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14.8.23

3 x 1 - Recensioni: "Lasciami Entrare" - "Mediterranean Fever" (Cinema 2023 - 10) - "My heart can't beat unless you tell it to" (Su Prime)

Proseguo questo mio recupero dei film visti in questo periodo.
Stavolta ne metto 3 insieme.
Il primo è un cult incredibile, Lasciami Entrare, inutile presentarlo.
Il secondo è un gran bel film visto al cinema, Mediterranean Fever, la storia di una strana (ed improvvisata) amicizia tra due vicini di casa ad Haifa.
Opera che "sfiora" la questione Palestinese ma che, tra ironia e una drammaticità sempre più forte man mano che il film va avanti, sembra parlare di qualcos'altro e ci riserverà alla fine un colpo di scena, totalmente inaspettato e davvero molto emozionante.
Il terzo è un film con uno dei titoli più belli di sempre ("Il mio cuore non può battere finchè non gli dici di farlo").
Vi giuro che solo per caso finisce in questo post dove c'è anche Lasciami Entrare, forse il film che più me lo ha ricordato.
La storia di 3 fratelli di cui uno, il più giovane, è sempre morente.
Per continuare a vivere ha bisogno di un qualcosa che solo i due fratelli possono procurargli...
Un film drammatico nel mood che consiglio anche a chi non ama trame a tinte leggermente horror.
Uno di quei film che un giorno definivamo "da Guardaroba", anche non certo bello come la maggior parte di quelli che mettevo in quel gruppo (ovviamente a giudizio mio eh).
Attenzione però perchè MHCBUYTIT (acronimo assurdo) potrebbe parlare anche solo di una cosa assolutamente reale, umana, senza alcuna connotazione soprannaturale.
Non dico altro, semmai lo trovate su Prime



Il più famoso del "lotto" è senz'altro Lasciami Entrare, "horror" che ha fatto la piccola storia del genere.
Film svedese (di cui è stato fatto un ottimo remake americano, Blood Story) che ha fatto innamorare tantissimi di noi per la sua location (un paesino svedese pieno di neve), i suoi due indimenticabili protagonisti (due bambini che uniscono in modo dolcissimo le loro solitudini) e una serie di sequenze che non se ne vanno via dalla testa (il massacro in piscina, la donna che brucia, lui che vede "lei" in bagno).
Senza ombra di dubbio è uno dei film sui "vampiri" più originali che siano mai stati girati, almeno negli ultimi 30 anni.
Lasciami Entrare, pur avendo molte sequenze spietate e violente, riesce nell'impresa di restare nel nostro immaginario come un film emozionante, tenero, fragile ma potente come fragili ma potenti sono i due bambini protagonisti.
Ho amato molto la sua reticenza (chi è lei? chi è l'uomo che l'accompagna?), capace di dare un alone di mistero ancora più grande.
Splendidi i due giovani attori, la fotografia e l'atmosfera, in questo film che sa anche raccontare temi importantissimi come il bullismo, la solitudine, la "malattia", il sentirsi inadeguati e l'impossibilità di fuggire dalla propria Natura (pensiamo a La rana e lo scorpione ad esempio, a lei che, per quanto non voglia, non può non agire in base a quello che in realtà è) in un modo magistrale, senza alcuna retorica.
Uno di quei film che, senza ombra di dubbio, possiamo definire "del cuore"


Piccolo e veramente atipico buddy movie che racconta l'impossibile amicizia (i due sono uno opposto all'altro, in tutto) tra due palestinesi ad Haifa.
Waleed è triste, spento, un romanziere fermo ormai ad una eterna pagina bianca, sia del suo nuovo romanzo che della sua vita.
Jalal, il nuovo vicino, è invece esuberante, sfrontato, vitale, e persino maleducato nella sua arroganza.
I due sembrano persone incompatibili ma Waleed, forse, vede in quel nuovo vicino una piccola fiammella di vita, un'invidia "positiva" che potrebbe salvarlo.
Probabilmente la cosa più bella che ricorderò di questo film è il suo diventare sempre più cupo e malinconico.
Parte come commedia nera che scherza sulla depressione, sulla questione palestinese, sui clichè israeliani, su tutto, qualcosa che può ricordare alcune cose dei Coen.
Eppure più il film va avanti, più l'amicizia tra i due si cementa, più paradossalmente Waleed "vive", più viene fuori l'anima completamente nera del film, un film che racconta di una depressione "perfetta", probabilmente non sradicabile.
Waleed ha moglie, figli, un amico, nuove attività, eppure, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, più si va avanti più si convince che l'unica soluzione alla propria vita è la morte.
Davvero forte la scena di Waleed che mette a letto i figli per l'ultima volta e quel suo successivo pianto notturno (se ricordo bene anche Jilal, in montaggio alternato, piange la stessa notte).
E per questo chiederà proprio a Jilal una cosa terribile (che porterà ad una straordinaria ed emozionante parte finale, nel bosco).
"Un codardo ha paura della vita" viene detto ad un certo punto, a ricordare l'eterno dilemma se lasciare l'esistenza sia un atto di coraggio o uno di codardia.
Ma, più che altro, visto anche il sorprendente finale, Mediterranean Fever sembra raccontare di quei "mali" reali ma mascherati e di quelli invece "fittizi" ma esageratamente manifestati (pensiamo al figlio di Waleed che si inventa sempre di star male per non fare ginnastica).
Chi alla fine infatti tra Waleed, triste e spento, e Jalal, vitale ed esuberante, stava veramente peggio?
Chi aveva più motivi per uccidersi?
Chi era il vero codardo e chi il vero coraggioso?
Chi, come la parabola che viene raccontata, è il somaro che stanco della fatica un giorno decide di suicidarsi?
Il film ci insegna che molto spesso la depressione, o la voglia di farla finita, si annidano proprio in chi, fuori, mostra tutt'altro.
Film di scrittura, di sceneggiatura, quasi tutto incentrato sui dialoghi e le personalità dei suoi protagonisti.
Molto humor sì, ma anche tanta sofferenza. 
E tragedia.

"Ma che bella giornata, non so se bere una tazza di thè o impiccarmi"
In questa frase di Cechov (citata nel film) c'è tutto il film stesso, la sua ironia nera e quel filo sottilissimo nascosto spesso nelle trame delle nostre esistenze, essere continuamente ad un cm dall'amare la vita e dal volersene andar via.

Uno di quei titoli che anni fa avrei definito "da Guardaroba", anche se "My heart can't beat unless you tell it to" resta forse una spanna sotto ai film che condividevo in quel gruppo (ovviamente giudizi personali).
Opera profondamente malinconica, "triste", violentissima nelle vicende mostrate ma incredibilmente tenera nelle sensazioni che lascia, MHCBUYTIT è uno di quei film che mentre lo vedi ti dà l'idea di un'opera prima (e infatti lo è, scoperto ora).
Perchè intimo, girato con niente, con pochi attori e tutti in stato di grazia e con un qualcosa da dire.
E' la storia di una famiglia di 3 fratelli di cui uno, il più giovane, è perennemente morente.
Per vivere ha bisogno di solo una cosa, sangue.
E, per questo, i fratelli sono costretti ad uccidere, per tenerlo in vita.
Come vedete il richiamo a Lasciami Entrare è fortissimo anche se, se possibile, MHCBUYTIT è ancora più "reticente" del capolavoro svedese nel raccontarci le cose.
Tanto che, pur avendo tutte le caratteristiche di un film "di vampiri", il regista - in maniera geniale - non ci dà mai un singolo elemento certo per esser sicuri di questo ma, anzi, a pensarci bene questo film potrebbe raccontare solo la vicenda di un particolare caso di Porfiria.
Ci sono tutti gli elementi, l'anemia (una volta per curarla i famigliari davano il sangue al malato) la stanchezza, la spossatezza, la fotosensibilità alla luce de Sole.
E, visto il mood del film e il suo non dirci mai niente, non mi stupirebbe che il regista abbia giocato con questa ambiguità (anche perchè, se ci pensate, come sarebbe possibile avere un solo fratello vampiro su tre?).
Del resto, da sempre, la Porfiria, e non solo per gioco ma con elementi medici concreti, è stata accostata al vampirismo.
Il film, però, va oltre, e racconta di solitudini "perfette" (struggente il giovane ragazzo, così incredibilmente solo e voglioso anche solo di vedere di notte qualche ragazzo là fuori), di dipendenze famigliari (io sono dipendente da un mio congiunto come lui, del resto, dovrà passare la vita a curarmi ed accudirmi), di vite non vissute (tutti e 3 i fratelli alla fine vivono una vita forzata, senza sogni e svaghi) e del relativo disperato bisogno di uscire da quella condizione (ma a costo che muoia qualcuno).
Il tutto raccontato con una fotografia sempre sull'ocra o su pastelli marroncini (stupende sia le luci che le locations in questo senso, basti vedere il poster), con 3 attori in stato di grazia e un grande senso estetico.
Insomma, un capolavoro?
No, c'è qualcosa che manca, e faccio anche fatica a capire cosa.
Forse per questo suo essere un pò sempre uguale a sè stesso, forse per alcune scene incomprensibili (quell'Eduardo per ben DUE volte può scappare senza problemi e invece si getta a morire), o forse perchè, pur non calando mai, non arriva mai il momento in cui il film spicca il volo.
Però gli elementi bellissimi - e tanti già li ho detti - si sprecano.
E ci rimarrà nel cuore questo ragazzo triste che non ha mai visto fuori di casa (quasi alla Dogtooth), che non ha mai conosciuto nessuno a parte i fratelli, che non ha mai visto la luce del sole, che vive in casa in un eterno Natale che, però, oltre all'albero e a regali improvvisati, è un Natale di devastante tristezza.
Le scene violente non mancano ma il film, pur parlando di assassini, riesce talmente bene a raccontarci i suoi protagonisti da non riuscire a farceli odiare, anzi...
E finisce nel modo più giusto, con almeno uno dei tre fratelli che decide di provare a ricominciare a vivere.
Con quell'ultimo dialogo, un dialogo in cui entrambi accettano l'inevitabile, uno di lasciarsi andare e uno di lasciare andare.
L'esistenza di tutti e 3 era segnata ma adesso, almeno uno, può trovare il coraggio di cominciarne una nuova.
Partendo da quel mare.

25.4.23

Recensione: "Anatar" - Gli Abomini di serie Z - Su Prime

 


La prima cosa da dire è che credo di essere L'UNICA persona al mondo ad aver visto Anatar e NON aver visto Avatar (anche perchè il secondo lo hanno visto quasi tutti e il primo saremo in 100, statisticamente ci sta).
Meno male che avevo una bella compagnia di amici ad indicarmi tutti i vari riferimenti al film di Cameron (per dirne uno il pianeta Pandoro al posto di Pandora).
Anatar è un film brutto, ma brutto brutto, bruttissimo.
Eppure è amabile, eppure non ti fa incazzare (qualcuno ha detto Creators??), perchè non si prende mai sul serio e ha anche tanta tenerezza dentro.
Ma è brutto, brutto forte.
Una specie aliena di Anatre Blu punta la nostra Terra perchè, se ho capito bene, ci sono le mele.
Una delle anatre, addirittura la figlia dell'Imperatore, vuole però andare prima in perlustrazione, per evitare che il suo popolo distrugga tutti i terrestri (sempre forse eh, non si capisce una sega).
Si innamorerà di un dolce coglionotto del posto, una specie di Galileo Galilei ma uguale a Benigni.
Ah, nel film c'è anche Ciripipipì Kodak

Quaquaquaquaqua
Quaqua?
Quaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaqau
Qua...
Quaquaqua!!!!
Quaquaquaquaquaquaquaquaqau
Quaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

Questo è quello che si sente nei primi 10 minuti di Anatar, pellicola scult arrivata addirittura nelle sale.
Devastante.
Proprio quando ci stavamo dicendo che no, noi tutto il film con dialoghi con solo "qua qua qua" non ce l'avremmo fatta a portarlo avanti, ecco invece che scopriamo che Anatar si svolge (in gran parte poi) anche sulla Terra, tra noi umani.
Non che la situazione migliori eh, anzi, forse le scene sull'astronave delle Anatre son pure meglio di quelle degli umani ma quel suono stava diventando insostenibile tanto che io oggi, il giorno dopo, ho parlato quasi con tutti dicendo solo quaquaqua.

Una specie aliena a forma di Anatra a piume blu (anche se poi ci sono altri volatili me pare, boh) ha puntato la Terra perchè - se ho capito bene - "ce sono le mele", probabilmente il cibo preferito delle Anatre, non so.


Ad un certo punto sulla navicella spaziale decidono, anzi, lo decide lei da sola, di mandare la principessa Avia (la figlia del Re delle Anatre, mestamente definito dal suo rivale come "Il peggior Imperatore mai esistito" nel finale) in perlustrazione sulla Terra, questo per evitare di arrivare col cazzo grosso e far fuori tutti i terrestri subito.
Avia atterra sulla Terra (scusate) in quella che è forse la scena meglio del film.
Qui conosce Germano (nomen omen, doveva innamorasse de un uccello se vede), uno che sembra Roberto Benigni ma nel film pare più interpretare il personaggio di Galileo Galilei.
Un giovane inventore quindi che è anche convinto che il nostro pianeta (Pandoro!!!!!!!!!!) non sia piatto ma semisferico.
I due si innamorano, non arrivano nemmeno mai vicini al sesso ma passando dei dolcissimi e teneri momenti insieme, due anime belle che vogliono fuggire uno dal paese di bifolchi ignoranti in cui si trova, l'altra dalla sua specie inetta che oltre che cacà ovi, far battute sempre uccelliane ("Sei un pollo!" "Chiudi il Becco" "Cos'è tutto questo bEccano??" "Se andiamo in quel pianeta voglio conosce Oca Hontas") e ridere continuamente facendo qua qua qua e sculettando, ecco, oltre questo non vanno.
Si incontrano quindi due esponenti intelligenti, sognatori e "diversi" di questi due mondi inconciliabili e pervasi da dementi, piumeggiati e non.
La Terra - che poi io continuo a chiamalla Terra ma in realtà è sto cazzo de Pandoro - noi la conosciamo attraverso sto paesino (che a me puzzava di umbro o toscano ma me sa a legge i titoli finali siamo invece in Cilento), paesino dove 10 sceneggiatori diversi sono collassati tutti insieme.
L'atmosfera sembra perlopiù quella del Rinascimento italiano ma, SENZA ALCUN MOTIVO, ce sono anche cavernicoli e il sindaco è vestito come gli Antichi Romani.
Un disastro senza senso che manco Vacanze su Marte.
Ah, ci sono anche 3/4 negri (posso in una recensione scherzosa chiamarli così?) a rendere ancora più indecifrabile, caotica e intellettualmente inaccettabile la cornice.
Ah, come se non bastasse c'è anche Ciripipipì Kodak, che torna davanti ai miei occhi dopo esattamente 30 anni da quella immensa ed indimenticabile pubblicità.
Tra l'altro Ciriripipì parla 6/7 volte ma io non ho mai capito cosa dice (e non perchè dice "ciriripipì" eh, dice parole italiane, ma se le magna tutte).
Insomma, Rinascimento Italiano, negri, uomini di Neanderthal, Antichi Romani, Benigni/Galileo, Kodak, un bestiario umano senza capo nè coda che però, insieme a tanti altri elementi del film, rende Anatar indimenticabile.

Allora, sta principessa scende su Pandoro assumendo fattezze umane (come, mi dicono, succede all'opposto in Avatar).
Conosce sto ragazzo dolce e, boh, io vi giuro non capisco che cazzo doveva fa lei su Pandoro perchè da questo momento della trama del film ne perdiamo definitivamente le tracce, ci muore esangue davanti.
La trama dico.

Loro due son veramente carinissimi, si vede anche da sta foto fuori dal set


Lei non sa parlare l'italiano, credo perchè glie se rompe la macchinetta della traduzione.
Quindi, per evità de fa "quaqua" in giro se ne sta sempre muta.

16.3.23

Recensione: "After Love" (2020) - Su Mubi - Su Prime - Rocco's House

 

Un film perfetto, al quale non riesco a trovare un solo difetto (non per questo After Love va considerato un capolavoro, è "semplicemente" un film perfetto).
A Mary muore il marito Ahmed, marito per il quale si era convertita all'islamismo.
Per caso scopre che Ahmed aveva una storia parallela dall'altra parte della Manica (lui è un marittimo e lavorava tra le due coste).
Decide di andare a conoscere la donna che vive in Francia, l'amante.
Un film delicato con una sceneggiatura al tempo stesso semplicissima ma anche complessa nella gestione di questo triangolo impossibile (la scena della chat col figlio è in questo senso un capolavoro).
Una gigantesca (in tutti i sensi) Joanna Scanlan (la madre di Pin Cushion, lacrime) in un'opera dolorosa ma mai struggente, per quel suo modo meraviglioso di raccontare tutto in punta di piedi, in silenzio, con i sentimenti trattenuti dentro la pancia.
Un film dove la solitudine di aver perso il proprio amore è raccontato dal gesto meccanico, istintivo, di preparare ancora due thè.
Davvero bellissimo.


A volte, anzi, molto raramente, finito un film ho la strana e quasi fastidiosa sensazione di aver visto qualcosa di perfetto.
Non per forza un capolavoro, a volte nemmeno un quasi capolavoro, ma, "semplicemente", un film perfetto, un film di cui non cambieresti un dialogo, un personaggio, una scena, un film a cui non riesci a trovare un difetto di scrittura, di ritmo, di regia, niente di niente.
Magari ci sono film che ti piacciono anche molto più di questi che però sono film imperfetti e con cose che ti fanno storcere il naso.
After Love no, After love è perfetto.
Una di quelle storie minime che piacciono a me, pure banali le chiameremmo se dentro quel "banale" non ci fosse invece dentro un mondo intero. 

Una donna, Mary, presumibilmente inglese ma diventata musulmana per amore del marito Ahmed, è appena tornata a casa e sta preparando un thè.
In una inquadratura ferma (le prime due inquadrature prendono quasi 10 minuti) vediamo lei trafficare in cucina mentre chiacchiera amabilmente col marito che si sta svestendo in camera.
Poi Mary porta il thè ad Ahmed. Lo chiama due volte, lui non risponde.
Nella seconda inquadratura (una lentissima carrellata avanti da campo medio a primissimo piano, una delle mie preferite nel cinema) delle donne piangono vicino a lei, è probabilmente un funerale.
Ahmed è morto.
Poco dopo (forse lo stesso giorno, il film si svolge in davvero poco tempo) Mary scopre sul cellulare del marito dei messaggi strani con un'altra donna.
Un'altra donna che vive in Francia, dall'altra parte della Manica (le vicende si svolgono tra Dover e Calais, o almeno credo).
Mary prende un traghetto per andare a conoscere l'amante del marito.

Ne nasce un film malinconico, delicato, sempre costantemente sotto le righe e trattenuto.
Trattenuto come le emozioni di Mary che, una volta arrivata in Francia, non riesce a dire la verità a Genevieve, accettando addirittura di farle da donna delle pulizie.
Quella scelta apparentemente insensata è in realtà la scelta di una donna profondamente buona che non riesce a trovare il coraggio.
E questo suo prender tempo, questo suo restare in quella casa, la porterà a un viaggio dentro sè stessa, dentro le sue emozioni, dentro i suoi ricordi.
Affrontando piccole prove ma sempre più difficili (trovare le camicie di lui in quella casa, rassettando il letto dove presumibilmente il marito dormiva e faceva sesso con Genevieve e tanto altro).
Il suo dolore soffocato ma meravigliosamente accettato (la dignità di questa donna è straordinaria) creeranno un personaggio fortemente empatico per lo spettatore, l'unico che insieme a lei sa la verità.
Mentre lei trattiene tutto e tenta di tenere insieme tutti i pezzi, però, il suo mondo intorno pare sgretolarsi (in questo senso ho letto la frana che vede nella costiera alla partenza verso la Francia o il tetto che, come una polvere, si sgretola in camera di Genevieve).
Lei finge di restare tutta intera ma - metaforicamente - fuori tutto si sta sgretolando.

Avendo perso tutto Mary si abbandona nel mare


Anche perchè la sua era una storia di vero amore, un amore esclusivo, anche "sacrificale" (la scelta di cambiare religione per lui) e una volta perso Ahmed la donna si trova veramente senza più nulla (mantenendo però una forza e una dignità eccezionali).
Ah, la prova di Joanna Scanlan è da brividi. E' un'attrice che avevo già visto in un altro ruolo indimenticabile, quello della madre in quel piccolo grande film che è Pin Cushion, un film che fa male.
Un'interpretazione coraggiosa, con quel suo corpo così grande mostrato anche nudo. 
In questo senso perfetta la contrapposizione tra le due donne, molto grassa una, terribilmente magra l'altra, tutto volto a creare un grande disagio in Mary che, dopo aver visto Genevieve, mette in dubbio tutta la sua storia d'amore, anche dal lato fisico.

21.2.23

Recensione: "Creators : The Past" - La Doppietta di Vieri - Rocco's House - Su Prime - Gli Abomini di serie Z e fosse per me lo metterei anche nella rubrica della mad..., no via, meglio me trattengo

 

Il crossover che tutta Italia aspettava, l'incrocio tra La Doppietta di Vieri (la rubrica quando Vieri me viene a trovà da Firenze e vedemo due film in una sera) e Rocco's House (ossia quella dei film visti a casa de? indovinate) non poteva esse celebrata meglio che con la visione di un film cult di cui si parla da 4 anni ma che quasi nessuno, fino ad adesso che maremmaiala è su Prime, era riuscito a vedè, ovvero Creators : The Past(iccio).
Un film fatto da complottisti, gente che crede a Nuovi Ordini Mondiali, gente che crede ai rettiliani, gente che crede de esse aliena (seriamente eh) e che in uno sci-fi mastodontico ce propinano, senza che si capisca letteralmente una sega, tutte le loro teorie da lesionati mentali.
Non c'è ironia, non c'è divertimento (dico in chi il film l'ha fatto, nello spettatore sì), sono proprio seri.
Ma, oltre all'altra migliaia de cose, solo per prendene una, come se pò considerà serio un film dove nascondono la boccetta (sfera) per dominà il mondo dentro un'arancia del Carnevale di Ivrea e poi la tirano sul muso a uno?
Ma andate affanculo via

Ma come se fa dico io a fa pagà una pizza normale, perdipiù su una pizzeria scrausa de 5 metri quadri che le fa principalmente al taglio, dico, come se fa a fa pagà su una pizzeria così, con ingredienti tra l'altro pessimi e insapori, una pizza 11 euro?
Cioè, a Perugia ormai a quel prezzo mangi quelle gourmet con sopra ogni ben di Dio, dio santo.
Boh, forse la simpaticissima (son serio) signora pizzaiola sapeva che poi avremmo visto il MITICO Creators e allora c'ha voluto già mandà in mood de malemale misto a incazzatura.
Chè io poi sto film lo aspettavo da 4 anni, da quando fu presentato in pompa magna come (leggete nel poster...) e anche come un film che avrebbe cambiato la vita delle persone, avrebbe detto la verità e cambiato le leggi del cinema.
Ma seri eh! Cioè, dietro Creators non ci sono persone normali, autoironiche e che si sono divertite ma LESIONATI MENTALI SERI che credono ai Rettiliani, agli alieni che dominano il mondo, al Nuovo Ordine Mondiale e altre cazzate varie.
Anzi, colei che sto film lo ha scritto e prodotto (ed è anche la protagonista del film, ovviamente) se considera essa stessa n'aliena e c'ha un canale you tube dove parla de ste cose.
E io 4 anni fa li vedevo i suoi video, me ce divertivo e, proprio a causa de quelli, non vedevo l'ora de vedè Creators.
Ora, invece, una volta visto, vorrei cavamme gli occhi.
Perchè che era brutto brutto lo sapevo, ma che fosse così insopportabile no.
Meno male eravamo in 6 e quindi ce l'abbiamo fatta, anche ridendo a tratti parecchio, ma se fossi stato solo avrei tolto dopo, giuro, 45 secondi.
Perchè i primi 45 secondi c'è una voce fori campo che spiega delle cose e, letteralmente, non ce se capisce una sega.
Ho iniziato a prende appunti e niente, tempo 12 secondi ho posato la penna.
Niente, un'accozzaglia de cose senza senso, Creatori, pianeti, lens, alieni sulla terra, rettiliani, chiesa, vicende nel 1300 e altre di adesso, un casino senza precedenti in cui l'unica cosa che se pò fa è disse "Ok, non seguo più nulla, lascio che le immagini me scorrano davanti e arriverò in qualche modo alla fine"
Con tanta tanta fatica.
Io ora vorrei davvero dirvi la trama di Creators ma, senza alcuna ironia nè voglia de prende in giro solo per partito preso, ve lo giuro, non c'ho capito NIENTE.
E quando dico niente è niente.
Ma la cosa più inquietante è che è passato solo un giorno e mezzo e già non ricordo - a parte le scene più comiche - quasi mezza scena.
Ad esempio, come finisce?
Boh.
Quindi è per me impossibile fare una recensione sì scema, ma al contempo lineare e sensata, posso solo dà qualche flash.

- All'inizio ce sono sti 8 Creatori, 3-4 parleranno sempre (quelli mezzi umani nelle fattezze) ma poi ce sono altri 4 quasi del tutto alieni e brutti che invece stanno lì zitti senza dì mai na parola. Se vede che ormai la storia de sti complottisti era con 8 e quindi li hanno creati e messi lì, per fa tornà i conti

Ecco, son questi quelli inutili



- A proposito de conti uno dei Creatori vi giuro che è uguale a Ugo Conti, ma così uguale uguale che abbiamo fermato il film e cercato notizie in rete sul cast, senza però leggere il su nome. Ergo, non era lui.

- Lei, la Fiani, la "capoccia" de tutto sto progetto, quella che - realmente - se crede un'aliena e ha scritto e prodotto sto film è bona.

Nel film c'è addirittura la partecipazione di DEPARDIEU.
Ora, è facile immaginà che per convincelo glie hanno dato 7 fiaschi de vino e una notte a testa con tutte le femmine di topo presenti nel film.
Il grande Gerard ha accettato, chiamalo scemo...
Che poi interpreta una figura importante della Chiesa (non me dite quale che non se capisce niente) e che Depardieu interpreti una figura importante della Chiesa fa già ride de suo.
Sarà per quel "Dieu" finale sul cognome, forse.

- Il film è uno sci-fi, infarcito per almeno metà del tempo da effetti visivi magniloquenti de spazio, pianeti, luoghi strani, fasci de luce etc...
Intendiamoci, non sono manco fatti male gli effetti eh, ma è tutto talmente pacchiano che anche gli effetti belli diventano insopportabili.
2001 Odissea nello strazio

- Il film a tratti ha una buonissima fotografia e anche un buon gusto dell'immagine e delle inquadrature. Questo avviene specialmente nei 3-4 inserti "da cartolina" (quello de Venezia, quello della figliola che canta e un altro paio) che col film, come del resto tutto il... resto, non c'entrano niente col resto. Ora voglio un arresto pe sta frase


- C'è una scena dove Depardieu me sembra preghi e fa un monologo. A faglie da colonna sonora un giovane prete che nell'altra stanza sona il piano, così, lo sona proprio per fa da colonna sonora a Depardieu, magnifico.

- Ad un certo punto nel film, anche qui quasi completamente a caso, fa la comparsa BIGLINO! Molti di voi lo conosceranno, uomo di profonda cultura (ha ritradotto in maniera completamente diversa la Bibbia) ma dalle idee particolarmente strambe. Perfette, però, nella cornice di Creators. 
Nel film c'è una sua marchetta con un'intervista e anche i suoi libri messi in bella evidenza, uno spettacolo!

- Ad un certo punto nel film compare un bambino, i miei amici mi hanno detto che sia una specie di Gesù ma io non ho capito nulla. Porello, il dialogo che ha con l'altro bambino nel tablet è da harakiri, per fortuna le pizze ce le avevano già tagliate perchè se avevo ancora il coltello in mano me sa sta recensione non sarebbe mai stata scritta. Ed era solo meglio

- Nel film è importante una sfera, una "lens". Non ho capito a che serva (ragazzi, vi prego, guardare il film perchè quando dico continuamente "non ho capito" non mi sto atteggiando, solo vedendolo potete (non) capire). 
Come inserire questa Lens nel nostro mondo terreno?
Ecco, i Creatori, esseri soprannaturali che governano altri pianeti, la infilano DENTRO UN'ARANCIA del Carnevale di Ivrea e poi qualcuno la tira sul muso di un ragazzo. E niente, in due secondi per un'arancia sul muso arriva l'ambulanza e partono a sirene spiegate (ecco, le sirene sono spiegate, il film per niente...). Come un film che parla di 8 pianeti, di super poteri, di governatori del Mondo e del Tempo si sia trovato con un oggetto potentissimo nascosto dentro un'arancia de Ivrea, in Italia, non se sa.

- Ah, no, spetta, scrivendo me so ricordato la faccenda de Gesù. Cioè, non è che ho capito qualcosa ma me ricordo una scena dove se vede lei (era lei?) che entra dentro il Santo Sepolcro dopo che Gesù è morto e lo fa uscì.
Perlamordelamadonna, in tutti i sensi

- La scena CAPOLAVORO.
La bella ragazza ricoverata in ospedale (non me chiedete perchè è ricoverata che non me ricordo) deve fuggì dallo stesso ospedale (dove i medici sono Rettiliani, con gli occhi neri) insieme al bel giovane biondo che cantava le canzoni al centro de igiene mentale.
Ecco, che succede? Che questa scopre de avè dei grandissimi poteri e allora mentre corrono lancia davanti a sè un fascio di potenza per aprì la porta che c'hanno davanti.
Lei lancia sto coso e in effetti la porta se apre.
Ma è una porta scorrevole de quelle a sensori, ad apertura automatica.
Lei APRE CON UN FASCIO DE LUCE UNA PORTA CHE SE APRIVA DA SOLA.
Incredibile che dopo questa cosa siamo voluti ancora andà avanti.

- I due poi sono a casa de lei (o de lui) e, boh, lui è dietro di lei ma poi le sbuca da davanti in basso. Oddio, non so come spiegallo, dovete solo vedella.

- Ora partono 10 minuti pazzeschi.
Il bambino di cui sopra, quello col tablet, non me ricordo perchè ma finisce nella sala-capoccia dei Creatori.
O era nella cripta?
Poco importa. Sto bambino diventa un adulto in due secondi ma all'inizio ha ancora la voce del bambino. E ve giuro che vedè quell'omone che parla con quella vocina è qualcosa di inestimabile.
Incredibilmente poi non è che quando la voce diventa da omo le cose migliorano, anzi, peggiorano.
Uno dei Creatori (perdonatemi ma non ricordo il ruolo di nessuno di essi nè un briciolo di trama) glie dice che deve andà nella Terra a fa una cosa.
Ecco, mentre l'altro lo ascolta scacciandosi da intorno le mosche (cioè, in realtà credo scacci le lucine de quel mondo magico, ma perchè???), mentre l'altro lo ascolta questo glie dice quello che deve fa nella Terra e, vi giuro anche qui, abbiamo dovuto mandà indietro 4 volte il dialogo perchè è pazzesco.
E' come se uno ve dicesse: "Ora vai sulla strada, poi giri a destra, poi dopo 3 metri troverai un mazzo di fiori in terra e giri a sinistra, poi passerà un gallo urlando in perugino e te ti fermi un attimo e lo trovi un gran bel gallo e poi fai due passi indietro ma a passi di tip tap, mi raccomando, e poi canti la canzone de Tananai a Sanremo e poi prendi la vietta a sinistra, quella dove c'è la cacata del cane Umberto, e lì troverai una buca di cui però non ti devi interessare perchè in realtà tu quella buca nemmeno la vedi perchè è una buca piena di terra e quindi non è nemmeno una buca e allora te andrai altri 8 metri indietro e dopo aver detto buongiorno al quarto vecchietto della panchina di sinistra di Deruta, ma attenzione, solo al quarto, perchè gli altri 3 sono Creatori di cui uno somiglia a Ugo Conti, te allora vedrai un luccichio a nord ovest e quel luccichio è una coppa d'oro, ma non ci andare, non devi prendere quella, non ci interessa, piuttosto adesso vai 12 anni in avanti e vedi il derby Perugia - Ternana del 2035 e te vedi che il Perugia vince 3 a 0 e uno dei marcatori è Luigino, il figlio de Mariuccio, che è il nipote del vecchio che hai salutato prima, ma questa è solo una coincidenza, e ora te torni indietro e sapendo il risultato scommetti quella partita ma purtroppo morirai prima del passare di questi 12 anni e allora sì, ora vedi quella spada conficcata in terra lì sulla strada verso Todi? ecco, prendila"
Questa, facilitandola un pò, è la spiegazione che dà il creatore al bambino diventato omo.
Che poi nella scena dopo semplicemente cammina 41 secondi e prende una spada in terra.


- Verso il finale, anche qui non ricordo come, ce ritroviamo nell'Inferno de Dante, con tanto de Caronte. Che poi voi me dovete dì come se mischiano Dei, Alieni, Rettiliani, Chiesa, Inferno dantesco, cioè, su sto immaginario esiste tutto e il contrario de tutto.
Ci sono altri minuti stupendi che fanno concorrenza al finale de La Casa di Jack.
Io poi, e ve lo giuro per l'ultima volta, non ricordo NIENTE.
Non ricordo come finisce sta vicenda sull'inferno, non ricordo come finisce quella del 1330, non ricordo se succede qualcosa là sopra nella stanza dei capoccia dei Creatori.
Non c'ho manco mezzo appunto riguardo sto finale, forse stavo a tirà i piatti delle pizze.
Basta.

Ah, essendo La doppietta de Vieri abbiamo visto, anche se stancamente, un altro film.
Molto carino, fatto con zero budget, mi sembra irlandese.
La classica storia di piccole comunità, sette e credenze.
Piccolo, recitato bene, con 3/4 scene davvero belle.
Si chiama Brackenmore.
Niente di che, ma per passare un'ora e 20 va più che bene.

30.12.22

Recensione: "Ariaferma" - Su Prime

 

Dopo L'Intervallo, opera prima gioiello di 10 anni fa, ritrovo Leonardo Di Costanzo con un film altrettanto bello (forse mi resta meno nel cuore solo perchè il soggetto e i protagonisti del primo film sono, per me, indimenticabili).
Un carcere vecchissimo deve essere chiuso.
Tutti i carcerati andranno trasferiti.
Tredici di loro, però, devono rimandare il trasferimento.
E così si ritroveranno a passare dei giorni (che diventano sempre di più, in un film in cui il concetto di tempo sospeso e indecifrabile viene gestito in maniera mirabile) con i loro carcerieri.
Più tempo guardie e carcerati passeranno insieme (in un luogo unico e circoscritto, lo stanzone principale del carcere) più inizieranno ad avvicinarci, capirsi, parlarsi, forse persino riconoscersi e scoprirsi "più uguali" di quello che pensavano.
La scrittura di Di Costanzo è, ancora una volta, dolce e sussurrata, il suo modo di fare cinema mai urlato, tutto incentrato sui dialoghi e i rapporti umani che da impossibili diventano possibili e virtuosi.
E poi quando ti trovi Servillo e Orlando nella stessa stanza sei già a posto

Ritrovo Leonardo Di Costanzo dopo circa 10 anni.
Regista dalla parabola inusuale, primo film ben oltre i 50 anni e 4 soli lungometraggi in totale.
Vidi la sua opera prima, L'Intervallo, e il ricordo - bellissimo - è ancora forte.
Film dolcissimo, intimo, come sospeso nel tempo (del resto anche il titolo richiama questa sospensione temporale) che racconta l'obbligata convivenza pomeridiana tra due coetanei, in un vecchissimo edificio dismesso.
Lei ha fatto qualcosa che non è piaciuta ai boss del paese, lui, un ragazzo straordinario, deve stare lì a "controllarla" alcune ore.
Dieci anni dopo mi ritrovo Di Costanzo con un film che sembra completamente diverso ma, a ben vedere, ha punti in comune giganteschi con l'Intervallo.
Intanto la location, l'edificio distrutto del primo, il carcere ottocentesco vecchio e decrepito di quest'ultimo.
(Con la particolarità, tra l'altro, dell'unità di luogo per entrambi i film.)
E poi la presenza di due soli protagonisti, anche se in un caso abbiamo due persone singole (una ragazza e un ragazzo), nell'altro due schieramenti, le guardie e i carcerati.
Volendo forzare la similitudine potremmo anche dire che ne L'intervallo avevamo comunque una "prigioniera" - lei - e una buonissima e "involontaria" guardia, lui.
Entrambi i film poi raccontano "un'emergenza" che porta le due parti a dover passare del tempo insieme, impossibilitati ad andar via.


In Ariaferma l'emergenza è data dalla notizia che alcuni carcerati - 13 se non sbaglio - non possono essere trasferiti nel carcere dove erano destinati.
Il trasferimento è dovuto alla chiusura definitiva del carcere protagonista del film, una struttura vecchissima, distrutta, fatiscente.
Tutti i prigionieri devono dunque andar via ma per quei 13 c'è un inghippo burocratico (o logistico, non ricordo) che non può farli muovere.
Quindi, per un tempo che doveva essere di una sola notte e diventerà invece indeterminato (quasi alla Godot) guardie e carcerati dovranno convivere insieme in quella struttura, tutti riuniti in un unico stanzone centrale disposto di celle.
Come ne L'Intervallo questa convivenza forzata porterà le due parti a conoscersi sempre di più, parlarsi, capirsi, avvicinarsi.
E, soprattutto, riconoscersi.

Belli questi film di Di Costanzo, belli per questi soggetti minimi ma potenti, per questi minuscoli e temporanei status quo in cui i protagonisti, anche non volendo, sono costretti ad avvicinarsi umanamente.
Stavolta Di Costanzo si serve di mostri sacri come, per restare in metafora, il Mostro dei mostri Toni Servillo, il grande Silvio Orlando e quello che per me sta diventando sempre più una scoperta, Fabrizio Ferracane (visto in almeno 4 film in due anni, davvero notevolissimo, specie per quel suo viso "cattivo").
Sono davvero tanti i punti di forza del film, come l'atmosfera "sospesa" ("Potrebbe essere domani" dice continuamente Servillo riferendosi al trasferimento, ma quel domani mai arriva) che può ricordare - anche se con significati molto diversi, sicuramente qua meno trascendentali - quel capolavoro di film che fu Una pura formalità (del resto anche qua sembra che manchi "una pura formalità" per sbloccare la situazione).
Già detto degli splendidi attori, già detto della splendida location - vero personaggio del film - è inutile dire che i film di Di Costanzo eccellono però nei dialoghi, scarni, fatti di molti silenzi, ma capaci di creare connessioni umane di altissimo livello.


Di Costanzo, in Ariaferma. è bravissimo nel creare personaggi-pongo (come mi piace definirli), ovvero protagonisti che possono diventare tante cose diverse e te stai lì a cercare di capirli, a cercare di vedere cosa diventeranno.
In questo senso il più interessante è sicuramente Lagioia, il boss interpretato da Orlando. Per tutta la durata del film ti darà la sensazione che sotto ogni sua azione, dietro ogni silenzio, dietro ogni sguardo, ci sia qualche trama sotto, qualcosa che sta per esplodere.
E invece, e in questo Di Costanzo si conferma maestro nel disegnare personaggi dolcissimi e portatori di valori molto positivi (i due ragazzi de L'intervallo ma praticamente anche tutti quelli di Ariaferma), e invece no, e invece tutte le azioni di Lagioia sono semplicemente quello che sembrano, tentativi di migliorare quella convivenza, tentativi di avvicinamento tra persone che mai dovrebbero avvicinarsi, tentativi di umanizzare più che si può la situazione.

6.10.22

Recensione "Censor" - Su Prime

 

Sulla carta un mezzo capolavoro.
Soggetto devastante, sottotesti straordinari, una grande attrice, messinscena (almeno nelle scene del presente) notevole.
Ma anche la sensazione, davvero forte, che tutte le potenzialità autoriali del film siano finite in mano ad un...autore ancora non pronto a trasfigurarle per immagini.
Anni 80, una ragazza lavora nella commissione censura dovendo quindi visionare centinaia di horror violentissimi che deve tagliare, accettare o rifiutare (è il periodo del boom delle vhs).
Nel suo passato - 20 anni prima - la scomparsa dell'amata sorellina.
Passato che ripiomba nel suo presente proprio attraverso una vhs...
Uno dei classici film polanskiani sull'identità, sul doppio, sul senso di colpa.
Tanta tanta roba in potenza, tanta ne rimane, tanta si disperde.

presenti spoiler, più che altre mie interpretazioni da leggere solo dopo aver visto il film

Mamma mia che peccato.
Censor aveva tutte le carte in regola per diventare un "mio" film.
Soggetto straordinario, sottotesti interessantissimi, messa in scena a tratti di altissimo livello.
E angosciante, e "malato", e in qualche modo nuovo.
Eppure no, eppure quello che resta un bel film rimane spanne e spanne sotto quello che avrebbe potuto essere.
Con la sensazione fortissima (e rara) di essermi ritrovato davanti un autore che sulla carta ha davvero tutto per esser definito tale ma che poi, in questo film, quando ha dovuto tradurre le cose che aveva nella testa per immagini, non ha avuto (ancora) la competenza, la mano e la grazia per farlo.
Dico la verità, ho sperato di trovarmi davanti un altro Possessor ma, ahimè, la speranza è durata al massimo mezz'ora.

Siamo a metà anni 80, in Inghilterra.
C'è stato ormai il boom delle vhs e specialmente quelle di film iper-violenti, cinici, amorali e visivamente al limite dell'accettabile.
Enid (una splendida attrice a me fino ad oggi sconosciuta, davvero una delle meglio cose che ti lascia il film) lavora ad una specie di commissione censura (credo statale) che taglia e tagliuzza i film horror, assegna i vari visti censura (la fascie d'età) e, in ultima istanza, può rifiutare del tutto un'opera.
Ma c'è qualcosa nel passato di Enid di terribile, ovvero la scomparsa (20 anni prima, in un bosco insieme a lei) della sua sorellina.
Questo suo passato si mischia in maniera sempre più morbosa ed inquietante al suo lavoro, ai film che vede...


Le cose belle di Censor son tante ed è per questo che penso a come, come la giri la giri, ci troviamo comunque davanti ad un bel film.
Intanto, ad esempio, il raccontare un mondo così vicino eppure così lontano ai giorni nostri come quello dell'home video.
Sono stato videotecaro, anche se ho cominciato che già il consumo delle vhs era finito da tempo.
Ma è impossibile per me non ricordare, grazie al film, i meravigliosi tempi in cui entravamo nel negozio di elettronica del paese (sì, una videoteca vera e propria non c'era) e stavamo lì, emozionati, nello scegliere il film horror di turno (sì, quasi sempre solo horror, per questo il film mi ha ricordato tanto quel periodo).
La scena in cui Enid entra in videoteca, quindi, è stato per me un tuffo al cuore, pur non essendo niente di che (anzi, sequenza debolina).
E' vero, c'era un cinema molto violento e sporco, cosa quasi impossibile adesso. E qui il film è sicuramente vincente, ovvero nel mostrare molti spezzoni (veri o finti che siano, credo per la maggior parte del primo tipo) di film horror estremi dell'epoca.
I cari e vecchi effetti speciali artigianali, la violenza senza controllo, la "malattia", l'amoralità. Tutte cose perse adesso in nome di un'etica e di un politically correct che, se è vero che ha portato molti benefici, è anche vero che ha livellato veramente tutto, senza saper distinguere quando quell'andare oltre i limiti sia etico o no.
E proprio qui interviene Enid, in un discorso non solo visivo, ma anche "morale", ovvero il saper scegliere quali sono le scene che possono o far male allo spettatore oppure dargli insegnamenti sbagliati. Un lavoro difficilissimo che la ragazza fa con attenzione e rigidità (non è assolutamente di manica larga, anzi...) anche se con la mente più aperta possibile.
Ecco, un altro grande merito del film è aver portato alla luce questo mondo del controllo, della censura, un mondo dove si mischiano mille cose come le sensibilità personali, le indicazioni dall'alto, le fobie sociali, l'attualità, la politica, e dove è sempre difficile scegliere cosa sì e cosa no.
Nella prima mezz'ora del film si parla di questo, di anni 80, di censura, di violenza visiva che può istigare altra violenza visiva, di limite dell'etico e della morale e di come il mondo "finto" dei film possa essere o specchietto di quello che è il mondo reale o, al contrario, di qualcosa che il mondo reale lo modifica.
E il film funziona alla grande.


Anche grazie ad una notevole messinscena, di gran classe, con un uso perfetto delle luci, dei colori, dei chiaroscuri e della macchina da presa.
Il paradosso è che quando il film diventa però più bello e interessante (con la storia della sorella, del passato che ritorna, della personalità doppia e tutto il resto) perde tantissima di quella classe, diventando insomma più bello si imbruttisce.
I flash back ad esempio sono davvero mal fatti (anche fotograficamente), la gestione psicologica pure, e poi un paio di scene son veramente terribili.
Ma andiamo con ordine.
Enid crede di aver notato in uno dei film visionati (anzi, un film che le è stato caldamente consigliato dal produttore, cosa non casuale, ci torneremo) sua sorella, con vent'anni di più addosso.
Quella sorella ormai creduta morta.
Ecco, un espediente abbastanza simile ad Enemy di Villeneuve (ovviamente preso in origine da "L'uomo duplicato" da Saramago, anche se preferisco citare il regista canadese perchè è stato lui - molto più del mostruoso scrittore portoghese - a dare il significato di seconda personalità all'attore che il protagonista vede nel film visto nel libro di Saramago, secondo me, siamo davanti ad una cosa diversa), assolutamente vincente.
Non solo quell'attrice è identica a sua sorella "proiettata" 20 anni dopo, ma anche i soggetti dei film che interpreta richiamano la vita della stessa sorella, in primis il giorno in cui sparì insieme a lei nel bosco.
Enid è sempre più sicura che Nina sia quindi viva e, magari manipolata dal regista, stia mettendo in scena il proprio passato.
Ecco, andiamo ora ad analizzare il significato di Censor.

27.7.22

Recensione: "Veleno" - Le Serie tv de Il Buio in Sala - Su Prime

 

A fine anni 90 in due paesini emiliani scoppiò il caso dei "Diavoli della Bassa Modenese".
Abusi in famiglia, messe nere, omicidi rituali.
Tutto questo raccontato da dei bimbi presi da famiglie in grossa difficoltà economica.
Decine di persone arrestate, 16 bambini portati via ai loro genitori, una vicenda terribile, inumana, vergognosa, che solo tanto tempo dopo ha rivelato la sua verità, peraltro palese.
Tutto, o quasi tutti, era stato inventato. Assistenti sociali e inquirenti senza scrupoli che, senza uno straccio di prova, hanno ucciso o fatto uccidere (in alcuni casi non solo metaforicamente)  tante famiglie che avevano solo la colpa di vivere un grande degrado.
Pablo Trincia ho ha voluto portare allo scoperto questa incredibile e vergognosa pagina di storia italiania.
Lo ha fatto nello splendido podcast Veleno.
Da qui questa bellissima miniserie tv.
Che vi farà incazzare.
Che vi farà piangere.
Che vi farà pensare.

Più di un mese dall'ultima recensione.
E 14 giorni da quando ho visto questa splendida miniserie. Ero gasato, emozionato, pieno di cose in testa, convinto che c'avrei scritto tantissimo sopra.
Poi, però, oltre al mood davvero basso per quello che mi è successo in famiglia, si è aggiunto un covid davvero pesantissimo.
E l'umore è andato ancora più in basso.
E' il momento di reagire e ricominciare.
Peccato scrivere solo adesso di una cosa così complessa come Veleno.
Perchè oltre al rischio di scrivere meno della metà di quello che avrei scritto potrei anche commettere errori, essere impreciso.
Mi scuso preventivamente per questo, non solo coi lettori, ma anche con le persone eventualmente interessate alla vicenda.

Veleno è una miniserie di Amazon Prime "figlia" di un podcast omonimo andato in onda  - in 8 puntate - negli anni precedenti.
Il podcast è di Pablo Trincia, ex Le Iene.
E' un'inchiesta su un oscuro, terribile e doloroso fatto di nera italiana, ovvero la vicenda dei Diavoli della Bassa Modenese, questo il nome che venne dato ad un manipolo di persone accusate di uno dei più terribili dei crimini, ovvero quello di tremendi abusi verso i propri figli.
L'appellativo "Diavoli", in realtà, non fu casuale, riguardava accuse ancora più pesanti e specifiche.
Messe nere, sacrifici, bambini uccisi da altri bambini, violenze sessuali nei cimiteri.
Di tutto e di più.
Una vicenda incredibile che, in realtà, nasconde una vergognosa pagina italiana.




Emozione, rabbia, dolore, profonde riflessioni.
Durante le 5 puntate della miniserie non c'è stato un solo momento in cui non mi sono sentito profondamente coinvolto.
Quello degli abusi ai minori è un argomento che mi ha sempre interessato molto.
Se poi, come in questo caso, è associato al tema della manipolazione mentale ancora di più.

Alla fine degli anni 90, nella bassa modenese, precisamente nei paesi di Mirandola e Massa Finalese, fu scoperchiato un tremendo vaso di Pandora.
Più famiglie si ritrovarono accusate di abusi contro i propri figli, messe nere sataniche con tanto di sacrifici e altre terribili cose.
Tutto è partito dal disagio di un bambino ("il bambino 0" come si dice in questi casi), figlio di una famiglia con gravissimi problemi finanziari, "adottato" dai vicini di casa, costretto a raccontare cose terribili che poi, tra un'accusa e l'altra, porteranno al coinvolgimento di sempre più bambini, di sempre più famiglie.
Tutto "per colpa" degli assistenti sociali, in particolare quello di Valeria Donati (di cui, ahimè, dovrò dire quel che penso), probabilmente donna in buona fede ma con evidenti problemi d'esperienza nel campo e, se posso permettermi, personali.
Vero, la situazione del bambino 0 era di forte degrado.
Famiglia poverissima, al limite della sopravvivenza.
Probabilmente anche anaffettività, vero.
Probabilmente anche qualche esperienza traumatizzante (ma quanti bambini ne hanno avute?).
Fatto sta che quel bambino ha dei problemi e che la Donati si convince che ci siano state delle molestie. Da lì partirà uno tsunami incredibile che travolgerà tutto e tutti.

Degrado, ecco, forse la parola che meglio racconta Veleno è questa.
Degrado morale, degrado fisico, degrado strutturale, degrado statale.
Una storia di persone poverissime uccise dalle istituzioni.
Tutto viene raccontato nella serie in più modi, sostanzialmente tre.
Attraverso degli agghiaccianti filmati dell'epoca, specie quelli delle registrazioni degli "interrogatori" (colloqui) ai bambini.
Delle ricostruzioni di fiction (quelle tipiche dei docufilm per capirsi) che raccontano - tramite attori - come andarono le vicende al tempo, sia quelle reali (come ad esempio le perquisizioni) che quelle immaginarie (come i racconti delle messe nere).
E poi l'oggi, ovvero l'inchiesta fatta da Trincia e dalla sua collega Rafanelli.

Se devo trovare un piccolo difetto a Veleno è solo in questa parte.
Trincia mostra sì cose che ha fatto realmente (le indagini, lo studio del materiale, i contatti e gli incontri coi protagonisti) ma, non avendo filmati di tutti quei momenti, li "reinterpreta" adesso.
Una piccola opera di finzione che avrei evitato.
Vero che dà ritmo alla serie, vero che "vedere" le cose che una voce solo può raccontare è sempre preferibile, ma immaginarsi Trincia che "rifà sè stesso" un pochino fa storcere il naso.

Madonna, mi accorgo adesso che pur ricordandomi poco della visione le cose da dire sono un'infinità, e non ho nemmeno cominciato (meno male il block notes...).
E siccome non ho ormai la forza mentale per fare un discorso ampio e strutturato credo che l'unico modo per scrivere questo post siano delle considerazioni sparse

- I filmati degli incontri coi bambini fanno veramente male. Sarà la grana dell'immagine, sarà aver visto qualche film sull'argomento, sarà quell'atmosfera da found footage ma, davvero, sembra quasi di ritrovarsi in un film del terrore. Ma, immagini e contesto a parte, fa veramente specie e sconcerto il contenuto degli incontri.
Qualsiasi persona senziente, oggettiva e in buonafede avrebbe capito che quelle dichiarazioni non fossero spontanee nè veritiere.
Quando un bambino di 6-7 anni ti dice che "uccideva altri 5 bambini a settimana" hai la prova provata di come quel povero ragazzino sia ormai entrato in un mondo immaginario di mostri completamente inventato. E' incredibile come delle dichiarazioni così dolorosamente fantozziane abbiano potuto portare all'arresto e alla rovina di decine di persone




- Veleno ha il merito di porre l'attenzione in un mondo che, diavoli inventati a parte, è purtroppo diffusissimo e quasi sempre nascosto. Mi riferisco a quello della povertà, etica, morale o monetaria, di tantissime famiglie italiane. A quanti bambini crescano senza agi, con poco affetto e in situazioni di grande indigenza. Bambini magari insospettabili di famiglie insospettabili. Sono migliaia, milioni. 
Ma queste povere famiglie raccontate in Veleno, oltre a tutti i problemi che già avevano, sono state pugnalate ovunque, nell'affetto, nella dignità, nella speranza. Vedere questi genitori adesso 40enni/50enni, vedere i loro occhi, ti mette una grandissima tristezza. E forse la sensazione più forte che ti lascia questa miniserie è che c'erano persone meravigliose considerate invece dei mostri e persone considerate meravigliose per quello che stavano facendo comportarsi invece in modo mostruoso.
Sì, i mostri, semmai, erano dalla parte dei presunti buoni

- Questa vicenda non ha solo seminato dolore, rabbia, ingiustizia.
Ma ha portato via più d'una vita.
Quella splendida madre suicida per aver perso la figlia ti distrugge.
L'ha cresciuta da sola, era un tutt'uno con lei, una viveva per l'altra.
E quei farabutti si sono permessi di portargliela via, senza un grammo di prova.
Capisco il suo dolore, capisco il suo suicidio.
Fa male, tanto
Non parliamo del parroco, un parroco amato da tutti, anticonformista, buono, intraprendente.
Anche lui, dal nulla, accusato di cose che definirle ridicole è poco.
Un intero paese a difenderlo, nessuno che crede a quelle voci.
Nemmeno questo basta, anche senza una prova, anche con centinaia di persone che testimoniano il contrario, basta un racconto messo in bocca a un bambino per far di quel prete un mostro.
Anche lui pagherà con la vita tutto questo.
E poi ancora un altro brav'uomo, anche lui morto di infarto per le accuse infamanti.
E' vero, tutti i protagonisti di Veleno in qualche modo sono stati uccisi.
Alcuni, però, non solo metaforicamente