31.12.17

Classifiche 2017: I migliori film usciti nelle sale italiane quest'anno

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Ed eccoci giunti, finalmente, all'ultima classifica.
Senz'altro, per certi versi, la più importante.
Comunque, di sicuro, la classifica che riguarda più persone, quella dove più ci può confrontare (rispetto ad esempio agli horror o ai non distribuiti), quella che esalta il luogo culto del cinema, la sala.
Quest'anno ho visto 43 film in sala, partecipando anche al mio primo festival.
Ne ho scelti 20 per voi.
Andando contro la mia natura li metterò in graduatoria, anche se si potrebbero scambiar di posto quasi tutti.
Credo siano tutte uscite italiane 2017 tranne due film visto a Torino al festival e quindi non ancora distribuiti.
In ogni caso quando farò il post del sondaggio (preparatevi) controllerò meticolosamente che ogni film possa rientrarvi.
Partiamo

( titolo porta alla recensione)


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Il film di Aronadio mi ha divertito in modo insperato.
Attori bravissimi, gag perfette, anche profondità.
Peccato per un finale didascalico ed evitabilissimo


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Ancora Italia in un anno, però, un pochino debole per il mio amato cinema nostrano.
Monolith, dal comparto tecnico notevolissimo (che fotografia...) è un film molto particolare e dal valore metaforico (il saper esser madri) potentissimo.
Davvero una sorpresa


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Visto appena 5 giorni fa.
E che dire, un film che racconta di un razzismo ai più sconosciuto, quello degli svedesi verso i puzzolenti Sami (lapponi per estensione).
E il racconto di una ragazza ribelle che invece di difendere le proprie radici vuole cercare di somigliare alla "razza dominante".
Ma forse no, forse il suo è solo un voler dimostrare che anche una Sami può farcela

17 JACKIE

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Soggetto che non è proprio la mia tazza da thè.
Ma regista che potrebbe farmi piacere anche il thè più imbevibile.
E così alla fine mi sono ritrovato davanti un gran film, l'ennesimo immenso Larrain e una Portman che sfiora il divino

16 DUNKIRK

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Per quanto mi riguarda non esistono Nolan minori, li amo tutti.
E questo altro che minore, è l'ennesimo grandissimo film del nostro.
Ma l'ho visto in un giorno particolare e, purtroppo, sia durante la visione che appena dopo non mi è rimasto quasi niente.
Da rivedere


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Uno dei personaggi più belli dell'anno in uno dei film più dolci e delicati dell'anno.
Perchè a volte la bontà può essere patologica.

30.12.17

Classifiche 2017: 25 gioiellini non distribuiti (o distribuiti, poco e male, gli anni precedenti)




Di solito questa è la lista più "amata" ai lettori.
Vi consiglierò 25 film che o non sono stati distribuiti in Italia o, se lo sono stati, hanno avuto davvero pochissime copie e quasi nessuno l'ha visti.
Per chi è iscritto al Guardaroba de Il buio in sala tanti saranno titoli già noti, ma tant'è.
Unico assoluto punto in comune è che sono tutte mie prime visioni 2017.
Ovviamente mancano tutti gli horror, già presentati ieri.

Ah, ogni titolo, cliccandolo, rimanda alla recensione completa.
Un lavoraccio mettere tutti i link...
Ma ho compensato decidendo di copia incollare direttamente in questo post il riassuntino che avevo già scritto nella recensione, senza dovermi inventare ancora parole nuove


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Un grande film francese che in maniera nuova racconta de clima di terrore in cui vive ormai l'Occidente da anni.
Un gruppo di ragazzi e il loro tentativo, a modo loro, di diventare storia.
E poi un Grande Magazzino che diventerà luogo di riparo, di paura e, forse, anche luogo simbolo di ciò che siamo.



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Calvario è il racconto della settimana passata da un prete in mezzo ad una comunità piccola, isolata e perversa.
Una settimana passata aspettando un appuntamento.
Con un magnifico Gleeson e un rapporto padre-figlia di struggente verità.


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L'opera seconda del grande Villeneuve.
In una cornice allucinata e terribile di pesci maciullati abbiamo la storia di Bibiane, dei suoi sensi di colpa, della sua lenta discesa verso l'abisso, dei suoi incroci col destino e, forse, di una possibilità di rimetter la testa fuori.



L'opera seconda di Alemà, regista di At the end of the day, è un altro gioiello.
Quattro ladri decidono di rubare la statua della santa patrona di un paesino pugliese.
In mezzo al folklore e al racconto di una religiosità ottundente ne verrà fuori un film spietato, con più di un problema di script, ma bellissimo.



La conferma del talento incredibile della Marling che, anche in questo caso, oltre a recitare da Dio si è scritta pure il film.
Una ragazza che dice di essere arrivata dal 2054 sceglie un gruppo di eletti per affrontare il nuovo mondo.
Film sulle sette senza le insidie delle sette e sulla fantascienza senza alcun elemento fantascientifico, Sound of my voice è l'ennesima piccola perla di sceneggiatura che gioca con verità e menzogne, psicologia, menti fragili ed altre dominanti


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L'ennesimo coming of age sulla disperata ricerca di capire il proprio orientamento sessuale.
Ma Closet Monster è anche qualcosa in più.
Un film dolce, trattenuto, che racconta di un tremendo ricordo che non se ne va più via, che ha dentro criceti parlanti che assomigliano tanto alla propria anima, che sprigiona amore e odio a ogni inquadratura.
Forse, però, non è altro che un film che racconta della necessità di togliersi una spranga di ferro da dentro sè stessi

29.12.17

Classifiche 2017 - I Migliori "Horror" visti quest'anno

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Attenzione.
In questa lista ci saranno film non del 2017 e altri sì.
Ci saranno film visti in streaming, su Netflix o al cinema.
Insomma, è una lista puramente "tematica", anche se, come vedrete, non si parla solo di horror puri, anzi.
Ci sono dei film (penso a It, Get Out e Split) che, a questo punto, presentandoli qua, non inserirò nella classifica dei film in sala 2017 tanto, Get Out a parte, non sarebbero stati troppo in alto.
A questo proposito, però, considero il mio horror dell'anno un altro film che, invece, sarà molto in alto nella lista "onnivora".
Insomma, regole tutte mie.
Ah, annata non stratosferica, diciamo che vi segnalo tutta la roba buona (dal 7 - -) in su.
Di filmissimi se ne contano sulle dita di una mano.

REVERSAL (recensione)

visto in streaming
 

Una bellissima e bravissima interprete, Tina Ivlev.
Un thriller a tratti sorprendente, non privo di difetti, ma che ha almeno il pregio di essere qualcosa di "nuovo" (in alcuni aspetti) e inconsueto.
Girato benissimo tra l'altro

SPLIT (recensione)

visto al cinema


Per qualcuno il grande ritorno di M.Night.
Per me no, perchè già The Visit era magnifico, forse persino superiore.
Ma, insomma, giù il cappello a questo grande regista.
Con una Taylor-Joy e un McAvoy da paura

THE VOID (recensione)

visto in streaming


Uno degli horror di cui più si è parlato quest'anno.
Lovecraft, Carpenter, c'è di tutto. 
Tanti pregi, tanti difetti.
Impossibile perderselo per un appassionato.

RAW (recensione)

visto in streaming

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Se The Void era uno degli horror di cui più si è parlato nel 2017 allora Raw, in questa classifica, sarebbe al primo posto.
Bello, tanto, visivamente notevole e capace di esser letto in tante maniere diverse, polisemico.
Forse, però, non il capolavoro che dice qualcuno

1922 (recensione)

visto su Netflix

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Non conoscevo il racconto di King da cui è stato tratto.
Mi sono ritrovato davanti un film oltre ogni mia aspettativa che ha il merito, sopra ogni cosa, di mettere l'aspetto psicologico al primo posto.
Una specie di cuore rivelatore di Poe (e anche Il Gatto nero) formato esteso

28.12.17

Classifiche 2017 - Lo Zibaldone (i più brutti, i più deludenti, le scene da ricordare e altri premi random)

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LE DELUSIONI DELL'ANNO

5 HIGH RISE

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Adoro Wheatley. E qua non so se perchè il libro da cui il film è tratto fosse infilmabile, non so se è stato un problema mio a non averlo compreso, ma sta di fatto che ho trovato High Rise tanto affascinante quanto confusionario e mal montato. Parliamo di un bel film eh, ma queste sono le delusioni. E delusione è stata

4 SHINE

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Sono 20 anni che dovevo vederlo.
Sono 20 anni che tutti me ne parlano.
E, ahimè, mi sono ritrovato davanti un film retorico, quasi televisivo, un film che non posso considerare bellissimo solo per la magnifica storia che racconta e per un Rush mostruoso

3 LA CURA DEL BENESSERE / L'UOMO DI NEVE

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Sono le due sceneggiature (insieme a quella che arriverà dopo) peggiori di questo mio anno.
Una è un insieme di cose senza un perchè che rovina un film potenzialmente bellissimo.
L'altra è un mezzo disastro, semplicemente.
E peccato, avevo alte aspettative per entrambi

2 ELLE

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Osannato da tutti, per alcuni persino un capolavoro.
Per una volta però il Giuseppe buono deve esser cattivello.
La sceneggiatura di Elle è da ergastolo, e non tanto per il mix di generi che tanti hanno amato (io no, si depotenziano a vicenda) ma per una gestione dei personaggi secondari, delle vicende laterali, dei finali, degli snodi narrativi e della costruzione di alcune sequenze davvero imbarazzanti.
Ed è incredibile che nella stessa sceneggiatura poi ci ritroviamo un personaggio così grandioso e "completo" come quello della Huppert

1 VINYAN

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Delusione dell'anno per almeno due motivi.
Il primo è che avevo amato tantissimo Calvaire ed è anni che mi volevo vedere quest'altro film di Du Weltz.
Il secondo che la delusione non è stata solo mia ma di tutta la ventina di persone che se l'è visto con me la notte del raduno.
Probabilmente, però, è colpa del contesto e non del film

I FILM PIU' BRUTTI DELL'ANNO

5 MOST LIKELY TO DIE

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Un pò de amici, ex compagni de college, se ritrova pe una rimpatriata.
Moriranno praticamente tutti.
Cinema compreso

4 LE SCIMMIE ASSASSINE

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Ovvero il film dove per un'ora e mezza non succede un cazzo, non se vedono manco le scimmie.
E quando succede qualcosa rimpiangi di quando non succedeva un cazzo

3 THE SCOPE OF SEPARATION

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La vera inculata del Torino Film Festival.
70 minuti in cui c'è solo un cinese che fuma.
Probabilmente questa immagine che ho trovato deve esse fori dal set, non c'ha la

27.12.17

Classifiche 2017 - Istruzioni per l'uso

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In questo balordo, balordissimo, 2017 alla fine il cinema, il mio cinema, non ne ha comunque risentito più di tanto.
Sono uno dei pochi a pensare che la stagione in sala sia stata davvero grandiosa.
Magari è mancato il capolavoro, ma specie nel piccolo (e, lo so, voi fuori da Perugia tanti nemmeno li avete visti passare) si è vista tanta bella roba...
Quest'anno farò 4 (o 5) appuntamenti con le classifiche che, lo sapete, io preferisco chiamar liste visto che quasi mai metterò cose in graduatoria.

La prima puntata, forse oggi, è la solita miscellanea.
Ci troverete dentro le delusioni dell'anno, i film più brutti dell'anno, le scene dell'anno e tanti altri piccoli premi collaterali

Il secondo giorno selezionerò 15 (credo) "horror" -virgolette d'obbligo-, quelli che mi sono piaciuti di più, a prescindere che l'abbia visti in sala, in streaming o su piattaforme tipo Netflix

Il terzo giorno indicherò almeno 20 gioiellini o non distribuiti da noi (un buon 80%) o film comunque non conosciutissimi che anni fa hanno avuto una fugace apparizione in sala

L'ultimo giorno la classifica più "nobile", quella dei migliori titoli del 2017.
Ovviamente, come faccio da 2,3 anni, con 2017 mi riferirò all'uscita nelle sale italiane  anche se, nel caso di un paio di titoli, si tratta di retrospettive (sempre in sala) di film del 2016
Difficilmente farò una classifica, molto più facile che divida i titoli in sezioni

Tanto, al solito, è solo un gioco

Poi magari farò il post per decretare i vostri film preferiti del 2017 (uscita sala italia) visto che l'anno scorso l'iniziativa andò molto bene, preparatela... (cercate su wiki "uscita sala italia" quando siete in forse)

un abbraccio

26.12.17

Recensione: "Edward mani di forbice" - Yesterday, i film cult del (mio) passato - 12 -

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Becco Edward per caso l'altro ieri in tv.
Eran 25 anni che l'avevo lasciato là, nel suo tetro castello che domina dall'alto un quartiere a lui opposto, ameno, rassicurante, coloratissimo che sembra un Wes Anderson 15 anni prima di Wes Anderson.
L'ho ritrovato Edward e in pochi minuti m'è sembrato che quei 25 anni di distanza non esistessero, chè il suo volto chissà quante volte l'ho visto ancora, chè la sua iconicità mai se n'è andata, che il suo nome, Edward, quasi sempre, a tutti noi, ci fa attaccar dietro "mani di forbice", anche se poi non s'è mai capito se questo fosse uno sbagliato plurale o un consapevole singolare.
Avevo 15 anni allora, l'età perfetta per capire già tanto di questo film che ha così tanto da far capire e anche quella per iniziare a rendersi conto che le fiabe son mica tutte belle, son mica evvisserotuttifeliciecontenti, ma possono esser nere, posson essere drammatiche.

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Specie se dietro a queste fiabe c'è una delle menti più pazze e geniali di questo nostro pazzo e geniale mondo del cinema, quel Tim Burton che è stato capace, come pochi registi sanno esserne capaci, di creare un immaginario talmente peculiare, talmente personale, talmente potente che di loro prende anche il nome, burtoniano già.
Ed è questo forse il film che ha regalato al mondo tutto il suo gotico, malinconico e tetro splendore, che lo splendore può esser anche di luce nerissima, lo si sa, ed è con questo film che Burton si è palesato completamente a noi.
Perchè qui, in Edward, ci sarà in nuce tutto quello che poi Burton userà e svilupperà nei suoi film successivi, come fosse il suo grande lago delle idee dove pescar acqua per i laghi a venire.

24.12.17

Recensione: "Sami blood"

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Forse l'ultimo bellissimo film in sala di una grande, grandissima, stagione (almeno nel piccolo).
Un film che racconta la Lapponia di Babbo Natale in un modo completamente diverso.
Un popolo deriso, umiliato, studiato, misurato e marchiato come fossero bestie.
E una ragazzina che, a costo di salvarsi e dimostrare che anche lei può farcela, se ne fugge via, nella Svezia di quelli belli, alti, biondi e intelligenti.
Ma i cerchi poi di chiudono, sempre.
E ci sarà ancora una montagna per lei, ancora un canto.

Cinque istantanee.
La prima è una finezza di sceneggiatura, una frase rubata, detta così, en passant, ma che in una sola parola racconta 70 anni di ellissi, 70 anni di cui nulla sappiamo.
"Ero un'insegnante" dice la vecchia Elle-Marja.
E in quel momento, il momento in cui la sentiamo, è solo una frase, solo un lavoro, una cosa che dimentichi 2 minuti dopo.
Eppure dopo aver visto questo bellissimo Sami Blood quella piccola frase dovremmo riandarla a pescare nei nostri cassettini temporanei della memoria.
Perchè basta quella parola, "insegnante", a raccontarci tutto quello che c'è in mezzo tra l'oggi e l'allora, tra la vecchia di adesso e quella ragazzina ritenuta handicappata, minorata, specie inferiore, cervello inferiore, solo per esser di etnia lappone.
Perchè basta una parola a sapere che, allora, ce l'aveva fatta.

La seconda istantanea è ad una festa.
E' Elle-Marja che canta.
Perchè alla fine l'animale da circo ha deciso di fare il suo numero.
Tutti lo vogliono.
Ma il suo yoik non ha niente di armonioso, forte, interessante, affascinante.
E' lo yoik di qualcuno che quelle radici ha voluto eradicarle.
E' il numero da circo stanco, deludente e quasi ribelle di un fenomeno da baraccone che non vuole esser tale.

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La terza istantanea è uno stupro.
E' la genesi di tutto.
E' un viso che viene misurato, è un corpo nudo che viene fotografato, è una dignità che viene calpestata, è una razza che viene umiliata, è una ragazzina che viene psicologicamente violentata.
E sì, proprio uno stupro mi hanno ricordato quei flash abbaglianti, qualcosa di forte e di violante.
Uno shock dopo il quale niente sarà più come prima.

22.12.17

Recensione: "Il Gioco di Gerald" - Su Netflx

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Una grandiosa trasposizione del romanzo di King, quel romanzo spartiacque che ci regalò un Re diverso.
Flanagan rispetta come meglio non poteva la portata psicologica, immensa, del testo originario.
Una lotta per la sopravvivenza che diventa soprattutto una nostra presa di coscienza, un dover affrontare i nostri demoni, un dover farsi male, terribilmente male, per potersi poi salvare.
Uno degli horror dell'anno.

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Eccoci Mike, finalmente.
C'ho provato in tutti i modi con te.
Con quell' Oculus così interessante ma insopportabile e patinato.
Con quel Somnia parimenti interessante ma troppo figlio del nuovo horror.
Poi è venuto Hush e, niente da dire, un pochino t'ho rivalutato.
E poi arriva Il Gioco di Gerald, una delle meglio cose tratte da King dell'ultimo decennio.
E sì, adesso il tuo nome lo assocerò a qualcosa di veramente bello.
Non potevi, non poteva, far meglio Mike Flanagan.
Raramente mi è capitato di vedere un adattamento del Re e rivivere quasi esattamente le stesse sensazioni.

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Quando uscì il gioco di Gerald fu un pò spiazzante. Era un King diverso da sè stesso, meno mostruoso, meno legato agli archetipi, un King molto più umano che poi, da lì, come uno spartiacque, si cimenterà ancora più volte in questa dimensione.
Il Gioco di Gerald era un romanzo puramente psicologico, un viaggio dentro la propria mente e i propri ricordi, una lotta per la sopravvivenza che somigliava quasi più ad una riconciliazione con sè stessi arrivati alla fine del nostro viaggio.
E Flanagan ha l'umiltà, la grazia e la capacità di riportare formato cinema quelle sensazioni.
Dirò di più, dimostra una sensibilità davvero sorprendente. Perchè, in ogni caso, da questo soggetto poteva venir fuori comunque qualcosa di molto più grossolano.
Certo, resta la grana di Flanagan, una grana molto elegante ma troppo poco sporca per i mie gusti.

19.12.17

Recensione: "February - L'innocenza del Male" ( o The Blackcoat's Daughter)

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La conferma che il figlio di Anthony Perkins sia uno dei migliori giovani registi horror del momento.
Prima del bel "Sono la bella creatura che vive in questa casa" c'era infatti quest'opera prima, probabilmente ancora superiore.
Un thriller psicologico di ambientazioni nuovamente gotiche. Un film con una trama abbastanza canonica ma che riesce a diventare interessantissimo attraverso il montaggio.
Ma, a mio parere, February è soprattutto un omaggio ad uno dei più grandi horror di sempre.
 Magari, vedendolo, penserete la stessa cosa anche voi (sempre che non leggete prima il titolo a cui mi riferisco...).
Con una giovanissima attrice straordinaria, Kiernan Shipka

presenti spoiler dopo la seconda immagine (quelli in cui lo paragono al filmone) e ancora più grandi dopo ultima immagine


Ne ero sicuro ma ho avuto la conferma, il figlio di Perkins è autore e regista vero.
Pur avendo fatto il percorso inverso -son passato dall'opera seconda alla prima- ho ormai la certezza di trovarmi davanti ad un nuovo regista dell'horror di grande raffinatezza e sensibilità.
Bastano poche inquadrature di February per riconoscere la mano (educatissima) di Perkins, quella mano che avevo notato nel davvero bello "Sono la bella creatura che vive in questa casa".
La stessa cura dell'inquadratura, la stessa centralità (a volte un pò troppo ricercata), e un'eleganza che, c'è poco da fare, rende certi film qualcosa in più.
Anche se, devo ammetterlo, la cura estetica presente in February non raggiunge quell'ossessione formale del film successivo.
In realtà questo bellissimo thriller psicologico è quasi in tutto e per tutto un film di montaggio (notevole) che rende dinamica, interessante e suggestiva una storia che, di per sè, non farebbe per niente gridare al miracolo.

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Visti i due film di Perkins possiamo già dire che sta proprio nell'intreccio, nel plot e nella mancanza di coraggio nella scrittura un limite che prima o poi vorremmo sia superato.
Ma se l'intreccio non lo fa la scrittura riesce, come dicevo, a crearlo il montaggio.
Un montaggio che gioca col presente e col passato, coi personaggi e con, un pò alla Elephant, le diverse angolazioni di stesse sequenze.
Ne nasce così un film che è un puzzle (per niente complicato) che si costruisce piano piano ma senza mai ricercare l'effetto colpo di scena. Solo un lento formarsi.
Kat e Rose sono le uniche due ragazze rimaste all'interno di un istituto religioso per sole donne. Tutte le altre sono andate a casa per le vacanze invernali mentre per loro due niente da fare, i genitori non sono arrivati (per differenti motivi).
La giovanissima Kat comincia a presentare strani comportamenti.

15.12.17

Recensione: "Sono la bella creatura che vive in questa casa" - Su Netflix

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Giro su Netflix e mi trovo davanti un ghost movie raffinatissimo, elegantissimo e che, più di fantasmi, racconta di dolore e solitudine.
Incredibile come per tante cose ricordi quel capolavoro di A Ghost Story, anche se il livello non è certo lo stesso e anche l'ambizione (qui siamo quasi soltanto nel genere).
Seconda regia del figlio di Anthony Perkins, un horror gotico che non farà paura ma è davvero un gran bel vedere

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E così per la seconda volta mi avventuro nel catalogo degli originali Netflix.
E se già la prima volta ero stato fortunato a beccarne uno buono ( 1922 ) adesso è andata pure meglio.
In realtà quando questo titolo improbabile (ma in originale è lo stesso, stavolta non è colpa nostra) m'è capitato sott'occhio mi sono ricordato che 2,3 mesi fa me lo consigliò il mio grande amico salernitano Paco.
Ricordo che quando mi disse sto titolo pensai "(troppa birra o troppe salsicce, non pò esse così bello dai, che cazzo sta a dì)"
E invece Paco non solo è vivo (cit) ma aveva ragione.
"Sono la bella creatura che vive in questa casa" (d'ora in avanti solo "il film") è l'opera seconda nientepopodimeno che del figlio di Anthony Perkins, Oz.
E già mi parlarono benissimo della sua prima, February.
Due soli film sì, ma abbiamo già un autore.

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Pazzesco come questo film, specialmente all'inizio, possa ricordare il gioiello dell'anno, A Ghost Story.
E' incredibile come tutto il discorso iniziale, quello in voice off, racconti esattamente quello che avevamo visto nel capolavoro di Lowery.
Il fantasma, il concetto di tempo (molto più veloce nel regno dei morti), la solitudine, l'attaccamento del fantasma verso il luogo in cui è vissuto e morto (dice, a parole, praticamente quello che avviene in AGS, "ce ne potremmo andare ma decidiamo di restare qui" ), la tristezza della propria condizione, la prigione del ricordo.
O.k direte voi, 5 minuti di frasi che accomunano i due film.
E no, perchè poi, appena il film comincia davvero, sembra di trovarci esattamente in A Ghost Story.

11.12.17

Recensione: "Loveless"




Uno dei più bei film usciti quest'anno.
Il regista dell'enorme Leviathan stavolta non ci racconta il rapporto dell'uomo con le istituzioni ma quello, ben più intimo ma ugualmente impossibile e devastante, dei semplici rapporti umani.
Il mondo raccontato da Loveless, come titolo annuncia, è un mondo senza amore, un mondo dove un padre e una madre non meritano di esser tali, dove un bambino deve soffocare le urla del suo dolore, dove lo stesso bambino, un giorno, è costretto a fuggir via per salvarsi.
E la ricerca di Alyosha diventa, almeno per me, la ricerca di un raggio di luce in uno sfondo buio come una notte senza luna

piccoli spoiler dopo ultima immagine


La porta del bagno si chiude e scopre il viso di un bimbo di 12 anni letteralmente soffocato dal dolore, distrutto in un pianto afono ma nel quale percepiamo un urlo disumano.
Quando quella porta si è chiusa rivelando quel bimbo là dietro ho creduto di morire. La classe, la forza, la maestria, la potenza con la quale Zvyagintsev ci ha raccontato uno dei più grandi cancri -per me il peggiore- del quale la vita umana spesso si ammala, ovvero quello dei bimbi che crescono senza amore e nella violenza, è qualcosa di terribilmente sublime.
Per quanto mi riguarda questa è una delle sequenze dell'anno.
Loveless, senza amore.
Già.
E il grandissimo autore russo, quello che raccontò in modo enorme e macroscopico l'impossibile lotta tra Uomo ed Istituzioni in Leviathan, adesso restringe tantissimo il campo.
Lo stato scompare (anche se questo film è comunque smaccatamente politico, sia come cornice che come possibile metafora, specie nella figura della Patria, anch'essa madre degenere) e lascia il posto solo a noi poveri uomini, ai (non) rapporti che riusciamo ad instaurare, alla nostra meschinità, alla nostra incurabile capacità di non amare.
Che se è vero che spesso l'amore è una malattia, di certo il non saper amare è una patologia ancora più grave.

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Ne soffrono, veri e propri portatori sani, un padre e una madre che mi fanno vergognare anche di scriverle queste parole, padre, madre.
Loro figlio Alyosha, il bimbo che avevamo lasciato nel primo capoverso ad urlare di dolore senza poter far rumore, è un 12enne cresciuto nella quasi totale solitudine, tirato su da due figure che lo vedono come un peso.

10.12.17

Recensione: "1922" - Su Netflix -

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Non è una nuova rubrica ma ho pensato comunque di raccogliere tutti i film originali Netflix insieme.

Piacevolmente sorpreso.
1922 è un thriller rurale con venature horror che ha il grande pregio di far prevalere la parte psicologica e "sommersa" su quella visiva e spettacolare.
Un adattamento da Stephen King che sembra ricordare però più Poe che il Re dell'Horror.
Tra omicidi di comodo, sensi di colpa, topi, fantasmi, figli segnati dal dolore, pazzia e solitudine un bel titolo che, per quel che cerca, fa benissimo il suo lavoro


Ma siamo sicuri che 1922 sia tratto da Stephen King e non da Edgar Alla Poe?
O.k, sì, siamo sicuri.
Ma non posso non pensare che il grande scrittore americano non si sia largamente ispirato all'ancora più grande scrittore della prima metà dell' 800.
C'è veramente tutto di Poe, il racconto in prima persona, le ossessioni, i sensi di colpa (cos'è 1922 se non un cuore rivelatore moltiplicato per 10 ?), i topi, i corpi dell'amata che ritornano, la tremenda base psicologica, i luoghi chiusi, la pazzia sempre crescente.
Un horror intimo, poeiano appunto, davvero convincente.
Non avrei mai pensato che l'ennesimo adattamento di un racconto di King, perlopiù realizzato appositamente per Netflix, avesse potuto portare ad un risultato così buono.
Niente da strapparsi i capelli, intendiamoci, ma un prodotto onesto che ha un grandissimo pregio, privilegiare l'aspetto psicologico a tutto il resto.
E in epoche di adattamenti grossolani e maldestramente spettacolari c'è da fare un applauso.

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Siamo nel 1922.
Classica famiglia di campagna americana, la casa, il capanno, il campo di grano, le mucche.
Il padre (un ottimo Jane) non ha alcuna intenzione di vendere la sua "roba", sua moglie sì, attirata dai tanti soldi e dalla possibilità di andare in città.
Il figlio sembra stare più dalla parte del padre, ama lavorare in campagna e poi l'amour, l'amour fou, lo colpisce per la sua coetanea vicina di casa. Il padre ne approfitta per plagiarlo e, visto che la moglie non fa un passo indietro, decidono di ucciderla.
Ne nasce così un thriller rurale molto interessante, forse sì un pelo televisivo, ma girato, scritto e interpretato con gran cura.
E con grandissima cura sono anche gestiti i rari, ma efficaci, momenti più strettamente horror, come il terribile omicidio iniziale (terribile perchè da lavoro pulito che doveva essere si trasforma in un confuso e inumano massacro), la prima scena del pozzo (lei e i topi) e le da lì in poi non rare scene di "fantasmi", ovvero i tremendi sensi di colpa che distruggeranno l'uomo, a volte rappresentati dai topi (ha visto questi divorare la moglie) a volte dal cadavere della moglie stessa, a volte, per non fargli mancare nulla, da entrambi.
Sì, ma non pensiate che queste parti rappresentino il fine ultimo del film. No, perchè, come dicevo, 1922 riesce a non svaccare mai, a raccontare la progressiva pazzia e solitudine dell'uomo (bellissime le scene nella tormenta e con la casa ormai a pezzi, ancora Poe...) e a darci la sensazione che la parte più subdola e "astratta" sia più importante della visiva.
Ci sono anche ottimi dialoghi come quelli all'arrivo dello sceriffo (davvero da cuore rivelatore, lui continua a dirgli del pozzo come quasi, inconsciamente, voler farsi scoprire) o quelli tra padre e figlio.


Un film che racconta di come un gesto terribile poi, a cascata, porti piano piano a conseguenze devastanti, come se fossimo davanti ad una specie di maledizione che, in realtà, maledizione non è visto che ogni azione e reazione presente nel film ha matrici assolutamente umane.
Quella famiglia è ormai segnata, quel figlio che fu costretto ad uccidere la madre è ormai segnato.
Qualsiasi azione, qualsiasi gesto, qualsiasi tentativo di cambiare le cose sembrano inutili, il film andrà verso un prevedibilissimo ma assolutamente coerente finale in cui nessuno si potrà salvare.
Belli i campi lunghi, belle le atmosfere, ottimamente realizzate le sequenze gore (penso allo schiacciamento del topo) in un film che forse ha il difetto di non decollare mai verso qualcosa di più grande ma dimostra come, senza strafare, si possano fare ancora bei thriller.

7

8.12.17

Recensione "Chevalier"

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Torno finalmente al mio amato cinema greco.
Lo faccio col nuovo film della regista di Attenberg.
Sei uomini, un mini yacht di lusso.
Decidono di misurarsi in tutto, dall'aspetto fisico a quello comportamentale, da quello agonistico a quello morale.
Chi sarà il migliore in generale?
Film entomologico, una fredda, cinica e distaccata analisi della ridicolaggine del Maschio.
E di quanto apparire, ogni volta, conti più dell'essere

potete vedere il film in questa straordinaria iniziativa (cliccare)


La Grecia, come noi del resto, non sarà ai Mondiali di Calcio.
Eppure ci sarebbe senz'altro un mondiale in cui gli ellenici non solo si qualificherebbero ogni volta, ma sarebbero quelli da battere
Il Mondiale dei Soggetti Cinematografici.
Basterebbero già tutti quelli di Lanthimos a portarla in finale, se poi i suoi connazionali lo aiutano, beh, allora non c'è storia.
E tremendamente, tremendamente lanthimosiano è il soggetto di Chevalier, ultimo film della Tsangari, la regista del bello bello bello Attenberg.
Un mini yacht di lusso.
Sei uomini (più l'equipaggio).
Nessuna donna (importantissimo).
E parimenti importante è ricordare come i sei uomini siano legatissimi tra loro, migliori amici, fratelli, genero e suocero, tutti legami fortissimi.
Fanno pesca subacquea, oziano, si crogiolano nel lusso.
Poi ad un certo punto viene in mente di fare un gioco, ovvero capire, tra loro, chi sia "il migliore in generale".
Non il migliore in qualcosa, in tutto.


E la loro vacanza allora cambia, diventa un misurarsi su tutto, sia fisico, che agonistico che comportamentale.
Come dicevo pare Lanthimos o, perchè no, Saramago.
Una situazione surreale, strana, inconsueta.

7.12.17

Torino Film Festival - I Film visti (in più) da Vincenzo : "Casting" e "Kuso"

Ultimo appuntamento col reportage da Torino.
Dopo i 7 film recensiti da me e i 4 da Riccardo ecco gli ultimi due (gli altri che ha visto erano in comune con me).
Ce ne parla l'amico Vincenzo.
Due film davvero particolarissimi

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Una troupe televisiva impegnata nell’impresa di organizzare il remake del film di Fassbinder “Le lacrime amare di Petra Von Kant”. Una regista che, non riuscendo a trovare un’attrice adatta, rende l’impresa ancora più ardua. Se consideriamo poi che all’inizio delle riprese mancano pochissimi giorni, capiamo come sulla testa di tutti i personaggi di Casting penda una spada di Damocle non da poco.
Le vicende del film ruotano perfettamente intorno a questa crescente tensione. Con l’avanzare dei giorni e l’avvicinarsi della fatidica scadenza, sul set l’atmosfera si fa sempre più tesa ed emergono i conflitti, le frustrazioni, la paura e gli errori. Il set diventa quindi una macchina asfissiante che mette davanti alla difficoltà di prendere decisioni le cui conseguenze si rifletteranno sul futuro di decine di persone. Insomma una sorta di Boris abbastanza caustico ma molto meno grottesco e satirico.
Tutto il peso delle riprese, ovviamente, ricade sulle spalle di Vera, la regista. Personaggio complesso e ben scritto, Vera è una donna continuamente in bilico fra la volontà di dare un senso artistico al suo lavoro e il dovere di rispettare i dettami  e i tempi di un’emittente televisiva. Ne percepiamo perfettamente i conflitti interiori, il senso di colpa davanti agli errori (la scena con l’attrice al botulino è uno dei punti più alti del film) e la sensazione di essere ad una svolta di carriera: da questo progetto uscirà lanciata oppure rovinata. Senza mezze misure.

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E mo? Come caz accidenti ne parlo, di un film del genere? Senza dubbio questo è il primo pensiero che mi è venuto in mente a fine proiezione. Come posso parlare in un simile delirio lisergico, scorretto oltre ogni misura immaginabile, un film capace di far LETTERALMENTE fuggire il pubblico dell’ultimo Sundace Film Festival? Un film che pare girato da Lynch ma solo se si fosse prima bevuto una tanica di carburante per trattori. Impossibile o quasi farne una recensione sensata.
Kuso è l’Inferno. Un inferno in cui ogni liquido corporeo immaginabile viene sparato, mangiato, bevuto, vomitato da personaggi deformi e deliranti. Un’umanità distrutta da ciò che è uscito dopo un devastante terremoto, un confine ormai impossibile da cogliere fra la realtà e ciò che viene mostrato da una televisione allucinante. Parassiti, bambini deformi che fanno amicizia con giganteschi buchi di culo viventi, tazze di sputo, teste che escono dal water, esseri extradimensionali di pelo colorato costantemente fatti di erba. Davvero, a Kuso è impossibile e forse perfino controproducente stare dietro. Bisogna farsi investire dalla merda ed ovviamente ben pochi sono disposti a farlo
Perché alla fine, come le scoregge di cui è disseminato, Kuso piace solo a chi lo ha fatto e ad una piccola percentuale di bizzarri feticisti.
Per inciso, chi scrive è uno di essi