13.6.24

Recensione: "Kinds of kindness" - Al Cinema 2024

 

L'ultimo Lanthimos è - per me che ho amato ogni sua opera - una piccola delusione.
Un ritorno alle origini, vero, almeno nelle tematiche, nella reticenza, nello stile.
Eppure un'opera interessantissima che, però, ho fatto fatica a vedere fino in fondo, per una questione di ritmo (percepito) davvero sbagliato.
Film a episodi con tematiche molto suggestive (principalmente la dipendenza, la manipolazione e l'idolatria) in cui si muovono personaggi manichini pronti sempre a fare di tutto per il proprio amato manipolatore.
Di cose da dire ce ne sono tantissime, in questo Kinds of kindness è un film perfettamente riuscito.
Ma forse l'eccessiva ironia che stempera e depotenzia alcuni inquietanti accadimenti, la durata eccessiva di ogni singolo episodio e la ridondanza di alcuni aspetti non me l'hanno fatto amare quanto avrei voluto.
In ogni caso mi ha stimolato molto scriverne, ed è sempre la cosa più bella che si può chiedere a un film.


Essermi ritrovato 15 volte a guardare l'ora in un film di Lanthimos è qualcosa che non posso non ignorare.
Sapevo che all'incirca ogni episodio doveva durare sui 50 minuti, eppure mi ritrovavo anche nel singolo episodio a controllare quanto potesse mancare per concludersi.
Figuriamoci "l'intero" film, due ore e 40 per me veramente faticose.
E chi l'avrebbe mai detto che Lanthimos tornasse il vecchio Lanthimos e io ne potessi rimaner deluso.
Intendiamoci, Kinds of kindness è un bel film, interessantissimo nelle tematiche che espone, abbastanza reticente come i primi film di Lanthimos, pieno di soggetti assurdi e surreali tipici del regista greco (la cosa che adoro più di lui, forse perchè mi ricorda Saramago) e uno di quei film che obbliga lo spettatore (o almeno quello non pigro che si va a leggere cose su internet ancora prima di stare giorni a pensarci da solo) a fare un grandissimo "lavoro" per provare a capirlo e decifrarlo tutto.
Insomma, tutto quello che volevo da un film di Lanthimos (anzi, dai film in generale) c'era.
Eppure il film mi ha preso abbastanza poco, come dicevo.
Perchè?
Provo(iamo) a capirlo.


Innanzitutto per me c'è un grande problema di ritmo.
Come diciamo sempre il ritmo non è la velocità "oggettiva" di un film, di una narrazione o di un montaggio, ma quello che lo spettatore percepisce.
Per capirsi se guardo 5 minuti di Formula 1, vista magari anche da "dentro" la pista, con quei bolidi che sfrecciano a 300 all'ora, io mi annoio dopo 10 secondi.
E anche un montaggio serratissimo può annoiare.
Il ritmo è quindi la capacità del film di tenerti con sè, di cullarti, di non farti mai "fermare", di tenerti sveglio, e questo può farlo un'inquadratura ferma di 5 minuti senza che accada nulla e può non farlo un film dove in quei 5 minuti accadono 10 cose alla velocità della luce.
Il ritmo, insomma, è stimolo.
In Kinds of kindness non riesco a contare le volte in cui la mia testa, invece, si "staccava" dal film, percependo la noia.
I motivi possono essere tanti, come l'eccessiva lunghezza di ogni episodio, come l'incapacità in alcuni momenti di "andare avanti", come la banalità di alcune scelte (anche questo conta nel ritmo percepito, la qualità delle cose).
E dire che trovo il film a livello psicologico davvero bello, una fucina di stimoli e suggestioni.
Erano quelle, infatti, a tenermi sveglio, era il pensare "cosa significa questo?" "cosa rappresenta questo rapporto?", tutte queste domande che ho trovato molto più interessanti delle immagini in movimento che vedevo.
Il problema, però, è che più pensavo alle tematiche del film, più le percepivo "pesanti", più ne intravedevo l'inquietudine più il film me le faceva crollare, con quel suo essere (troppo) ironico, col suo avere personaggi non troppo complessi, con alcune sue scelte banalissime.
Ecco, se poi ripenso al Cervo Sacro allora sì che capisco quanto disagio e inquietudine possa nascondersi dentro un film.
Vero, Kinds of kindness è più scanzonato del Cervo Sacro ma a differenza anche di altri film di Lanthimos, vedi The Lobster, in cui l'ironia è presente, non è un'ironia che rende il film più complesso e straniante ma che lo banalizza e depotenzia.

Ma di che parla Kinds of kindness?
Di tantissime cose ma è evidente che principalmente racconta di dipendenze affettive, di manipolazione e di idolatria.
In tutti e 3 gli episodi c'è la presenza di un "guru", di qualcuno che vuole essere idolatrato.
Nel primo episodio è il personaggio di Dafoe, un ricchissimo uomo che si circonda di persone che lo amano e che, per questo, vivono una "falsa" vita completamente "scritta" da lui.
Una specie di Truman Show a pensarci bene dove il Creatore scrive una vita per la propria creatura.
E' molto interessante notare subito una cosa.
Questo personaggio di Dafoe, pur in circostanze diversissime, è lo stesso personaggio che Dafoe interpreta nel terzo episodio, ovvero una specie di capo culto con tutti i sui adepti.
Tutti i personaggi del primo episodio, alla fine, sono identici a quelli del terzo, ovvero seguaci di Dafoe pronti a fare di tutto per lui.
Ma, in questo bell'incrocio di episodi (la cosa migliore del film) è invece il personaggio di Plemons del secondo episodio (il poliziotto cui ritorna a casa la moglie) ad essere il più simile al primo Dafoe, ovvero un uomo che costringe chi lo ama a fare cose incredibili per lui.
Alla fine i foglietti con le "cose da fare" del primo Dafoe sono esattamente le cose che Plemons nel secondo episodio dice di fare alla Stone.
Potremmo FORSE intravedere in queste "cose da fare" i "kinds of kindness" del titolo, ovvero le "gentilezze", le "carinerie" che alcuni personaggi fanno per ingraziarsi il proprio guru/amato/manipolatore o per tornare da lui.

Nel primo si arriva addirittura ad uccidere per "lui" (ci prova la Stone, ci riesce alla fine Plemons), nel secondo ci si suicida per lui, nel terzo si causa la morta di addirittura due sorelle, sempre per "lui".
Sono "favori" che i manipolatori richiedono e che i manipolati, vuoi per idolatria vuoi per amore vuoi per altro, si sentono in dovere di fare.
E' anche interessante notare come queste "gentilezze", queste atrocità fatte per accondiscendere il proprio manipolatore, hanno effetti diversi, sempre più negativi.
Nel primo episodio la cosa riesce, Plemons - uccidendo l'omino fil rouge - riesce finalmente a riconquistare il suo amato, in quell'ultima immagine di grandissima serenità a letto.
Nel secondo episodio (psicologicamente di gran lunga il più interessante) la situazione e l'esito sono più ibridi.
La Stone, per grandissimo amore verso suo marito, arriva addirittura ad uccidersi per lui.
Per poi "riapparire" un secondo dopo alla porta.
Come se fosse sì riuscita a riconquistarlo ma solo "uccidendo" quello che era adesso, per tornare quella che lui ha sempre voluto.
Nel terzo episodio, invece, c'è un fallimento totale, la Stone dopo lunghissime ricerche trova davvero "LEI" ma quando sta per portarla dal guru (e avremmo così avuto il terzo ricongiungimento in tre episodi) fa un incidente in cui la ragazza muore.
La Stone sarà così "per sempre" sola, con anche la beffa che colei che riporta in vita i morti è morta lei stessa.
Quindi, un favore che funziona, uno che funziona a metà, uno fallimentare.
Tre personaggi (il primo Plemons, la seconda Stone, la terza Stone) pronte a tutto per non perdere la loro (malata) luce (Dafoe, Plemons, Dafoe).
Tre personaggi quindi completamente dipendenti affettivamente e/o psicologicamente da altri.
Anche qui con differenze.
Il primo Plemons è un uomo che fuori dalla sceneggiatura di Dafoe è completamente perso.
Imita goffamente i vecchi consigli del suo amato (come quel ridicolo infortunio per abbordare) ma fallisce miseramente fino a quando non incontra la Stone che, guarda caso, era anch'essa un' "attrice" di Dafoe, a rimarcare ancora di più quando anche senza sceneggiatura niente funziona fino a quando la sceneggiatura non ritorna.
Lui non sa cucinare nemmeno un omelette a casa (omelette che torna in tutti e 3 gli episodi, come tante altre cose), tutto gli gira male (il colloquio saltato).
Niente, senza Dafoe è completamente perso.
E per questo uccide, senza pietà poi.
Sembra uno di quei rapporti malati in cui uno (di solito uomini banali e non interessanti) senza l'altro si sente così inutile e perso che a costo di tornare indietro sarebbe capace di qualsiasi cosa.
Meglio una vita fittizia, decisa da altri ma non solitaria e in cui c'è qualcuno a cui interessi  che una autentica ma dovendo fare i conti con te stesso.


Nel secondo episodio la manipolata è una persona meno "manichino" di Plemons nel primo, nel senso una donna che comunque (probabilmente) è riuscita a sopravvivere ad un naufragio (mentre Plemons non riusciva a sopravvivere da solo nemmeno alla cucina di casa), una ricercatrice, una persona, insomma, di valore e capace potenzialmente anche di vivere da sola.
Eppure è talmente tanto "l'amore" per il proprio marito o talmente tanta la manipolazione nel passato che, anch'essa, è disposta a tutto.
Qui abbiamo un tipo di amore secondo me diverso, ovvero quello di alcune persone valide e meravigliose che avrebbero tutte le capacità e le forze per stare bene anche da sole (il naufragio) o farsi una nuova vita ma sono comunque ormai troppo dipendenti da una persona sbagliata.

Nel terzo episodio la manipolata (sempre la Stone) è un gradino ancora sopra come indipensenza, ovvero una persona coi controcoglioni, paradossalmente libera, una che guarda tutti dall'alto verso in basso, una dura che, però, davanti al proprio guru diventa comunque la bambina piangente che non accetta di perderlo.
Ancora un altro tipo di persona, quindi, ovvero quelle meno poco empatiche, realizzate, dure, crudeli ma che comunque in un rapporto d'amore diventano debolissime e dipendenti.
Quindi in tre episodi un manichino senza spina dorsale, una persona bellissima, una persona pessima e realizzata ma tutti e 3 accomunati dall'essere "manovrati" dalla persona che amano o idolatrano.

Ci tengo un attimo a tornare al secondo episodio, come detto per me il più interessante.
Ci sono 3 letture possibili.
Quella per cui la prima Stone è un'impostora e quella che entra la reale.
Quella per cui la prima Stone è la reale e quella che entra nel finale l'impostora.
Quella - per me "sicuramente" la più giusta - per cui la prima Stone era davvero quella reale, mentre il finale una metafora (anche perchè non ha alcun senso pensare che la seconda Stone - impostora o no che sia - fosse stata lì pronta sull'uscio).
Plemons "amava" sua moglie per come lui l'aveva "creata".
Ritrovarsi quindi una donna cambiata (a causa del terribile shock e trauma) lo destabilizza.
Non accetta che lei sia diversa, non accetta che non ricordi la sua canzone preferita o che le piaccia il cioccolato, che prima detestava.
E' come se quell'uomo ormai vedesse sua moglie dentro dei binari prestabiliti, un essere umano sempre uguale a sè stesso e alla sua mercè.
Quindi che la moglie ritornata sia una donna amabilissima, dolcissima, innamoratissima, a lui non cambia niente, perchè lui rivuole solo e soltanto quella che lei era.
Come se le dimenticanze di adesso o le abitudini diverse (cioccolato) o i cambiamenti fisici (quella scarpa che non entra può anche rappresentare quei cambiamenti fisici che alcuni uomini non accettano) rappresentassero una sorta di indipendenza/cambiamento da lui non accettata, un uscire fuori da schemi cui lui era abituato, schemi che (probabilmente) aveva deciso lui in passato.
Ed ecco che adesso le chiede di tutto, persino amputarsi (proprio pochi giorni fa avevo condiviso su Instagram una frase dello splendido Spaceman, frase in cui si diceva che in amore spesso si amputano parti di sè stessi per diventare tutt'uno con l'altro, ma se l'altro non è disposto ad amputarsi niente allora niente ha senso).
Fino a farla poi uccidere.
E così, uccidendo quella "nuova" donna - meravigliosa - che ha avuto però l'ardire di essere diversa da prima lui può, metaforicamente, abbracciare subito la vecchia versione di lei.
Ma, ecco, sappiate che io son sicuro che la Stone ritrovata nell'isola fosse veramente sua moglie, anche perchè altrimenti il lucidissimo discorso che fa al padre (Dafoe) riguardo al sogno dei cani non avrebbe alcun senso.

Ho citato il sogno dei cani, un altro degli aspetti ricorrenti negli episodi.
Anche qui stessa cosa ma modalità diverse.
Nel primo un sogno banale e "fattuale" (lui che va incontro a Dafoe in macchina), nel secondo un sogno completamente metaforico (i cani buoni padroni) nel terzo uno metaforico e fattuale insieme (le due ragazze che la salvano dalla piscina, ragazze che in realtà esistono davvero).
Elementi ricorrenti ce ne sono davvero tanti, come ovviamente l'omino che dà il titolo agli episodi (cercate in rete se ha qualche significato, come sapete io scrivo solo cose che penso da solo), come il continuo riferimento al cibo, come la presenza del sesso (vero must dei film di Lanthimos, un sesso mai veramente canonico ma o surreale, o forzato, o squallido o estremo o stupro), come la presenza di auto che sfrecciano (nel primo loro che causano incidente al semaforo, nel secondo dei ragazzi che anch'essi sono passati col rosso, nel terzo lei che guida come una pazza e causa anch'essa un incidente), o Plemons che nel secondo e terzo episodio ha due scene identiche in cui "spiega" cose al personaggio della donna asiatica (senza che lei gli creda in entrambe), o la figlia della Stone nel terzo cui il padre inventa che si è rotta un piede come era accaduto veramente a Plemons nel secondo, o la presenza di aborti nel primo e nel secondo, o come -  ovviamente - la presenza della morte (in tutti e 3 gli episodi muore qualcuno, anche qua sempre qualcuno con un ruolo diverso, ovvero l'omino fil rouge - solo strumentale -, una dei due protagonisti nel secondo e un personaggio secondario ma più "importante" di tutti nel terzo).


Inutile parlare degli attori (Plemons sempre più grande).
La regia non resta addosso, nè minimale nè esagerata, fa il suo.
Certo meglio 100 volte film come Kind of Kindness con la sua reticenza e i suoi simbolismi rispetto ai disastrosi 10 minuti finali di Poor Things (film però, per me, che resta abbastanza nettamente superiore nel complesso).
Di altri aspetti, specialmente di tanti simboli disseminati nel film, ci sarebbe da dire ma poi rischio lo stesso errore del film, andare troppo lungo.

Chiudiamo con una battuta/metafora (e vi risparmio - anzi, la sto dicendo - quella che nel secondo episodio c'era un piatto con-dito).
Ad un certo punto si vede la racchetta rotta di McEnroe, forse il tennista più geniale della storia del tennis.
Tennista che però, a volte, sbagliava qualcosa.
E si incazzava a bestia, sbraitando con l'arbitro o rompendo racchette.
Ecco, forse Kinds of kindness è la racchetta rotta di McEnroe.
La prova che anche un regista talentuosissimo può sbagliare.
Magari anche facendo una volee perfetta stilisticamente.
Ma che va fuori di mezzo cm.

6.5 / 7

10 commenti:

  1. ho scritto di getto e chissà, domani potrei ricredermi

    "E' giunse il giorno in cui Lanthimos si è concesso alla "serialità"; ma nel farlo, rimane Lanthimos. Potrebbe essere davvero solo la prima parte di una serie antologica (beh la durata degli episodi è quella tipica delle serie Tv), con tema l'essere umano nella società occidentale e il suo malessere.
    Qualcuno ci ha visto l'uomo nel mondo del lavoro, nella famiglia e nella religione, altri il servilismo, il complottismo e il fanatismo, altri ancora si sono spinti ad analisi più o meno approfondite; va da sè che l'ultimo Lanthimos fa riflettere, discutere e contiene diversi piani di lettura. Come è sempre stato con le sue opere. Allegorie ciniche e grottesche di realtà spesso ancor più crudeli.
    In questi 3 episodi apparentemente separati, con l'unico fil rouge dettato dalle sorti di R.M.F. (a proposito, non saranno tre lettere a caso) accompagnato da un cast in gran forma (alla completa dipendenza del regista), un tratto unitario c'è, o almeno io lo intravvedo. In tutte le situazioni i protagonisti sono alla dipendenza di qualcosa, sono tutti legati da una ripetitività, da una routine, ovvero ... tutti necessitano di qualcuno che si prenda cura di loro. il controllo può avvenire come plagio, nel lavoro, in famiglia, nella religione. E il singolo, che poi è il Popolo, senza questo controllo, perde identità, perde gli affetti, i valori, i beni e incapace di ordinare da bere, incapace di riconoscere la propria moglie, incapace di gestire qualsiasi situazione. Così noi cittadini aneliamo chi ci rassicura (anche se siamo consapevoli che sono bugie, meglio "qualcuno che ci ami un po' tutti i giorni, di qualcosa che può finire"), chi si prende cura di noi. Anche in politica siamo così, o non scegliamo (non siamo capaci e le decisioni degli altri le subiamo lo stesso) o seguiamo il pifferaio che la spara più grossa (tanto se siamo in tanti a crederci "tutto andrà bene", non c'è fallimento possibile). Invece Lanthimos ci fa vedere che se siamo controllati, plagiati, il finale è già scritto, siamo destinati a fallire (tutti diventano omicidi, chi con consapevolezza, chi inducendo il suicidio, chi per distrazione).
    Film diviso in 3 lunghe parti, forse un po' troppo lungo (in Tv massimo vedo 2 puntate), ma capace di dar fastidio, di far sorridere, capace soprattutto di seminare. Adoro i film che più li sbucci e più trovi gusto. Trattato di architettura sociale. Promosso.
    A quando "kind of Kindness 2"?"

    RispondiElimina
    Risposte
    1. buffo ci sono un paio di riflessioni fotocopia a partire dal come abbiamo visto R.M.F
      .

      Elimina
    2. Eh, io come sempre mi sono limitato alle lettura "umane", dei rapporti tra persone, delle psicologie di quest'ultime, le letture sociali non riesco mai a vederle nemmeno quando sono grandi come elefanti

      Ed è vero, i 3 episodi, anche se con tematiche identiche, le raccontano in 3 macrocosmi sia di diversa grandezza sia diverso contesto (lavoro, famiglia, setta)

      Sì, ci sono sempre personaggi che hanno bisogno di qualcosa e sempre personaggi, al contrario, che sentono il bisogno di dare quel qualcosa ai personaggi che hanno bisogno di qualcosa :)

      La lettura politica mi sembra pertinente ma,come sai, è fuori dal mio seminato

      Sul fallire non so, nel primo episodio se ci pensi Plemons raggiunge assolutamente il suo obiettivo.

      La parte ironica del film mi è piaciuta molto, meno quella "fastidiosa", forse proprio perchè era forte quella comica ;)

      A quando Kinds of kindness 2? mi viene da essere cattivo e dire "speriamo mai"

      ma no dai, scherzo

      oddio, ma io su R.M.F non ho detto nulla :)

      Elimina
    3. su R.M.F. abbiamo entrambi rimandato ad una ricerca del senso dell'acronimo

      Plemons 2 ottiene.... ma cosa?
      una finzione effimera. Finirà in carcere o affidato ai servizi sociali (o vuoi credere che Lei è davvero tornata)?

      Con Lanthimos, la lettura politica, la do per scontata

      Elimina
  2. Ho sempre detto che il Lamantino ha delle idee così geniali che non sempre riesce a tenere botta fino alla fine. Ecco, per me la dimensione del mediometraggio fa al caso suo, dato che ho trovato i tre racconti meglio gestiti di altre sue opere - ma qui siamo nel campo della soggettività.
    Non il suo migliore e la natura episodica per me toglie molto a prescindere, ma le ore non mi sono pesate per nulla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ma dai!

      Bene, sono contento che sta modalità a qualcuno ha preso così tanto, anche più dei suoi film

      comunque a me non ha "non convinto" il suo essere antologico ma proprio il ritmo, a prescindere che fosse stato un solo film, 3 episodi o 10 ;)

      Elimina
  3. l ho trovato un film ambizioso non totalmente riuscito . L ho apprezzato più nella sua interezza rispetto al fatto di concentrarmi su un “corto” alla volta . Mi son piaciute molto di più le parti criptiche , mentre nel primo e secondo episodio è tutto talmente spiegato/diretto che non lascia molto spazio ad interpretazioni/pensieri dello spettatore . Nel primo soprattutto ci sono dei dialoghi davvero molto banali. Ma più che i dialoghi a volte ho trovato inutile la scelta di aggiungere alcune riprese ( es. nel secondo Ep. La tipa parla dice che mangiava frutta-pesce sull isole e mi fa veder L inquadratura , in bianco e nero con musica , e questa cosa succede spesso , come spettatore è una cosa che non amo , preferisco immaginarmele le cose , far viaggiare la mente ) . A livello globale invece ho trovato interessante il discorso del farsi accettare a tutti i costi , contrapposto al volere le cose fatte in modo perfetto dagli altri .. cosa presente in tutti gli episodi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oddio Davide, secondo me il secondo episodio è nettamente il più criptico mentre il terzo quello cui "non c'è niente da capire", che buffo ;)

      Sì, anche a me alcuni inserti non sono piaciuti a livello di regia e costruzione (intendiamoci, è un film che anche visivamente non è che ti resta troppo addosso eh)

      mentre le metafore e le tematiche mi son piaciute tanto!

      Elimina
  4. A mio parere il problema non è che il film è tutta una metafora unica (metafore che nei vari episodi spesso sono di facile lettura, come di facile lettura è dove voglia ogni volta andare a parare l'episodio) ma che le stesse risultano non interessanti.
    C'è un abisso tra questo ennesimo strano film di Lantimhos e The Lobster o Il Cervo sacro (dove erano metafore molto avvincenti e ben strutturate, e dal ritmo coinvolgente) e anche a livello di regia qui abbiamo un passo indietro deciso.
    Come mia interpretazione personale, il primo episodio è il più noioso e scontato in tutto, il secondo è estremizzato al punto da risultare non interessante (nonostante sia quello con più profondità) e il terzo, infine, quello migliore anche se tutto risulta evidente fin dalle prime battute.
    La moglie del 2° episodio per me, interpretazione personale, è sempre la stessa e non è realmente lei stessa a infliggersi i "vari danni" ma lui a farglieli davvero, tutto l'episodio è visto dal punto di vista di lui, e per me, ripeto, sempre lui a farle le peggio, cose causate dal trauma subito della perdita e del successivo rifiuto della realtà. Di conseguenza lei non si suicida ma è lui a farlo, per farla "rinascere" nella sua malata visione così da ritrovare ciò che aveva perso (sanità mentale compresa)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche se ti "percepisco" molto più critico di me devo dire che capisco ogni tua riga. Forse l'unica che non condivido è quella delle metafore poco interessanti, ecco, a me il film intellettualmente ha tenuto molto con sè

      Spetta, la tua interpretazione del terzo è molto originale ma,alla fine, credo concordiamo. Che sia lui o no fisicamente a farle quello resta un uomo che deve uccidere la nuova moglie per tornare all'idea di moglie che aveva lui.
      Quindi se poi quelle amputazioni o suicidio non siano reali ma o metaforiche o addirittura inflitte da lui cambia molto a narrazione ma per nulla a significato, lui sarebbe stato felice solo quando avrebbe riavuto la moglie "perfetta" per sè, quella che entra nel finale (quello sì per forza solo metaforico)

      Elimina

due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao