31.12.21

Classifiche 2021 Il Buio in Sala - I migliori 20 film visti in sala usciti quest'anno in Italia

 


E' stata una stagione cinematografica indimenticabile, straordinaria.
A causa del Covid ci siamo ritrovati una seconda parte d'anno in cui ogni settimana non si riusciva a star dietro alla infinite - e bellissime - proposte che ci offriva il cinema.
Ho forse vissuto i due mesi più belli in sala da anni a questa parte.
Ecco, forse è mancato il capolavoro però, il film da 10 o quasi per me, ma la media generale è stata impressionante.
Con il cinema italiano dominatore assoluto.
Mai, ripeto mai come quest'anno, mi sono trovato così in difficoltà a mettere in fila i film, mi sembrano tipo 15 titoli tutti sullo stesso piano.
E niente, c'ho provato ma non ce la faccio, sono costretto a metterli a zone, non in completa gerarchia.
Andiamo.

I TITOLI RIMANDANO ALLE RECENSIONI


20 LA CASA IN FONDO AL LAGO


In un anno praticamente senza horror (sia in sala che fuori) questo qua è stato di sicuro la sorpresa più lieta tra i film del terrore visti al cinema.
Piccolo, corto, girato benissimo e dalla grande atmosfera.
Script debolissimo ma meno male, avrebbe rovinato il resto una scrittura migliore



Per almeno un tempo un film bellissimo, un noir, un thriller psicologico di grandissima raffinatezza e classe.
Poi, però, nel secondo tempo veste del tutto i panni dell'horror e perde ovunque.
Resta un grande titolo, da vedere e forse rivedere



Un grande film che, purtroppo, a causa di difetti per me evidenti (un personaggio, alcune forzature, alcuni dialoghi) non ce la fa ad essere grandissimo.
La storia di un giocatore di carte (black jack e poker) con alle spalle un passato terribile.
La sua amicizia con un ragazzo al quale sente di "dover" far da padre, lo porterà a riaffrontare quel passato e a giocare il suo futuro come fosse una partita di poker, calcolando i rischi e sperando di fare la scommessa giusta



Un film minuscolo, cortissimo, praticamente non scritto e all'apparenza quasi improvvisato.
Due amici trovano una mosca gigante in un bagagliaio. E che fanno? decidono di addestrarla per eventuali rapine future.
Film al solito divertentissimo, certo lontano dalla profondità di un Wrong o un Realitè, quasi un divertissement improvvisato che però ha anche un altro grandissimo pregio, ovvero raccontare con grande delicatezza una storia di amicizia vera, bellissima, e un tema abbastanza importante come quello degli outsider, persone che per handicap più o meno grandi si trovano al margine della società




Film lungo, lunghissimo, estenuante, parlatissimo, una fatica. Ma una di quelle fatiche che portano a qualcosa, una di quelle fatiche che non sono la conseguenza di ma il metodo per.
La storia di un regista teatrale imprigionato in una rettitudine morale e in una incapacità di reazione quasi patologica.
Un film probabilmente sul controllo, sulla necessità di averlo, sulla necessità di dover guidare la propria macchina perchè si è convinti che soltanto se la si guida da soli possa funzionare. Ma, come nella vita, non è vero, come nella vita a volte serve un autista esterno per farti capire che quella macchina, che quell'anima, può avere anche una guida diversa, e forse salvifica.



Uno di quei film di cui non riesco nemmeno a capire quanto son grandi, quanto son belli.
Per questo lo trovate abbastanza in basso, perchè non mi son reso conto di quanto fosse ben fatto o no.
Perchè per tutto il film ho pensato sempre e solo ad un'altra cosa, quanto The Father fosse importante



Tecnicamente un 2020, ma uscito proprio nell'ultima settimana dell'anno (e quindi quasi impossibilitato a partecipare a classifiche dell'anno scorso).
Il fatto che sia 2020 e quindi un pò ibrido forse ipocritamente me lo fa mettere in alta ma non altissima posizione.
L'ennesima perla della Pixar, sicuramente non la più lucente ma un grande cartone che è summa di tante suggestioni e tematiche raccontate in questi anni da quella casa



Chi mi segue sa quanto adori Roy Andersson.
E quanto la sua trilogia (ora quadrilogia) sia per me una delle cose più grandi di questi ultimi 20 anni di cinema.
Sulla Infinitezza è la sua ultima ed ennesima grande opera. Ma è inevitabile dire che quando per la quarta volta ti ritrovi davanti lo stesso film tutto è depotenziato.
Ma quel

"Non è comunque tutto bellissimo?"

resta una delle mie frasi dell'anno



La storia di Daniel, un giovane che, appena uscito da un riformatorio, finge di essere un sacerdote nel paese nel quale viene chiamato a lavorare (fare il prete era sempre stato il suo sogno).
Viene creduto e di lì a poco sostituirà il sacerdote della comunità.
Un film bellissimo con un giovane interprete eccezionale.
Un'opera di grandissima umanità in cui "il peggiore dei preti" diventerà probabilmente il migliore di tutti.
Un film che racconta del più bello e alto dei sentimenti umani, il perdono.
"Perdonare è amare"

29.12.21

Classifiche Il Buio in Sala 2021 - I migliori 10 film visti fuori dal cinema (in un anno passato quasi solo in sala), i peggiori film, le delusioni più grandi, le due miniserie perle e, se me girano i coglioni, altre cazzate varie (e ora che ho finito il post me so accorto che no, non ce l'ho fatta ad aggiunge altre cose, e per questo integro il titolo)

 

E' stato un anno stranissimo questo, dire quasi paradossale.
Questi ultimi anni il blog era caratterizzato dall'essere, nel suo piccolissimo, un luogo dove ritrovare tantissimi piccoli film, quasi sempre non distribuiti. Ricordo che gli anni scorsi nelle classifiche finali faticavo a segnalare "solo" 15 film di questa tipologia.
Poi, però, ho chiuso il Guardaroba e per tanti altri motivi mi sono allontanato da quel mondo, mondo che era un pò il "mio" mondo, quello che mi ha caratterizzato in questi ultimi 5-6 anni.
Dicevo che la cosa è paradossale perchè, in epoca di Covid, è vero semmai il contrario, per tanti è aumentato il cinema a casa, quello su pc, quello anche non "ufficiale".
Da me è invece scomparso, completamente. L'ultimo film non distribuito che ho visto è di 9 mesi fa, pazzesco.
E allora in questa classifica ho faticato ad arrivare a 10 titoli, tanto che ho doviuto metterci dentro anche film visti in piattaforma (un paio usciti quest'anno in Italia, tanto che potevano entrare nella classifica principale).
In più metterò altre piccole categorie, come 3 brutti film, 3 delusioni, due bellissime miniserie e, magari, ma questo lo capirò solo scrivendo, anche altro

Parto

I TITOLI RIMANDANO SEMPRE ALLE RECENSIONI

I 3 FILM PIU' BRUTTI VISTI QUEST'ANNO



Ecco, questo era "scientifico" perchè visto durante la serata "La Doppietta di Vieri", ovvero quella sera che vediamo con un mio grande amico un gran film (o almeno nelle speranze) e uno orribile (o almeno nelle speranze). Quello bello fu in parte deludente (La donna alla finestra) tanto che avrei potuto quasi metterlo nella terzina sotto a questa.
Ma quello brutto lo beccammo. questo qua.
Manco ve lo presento, semmai andate a legge qua sopra



Di sicuro il film più brutto visto quest'anno al cinema, a parte forse un paio in un festival.
E dire che il regista era pure quotato...
Un film terribile, che pensa de esse d'autore e de parlà de cose importantissime ma lo fa in una maniera fantozziana, insopportabile, a tratti ridicola.
Vedete Malkovich qua sopra?
Ecco, mette la bottiglia nella testa, poi se la leva, glie rimane il segno e ricomincia a parlà.
Il film è tutto in questa scena



Se volete cliccate la recensione qua sopra (tranquilli, ci mettete un secondo a leggerla).
Non voglio regalargli altri polpastrelli


LE 3 DELUSIONI PIU' FORTI



Per mettere al terzo posto un film così significa proprio che quest'anno, oltre al non distribuito, ho tralasciato anche l'orrido e ho avuto anche poche cocenti delusioni.
Qualcuno mi aveva detto che questo film era una chicca ed ho trovato invece un horrorino che vorrebbe anche puntare in alto ma, francamente, è sbagliato quasi dall'inizio alla fine..
E film che ci regala la figura del nonno morto, una figura che dovrebbe esse terrificante e invece è una delle cose più ridicole viste sti anni.
Adoro


Il film che più mi ha diviso (anzi, direi l'unico che ci ha diviso, ma tantissimissimo) col mio compagno di tante visioni Rocco.
Per lui film dell'anno o quasi (e magari sarà così).
Per me un film potenzialmente bellissimo ma sbagliato quasi ovunque.
Mi dicono che non l'ho capito, e magari è pure vero,  ma io l'ho trovato non tanto superiore a qualche film pomeridiano in tv

1 DAYS


Vado al cinema convinto, ma veramente, che Days sarebbe stato il mio film dell'anno.
E' stata un'agonia.
Cinema lento, lentissimo, cinema che amo.
Ma Days dietro i suoi interminabili long take non mi dava quasi niente, solo noia, tanta noia.
E la "famosissima" scena di sesso è veramente qualcosa che non concepisco, o quantomeno non ho capito.
Cantonata mia, sicuro


LE DUE MINISERIE CAPOLAVORO



Dal creatore di Bojack Horseman (che non ho visto) una miniserie di sole due ore e mezza che senza fatica considero un capolavoro.
Alma ha un incidente stradale dal quale si salva per miracolo.
Dopo il coma scopre di avere dei poteri speciali. Vede il padre morto, fa viaggi temporali, ha premonizioni, può modificare eventi.
Decide allora di farsi aiutare dallo spirito del padre nel ritornare nella notte in cui lui morì, per modificare il suo destino.
Vita, amore, malattia, filosofia, spiritualità, il tempo, le scelte, l'egoismo, il lutto, gli errori, c'è tutto in questa miniserie in animazione.
Un'opera totale, straordinaria.




Una minuscola serie tv capolavoro.
Due ore e mezza soltanto in cui non vedrete nessun attore, nessun luogo, niente.
Sentirete solo persone telefonarsi mentre sullo schermo appaiono delle onde radio, dei giochi grafici "emotivi" che renderanno ancora più pazzesca l'atmosfera.
Stanno succedendo cose incredibili e terribili nel mondo. Il tempo sembra collassato, al telefono il passato parla col futuro, la gente comincia a morire in modo mostruoso per delle ragioni che solo poi capiremo. Un fantascienza solo audio che nasconde dentro un significato talmente potente e bello che si fa davvero fatica a vederne la grandezza.
Una delle esperienze più coinvolgenti che io abbia mai fatto.


I MIGLIIORI FILM VISTI IN PIATTAFORMA



Un film italiano "nuovo", coraggioso sia nella struttura che nelle tematiche, scritto da zero (ci lamentiamo sempre dei soggetti dei film italiani e poi una sceneggiatura originale come questa ci sputiamo sopra), capace di creare una grande atmosfera, avere un paio di interpreti eccezionali e con dei 20 minuti finali assolutamente perfetti sia per effetto sorpresa (addirittura 4 colpi di scena, nessuno per me prevedibile) che per intreccio che per capacità di emozionare.
Peccato per degli evidenti problemi di scrittura in alcuni aspetti (un personaggio principale completamente sbagliato e dei dialoghi a volte debolissimi) che, purtroppo, ne minano il risultato finale e danno un "alibi" difficilmente smontabile a chi ha il piacere di stoncarlo.
Io me lo tengo stretto invece.




La storia di un giovane prete malato che scrive le sue (ultime?) memorie.
Ma l'avere a che fare con una terribile vicenda di suicidio lo porterà a mettere in crisi tutte le sue convinzioni, o quantomeno a "spostare" la sua battaglia spirituale in terreni molto più concreti.
Come in The Card Counter vedo un altro film di Schrader e ancora una volta trovo un'opera gonfia di dialoghi (a tratti bellissimi, altri meno), visivamente piena di momenti grandiosi, con riflessioni interessantissime, "impegnata" socialmente e con un protagonista, in qualche modo, in cerca di una risposta o di una salvezza.
Con un finale tronco meraviglioso



Visto appena l'altro ieri.
Probabilmente il film nella storia del cinema che racconta meglio il mondo del tennis.
Lo racconta così bene, fuori e dentro il campo, che questo è forse un suo limite, diventa un film principalmente per appassionati che rischia di annoiare o far capire poco a tutti gli altri.
Insomma, non posso consigliarlo a tutti.
Ma la storia di Thomas Edison, un tennista che a soli 19 anni arrivò a un passo (veramente un passo, non c'è niente di più simbolico ed esistenziale del match point a tennis) dal Paradiso e, non avendolo raggiunto, se ne allontanerà per sempre, è una storia bellissima, verosimile, psicologicamente perfetta.
Una storia di aspettative ormai morte, di impossibili rinascite, di riscatto, di castrazioni, di fatica a portare avanti una passione, di nuove emozioni, di match point persi.
Se avete amato The Wrestler troverete tante similitudini (anche se il film di Aronofsky resta ampiamente sopra, per me è un capolavoro quello).



Un grande film su Netflix che, ancora una volta, tratta dell'argomento più delicato e urgente di questi nostri ultimi tempi, il femminicidio o, in senso lato, l'autorità dell'uomo sulla donna, il suo farla sentire "strega", sbagliata, colpevole.
Ma Il Sabba diventa visione diversa e necessaria perchè riesce ad usare la Storia e la metafora (la caccia alle streghe appunto, il film è ambientato nel 1600) per parlare indirettamente ma con ugual forza di questi temi.
Lo fa attraverso una fotografia straordinaria (da infarto in alcune scene), una protagonista magnifica, tante scene simboliche, una forza "grezza" e anche una bella dose di coraggio.
Non sarà un capolavoro ma è un piccolo film che scava nel cuore e nella coscienza



Probabilmente il miglior film visto quest'anno in piattaforma (ne ho visti veramente pochi però).
Dopo lo stupendo Magical Girl (film che dovetti vedere due volte per capirne la grandezza) Carlos Vermut si conferma un autore straordinario, uno che risulta davvero incredibile che con due film del genere sia ancora praticamente sconosciuto.

Una famosissima cantante viene salvata da un tentativo di suicidio.
Ha perso però la memoria e tra poco deve partire il suo tour di rientro (dopo 10 anni).
Viene allora chiamata una sua grande fan (e cantante anch'essa) per reinsegnarle a cantare, a ricordare, ad essere chi era.
Come in Magical Girl un altro film eccezionale psicologicamente, del tutto polanskiano, un altro film ambiguo, con un mistero latente, con dei personaggi veri come le persone e con un dolore dentro talmente devastante e perfetto da fare male.
Un film sull'ìdentità, sulla personalità, sull'imitazione.
Stupendo.



I 5 MIGLIORI FILM - ALMENO AL MOMENTO DELLA VISIONE - NON DISTRIBUITI



L'opera prima di una giovane regista italiana andata a lavorare appena 19enne negli Stati Uniti ha tutto per diventare un cult.
Ritmo, "follia", livello estetico pazzesco, per una regia che sembra un riuscito mix tra i Safdie, Noè e Refn.
La storia malata di tre amiche in una villa. Ognuna di loro recita una parte, la madre, la figlia, il dottore. Un thriller psicologico con spruzzate splatter che esalterà i vostri occhi, vi "divertirà" e anche inquieterà. Certo la confezione è così patinata che il rischio di depotenziare le tematiche (che ci sono eh...) è alto. E la sceneggiatura è abbastanza esile, nemmeno troppo originale (anche se il film ha assolutamente un'identità propria nel suo complesso).
Ma sono sicuro che passerete un'ora e venti velocissima e che Braid sarà uno di quei film che difficilmente dimenticherete, perchè ha quel "potere" che non tante opere hanno, quello di restarti negli occhi e nel ricordo.



Sfiorato ma non visto alla Notte Horror del TFF 2018, ho recuperato Piercing per puro caso, "inseguendo" altri film da protagonista di uno dei miei nuovi attori preferiti, l'Abbott di Possessor.
Oltre ad aver avuto conferma della grandezza di Abbott (in un ruolo quasi identico a quello di Possessor) mi sono ritrovato davanti un piccolo film (un'ora e un quarto) ma interessantissimo.
Un uomo progetta di uccidere una prostituta.
La fa venire in una stanza d'albergo.
Le cose prenderanno una piega completamente inaspettata.
Sempre in bilico tra una possibile deriva ironica e una molto pesante, Piercing è un film "da camera" (in tutti i sensi) che affronta finezze psicologiche davvero molto interessanti.
Da vedere assolutamente



Una giovane coppia, molto innamorata, è alla ricerca della loro prima casa.
Finiranno in un quartiere nuovissimo, pieno di case tutte identiche una all'altra.
Un quartiere dal quale sarà impossibile andarsene.
A metà tra il film metaforico sociale e il thriller esistenziale Vivarium è un'opera spietata che parla di noi e delle vite che ci vengono imposte.
Tra The Truman Show, Dogtooth e The Bothersome Man un'opera affascinante, inquietante e surreale, forse non completamente riuscita ma che riesce sicuramente a far riflettere lo spettatore e regalargli una profonda inquietudine e disagio



Un film comico, drammatico, strampalato e dolcissimo.
Come del resto così è il suo protagonista.
Jim è un poliziotto a cui è appena morta la madre e che sta divorziando, con la paura di perdere anche sua figlia.
Un uomo vicino al crollo, al meltdown, che finge invece di stare bene. E per farlo parla continuamente, anche del nulla, per coprire quel silenzio cosmico che ha paura di affrontare.
Film scritto, diretto e interpretato da un giovane attore e regista, Jim Cummings, un autentico fenomeno.
Un one man show il suo, per un personaggio indimenticabile in un film dalla dolcezza, delicatezza e sottigliezza psicologica veramente rara.
Magnifico



Forse ho il mio nuovo thriller psicologico preferito degli ultimi anni.
Possessor, del figlio di Cronenberg (per favore giudicate lui e il film in quanto tali, e basta co ste cazzo de stroncature quando uno è figlio di, basta, sono solo i giudizi di chi non riesce a dire altro) è un'opera seconda grandiosa (dopo già l'interessantissimo  Antiviral), capace di creare un'atmosfera così densa, inquietante e straniante che si fa davvero fatica ad arrivare alla fine.
Un film sul controllo degli altri, sulla manipolazione, sulla spersonalizzazione, sulla parte oscura di sè.
Bellissimo da vedere, di una violenza psicologica e fisica impressionante ma anche di classe raffinata, sia estetica che contenutistica.
E non parliamo degli attori, specie di un Abbott mostruoso.
Madonna che film

28.12.21

Recensione: "Il Quinto Set" - Su Netflix - E anche l'occasione per parlare della mia esperienza da istruttore di tennis

 

Amo il tennis da morire.
Sono un gran conoscitore di tutta la sua storia e del suo presente (ad esempio conosco a menadito i primi 200 del mondo).
C'ho giocato pure tanti anni, vincendo tante partite, qualche torneino, ma non essendo mai minimamente un giocatore forte.
L'ho pure insegnato per 8 anni, ai bimbi, sia perchè non avrei potuto insegnarlo (so i miei limiti) a giocatori già forti sia perchè credo che ai bimbi piacessi molto, anche solo per il divertimento che gli davo e per il timido tentativo di insegnargli dei valori.
Dopo tutto questo preambolo posso dire che nessun film nella storia del cinema racconta meglio il mondo del tennis di questo bel film su Netflix, Il Quinto Set.
Lo racconta così bene, fuori e dentro il campo, che questo è forse un suo limite, diventa un film principalmente per appassionati che rischia di annoiare o far capire poco a tutti gli altri.
Insomma, non posso consigliarlo a tutti.
Ma la storia di Thomas Edison, un tennista che a soli 19 anni arrivò a un passo (veramente un passo, non c'è niente di più simbolico ed esistenziale del match point a tennis) dal Paradiso e, non avendolo raggiunto, se ne allontanerà per sempre, è una storia bellissima, verosimile, psicologicamente perfetta.
Una storia di aspettative ormai morte, di impossibili rinascite, di riscatto, di castrazioni, di fatica a portare avanti una passione, di nuove emozioni, di match point persi.
Se avete amato The Wrestler troverete tante similitudini (anche se il film di Aronofsky resta ampiamente sopra, per me è un capolavoro quello).
Per parlarne ho dovuto anche raccontare un pò di me.
Ma tanto lo faccio sempre.


Conosco il tennis come poche altre cose al mondo.
Conosco i primi 200 giocatori in classifica, uno per uno, e bene.
Conosco tutti i tornei, da quelli grandissimi che vedete anche voi a quelli minuscoli - come i futures - che seguiamo solo noi appassionati.
Conosco abbastanza bene anche tutta la storia di questo meraviglioso sport. Certo non come uno storico serio ma diciamo che per ogni epoca so individuare i più forti. E da fine anni 80 me li ricordo tutti.
Ma non tutti sanno che sono stato anche un istruttore di tennis. Certo non un grande giocatore, anzi, nemmeno un buon giocatore (però ho avuto una caratteristica, ho vinto tutte le partite che dovevo vincere e buona parte di quelle che in teoria avrei dovuto perdere), ho cominciato tardissimo, avevo uno stile in alcuni colpi davvero terribile.
Ero un agonista, perchè ho sempre pensato che il modo migliore per onorare lo sport fosse dare il massimo, voler vincere. Sì, si gioca per vincere, non per partecipare. E se giochi per vincere, se dai il massimo e poi perdi sarà bellissimo lo stesso.
Le mie 5 partite più belle sono state 5 sconfitte, tutte con giocatori tanto più forti di me.
Li ho quasi battuti.
Non ci può essere sensazione più bella quella di aver dato tutto e aver onorato lo sport.
E questo ho sempre insegnato ai miei bambini (insegnavo ai bambini, credo di esser stato molto portato in quello, certo non avrei mai potuto insegnare ad adulti già forti di suo, servono maestri migliori per quello).
Insegnavo cioè a divertirsi ma anche a non aver paura del confronto, della partita, del risultato. I genitori, pochi, mi dicevano "non gli far fare la partita, se perde sta malissimo".
Ma era un paradosso, a che serve fare uno sport di uno contro uno se hai paura dell'uno contro uno? Si dovevano educare i bambini a voler giocare le partite, a capire le situazioni di gioco (sempre diverse dall'allenamento), a vedere quanto è bello vincere o perdere se hai giocato al massimo.
Se qualche bimbo aveva paura di perdere la colpa era a monte, non certo mia.
C'è qualcuno nettamente più forte di te? ci giochi, ci perdi, migliori (perchè si migliora solo con i più forti), gli dai la mano a fine partita e tutto è bellissimo così.
E se invece perdi con uno più scarso, perchè hai giocato malissimo o per altro, ok, arrabbiati pure, ti farà bene.
La prossima volta sarai più forte e concentrato.


Ora..
Mi ritrovo davanti per la prima volta in vita mia un film che racconta in maniera perfetta tutto il mondo del tennis, sia quello fuori che quello dentro il campo.
Il mondo dei professionisti milionari, quello invece dei (semi)professionisti che faticano ad arrivare a fine mese, quello dell'insegnamento del tennis, quello delle sconfitte brucianti e dei successi che ti danno alla testa, quello delle aspettative che se ne vanno per sempre, quello dei sacrifici, quello di provarci ancora, quello del non poter accettare di non essere più forti come un tempo, quello dei viaggi in posti lontani dove se vinci il torneo guadagni qualcosa ma se se anche solo arrivi in semifinale è una rimessa, quello degli sponsor che non ti calcolano più e devi andare a comprare un paio di calzini da solo, quello dello sponsor che poi ritorna perchè adesso sei un caso mediatico che interessa la gente, quello del dover conciliare sta passione che ormai niente più ti porta con una famiglia, con la vita "vera" (ma sicuri che la vita vera sia solo quella? le passioni non lo sono?), quello delle madri che ti insegnano che esiste solo la vittoria e non credono in te, quello che ti racconti che Ivanisevic ha vinto il primo Slam a 30 anni e Connors era forte a 40 e quindi anche te, a 37, puoi tornare quello di un tempo, quello degli infortuni per cui non potrai mai più essere lo stesso ma non lo accetti, quello del renderti conto che sei vicino alla fine ma non sai fare altro (quegli spazi lasciati vuoti sul pc nel film), quello delle partite che sei sotto 2-6 1-4 ma poi piove, puoi fermarti un attimo e se per puro caso riesci a trovare motivazioni diverse poi vinci la partita (perchè il tennis è quasi tutta testa), quello del più terribile e simbolico dei punti forse di tutti gli sport, il match point, quell'unico punto che ti separa dal trionfo e che puoi raggiungere anche senza fare niente volendo (un doppio fallo, un errore avversario) ma a volte, anzi, spesso, lo perdi quel punto e poi a volte perdi anche la partita, e a volte perdi anche il torneo, a e a volte perdi anche la semifinale del Roland Garros a 19 anni, tutto per un punto, un punto, qualcosa che può arrivare anche dal cielo, e te perdi e ripenserai sempre a quel punto, la partita è persa ma era vinta, e quel punto quando ti va bene ti cambia l'intera giornata, quando va male la settimana, quando va malissimo un mese, quando - come nel caso di Thomas Edison nel fil -  va in modo tragico, ti cambia la vita intera.

23.12.21

Recensione: "Re Granchio"

 

Un altro grandissimo film italiano, ancora in qualche sala.
Re Granchio è un'opera che sembra impossibile sia stata scritta nel 2021, specie da due giovani registi.
Un'opera fuori dal tempo, ancorata a racconti orali e tradizioni.
La storia di un uomo ubriaco con solo due spinte nella vita, ribellarsi al potere e poter amare.
Tra la Tuscia e La Terra del Fuoco un racconto al tempo stesso tremendamente realistico e leggendario, povero ma ricco di mille cose.
La storia di un granchio che vuole solo tornare al suo lago.
O quella di un uomo che, come il granchio, vuole fare la stessa cosa.
Tornare a casa.
Tornare da lei.

SCHEDA FILM DISPONIBILE QUA

Questa è la storia di un uomo che ha trovato un tesoro in mare.
Questa è la storia di un uomo che ha trovato un tesoro in un lago.
Questa è la storia di un amore, di qualcosa che confonde e fa collassare il passato e il presente, il mare e il lago, la Tuscia e l'Argentina, lei e lui.
Questa è la storia di Luciano, la storia di uomo maledetto che se ne va a zonzo per i borghi e la campagna della Tuscia.
Non ha amici Luciano, non ha sogni, non ha passato e si sta rovinando il futuro.
Beve Luciano, beve continuamente e la gente, gente che alla fine beve comunque quanto o più di lui, ha paura ad incontrarlo.
Luciano è un animo nobile però, uno di quelli che anche se incontra l'amore prima solo di sfiorarle il viso vuole che passi tempo, uno di quelli che no, il Principe non può proibirci di passare di là, questa porta va sfondata.
Crede in ideali in cui nessuno crede più e forse beve perchè si ritrova proprio in un mondo in cui quegli ideali non torneranno mai.
Però c'è lei, c'è lei per stendersi in un campo di grano e chiudere gli occhi, c'è lei per sussurrarsi cose all'orecchio in un film, dio santo, che rende il sussurrarsi cose all'orecchio una cosa bellissima, talmente bella, ma così bella che sembra quasi bella come è veramente bellissimo sussurrarsi cose all'orecchio in questa nostra vita dove sussurrare è ormai davvero quasi impossibile, chè è troppo il frastuono che abbiamo attorno o troppe poche le anime belle che possono capirlo.


Questa è la storia d'amore di lui e lei, e puzza di miracolo vedere come una storia d'amore che quasi manco esiste, che non è consumata, che non è manco quasi vissuta, che non è manco quasi dichiarata, ecco, puzza di miracolo trovarsi a quel cavolo di finale che hai gli occhi lucidi per quanto è bello e ti sembra che, al contrario, questa è una storia d'amore assoluto, una storia d'amore che distrugge e trascende il tempo e lo spazio.
Ma un miracolo già di suo è questo film fuori dal tempo, che ti sembra impossibile l'abbiano fatto nel 2021, che ti sembra soprattutto impossibile l'abbiano scritto nel 2021, due giovani ragazzi poi, due ragazzi che hanno voluto credere ai luoghi e alle storie, al racconto, alla povertà dei mezzi e di quello che viene mostrato.
Un film dove i volti la fanno da padrone, volti vecchi, rugosi, paonazzi dal vino, ruvidi.
I volti della campagna, i volti degli uomini che lavorano la terra e bevono, bevono e lavorano la terra.
E in mezzo a questi volti vecchi e rugosi spicca quello di Luciano, scapigliato, sporco, barbuto, eppure di una bellezza nascosta che altrove, in quei luoghi, non vedi. 
I suoi occhi verdi sono forse l'unica sua parte rimasta completamente viva, l'unica sua parte non travolta dalla coltre del mondo che lo circonda.
I due registi scrivono dialoghi non scritti, si affidano alla verità (tutta la cornice dell'osteria, quasi decameroniana, è perfetta in questo) anche se a volte qualcuno gli sfugge via, imprigionato in una teatralità troppo accentuata.
Eppure niente stona poi tanto veramente, persi come siamo in questo racconto che ha la ruvidezza e i luoghi delle cose vere ma anche la magia e la leggerezza del racconto e delle leggende.
La colonna sonora è composta da soli canti paesani, diegetici e non, meravigliosa per quanto semplice.
Quando l'oste canta la Tosca vengono brividi, brividi veri

"E non ho amato tanto mai la vita!"
canta in quella cornice di gente invece morta in un luogo morto (ma, cinematograficamente, meravigliosamente morto).
(e che bellezza quel tavolo spoglio e quelle mura scrostate là dietro)



C'è sicuramente anche un sottotesto politico in Re Granchio, la ribellione di Luciano è la ribellione di qualsiasi oppresso a qualsiasi regime. Ma tutto sembra così universale in un film che, timidamente, cerca di infliggersi le stimmate dei Miti greci.
Poi arriverà la seconda parte, nella Terra del Fuoco, veramente in culo al mondo rispetto all'Italia.

10.12.21

FUORINORMA 2021 (Quinta edizione) - Recensioni "Per Lucio" - "Storia di una lacrima" - "Vita e morte e miracoli di Eftimios"

Sono andato a Roma, al Festival "Fuorinorma, la via neo-sperimentale del cinema italiano".
Festival molto interessante, specie per come riesce a creare un circolo virtuoso tra tutti i partecipanti, gli spettatori, gli organizzatori, i registi. Si parla, si fanno incontri, ci si conosce e intorno ai semplici film si creano quindi ulteriori dinamiche che in festival più grandi sono impossibili. 
Si forma come una specie di bolla in cui per alcuni giorni c'è un gruppo di persone che parla di cinema, presenta le proprie cose e cerca di scandagliare più aspetti possibili di questo strano mondo che è il cinema.
Ho visto 7 film, alcuni dimenticabili, altri che non ho capito perchè troppo colti per uno come me che colto non è, altri ancora sui quali non avevo tante cose interessanti da dirci sopra.
Ho voluto quindi parlare di tre film che, incredibile (me ne sono accorto solo oggi) raccontano tutti e 3 di persone che non ci sono più, sono omaggi (più o meno artistici e più o meno riusciti) a persone importantissime, non foss'altro per chi quei film l'ha girati.

C'è il film che Pietro Marcello ha dedicato a Lucio Dalla.
C'è il film alla memoria di Piergiorgio Welby.
C'è il film che un padre ha dedicato al proprio figlio 14enne, scomparso per un male terribile.
In quest'ultimo caso, per me, è stato davvero difficile scrivere, perchè avevo tre elementi che cozzavano tra loro in modo incredibile, quello del regista, quello del film in sè per sè e quello della parte emozionale.
Tre film, in ogni modo, che ricordano tre persone straordinarie.


 PER LUCIO

di Pietro Marcello


Adoro Pietro Marcello.
Credo che qualsiasi essere umano vedendo La Bocca del Lupo e Bella e Perduta non possa non restare affascinato da questo artista così unico, "diverso", sensibile e dolce.
Quel suo volteggiare tra documentario e fiction, realtà e favola, il montaggio pazzo, originale e poetico.
Uno che ama storie minime di persone minime.
E che attraverso la sua alchimia, attraverso il suo realismo magico, ci vengono poi restituite grandi, grandissime.
E sì, Lucio Dalla era un "soggetto" perfetto per il cinema di Marcello, questo cinema che è sempre rabdomante di umanità e di persone che elevano la nostra specie.
E Lucio Dalla era così, uno dei migliori di noi.
Per Lucio è quindi un documentario di ricordi, in gran parte regalatici dal manager storico di Lucio, "Tobia", e dal suo amico più grande, Stefano Bonaga.
E' un viaggio dolce, lento, carezzevole, attraverso la conoscenza, più umana che artistica, di questo straordinario uomo e cantautore.
Interviste si frammezzano a tantissime immagini di repertorio, alcune così belle che valgono da sole la visione.
E conosciamo così Lucio come fosse stato un nostro grande amico.
Scopriamo una persona amante della vita in modo assoluto, una persona curiosa, uno attratto dalle anomalie più che dalle certezze, uno che smise di fare il jazzista perchè "il jazz non esiste, il jazz non appartiene all'uomo, il jazz è qualcosa creato dall'intelletto", uno che amava follemente la madre anche se quest'ultima - scherzando - offriva soldi per mandarlo via di casa perchè "troppo brutto", uno che voleva fare l'imbianchino perchè amante dei colori e, lo si sa, il bianco sono tutti i colori messi insieme (e questa cosa nel documentario tornerà più volte, questo Lucio che amava la vita a 360 gradi, l'unione di tutte le cose, questo Lucio che diventava tutte le persone che conosceva, una specie di Uno, Lucio, nessuno e centomila).
Il percorso umano e artistico di questo uomo amante degli emarginati e dei disgraziati (che però, civettuolamente, comprava case su case a Bologna) è raccontato dai suoi amici più cari sì con esattezza ed emozione, ma anche con schiettezza e paraculaggine, come se Lucio fosse lì, con loro, e quindi fanculo le agiografie.
L'amicizia con Roversi che cambiò la sua carriera, che gli regalò dei testi immensi e che gli "insegnò" indirettamente a sua volta a scrivere, il suo impegno sociale e politico sempre in qualche modo filtrato dalle sue canzoni, quel suo essere sempre sorprendente ("era uno che deludeva sempre le tue aspettative, sorprendendoti sempre, come quella volta che all'intervallo di una partita di basket mise a segno 3 tiri da 3 consecutivi, lui che era una schiappa incredibile").
Forse nel documentario mancano però i problemi, i conflitti, i dolori, le battaglie, è tutto troppo bello, tutto troppo delicato. 
Inutile commentare la colonna sonora in un film del genere. Colonna sonora che accompagna la storia del nostro paese, dalla guerra al dopoguerra, dalla Mille Miglia (quei 5 minuti sono i più grandi del film) alla Fiat, dalla Strage di Bologna alla questione dei Missili.
Marcello come sempre ama le sgranature, le immagini sporche e sgraziate che, con uno peloso e sgraziato com'era Dalla, vanno a braccetto perfettamente (e che bello vedere immagini de La Bocca del Lupo....).
Si esce arricchiti, si sentono parlare persone vere ed intelligenti che parlano di uno verissimo e geniale.
Le parole ci cullano, le immagini ci cullano, la musica ci culla.
E noi abbiamo la sensazione che non sia tanto Per Lucio tutto questo.
Ma per noi

STORIA DI UNA LACRIMA

di Giovanni Coda


Ancora un film sulla memoria di qualcuno che - almeno in questo mondo - non c'è più.
E qui sono costretto ad andare "fuori" dal film (lo farò anche con il terzo) perchè la bellezza e il vantaggio dei festival molto spesso è questo, quello che può accadere fuori dai film.
Storia di una lacrima è un film delicatissimo su un argomento delicatissimo, quello dell'eutanasia.
Prende come spunto Ocean Terminal, libro scritto da Piergiorgio Welby, probabilmente l'uomo simbolo della lotta italiana per la lotta all'accanimento terapeutico e per il diritto all'eutanasia (ma che buffo poi che in quel titolo del testo di Welby ci sia l'Oceano, e allora come non ripensare al "Mare Dentro" di Ramon Sampedro, per certi versi il Welby spagnolo. Da rifletterci).
In ogni caso alla proiezione c'era Mina Welby, la moglie di Piergiorgio.
Mina, non credo si offenderà, è anziana. E' piccolina, tanto piccolina.
Eppure in quei miei due giorni di festival (7 film e tante persone conosciute) la ricorderò come la presenza più viva, più giovane, più positiva. Non dimenticherò quando sono andato a ringraziarla e lei per 5 secondi mi ha stretto la mano ricambiando il saluto. E' una di quelle persone minute eppure giganti, sussurranti eppure tuonanti, apparentemente deboli eppure fortissime. Donna di profonda dolcezza che ha arricchito la visione del film.
Un film strano, coraggioso, antinarrativo, ai confini della video arte. Il bravissimo regista Giovanni Coda fa un'operazione strana (che io ho poco capito ma mi ha molto affascinato) ovvero mettere come significante, come immagini, quelle di artisti di strada, clown, mimi, drag queen, e come testo quello invece riguardante la vita e la morte, il dolore e la sofferenza, la voglia di finirla e la paura di andar via, insomma, tutto quello che concerne il mondo "eutanasia". 
Al sottofondo delle parole di Welby (declamate in modo umano e struggente) si uniscono queste immagini teatrali, di artisti malinconici, a creare un'atmosfera al tempo stesso dolcissima e intensa.
L'attore principale è formidabile (il suo ultimo primo piano, quello del pianto finale, ci porta a 5 minuti stupendi) e paradossalmente questa incapacità da parte dello spettatore di capire il legame tra quello che sente e quello che vede rende "Storia di una lacrima" qualcosa che ha un senso ancora più forte, perchè non ci sono cose che abbiano più senso di quelle dove il senso devi riuscire di trovarlo.
Forse l'unico difetto del film è una certa ripetitività, un mostrarci all'infinito sempre le stesse cose e le stesse dinamiche, un'incapacità di trasformarsi in altro.
Però è un film che parla di cose terribili eppure senza essere sferzante, polemico. Parla di un uomo (e con lui di tutte le grandi figure che possiamo affiancare a Welby in questa lotta) che è stanco di lottare, è stanco di provare dolore, è stanco di non avere più la minima possibilità di essere felice. Come si sente in quelle magnifiche parole la morte, "naufragio dei giovani e approdo dei vecchi"  non è mai dignitosa e l'eutanasia non è tanto una gioia, perchè nessuno vuole morire, ma una liberazione.
Ed ecco qui che, forse, viene fuori la metafora con il titolo del film.
La storia di una lacrima è appunto il racconto di questa lacrima che non vuole ancora uscire dall'occhio, vuole starsene al buio. Le altre lacrime escono e lei resiste, se ne sta lì. E questo perchè vuole aspettare una gioia ancora più grande per uscire, vuole aspettare il momento più bello.
E alla fine, mentre il nostro attore piange, quella lacrima decide di uscire, di andare alla luce, di essere versata.
Finalmente luce, finalmente aria.
Non dimenticatemi, dice la lacrima.
E forse questa lacrima è Welby, questa lacrima è qualcuno che finalmente è riuscito ad uscire dal nero del dolore e della sofferenza.
E finalmente arriva alla luce. Non è una gioia, ma una liberazione.
Ma era quello il momento migliore per uscire, quello il miglior modo di essere versata.
E su una cosa quella lacrima, Welby e tutti gli altri che hanno lottato e stanno lottando per questo diritto inalienabile che è l'eutanasia devono star tranquilli.
Non sono stati dimenticati

VITA E MORTE E MIRACOLI DI EFTIMIOS

di Pasquale Misuraca


Mamma mia quanto è difficile scrivere di questo film.
Ancora più che per "Storia di una lacrima" son costretto ad uscire dal film e a raccontarlo anche attraverso il contesto.
Il film è stato presentato da  Pasquale Misuraca, non solo regista del film ma anche padre di colui al quale il film è dedicato, suo figlio Eftimios, scomparso a soli 14 anni (vado a memoria ma credo di ricordare bene) dopo essere stato colpito non solo da uno (e già uno è qualcosa di inumano) ma due mali terribili, una leucemia e un tumore (arrivato dopo la guarigione dalla prima).
Misuraca ci ha presentato il film in maniera molto bella tenendoci a dire specialmente due cose. La prima è che questo film non l'ha fatto perchè Eftimios è suo figlio, la seconda che la sensazione che lo pervade è quella della gioia e della serenità perchè questo è quello che suo figlio trasmetteva, gioia e serenità.
Due balle. Per me, ovviamente.
Balle che gli ho anche contestato a voce, per questo mi permetto di scriverle.
La prima balla è che no, se Eftimios non fosse stato suo figlio Misuraca questo film non l'avrebbe mai fatto. Perchè questo non è un film di un artista che parla di una cosa bella che non gli appartiene, questo è il film di un padre dedicato al proprio figlio. E invece che nascondere o "abiurare" questa cosa Misuraca farebbe bene ad esaltarla. Perchè se noi ci siamo emozionati è soprattutto perchè un padre ha saputo fare questo per suo figlio.
La seconda balla è che Misuraca ha riso e scherzato per tutta la presentazione del film, sornione, battutista, sereno e poi appena cominciato il film si è messo dietro di me e ha pianto a dirotto (a dirotto, letteralmente) per tutta la durata dello stesso.
Giusto il tempo di passare dal palco (dove lui ama stare) a dietro di noi (dove lui è più vero secondo me).
Ho visto quindi il film in un'atmosfera pazzesca ed irripetibile (si dice che il cinema sia ripetibile ma no, in questo caso quello che è successo è irripetibile).
Davanti a me il film.
In mezzo io.
Dietro di me il padre che piangeva.
Sopra di me e dappertutto Eftimios, suo figlio.
Immagini davanti, pianto dietro ed Eftimios che, da qualsiasi parte sia, sentivi intorno a te.
Ed è per questo che mi irrita sentire dire a Misuraca che il film non l'ha fatto perchè quello è suo figlio e che il suo ricordo gli provoca solo serenità e gioia (poi, con me, a parte, ha ammesso quanto dolore ci sia ancora). Finge Misuraca, senza capire che se si mostrasse più vero arriverebbe ancora di più alle persone.
Una cosa è certa, suo figlio era un essere straordinario.
Misuraca ha fatto una citazione bellissima (a memoria mi pare abbia detto di Hemingway), ovvero che "Il coraggio è grazia sotto pressione".
Che bella cristo.
Ed è vero, quel bambino era la grazia impersonata sotto pressione. Una leucemia, un tumore al cervello (vado a memoria e mi scuso immensamente se io ricordi male in una cosa così delicata) e lui sempre sorridente, sempre sereno, con un viso e dei capelli d'angelo.
Eftimios è il film, è lui che lo rende grande.
Perchè il film, anche se Misuraca si è dichiarato grande artista, in realtà non è bello.
Filmati sgranati del Tubo, estratti da film precedenti del regista mal recitati e mal montati.
Ogni tanto immagini di Eftimios, bellissime.
Non c'è alcuna cura artistica e mi permetto di dirlo perchè Misuraca, nell'arco delle due giornate, criticherà anche aspramente quasi tutti gli altri film e gli altri autori, altri film ed altri autori che io (che di cinema capisco nulla eh) ho trovato sempre superiori a lui.
Sicuramente narciso, arrogante, ma lo sa da solo, anche se ci tiene a smentirlo ogni 30 secondi.
Eppure ho trovato bellissimo il suo spettacolo teatrale (inserito in larga parte nel film). A parte l'attore veramente notevolissimo ho trovato un testo di altissimo livello, a farmi pensare che Misuraca con la penna sia 100 volte meglio di quello che è dietro alla cinepresa (regista) o davanti (youtuber).
Uno spettacolo teatrale che andrei a vedere stasera stessa, emozionante, minimalista ma capace di raccontare il mondo, suggestivo.
Quello spettacolo è sì Arte ma non rende arte il film solo se lo ci si mette dentro.
Film, in ogni caso, in cui son dentro dei racconti da pelle d'oca, come quello del bonsai che diventa albero per la troppa gioia, come quello dell' "essere umano dispari" (destinato a star solo), come quello del pettirosso che si butta nel fuoco o quello del sogno che Misuraca ci dice essere alla base del film (incipit davvero bellissimo).
E sì, vedere Keaton nel finale è perfetto, quel paragone con Eftimios ci sta tutto, quell'essere aggraziato sotto pressione, sempre.
Però io, di artistico, nel senso di "bello", ho visto poco, Eftimios a parte.
Ma è anche vero che l'Arte magari è la capacità di raccontarsi attraverso un mezzo, cinema, pittura, scultura e musica che sia.
E allora sì, e allora il Misuraca PADRE diventa un'artista straordinario, ma proprio per tutti i motivi che lui rinnega.
E io lo ringrazierò non tanto per quello che ho visto davanti a me ma per quello che non ho visto ma ho sentito dietro di me.
Lo ringrazierò per quel pianto