italiano

      ma si capisce via ;)

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  2. Sii tranquillo. Per me De Andre' e' come uno di famiglia, son cresciuta tra le sue canzoni ed abbiamo a casa l'evoluzione tecnologica dai dischi di vinile ai cd. Non e' mai mancato.

    Tornando al film, un po' di Hatidze e delle sue api son venute a casa con me. :)
    France Basil

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  3. Spiritoso!
    Preferirei una banana flambé, le porto solo zucchero e burro e siamo a posto! ;)

    Del cinema macedone il mio film preferito di sempre e' "Prima della pioggia" e' di tanti anni fa', bellissimo.
    France Basil

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