30.4.13

Recensione "Nella casa"


Potrei fare il critico fico e dire che sto film di Ozon è un gioiello.
Potrei farlo perchè forse lo è davvero.
Ma non sono un critico fico (al massimo affascinante, ma fico no e nemmeno critico se è per questo) e probabilmente non ho il giusto background culturale per apprezzare al massimo questo film che in alcuni momenti mi è parso andare oltre le possibilità di mia (piena) comprensione. Non che sia un film difficile di per sè, ma è senz'altro un film colto, molto colto.
Tra l'altro il soggetto mi attirava da matti, un mix tra cinema e letteratura fantastico.
Uno studente, attraverso dei temi scritti, racconta al suo professore di lettere la sua morbosa ossessione verso la casa di un suo amico, quella casa grande e bella come quelle di una normale famiglia borghese. Inizialmente l'interesse sembra solo per la casa ma più i temi (e le visite dall'amico) aumentano più il ragazzo sembra entrare in intimità con gli abitanti della stessa, il suo compagno di classe e i suoi genitori.
Il professore, affascinato dalla scrittura del giovane e anch'esso oramai morbosamente attratto da quella famiglia costringe il ragazzo a proseguire, andare sempre più avanti, entrare sempre più spesso nel cuore di quella casa e di quella famiglia.
Il soggetto è strepitoso.


La prima mezz'ora è un omaggio straordinario alla letteratura.
Qual è la differenza tra realtà e romanzo? E' possibile raccontare la prima? Colti discorsi tra naturalismo (descrivere la realtà così com'è), parodia della stessa o pura invenzione sono al centro dei dialoghi tra lo studente e il professore.
Claude racconta davvero quello che accade in quella casa o il tutto è filtrato dalle sue parole, dal suo punto di vista, dalla letteratura?
All'inizio al professore sembra interessare la verità ma più si va avanti più la vita di quella famiglia diviene invece una specie di romanzo che Claude in qualche modo deve scrivere per lui. Bisogna aggiungere conflitti, dare più spazio ai personaggi, porsi un obbiettivo, creare un finale. In una parola inventare. E lo spettatore da questo punto in poi rimane anch'esso confuso, i confini tra ciò che è vero e ciò che Claude potrebbe essersi inventato non esistono più.
Claude siede in fondo alla classe, è il posto dove lui vede tutti ma nessuno lo vede. E' il ruolo dello scrittore per eccellenza, quello onnisciente ma fuori dalla vicenda. E anche a casa dell'amico Claude è sempre là, ad osservare tutto, ma perlopiù nascosto. Ascolta tutto,vede tutto. O almeno così racconta. Ma piano piano il suo ruolo nel romanzo diventa quello di protagonista della storia, le sue azioni non sono più passive ma tremendamente decisive ed importanti. Nel frattempo la vita del professore va a rotoli, la sua ossessione per il ragazzo e per quello che va scrivendo lo allontanano dalla vita reale.
Il film a mio modo di vedere sarebbe stato fantastico se avesse premuto l'acceleratore su questa atmosfera opprimente, morbosa, pericolosa, sfuggente. Ne sarebbe venuto fuori un noir sui generis senza vittime di altissima fattura o un thriller psicologico molto ansiogeno e serrato. Ozon inizia invece a stemperare la tensione inserendo sequenze irreali -quelle in cui il professore entra in scena "fisicamente" pur non essendoci nella realtà- che se da un lato danno più valore alla dicotomia romanzo-realtà che lo stesso regista sta raccontando, dall'altro rischiano di far cadere tutto il castello. E la stessa cosa capita con alcune scene del giovane protagonista e le due donne accompagnate da musichette da commedia.




Meno sarcasmo, meno gusto per la commedia nera avrebbe giovato, così il rischio di un cortocircuito tra generi è stato troppo alto.
Come nel miglior romanzo aspettavo il guizzo, aspettavo che il racconto crescesse ma invece Ozon non riesce a chiudere la vicenda nel migliore dei modi.
Anche se il dubbio che ci rimane alla fine di chi manipolasse chi è davvero suggestivo.
E quelle parole che i due mettono in bocca a quelle donne sul terrazzo, quella scena, è davvero potente. Ancora una volta viene fuori il potere del racconto, dell'inventiva e la millenaria impossibilità di conoscere la realtà così com'è.
La vita è un romanzo da scrivere.
O, come ci suggerisce il finale con quella specie di sipario che si chiude, una semplice rappresentazione teatrale.

( voto 7 )

29.4.13

Recensione: "L' uomo che verrà"


Martina non parla più ma vede tutto.
Guarda.
Osserva.
Martina vede la macellazione di un maiale, le donne che intrecciano le ceste, due giovani che provano con paura e timidezza a scoprire l'amore in una stalla, la sua numerosissima famiglia che balla e si diverte in cantina.
Martina osserva la vita contadina nella quale sta crescendo, quel mondo quieto e noioso, puzzolente di letame e odorante di marmellata fresca,quel mondo con le uova ancora calde di chioccia e il vino appena creato da quell'uva lì vicino.
Martina non parla più, prima lo faceva però.
Ma vede tutto.
Martina vede che c'è qualcosa che non va, che quel mondo quieto e noioso non è poi così quieto, non ha più la magia della noia del ripetere ogni giorno gesti che vanno avanti da millenni. C'è tensione, persone che arrivano e partono, animi riscaldati senza bere vino.
Martina non parla più perchè un giorno il fratellino gli è morto tra le braccia. Come un pulsante, clic, non parla più da allora.
Ma vede tutto.

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Vede la pancia di sua madre gonfiarsi di nuovo, ogni giorno un pochino di più. Quella lì diventerà la sua personale clessidra, il count down che gli riporterà indietro tutto quello che aveva perso.
Martina vede e capisce che c'è qualcosa di brutto nell'aria. Quei posti dove tutta la sua famiglia vive da secoli non sono più soltanto loro. C'è gente che viene, che vuole cose. E gente a cui questo non sta più bene, gente che inizia a nascondersi, non solo per paura adesso ma per difesa. E vendetta.
Martina si immagina dei paracadute che arrivano dal cielo, uomini che verranno, chissà chi saranno.
Martina ha 8 anni soltanto.
E nel bosco vede quelli che considerava i buoni sparare in testa a uno dei cattivi. Perchè Martina non può sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa bisogna fare per sopravvivere e difendersi, a cosa può portare la disperazione. Martina non sa cos'è la guerra e le sue leggi.
Ma il fratellino nasce, Martina è felice, la vita può ripartire.
Ma non ci sarà nemmeno il tempo di cantargli una ninna nanna.
Perchè da lì in poi Martina vedrà cose che non solo un bambino ma nessun essere umano dovrebbe avere la possibilità di vedere.
Vede la madre falciata da una scarica di mitra.
Vede la gente, donne e bambini, portata a forza dentro chiese e cimiteri.
Non vede ma forse sente lontano gli spari di un massacro indegno.
Un massacro eseguito da bestie con il volto umano.



Non vede, e forse non si può nemmeno immaginare, quell'uomo che passa tra i corpi ad infliggere i colpi di grazia. Questa grazia così particolare, così inumana.
Martina forse non vede ma sente però -perchè gliela tirano addosso- la bomba scaraventata nella piccola chiesa dove l'hanno portata insieme agli altri.
Martina è illesa e vede il massacro intorno a lei.
Martina non ha visto e forse non saprà mai di suo padre, che con il cuore ormai lacerato e il cervello impazzito si concede alla morte.
C'è solo una cosa che deve fare, tornare dal suo fratellino.
Lo prende e lo riporta nella loro casa, quella casa ormai di gente deserta, di gente che nemmeno potrà tornare, sacrificata in un eccidio vergognoso.
Martina è finalmente sola con lui, lo tiene in braccio e lo culla.
E' nato nel 1944, quel bimbo è l'uomo che verrà dopo l'orrore, l'uomo che, se passa questi ultimi mesi di guerra, vivrà in pace in un' Italia diversa.
Martina ha chiuso il suo ciclo, ciò che era morto tra le sue braccia ora vive tra le stesse.
E parla Martina.
Canta.
Ninna nanna fratellino.

( voto 9 )



27.4.13

Buio in Sala Crazy Video (N°2): i rischi dei games online

Dovevo scrivere del meraviglioso L'uomo che verrà, sono 4 giorni che dovrei farlo a dir la verità.
Ma la testa non c'è un granchè, spero di scriverne comunque presto perchè merita.
Quindi, siccome non so che cavolo fare e visto il successo della precedente puntata  vi posto un nuovo video incredibile.
Mi accompagna da 10 anni.
E' un monito.
Va bene giocare, va bene appassionarsi.
Ma c'è un limite a tutto.


26.4.13

Recensione: "Castaway on the moon"




presenti spoiler

Nella vita tutti possono sentirsi dei naufraghi.
Sempre meglio naufraghi che alla deriva comunque, il naufragio è in qualche modo sempre un punto d'arrivo.
O di partenza.
La vita è un mare così periglioso, così insidioso, così difficile, così pieno di occasioni mancate e umiliazioni (vedere la strepitosa scena sul pelo dell'acqua, un riassunto di come tutto, affetti, lavoro e amore sia andato a rotoli) che a volte è una deriva 
                                                   insostenibile da reggere.
Allora Lui decide di farla finita e si getta nel fiume Han.
Ma il piano fallisce, il signor Kim si ritrova in un'isola deserta. Una piccola isola appena sotto il ponte dove si è gettato. Ma sempre un'isola è, se all'orizzonte invece del mare aperto ci sono i palazzi della tua città non cambia nulla, comunque sei solo. 
Su un'isola. 
Questo naufragio è un punto di partenza nuovo per lui.
E poi c'è Lei.

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Stesso cognome, Kim.
Anche a lei la vita fuori fa paura, così paura che vive da 3 anni reclusa in una camera nella quale non accetta nemmeno di ricevere la luce del sole. Perchè anche il Sole è un'insidia, uno sfregio alla nostra intimità.  Lei fa foto alla Luna, quella sì placida, bella e misteriosa.
Il suo naufragio non è come quello di Lui, non è un nuovo punto di partenza, ma uno doloroso di arrivo.
Solo due giorni all'anno la città si ferma, all'arrivo della primavera e dell'autunno, solo due volte sembra deserta, per via di una tradizione coreana. 
In quel caso, solo in quel caso, lei prende la sua macchina
fotografica/telescopio per vedere la città anzichè la luna.
 E per caso vede lui, laggiù, in quell'isola.
E' il suo alieno.
 Lo fotografa e sovrappone le foto di lui a quelle della luna attaccate al muro. 
Perchè solo in Korea sanno scrivere poesie facendo film.
Kim e Kim sono due alieni, due entità che col pianeta Terra c'entrano più nulla.


Lui cerca in tutti i modi di (re)imparare a vivere adattandosi all'isola, lei, spiandolo, inizia a sentire sempre più forte il bisogno di uscire da quella stanza. E' come un elastico, più lui tira la sua vita verso l'isolamento più lei viene attratta dall'uscire.
Impressionanti le metafore che si celano dietro a questa perla coreana. E non solo quelle evidenti dell'uomo naufrago della vita che scappa dai propri "doveri". E non solo quella dell'alieno, del sentirsi diversi da tutto e tutti (il titolo è magnifico).
Ci sono tante piccole cose, su tutte la meravigliosa, divertente e straziante necessità di  lui di mangiare degli spaghetti ai fagioli neri sull'isola, un desiderio incontrollato e incontrollabile, un'ossessione che in qualche modo lo terrà mentalmente in vita. Ha trovato la bustina del condimento (un'isola, ovviamente, che essendo urbana è piena di scarichi). Mancano gli spaghetti. Ed è qui la metafora. Se si è convinti di poter raggiungere un'obbiettivo si fa di tutto per ottenerlo. Probabilmente si diventa ancora più intelligenti. 




Il signor Kim prende il guano degli uccelli, sperando nasconda semi. Crea un orticello, "pianta" il guano. Un giorno cresce una pianta di mais che gli darà farina di mais etc etc... Sta di fatto che quegli spaghetti creati dal nulla rappresentano tutto, un sogno che si avvera o il raggiungimento di qualcosa che si è costruito. E mangiandoli, probabilmente, Kim per la prima volta in vita sua si è sentito veramente felice. 
E noi, come quando Ego assaggiò la ratatouille, restiamo affascinati ed emozionati da tanta bellezza.
Si ride, si piange, ci si emoziona.


Lo si fa per un dito dietro l'obbiettivo della macchina fotografica che aiuta lui a spingere quell'anatra, per la stessa anatra, oggetto inanimato che diventa personaggio in grado di toccarci il cuore, per una corrispondenza strana, lei che gli getta nell'isola biglietti dentro bottiglie e lui che gli risponde con frasi scritte nella sabbia, per una notte in cui (ancora una metafora) si perde tutto quello che si è costruito in una vita, per una corsa disperata, finalmente fuori, finalmente alla luce, finalmente senza casco protettivo per nascondersi verso qualcosa che non si può perdere. La scena è praticamente identica al finale di Truman Show, lei che parte appena vede che lui torna nel mondo reale (lì per scelta, qui per costrizione).

Ma non la vediamo solo partire, la vediamo correre.
Corre lei, corre.
Corre questa ragazza che per 3 anni non ha mai trovato una sola ragione di vita.
Corre disperata perchè se non lo raggiunge è tutto finito, niente ha più senso.
Corre più che può, ma un autobus sarà sempre più veloce di te.
E' finita, il pianto disperato è il pianto di chi in pochi secondi sa di non avere più niente, nessun obbiettivo, nessuna speranza.
Ma la città si ferma solo due volte all'anno, ricordate?
All'inizio della primavera e in quello dell'autunno.
E oggi è quella seconda volta.
L'autobus, da qualche parte, è fermo.
Ricomincia a correre.

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La città si ferma solo due volte in 365 giorni. Poche decine di minuti.
La prima volta, per caso, lo vedesti su quell'isola.
La seconda, stavolta non per caso ma perchè è la cosa più importante che tu abbia mai fatto, lo vedrai in quell'autobus.
"Who are you?" aveva chiesto l'uomo sulla sabbia prima di essere portato via, senza ricevere nessuna risposta.
Adesso lei è lì, può dirgli il suo nome.
E poi te le dirai il tuo.
Fallo dopo, prima finisci di piangere.

( voto 9 )

25.4.13

Recensione " Le streghe di Salem"


Rispetto a La casa del Diavolo in un aspetto Rob Zombie è riuscito pure a migliorare.
Farci vedere il culo di sua moglie Sheri Moon non solo per 15 secondi ma 3,4 minuti buoni, sia nella versione già vista nel precedente film vedo/non vedo sia, stavolta, anche in plein air, completamente libero.
Sì perchè per il resto Lords of Salem è uno scempio cinematografico come raramente ne ho visti negli ultimi anni, una pellicola così vuota nel suo tentativo di pienezza, così fastidiosamente tronfia ma al contempo banale da fare fatica ad arrivare in fondo.
Chi mi legge sa che è quasi impossibile che io demolisca un film, che tento sempre di salvarlo, che -perchè magari dopo questa rece a qualcuno sembrerà così- non mi sono mai sentito urtato in quanto credente.
Ma c'è un limite a tutto.
Questo film è un'esaltazione al satanismo quanto World Invasion lo era al corpo dei Marines.
Ci sono poche tipologie di persone che possono apprezzarlo.
1 I fan accaniti di Zombie che non riescono nemmeno a distinguere un capolavoro come La casa del diavolo da una boiata come questa.
2 tutti quelli, specie le nuove generazioni, cresciute con l'odio verso tutto ciò che concerne la religione. Ah, loro si esalteranno alla grande vedendo papi con visi di fango che si fanno le seghe o madonne rivisitate. Ma non capiscono che esaltarsi per queste cose li mette sullo stesso piano di tutte le nefandezze e discutibili posizioni che vorrebbero combattere riguardo la Chiesa.
3 i satanisti che, seppur IMHO abbiano un quoziente intellettivo più basso dei due precedenti punti, almeno nella loro devianza hanno tutto il diritto di farsi piacere il film.
Che poi, parliamoci chiaro, Lords of Salem mostra la corda proprio sul lato cinematografico, ce ne potremmo anche sbattere del continuo inneggiare a Satana e alla decine di scene penosamente blasfeme messe dentro.


La storia non sa di niente,la trovata del disco che tramanda un certo "potere" è ottima ma per il resto niente di niente. Nel 2013 siamo ancora costretti a vedere tutti gli stereotipi possibili riguardanti le streghe: i canti, i riti, le facce brutte e cattive, i sacrifici, le maledizioni, i roghi per bruciarle, le risate malefiche E il loro Signore, Mr Satan,visto in tutte le maniere, caprone, Yeti (quando entra la prima volta nella stanza numero 5, meno male non la 666), bambino deforme-con una live zoppia- e chi più ne ha più ne metta.
Non c'è una singola sequenza da ricordare, forse la migliore è addirittura il dialogo tra le 3 sorelle e il ricercatore davanti la tazza di thè. E Zombie toppa anche in una componente che in un film del genere avrebbe fatto la differenza, i visi. Le 7 streghe e le 3 sorelle sono inquietanti come il parmigiano invece del pecorino nella carbonara, il ricercatore sembra un allocco, il collega nero di lei pare un personaggio di un cartone animato, tipo Cleveland dei Griffin. L'unica che funziona è lei, Sheri Moon, splendida ragazza e ottima attrice che qui conferma il suo carisma, la sua presenza scenica.


Poi per il resto sputi ai bambini, parti in onore del Diavolo, 6,7 volte la stessa sequenza, noiosissima, delle streghe vecchie e nude che inneggiano a Lui (a proposito, Zombie co le donne nude c'ha la fissa, maialone...), senza dimenticare poi le sequenze più trash, i goffi tentativi di blasfemia scioccante come la fellatio del prete, i papi sopracitati che si sollazzano o tutte le offese che si prende il povero Gesù, pace all'anima sua.
Ragazzi,il film è noioso, banale e malfatto, se non siete nelle 3 categorie sopracitate sono sicuro che la pensate allo stesso modo. E dire che il trailer mi prendeva da morire, credevo che fosse un horror quasi epocale. I detrattori di Von Trier dicono che faccia film patetici, manifesto della sua pazzia, malattia e onnipotenza. Ma a livello cinematografico, anche se lo odi, non puoi non restarne affascinato.
Zombie ha fatto un film che manifesta la sua pazzia, malattia, blasfemia e onnipotenza.
Ma asciuga asciuga non rimane comunque nulla.
E pensare che mi aveva così affascinato con quella famiglia di pazzi, loro sì demoniaci, dei Firefly.

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Nel prossimo film fai quello che vuoi nostro nuovo profeta.
Ma dacci 7 minuti del sedere di tua moglie.
Intendo in immagini, non arrabbiarti.
Per il resto non importa.

( voto 4 )

23.4.13

Recensione: "Confessions" - Horror Underground - 4 -




Torna la rubrica sui film horror e/o disturbanti poco conosciuti al grande pubblico. Le precedenti puntate sono nel box in alto.

Mancato capolavoro.
E' stata fortissima la tentazione di piazzare (minimo) un bel 9 a questa grandissima pellicola di Nakashima.
Storia affascinante se ce n'è una,confezione magistrale, intreccio che si dipana splendidamente.
Eppure malgrado le terribili vicende trattate -credo che raramente il termine quasi infantile "cattivo" si possa adattare meglio a una pellicola- malgrado tutto quello che succede, è così alto e invadente il livello cinematografico del tutto che lo spettatore rimane più coinvolto e preso dalla bellezza di quello che sta vedendo che dalle vicende narrate e dalle emozioni. L'uso dei ralenti, la voice off presente dall'inizio alla fine, la fotografia, la perfezione stilistica, la cura certosina di come viene svolta la trama, tutto contribuisce a vedere che c'è troppo cinema a manovrare i fili del tutto. Non che altri capolavori come Old Boy o Lady Vendetta sotto questo aspetto latitassero, anzi! (specie il secondo) ma qui si avverte un leggero senso di fastidio, difficile spiegare perchè.
Ma il film è e rimane splendido, a lasciarsi trasportare senza troppi sofismi è un capolavoro senza se e senza ma.
Rimane splendido perchè se l'autorialità è troppo invadente nelle confezione certo non latita anche nei contenuti. Confessions è un film che a perderci tempo ci si possono scrivere pagine su pagine.

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Il senso della vita, il valore della stessa, la cattiveria e l'odio umano, il nichilismo che prende al petto già a 13 anni, la vendetta non fredda ma elaborata, il disagio giovanile, il bullismo, l'importanza degli affetti, il dolore "perfetto" per la perdita della propria figlia, lo spirito di emulazione dei nostri bambini, il senso di colpa scontato per tutta la vita. Forse anche troppe le cose che ci si trovano dentro.
La narrazione è particolarissima sia a livello temporale, perchè la vicenda ha un presente, un passato e un futuro che continuamente si intersecano tra di loro (con un uso dei flash back davvero particolare perchè non sono tutti antecedenti a un singolo e dato fatto ma a più piani del presente della narrazione, ossia quello che può essere un flash back rispetto un certo punto può rivelarsi un flash forward da un altro punto di vista) ma anche, per l'appunto, per i diversi punti di vista, le confessions del titolo, per cui ogni volta un personaggio (con voice off) prende il testimone da un altro e ci racconta quello che succede o è successo.

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Lo spettatore rimane affascinato perchè non è tanto la vicenda a cambiare quanto le motivazioni o le reazioni dei diversi personaggi. Qui si parla dell'omicidio (a metà film si scopre ancora più terribile di quanto sembra) di una bambina di 4 anni da parte di due 13enni (molto simile alla vicenda alla base del bellissimo Boy A) e della subdola, calibrata, terribile vendetta più psicologica che fisica che la madre della bambina attua verso di loro, tra l'altro suoi studenti.
Il mondo degli adolescenti raccontato in Confessions è così sbagliato, perverso e preoccupante che in confronto l'immenso Eden Lake ci andava leggero. Delitti per esaltare sè stessi, delitti pe dimostrare qualcosa, delitti per noia o per fama, delitti perchè tanto non si è condannati, delitti per emulazione. E la cattiveria dei coetanei a quell'età può raggiungere livelli quasi inumani (il foglio degli auguri "cifrato" appeso al muro fa rabbrividire).

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Resta comunque un film di vendetta, di vendetta manovrata e calibrata come quella in Old Boy. E, vuoi per un caso o no, gli ultimi meravigliosi, quasi sublimi 10 minuti ricordano tanto il capolavoro di Park. Anche qui viene premuto un tasto e anche qui premendolo si hanno effetti devastanti, opposti a quelli previsti. E anche qui la pena più grande non sarà la morte ma il senso di colpa da scontare in vita (anche se il Old Boy il "mostro" forse se ne va).
Ma il capolavoro di Confessions, la perla di sceneggiatura che quasi fa gridare al miracolo è quella sveglia che funziona al contrario. E' la prima invenzione di Shuya, il primo tentativo di avvicinarsi alla madre attraverso il suo talento. Rimane lì, ancora funzionante, in quello studio devastato (sogno o no non importa). Shuya la prende e il tempo, come le lancette, comincia ad andare all'indietro fino a quando non raggiunge di nuovo il volto della madre fiero di lui. L'emozione è fortissima. Ma appena raggiunta la felicità il tempo poi va inesorabilmente di nuovo in avanti, la tragedia non si può cancellare. E quando il finale sembrava già cattivo abbastanza arriva la gelida frase di Yuko. No, nessuna rinascita. certe vite possono fermarsi anche a 13 anni. E' solo il corpo ad invecchiare.

( voto 8 )

22.4.13

Recensione "La città ideale"




Lo Cascio è venuto qui a Perugia a presentare questo ottimo esordio dietro la macchina da presa. 
Peccato che io abbia inavvertitamente scelto la seconda proiezione cosicchè non solo mi sono perso più di un'ora di dibattito post prima proiezione ma ho iniziato la mia alle 23.40 (anzichè 22.30) e, ovviamente per noi, finito il film all'una e 20 di notte non c'è stata nessuna discussione...
Però Lo Cascio ci ha presentato il film 10 minuti, giusto per inquadrarlo e "lamentarsi" (giustamente) dell'indecente distribuzione italiana che assegna il numero di copie ancor prima di vedere i film. E' il solito discorso, siamo noi a decretare cosa piace o cosa non piace o sono "loro" a farlo a tavolino per noi?
Il nuovo pubblico, quello cresciuto a pane ed effetti visivi, ha colpa di alimentare solo questo settore oppure è il mondo della distribuzione ad averlo allevato così?
La città ideale è stato distribuito in 20 copie, una cifra ridicola.
E così nella prima scena, quella in cui il protagonista -malato delle energie alternative, niente acqua, luce e gas- mette dei secchi per raccogliere l'acqua piovana mi sono immaginato che quei secchi fossero la ventina di copie del film e l'acqua che dovevano raccogliere i possibili consensi. 
Beh, restando dentro metafora mi auguro un temporale per Lo Cascio. 
Io intanto il mio bicchiere d'acqua ce lo metto.

Michele Grassadonia è un architetto palermitano trapiantato a Siena (informazione molto importante alla luce del finale). Per farla breve una notte trova un corpo riverso sulla strada. Lo soccorre, chiama la polizia ma una serie di casualità sfavorevoli lo porta ad essere l'indiziato.

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Si è parlato molto di Kafka per questo film. In realtà l'immenso scrittore ceco scappa fuori troppo spesso quando un film affronta certe tematiche come il disagio interiore, la surrealtà, il non riuscire a difendersi, il tormento, il sentirsi imprigionato in qualcosa di indefinito, la burocrazia etc... etc... .
Io ci ho visto tanto anche dei racconti di Gogol, questa atmosfera tra il tragico e il comico, queste povere persone a cui accadono piccoli e strani avvenimenti, questa "società" sfuggevole e pericolosa.
L'intreccio è semplice, un pasticciaccio brutto dal quale Michele non riesce ad uscire.
Prima di trovare l'uomo il protagonista ha investito qualcosa, o qualcuno. Il pensiero lo tormenta, sa che la sua salvezza può trovarla solo in quel ricordo (perchè giustificherebbe uno dei due danni alla carrozzeria, quello decisivo).
Michele non vuole usare mezzucci per difendersi, nessuna tattica, crede che l'unico modo per salvarsi sia semplicemente dire la verità, anche se questa sembra così strana, confusa e piena di arzigogoli.
Il film è un dialogo dopo l'altro, un tentativo di tutti di capire cosa è successo quella notte.
Il Caso è stato senz'altro decisivo, tutto -e qui quella letteratura tragicomica a cui accennavo- sembra aver giocato contro Michele. Da 8 anni non guidava, prende la macchina proprio quella sera. Da almeno 10 giorni non pioveva (lo si nota dai foglietti iniziali), quella notte il temporale. E poi investire quel qualcosa o qualcuno prima di trovare un corpo. La macchina è ammaccata, tutto fa sembrare sia stato lui. Fortuna che un collega (a proposito, Michele è odiato da tutti per le sue manie ecologiche) a un certo punto gli dice "col solito culo che c'hai...".




Lo Cascio (al solito bravissimo come attore) riesce nell'impresa di confezionare un'opera prima che ha un proprio stile. E' forse proprio nella ricerca dell'originalità e della commistione di generi che ogni tanto incappa in qualche scivolone. Ad esempio l'indagine è abbastanza blanda, troppo per fare di questo un thriller o un noir serrato. E il ricorso ai sogni (di solito le sequenza oniriche sono sempre segno di autorialità) davvero gratuito a volte. Lo spettatore tende a credere che quelle sequenze porteranno alla fine al ricordo di cosa è successo quella notte mentre invece l'illuminazione ci sarà sì, ma con una botta in testa e un dipinto, altro che sogni. E il tentativo d inserire una Lei (magnifica ragazza) nel plot si rivela alla fine per nulla significativo (rapporto un pò simile a La migliore offerta). Peccato perchè singolarmente i due personaggi, il protagonista e lei, avevano una propria caratterizzazione davvero forte e non mancano intuizioni in tal senso (ad esempio gli studi della ragazza sulla cattura...).
Ma il film funziona alla grande, alcuni dialoghi sono veramente ben scritti, gli attori, quasi tutti del sottobosco italiano, sono ottimi e la regia, come dicevo, dimostra di avere gusto e stile. Tanti i primissimi piani, alcuni magnifici.
La qualità più grande del film, però, è che è pur trattandosi di vicenda molto verosimile e, in parte, anche tendente alla critica sociale, non c'è mai un senso di verosimiglianza totale, sembra tutto assurdo e grottesco. L'ufficiale giudiziario in carne che dialoga affannosamente per le scale ma poi non entra in casa, il dialogo con l'avvocato col cinese a far la spia, l'interrogatorio finto con la madre, lo stalliere con le ceneri del cavallo, fanno sì che Lo Cascio, anche se si dice il contrario, si discosta molto da certo cinema verità, pur prendendolo sicuramente ad esempio.


Poi nel finale il personaggio della madre (la vera madre di Lo Cascio) è così straordinario che illumina il film di luce propria. E l'avvocato palermitano si candida come miglior personaggio della pellicola ( e Burruano, credo zio di Lo Cascio, come miglior attore).
Ala fine Michele per salvarsi deve tornare alle proprie radici, alla chiassosa Palermo contrapposta alla placida ma oramai nemica Siena.
E' un omaggio alle proprie radici davvero potente per il regista.
E c'è, anche, qualche velata critica, specie in quel "i modi per convincerli li troviamo".
E in un finale molto inaspettato quel sorriso può voler dire tante cose.
Una parvenza di tranquillità ritrovata, un improvviso capire come va il mondo, un sorriso carico di tensione per quello che dovrà avvenire con i "metodi" palermitani, il ritrovarsi in mezzo alla propria gente e riconoscersi.
O semplicemente un sorriso per quei funzionari che si tirano le cartelle.
Questo è il Sud.
E ride Lo Cascio.
Bravo Luigi.

( voto 7,5 )


16.4.13

Recensione: "Triangle"

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spoiler da cima a fondo

Notevolissimo.
Uno come me legato in maniera impressionante a quel gioiellino fatto col nulla -sempre che un'idea in questo mondo possa essere considerata nulla- di Timecrimes guardava a questo Triangle con aria minacciosa, credendo che qualcuno si fosse appropriato della genuinità e semplicità del piccolo film spagnolo per apporvi  sopra lustrini e luci stroboscopiche. Invece non solo Triangle è esso stesso un film che basa tutta la sua forza e bellezza nell'idea e nel fascino del suo dipanarsi (certo con mezzi superiori a Vigalondo) ma ha una sua propria e personalissima originalità. In effetti l'unica cosa che lo può accomunare a Timecrimes (a parte l'"uomo" con le bende) è solo il concetto dei viaggi nel tempo. Per il resto, e non l'avrei mai detto, il film di Christopher Smith -giovane regista britannico molto interessante con alle spalle l'incompleto ma suggestivo Creep, il piccolo cult Severance e il buon Black Death- riesce a trattare tale tematica in una maniera ancor più affascinante e soprattutto, visto il finale del film, dando una profondità all'opera del tutto assente nel film spagnolo.
E, se vogliamo essere pignoli e presuntuosi nel credere di aver capito veramente il film, nemmeno dovremmo parlare di viaggi nel tempo per Triangle ma di qualcosa di molto più trascendentale, importante, terribile.

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L'inizio, rivalutato poi alla luce del finale, è folgorante. Jess arriva alla barca confusa, spaesata, come se le fosse appena accaduto qualcosa ma, al contempo, riconoscesse quello che le sta per accadere. Lo spettatore è anch'esso confuso ma molto affascinato. Arriva quella tempesta, forse un espediente un pochino furbo del regista per lasciare il dubbio su più interpretazioni di quello che vedremo.
L'analisi di un film come Triangle non può prescindere da due elementi, il senso di colpa e la morte. Tutto il resto, la magnifica intelaiatura, il concetto di tempo ciclico ma disordinato al suo interno, tutte le vicende devono essere lette alla luce degli ultimi splendidi 5 minuti, probabilmente un pochino difficili, ma decisivi. Smith la chiave di lettura ce la dà dentro la nave. Lo stesso nome della nave, Eolo, e la leggenda narrata all'interno, quella di Sisifo, suo figlio, sono il centro nevralgico di tutto.
Questo film non è un gioco fine a sè stesso. Magari per buona parte della sua durata si diverte (e fa divertire) a mischiare le carte, a confondere, ad arrotolarsi continuamente su di sè, a farti innervosire perchè più di una volta ti porta a cambiare interpretazione. Impossibile non capire però, anche durante tutti questi tentativi di sviare, che il fulcro di tutto sia il bambino "lasciato a scuola". Malgrado tutto il finale arriva comunque inaspettato.

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Prima è molto interessante capire come funzioni questo concetto di tempo nel film, capire se c'è davvero un modo di uscire dal loop (come in Timecrimes) o no. Ma qui non ci sono i tre Hector e le loro sole interazioni, qui, e lo si capisce indizio dopo indizio (le carte, poi le collanine, poi la superba scena dei corpi dell'amica) c'è qualcosa di più grande, di eterno, di interminabile e, forse,immodificabile.
Sisifo, già. appunto. E quella pietra portata su all'infinito.
Ma Sisifo cercò di ingannare la morte per sè, per salvarsi. Studiò uno stratagemma per tornare nel mondo dei vivi e fregare gli Dei.
Jess non vuole ingannare la sua di morte.
Jess è stata una madre terribile, o soltanto una madre che non ha retto al terribile problema del figlio.
Jess ha un senso di colpa incredibile.
Jess vorrebbe solo salvare suo figlio, non causarne la morte. Vorrebbe solo essere una buona madre. E allora torna continuamente in quella nave, nel mondo dei vivi, e poi in quella spiaggia. E poi in quella casa, casa sua, per distruggere quello che era e ricominciare da capo con ciò che più ama al mondo, il suo bambino.

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Ma la morte non si inganna, anche se nella nave le sembrava che in qualche modo il destino, l'ordine delle cose, potesse essere modificato, in realtà nulla può mutare.
Quei corpi morti degli albatros sono una scena capolavoro.
E quel bimbo che indica qualcosa non indica quella macchia di sangue ma qualcos'altro. Qualcos'altro che sta arrivando e ha vissuto troppe volte. Una scena devastante.
"Tornerò" dice Jess al tassista. E torna alla nave. Per riprovarci.
Qualsiasi madre, se soltanto le dessero l'opportunità, forse st'inferno lo vivrebbe.
Per sperarci ancora.
E ancora.

( voto 8 )

( in più c'è un'altra interpretazione nel primo commento, solo per chi ha visto)

9.4.13

La casa dei piccoli cubi, ovvero la Madeleine delle mie personali meraviglie

Oggi per caso mi sono rivisto questa autentico capolavoro recensito già a suo tempo (ormai quasi 3 anni fa). Credo che ci siano poche parole per descrivere questi 12 minuti, non ne aggiungo altre, se non l'avete ancora fatto guardatelo:



Ma non è tanto questo il motivo alla base del post. Prendendo spunto da questa perla mi è venuto in mente (anche perchè il tema del ricordo è alla base del corto) di controllare quanti "10" ho messo in questi 3 anni e mezzo nel blog. Non sono moltissimi, tutti hanno diverse motivazioni per aver raggiunto il massimo dei voti anche se di base ce n'è una sola, l'emozione che mi hanno regalato. Eccoli (con link alla rece):
La Maison en petits cubes: qui dare 10 è quasi d'obbligo 
Old Boy: è stato per più di 10 anni il film della mia vita. Forse per alcuni versi è ancora quello cui sono più legato. E non solo per il nick...
Ben X: fu un 10 dato di getto, scrissi la rece con le lacrime agli occhi, sopraffatto da quel pre-finale nella chiesa che rividi almeno 4 volte. Mai un film in un modo così tenero, dolce, ma anche violento e realistico mi aveva così emozionato. Magari il vero voto sarebbe un 8,5 ma chissene.
Le Ali della Libertà: questo era il mio best movie pre-Old Boy. Film immenso che ha solo un difetto, l'esser diventato quasi per tutti così importante e straordinario che si è iniziato a sputargli sopra. La rece è chilometrica, lasciate perdere.
Il Sospetto: ho iniziato l'anno 2013 col botto. Questo probabilmente è il film ad avermi più coinvolto in vita mia in sala (anche se i 10 minuti finali di Big Fish sono gli unici a non avermi fatto letteralmente respirare). E anche qua, come in Ben X, la scena capolavoro è nella chiesa. E anche qui quella chiesa è segno di riscatto. Voto leggermente gonfiato ma a me piace dare i voti così. Col cuore.
Synecdoche New York: il mio film, non solo ha spodestato Old Boy ma non c'è alcuna possibilità che in vita mia veda qualcosa di più bello, di più importante, di più completo di questo. E' il film della mia vita, spero solo non lo diventi in tutti i sensi.
Appena sotto, con un 9,5 ci sono Biutiful, Melancholia, Dogtooth, Inception, The Orphanage.
I 9 sono troppi, rischio solo di annoiarvi. Ma da questi lista fantasma di 10 titoli voglio ripescare e mandare un gradino più su questi due: Dead Man's Shoes e La Donna che canta.
Tanti altri che ho visto in vita mia meritano gli stessi voti. Ma non sono passati per il blog.
In questa lista comunque c'è tanto della mia vita.
Perchè il cinema, per chi lo ama, è tanto simile alla vita.

8.4.13

Recensione: "L'arrivo di Wang"

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alcuni spoiler

Mamma mia quanto voglio bene ai fratelli Manetti...
Forse son troppo caciaroni e con la barba lunga per chiamarli Autori, gli manca il cravattino e il viso glabro con gli occhialini da intellettuali ma questi sono tra i pochi in Italia che sanno inventarti un film (sempre di genere se possibile), si divertono a scriverlo e hanno il coraggio di realizzarlo.
Già, il coraggio... E' proprio quello che ha forse portato i fratelli a un finale fantascientifico esagerato, realizzato con 3 rosette e 8 fette si salame Milano, forse troppo mostrato per i mezzi che si avevano, si poteva benissimo raccontarlo in altra maniera, ad esempio solo intravisto negli splendidi occhi di lei.
Ma tutto quello che c'è prima è un autentico gioiellino di originalità, mestiere (perchè le sceneggiature vanno sapute scrivere) e atmosfera. Forse l'Arrivo di Wang è persino superiore a quell'altro piccolo grande film dei Manetti che è Piano 17.
Gaia è una bravissima traduttrice del cinese mandarino. Viene chiamata da dei non meglio precisati uomini di stato per la traduzione simultanea dell'interrogatorio di un misterioso Signor Wang. La prima parte dell'interrogatorio è fatta al buio. Quando le luci si accendono Gaia scopre l'identità di Wang. Quello che ha davanti ha dell'incredibile. Non lo sa ma i destini del mondo intero sono in quello stanzino.



Io amo i film di sceneggiatura, quelli che si reggono quasi solamente su dialoghi ed atmosfera. Non è un caso che sia stato tra i pochi ad aver salvato, più che salvato, il vituperato Buried (anche se specie nella prima mezz'ora il film può ricordare l'appena recensito Compliance come atmosfera e per il fatto che la ragazza si trovi in quello stanzino senza riuscire a capir nulla di quello che gli sta accadendo).
Ci sono lei, l'ispettore e il Signor Wang. Era davvero difficile creare un'atmosfera con un film basato per tre/quarti della sua durata su sole domande e risposte,tra l'altro quasi sempre le stesse domande e quasi sempre le stesse risposte, sempre poi ripetute sia in italiano che in cinese. C'era tutto per annoiare lo spettatore. Invece malgrado la ripetitività delle sequenze il film funziona alla grande, lo spettatore non solo è incuriosito di quello che può accadere ma quasi affascinato. Lei è bravissima, Fantastichini (L'ispettore) gigioneggia un pò troppo e sta eccessivamente sopra le righe ma alla fine funziona. Lo troviamo davvero odioso anche se due/tre sue battute sinceramente m'hanno fatto scompisciare ("brutto polipone di merda", "dopo ci andiamo anche a prendere un caffè con lui a Piazza Navona"), i Manetti hanno uno humour nero di primordine. 

Geniale la scelta del cinese per il Signor Wang, mascherata come scelta dovuta all'essere la lingua più parlata del mondo è in realtà una straordinaria metafora dei Manetti del mondo attuale dove viviamo, un mondo che non tra molto sarà dominato da persone con gli occhi a mandorla. E non finisce qua la critica sociale, le torture e l'inumanità che subisce Wang ricordano molto quelle che popolazioni dominanti infliggono a quelle più deboli e povere ( a proposito, in molte tematiche ho visto tanto di District 9)  o più in generale all'ipocrisia di chi non riesce mai a vedere il bene nelle altre persone, ai pregiudizi, alla cattiveria umana. Anche se, e qui i Manetti compiono una bastardata, il finale sconvolge tutto e tante considerazioni che avevamo maturato fino a quel punto vanno a farsi friggere, maledetti. D'altro canto l'amicizia, la comprensione e l'umanità tra Gaia e Wang raggiunge momenti vicino alla commozione. Ma ad esser troppo buoni e ingenui si fa una brutta fine, anche in questo i Manetti ci vanno giù pesante.
Quando l'azione si sposta dallo stanzino ai corridoi il ritmo si alza notevolmente, il rumore e le luci intermittenti dell'allarme, il tentativo di Gaia di non farsi vedere, tutto ricorda molto l'atmosfera, ad esempio, di quel capolavoro di Metal Gear Solid. Qui la regia dà il massimo. Ottima la scena, già vista nell'incipit, di lei dentro l'armadietto, il dettaglio degli occhi e della fessura.



Non mancano le sbavature come il personaggio della nigeriana, Gaia che manda k.o quel bestione del bodyguard e il finale, che risulta un pò affrettato e non del tutto convincente in alcuni momenti (vedi l'esultanza dei militari o la crescita del marchingegno nel garage) anche se molto molto suggestivo. Più che nella realizzazione (tanto il soggetto lo prenderanno gli americani e quella parte la faranno benissimo...) strepitosa è l'idea che il destino della terra potesse essere tutto in quello stanzino e che una semplice e buona traduttrice lo abbia in qualche modo condizionato.
Magari certa gente che gestisce i soldi del cinema potrebbe dare ai Manetti 50 euro per passare dalle rosette alle baguette e dal salame Milano al prosciutto Pata Negra.
Ma forse a noi ci piacciono più così.
Complimenti Brothers.

( voto 7,5 )

4.4.13

Ragazzi,aspettate un momento che ho avuto un'idea (e probabilmente è del cazzo!)


(se avrete problemi a capire leggete il facile esempio nei commenti)

Prendete un thè e leggetemi 5 minuti che vi devo spiegare una cosa che mi è venuta in mente. Oggi ho finalmente completato e aggiornato quella che per me è l'importantissima pagina "Tutti i film recensiti" (la vedete qui sopra). Importante perchè avere una memoria storica del blog facilmente accessibile credo sia doveroso, anche solo per il blogger stesso. Ad un certo punto pensando a questa e alla faccenda delle catene (ricorderete forse il mio post a riguardo) mi è venuta un'
 idea, scritto grande perchè come tale mi si è manifestata (anche se non sono del tutto sicuro sia buona, vedere foto a fianco, sono io che già al momento dell'illuminazione nutrivo seri dubbi sulla stessa).
Come dicevo in quel post l'idea delle catene e della solidarietà tra blogger è ottima, ma non mi piace la sensazione di obbligo e quella meccanicità fredda che tali catene racchiudono. Ho pensato allora alla:

Chain Unchained

ossia una sorta di catena scatenata, libera, viva, fantasiosa e, forse, interessante.
Tutti noi blogger abbiamo scritto parecchie recensioni ormai, alcuni migliaia.
Ma rimangono là, perse nella polvere, di solito dimenticate nell'arco di 24 ore.
Ho pensato ad una catena che riguarda blogger e lettori, credo divertente, stimolante, utile e "curiosa".
Si tratta di questo.
Ogni lettore (molte volte a sua volta blogger ma scriverò sempre lettore in senso lato d'ora in avanti) sceglie nella lista dei film recensiti di un dato blog (partiremmo dal mio) UN SOLO FILM, o perchè è il suo film preferito, o perchè lo incuriosisce, o perchè vuole vedere quel blogger come ne parla, o perchè, magari!, vuole stroncare quella recensione.
Sceglie un film in quel blog e lo commenta, ma lo commenta se possibile in modo non banale, ossia dicendo veramente che ne pensa, commentando/stroncando la recensione, aggiungendo qualcosa di suo, rivelando un aneddoto etc... .
Quando il blog avrà raggiunto 15 commenti passerà la catena/palla ad un altro.
Ora vi dico i benefici di una catena del genere e poi metto per iscritto le regole.

BENEFICI

1 IL BLOGGER VEDE RECUPERARSI DAL DIMENTICATOIO TANTE RECENSIONI NON PIU' COMMENTATE

2 IL BLOGGER SI DIVERTE COME UN PAZZO A VEDERE LA DATA PERSONA CHE FILM HA SCELTO, QUALI FILM VENGONO RECUPERATI

3 IL BLOGGER DA' FINALMENTE UN SENSO ALLE SUE LISTE O ETICHETTE

4 IL LETTORE (COME DETTO IN SENSO LATO, BLOGGER O NO) SCOPRE TANTI FILM CHE AVEVA "SALTATO" NEI VARI BLOG

5 IL LETTORE E' COSTRETTO A POSTARE UN COMMENTO INTERESSANTE,A DIRE LA SUA

6 MAGARI NON DICO TUTTE E 15, MA POSSONO PARTIRE DISCUSSIONI MOLTO INTERESSANTI E/O DIVERTENTI SU UN DATO FILM O SUL CINEMA.
LE DUE ENTITA', BLOGGER E LETTORE, SONO PORTATI A CONFRONTARSI DAVVERO

7 LA CATENA PIU' SI ALLUNGA PIU' PORTERA' DISCUSSIONI, SCELTE DI FILM, INTERESSE NEI BLOG, CURIOSITA'

8 LA CATENA NON E' DISPERSIVA, HA UNA SUA CRONOLOGIA, UNA SUA IDENTIFICAZIONE, UN SUO SENSO LOGICO

se non ci avete capito niente ecco le regole, ci sono una fase 1 e una fase 2 (fasi che dovrà rispettare ogni blog. Il bello è che sto parlando come davvero la cosa funzionasse e parta)

FASE 1
1 si introduce a parole proprie la Chain Unchained
2 si mostra a che punto è arrivata la catena. Ad esempio il secondo blog, quello che eventualmente indicherò io (vedi FASE 2), scriverà solo IL BUIO IN SALA nella catena, il 22° scriverà 21 blog, magari linkabili, e così via, onde evitare che il blog a cui arriva la palla ne indichi uno che aveva già fatto il gioco. Magari i blog è meglio metterli in ordine cronologico, come fossero varie "puntate" di una cosa unica cosìcche sarà molto facile vedere cosa è successo in ogni blog.
3 si invitano, a parole proprie e con le modalità che si preferiscono, i lettori a scegliere UN SOLO FILM nell'archivio. Ovviamente può essere di 3 anni prima o 2 giorni prima, non c'è una regola ( a meno che il blogger non voglia metterla).
4 i lettori dovranno postare un commento non troppo banale al quale il blogger ovviamente E' COSTRETTO   a sua volta a rispondere in modo altrettanto "impegnato". Impegnato non vuol dir per forza serio, si possono fare anche commenti a scazzo ma sempre perdendo 5 minuti di tempo.
5 varie ed eventuali a fantasia del blogger (tipo dire di muoversi, consigliare un approccio alle proprie recensioni, etc..)

FASE 2 QUANDO IL BLOGGER AVRA' RAGGIUNTO I 15 COMMENTI A VECCHI FILM
(a proposito, partecipate!, più siete bravi più la catena è veloce e non rischia di fermarsi. Alla fine è solo un film a testa...)

1 annunciare di aver raggiunto il quorum, una sorta di stop al televoto
2 mettere la lista dei 15 nomi degli utenti con relativi film cosìcche i lettori più curiosi o interessati possono andare a vedere cosa si è detto. Ovviamente in blog molto seguiti magari si arriva a, mettiamo, 22 commenti prima che il blogger se ne accorga, no problem,ne mette 22 (meglio se con link). L'importante è che appena vede che sono comunque più di 15 chiude la catena. Inoltre nulla vieta che anche se la palla passa ad un altro  blog un lettore ritardatario non possa continuare a scegliere un film nel blog appena "scatenato", il blogger ne sarà molto contento.
3 indicare UN SOLO BLOG a cui passare la palla (la catena se riesce durerà anche 4 mesi o più ma sono 4 mesi di interessanti discussioni sempre spostate da un blog all'altro, e su una marea di film, non abbiamo fretta, come la fiaccola olimpica che con calma fa tutto il suo giro).

credo che questo sia un modo simpatico e intelligente per darsi la mano tra blog, per esaltare le recensioni, il contenuto al contenitore, per stimolare i lettori e magari per farsi conoscere meglio

il mio delirio è finito,se pensate che possa funzionare io comincio subito

comunque a parte il lungo post alla fine il funzionamento è di una facilità estrema, penso che si capisca

buona Chain Unchained a tutti

ah, non sono permaloso, se non piace o non funziona capirò che era un'idea del cazzo come pensavo. :)

per vedere un esempio pratico guardate nei commenti

Recensione: "The Massacre" (del quale non sono riuscito a trovare nemmeno la locandina) - Gli Abomini di serie Z - 20 -


Questa è una nuova rubrica che andrà malissimo perchè, purtroppo, il brutto non piace. A me sì, da morire.Proprio ieri agognavo un abominio e allora oggi mi sono messo a cercarne uno. Quasi per sbaglio ho trovato questo The Massacre e mi vanto di credere che questa sia la sua prima recensione italiana.Dopo quello che mi era successo con In the Market credevo di aver raggiunto il fondo.E invece sto The Massacre (ancora una volta un titolo in inglese per crederci di più ) per alcuni aspetti riesce nell'impresa di batterlo. Ma c'è una sorpresa, davvero strana, ne parleremo.La trama ve la posso dire in 4 parole, ma 4 quattro eh.
Eccola:
Non aprite quella porta.
Praticamente identico, c'è anche il Leatherface de noaltri, il Faccia di Cuoio che mangia la Polenta e Osei (il film dovrebbe esser veneto mi pare). Ci sono gli altri matti, c'è il gruppetto di cerebrolesi (davvero, qui si rischia la patologia) che finisce nelle loro grinfie, ci sono i corpi squartati (che non si vedono),c'è la cena, la stazione di servizio, la casa e tutto il resto del companatico.
Ma il vero capolavoro di The Massacre, il motivo per cui un trash lover ha il dovere entro STANOTTE di vederselo (c'è intero sul tubo) è il doppiaggio più scrauso, allucinante, disastroso, incredibile che si è visto negli ultimi 1300 anni di cinema. E' così improponibile che non riesco nemmeno a capire se i ragazzi attori siano dei cani o soltanto degli incapaci. Sì, perchè malgrado il film sia parlato in italiano (labiale) è doppiato sempre in italiano ma con delle voci che non hanno niente a che fare con gli attori. A parte il fuori sincrono, c'è proprio la sensazione che in post produzione si sia doppiato il film senza vedere le immagini, vedi uno sbracciarsi e la voce mezza tranquilla, vedi un ragazzo con la voce di un bambino, vedi dei visi che, ve lo giuro, è evidente non c'entrano un cazzo con le voci.
Per capirsi vi consiglio di andare sul tubo e guardarvi il dialogo tra il minuto 5 e il 7, solo per rendersi conto delle voci. E, se possibile, quelle dei cattivi, ve lo giuro, son peggiori. Come ho fatto a reggere un'ora e 18? Non lo so. Che poi non solo ha poco senso come ma anche cosa dicono, tipo il discorso delle uova di In the Market, ricordate? L'apice forse (non ne sono sicuro, di scene madri in tal senso ce ne sono a bizzeffe) è quando investono la spagnola (praticamente da fermi in frenata) e una delle ragazze scende urlando "Dio, non posso guardare!". Che poi, a proposito di ragazze, hanno preso due racchie (scusate, mi scoccia dirlo) da paura, se almeno mettevano du belle fiole forse si annaspava di meno ad andare avanti. E possibile che in tutto il padovano non c'erano due corpi femminili da mettere lì a far finta di aprir bocca?
Comunque... dov'è la sorpresa di cui parlavo??
La regia, cazzarola, la regia.
E' veramente fantastica, c'è un gusto per le inquadrature, uno stile davvero sorprendente. Mai un angolo di ripresa banale, mai una luce sbagliata. Davvero, ci sono una decine di angolazioni e un'abilità nell'uso della MDP davvero rara per film di questo livello. C'è proprio gusto, stile, talento. Ad esempio i dettagli stretti sono davvero di prim'ordine. Mai una sequenza banale, davvero (a parte le discussioni in macchina ma lì c'è poco da fare). Io sto ragazzo, tal Bertelli di 23 anni, che ha firmato la regia lo contatterei. Ammazzerei di botte sceneggiatore, attori e direzione del doppiaggio ma lui merita cavolo. E poi pure la colonna sonora è buona, anche perchè il giovane regista in precedenza collaborava e filmava videoclip per molto gruppi del panorama underground della zona e non solo. E, voglio esagerare, non sono male nemmeno le location o comuqnue il regista riesce a renderle al massimo.
Però quando vedi quelle facce e li senti parlare solo uno buono come me può staccare il cervello e vedere la regia. Perchè la rabbia sale, sale e sale scena dopo scena.
Ah, dimenticavo una sequenza capolavoro, dovete vederla. C'è un flashback (girato anche questo molto bene, ottimo uso degli spazi e dell'inquadratura finale) in cui ci viene raccontata la genesi del capo dei matti, Mister Posrcospino (capirete perchè). Lo vediamo con i capelli normali, apparentemente buono. Insomma, senza farla lunga, uccide uno e diventa un cattivo. Il problema è che appena uccide quello nel cambio di un'inquadratura è diventato Mister Porcospino, nemmeno avesse avuto il barbiere più veloce del west là con lui.
Meno male che però sono ironici (non è vero ma faccio finta di sì).
Perchè quando il capo dei matti chiede a un suo uomo se la ragazza arrivata col gruppo da massacrare: "E' carina?", il suo uomo glissa e cambia discorso.
Rispondere "no" sarebbe stato brutto per l'attrice, dire "sì" vorrebbe dire che questo film non l'ha girato Bertelli ma il Woody Allen protagonista di Hollywood Ending.
Alla prossima.