29.12.12

Recensione: "ATM - Trappola mortale"




Meno male che non ho più una lira nemmeno per piangere.
Almeno son tranquillo che la terribile esperienza vissuta dai 3 ragazzi di Atm non potrà mai capitarmi o almeno non nell'immediato.
Con questa tranquillità mi sono approcciato a questo particolare Bancomat Invasion convinto di trovarmi davanti una boiata senza precedenti.
E invece, miracolo, mi ritrovo per tutta la prima parte del film un più che discreto thrillerino dalla giusta atmosfera e mediamente originale, non foss'altro per l'ambientazione. Anche i dialoghi iniziali sono leggermente meglio del solito, insomma qualcuno che ha perso 5 minuti a scriverli c'è stato. L'uso degli spazi è ottimo, schematico e banale magari ma ottimo. Quell'assassino fermo lì tra la cabina del bancomat e la macchina intriga quanto basta, alcune riprese dall'altro sono davvero suggestive.
Poi nella seconda parte il disastro.
Premettendo che le interpretazioni dei 3 attori sono davvero al minimo sindacale, specie lei (paurosamente simile a Nicole Kidman in alcune inquadrature) che si ricorda di aver paura solo a comando, ci sono così tanti pastrocchi di sceneggiatura da dubitare della sanità mentale di chi l'ha scritta.

Ci si chiede più volte perchè i tre non scappino di corsa quando lui è dietro la cabina (tra l'altro lui NON corre mai), sembra che il mondo sia diventato un microcosmo per cui oltre la loro macchina non c'è più nulla, o si entra in auto o sei morto..
Ma tralasciando alcune situazioni davvero poco credibili si arriva al finale, una roba mai vista.
SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER
Cioè, ci vogliono far credere che il piano del maniaco sia perfetto???
Quelle immagini del circuito chiuso che dovrebbero incastrare il ragazzo sono le uniche? c'è un computer interno che ha fatto un montaggio di parte??
No, si dovrebbe vedere anche i tre che guardano per mezz'ora fuori (strano, un maniaco che guarda e parla con le sue future vittime tutto quel tempo), si dovrebbe vedere lui, PROPRIO LUI, il presunto maniaco (il ragazzo biondo intendo) che esce lasciando le sue vittime da sole per poi tornare FERITO. Si dovrebbe vedere il ragazzo moro che esce DA SOLO e torna addirittura mortalmente ferito, si dovrebbero vedere i due ragazzi  che INSIEME uccidono quel malcapitato (ah, tra parentesi, anche la coincidenza che entrasse uno uguale al maniaco faceva parte del piano??), strano modo di cooperazione tra un assassino e una vittima. E mi fermo qua.

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Na roba indegna, manco i peggiori inquirenti potrebbero dar colpa al ragazzo.
E quel fenomeno che è là fuori col cappuccio non è un genio ma un deficente.
E poi quel finale con lui là dentro a preparare chissà cos'altro, quale ulteriore diabolico piano.
Ma a chi fai paura????
Sei un coglione, puoi diventare un genio solo con uno sceneggiatore di parte e sleale.
E comunque tenetevi i soldi sotto il materasso.
Opure se vedete quell'assassino là fuorio mettetevi a far due chiacchiere e giocare a briscola finchè lui non si rompe le palle di andar via.
E prestatemi 300 euro.
Per uno.

( voto 5 )

27.12.12

Recensione: "Hotel"

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Mi sono approcciato a questo piccolo film austriaco pieno di pregiudizi.
Pregiudizi, in questo caso, positivi visto che alla regia c'è quella piccola hanekina di Jessica Hausner, autrice di quella meraviglia di Lourdes, uno dei film più belli passati per questo blog nella scorsa, e in quel caso pure ricca, stagione.
Beh, Hotel è di 5 anni precedente (anche se tra i due non ci sono altri lavori) e senz'altro di gran lunga inferiore.
Ci troviamo davanti al classico film indecifrabile, piccolo gioiello per chi riesce a viverlo e capirlo fino in fondo oppure tremendo e pesantissimo pippone psicologico per chi non ce la fa o magari non vuole sforzarsi un pochino.
Io mi trovo nel mezzo, riconosco al film notevoli qualità ma una gestione del ritmo (lo ripeto sempre, il ritmo per me non è dato da cosa succede nel plot ma dalla capacità di tenermi vivo nell'attenzione o no) e un'eccessiva difficoltà nella sua comprensione.
Irene è una ragazza che trova un impiego in un Hotel sulle Alpi. Sostituisce una ragazza scomparsa misteriosamente. Tutti gli altri componenti della crew dell'albergo eludono l'argomento. Perchè?
Guardando il film mi sono venute in mente tre pellicole grandiose. Nominarle sembrerà una bestemmia ma vi assicuro che a tratti l'altmosfera che si respira li richiama.
Mi riferisco a Shining per l'ambientazione, l'albergo, che sembra quasi un personaggio a sè e per la sensazione che quelle mura nascondano un passato di sangue e misterioso; a The Kingdom di Lars Von Trier all'incirca per gli stessi motivi ma in maniera ancor più pertinente, e al maledetto Antichrist sempre di Trier per quella foresta, per la sua carica metaforica incredibile, per quella punta mai esplicitata poi del tutto di paranormale che aleggia nell'aria.
Irene è attratta da quei corridoi oscuri, è attratta da quel bosco che circonda l'albergo, è attratta da qualcosa di oscuro. E' sì impaurita ma al contempo non riesce a non camminare verso quell'oscurità. Credo che sia questa la tematica principale, l'uomo che piano piano vuole conoscere la parte più nera di sè stesso, che invece che fuggire sotto la luce del sole viene calamitato nel misterioso mondo delle ombre. La locandina sembra suggerire che sì, è questo che la Hausner voleva esplorare.
Gli altri personaggi così strani, sfuggenti, misteriosi, antipatici sembrano quasi appartenere a una specie di setta che vuol portare Irene in una precisa direzione (anche questo aspetto, dei personaggi e del loro ruolo, il film ricorda tanto The Kinkdom).
Però c'è qualcosa che non convince, il plot sembra star troppo tempo fermo, la decisione finale di Irene di incamminarsi là pare troppo esagerata, improvvisa, rispetto alle sequenze che la precedono. Girare un film così a 32 anni non è facile, le sfumature da dare ai personaggi e agli snodi narrativi troppo difficili per una pellicola che basa quasi tutto sull'aspetto psicologico diegetico e di chi guarda.
Curiosa la similarità con alcune scene di Lourdes come ad esempio le cene comuni o quel ballo da balera che se qui è semplice intermezzo nel film seguente sarà colonna visiva e sonora di un finale di una bellezza unica. E anche qua la protagonista se ne sta ferma sul muro a guardare.
Per gli amanti dei super film d'autore visione consigliata.
Magari anche solo per stroncarlo poi.

( voto 6,5 )

25.12.12

Recensione: "L'Illusionista"

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Certo, credo che non ci sia cosa peggiore che bestemmiare il giorno di Natale ma purtroppo non riesco a trattenermi. La dico subito va per non prendere alla sprovvista l'occasionale lettore.
Chomet è il top dell'animazione mondiale.
Forse dovrei spiegarmi meglio. Non so se Appuntamento a Belleville e questo Illusionista siano opere superiori ai grandi capolavori di Miyazaki o a quelli ad esempio di quel meraviglioso studio di tecnica e sentimenti che è la Pixar, anzi, credo proprio di no, ma personalmente le emozioni che provo guardando le opere dell'animatore francese sono qualcosa di incredibile, nessuno riesce a darmele allo stesso modo. Quei disegni a metà strada tra il realistico e il grottesco, quei volti al tempo stesso duri e dolci, quei personaggi così assurdi, strampalati, teneri e tristi, quelle incredibili atmosfere e ambientazioni così meravigliosamente malinconiche, le musiche appena accennate, i dialoghi che non servono, la sensazione di trovarsi davanti, a differenza dei sopracitati maestri, al cinema "normale" che si traveste di cartone animato.
Forse non si raggiunge la magnificenza visiva o di tematiche de La Città Incantata o de Il Castello Errante di Howl; forse, anzi, certamente, non si ride e al tempo stesso ci si commuove come in Toy Story 3 con i suoi giocattoli che si tengono per mano nella discarica o in Ratatouille con Ego che assaggia quel povero piatto e vede sua madre, forse non si raggiungono vette di poesia così alte come in Wall-E, ma io quando vedo Chomet non capisco più nulla.

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Quel tratto di disegno mi entra dentro la pelle, quella capacità di regalare emozioni con le piccole cose, con piccoli rumori, con piccole storie, con antieroi che hanno nel viso la malinconia e la stanchezza della vita, a me fa rimanere incantato.
L'Illusionista è la piccola storia di un mago, appunto, un illusionista che ha fatto il suo tempo.
Perchè la gente non ride più.
E non applaude più.
E non lo vuole più.
Ormai ci sono i nuovi gruppi rock con le ragazzine che gli sbaveggiano dietro (anche se, e nel film l'effetto è davvero comico, i componenti del gruppo avrebbero gusti un pochino diversi...).
Non resta che fuggire dalla Ville Lumiere che ti ha spento i riflettori e andarsene nella rozza e bevereccia Scozia, ovvero un posto dove il tuo coniglio e il tuo ombrello possono ancora sorprendere.
E lo possono fare così tanto che una povera ragazzina pensa che tu sei un vero mago, non un'illusionista,  e scappa con te.
Impossibile non pensare al grandioso Luci delle ribalta dove il clown Calvero/Chaplin non riesce più a far ridere.
Chomet descrive questi piccoli artisti uccisi dal progresso e dalla depressione in maniera fantastica.

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Non solo l'illusionista ma anche il clown prossimo al suicidio o il ventriloquo costretto dalla fame a vendere il suo alter ego pupazzo. C'è qualcosa nel tratto dei volti di questi personaggi che è umanamente incredibile.
Si ride poco qua, non ci sono tanti inserti profondamente comici come nelle Triplettes de Belleville, la malinconia è caratteristica comune di tutti, tutti sembrano appartenere a qualcosa che non è più.
Interessantissimo il personaggio della ragazzina, povera e umile sì, ma teneramente vezzosa quando scopre di poter esser donna.
E poi quel meraviglioso finale.
Lui che va via e lascia a lei quel cartello.

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"I maghi non esistono"
Un groppo in gola, questo ho provato.
I maghi non esistono ragazzina, io stesso ero solo un povero vecchio che conosceva 3,4 trucchi e li ripeteva all'infinito da anni. Ma ora non sono più nulla, posso a malapena stupire un bambino in treno.
I maghi non esistono ragazzina o forse esistevano soltanto una volta quando l'uomo, come il bambino, aveva ancora la capacità di stupirsi e inquietarsi davanti a un treno apparso su un telone o a un coniglio uscito da un cappello.
I maghi non esistono ragazzina ma la magia sì.
E tu l'hai appena scoperta.
Ti aspetta là fuori.
Si chiama amore.
Vedrai, ti farà apparire delle farfalle nello stomaco.

( voto 8,5 )

24.12.12

Recensione "Vita di Pi"

Prefazione.
Lo so, il blog sembra morto.
Ma non lo è.
Il problema sono io e la mia incapacità di scrivere che ho da mesi per vari problemi ma mai, mai, mai, ho pensato di abbandonare del tutto il blog. Ogni giorno mi dico "domani ricomincio alla grande, un film al giorno addirittura, domani ricomincio".
Ma sto domani non c'è mai.
Però, e non lo dico ai pochi lettori che saranno rimasti ma a me stesso, questo domani un domani sarà.
E non solo ricomincerò alla grande ma visiterò tutti gli amici che mi sono stati vicini e ho dimenticato.
Non può piovere per sempre.
Perchè, in effetti, io sono passato alla grandine.
Ma non può grandinare per sempre.
Echecazzo.
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numerosi spoiler

Quando l'adulto Pi ha finito di raccontare, quando instilla nel suo interlocutore (e in noi) il dubbio di quale sia il vero racconto, se quello delle meraviglie naturali, di tigri e isole magiche, di iene assassine e balene fluorescenti oppure quello di uomini malvagi, di crudeltà e morte, quando Pi finisce di raccontare e chiede al ragazzo: "Tu a quale racconto credi?", quando capiamo che tutto l'impressionante film di Lee non è altro che il voler credere o no nell'esistenza di qualche Dio, abbiamo due reazioni.
La prima è banale, pensiamo che questo non è un film di Ang Lee ma di Shyamalan. Che poi i protagonisti sono anche indiani, questo è un film di Shyamalan sotto falso nome.
La seconda, più profonda, è che questo è un film con un suo perchè. Può non piacere, può risultare monotono, banalotto, costruito in maniera troppo asimmetrica con quei raccontini e il raccontone, può sembrare tutto quello che volete ma non potete far altro che dire "Ecco, ecco cosa significava tutto".
"E' così anche per Dio" dice Pi.
E sono mille le cose che poteva voler dire, magari ci torneremo.
Perchè questo film può esser preso anche da un altro punto di vista, quello di una straordinaria pellicola d'avventura di una bellezza visiva a tratti struggente. Odio gli effetti speciali, lo sapete. Ma quando questi non servono ad altro se non a restituire, amplificandola, tutta la bellezza che la Natura ci regala allora anche io sto là, strabuzzo gli occhi e godo.




Godo a vedere la nave che affonda e lui che nuota in mezzo a zebre e scimmie, godo a vedere tigri che saltano su una scialuppa ad azzannare una iena, godo a vedere un mare illuminato al neon di meduse e una balena che ti salta vicino, godo a vedere un branco di pesci che diventa stormo perchè invece che nuotare volano addosso a te, godo nel vedere un mare fotografato di rosa al tramonto con quella piccola scialuppa ferma lì in mezzo, godo per quell'isola di nodose e morbide radici e quell'esercito di suricati, quasi una folla devota in preghiera di qualche Dio.
Gia, Dio, poi ci torniamo.
E, specie in questo periodo, invidio un ragazzo che sa lottare contro la morte in una situazione così impossibile.
E' cinema, si sa, ma persone così attaccate alla vita da resistere in questo modo ce ne sono e Pi è il simbolo di tutti loro.
E mi piace che il film non sia una storiella per bimbi disneyana secondo cui tutte le creature sono buone e dolci. No, la Natura è meravigliosa ma anche crudele, menefreghista, cinica. La tigre non si volta, la tigre è "cattiva" ma ha anche conosciuto la tregua, la pace, la solidarietà di quell'altra bestia indecifrabile che è l'uomo. Si sono odiati, hanno voluto uccidersi, si sono leccati le ferite, si sono aiutati, hanno aspettato di morire insieme, si sono ignorati. Ma la tigre non si volta perchè la sua casa è la giungla e le sue leggi quelle là dentro.




Inutile e pericoloso cercare di analizzare l'infinita potenza metaforica del film.
Inutile perchè la metafora in qualche modo viene anche esplicitata da Pi nel finale in un modo così geniale che dispiace non averla colta durante il racconto "umano".
Pericoloso perchè parlandone rischio di allungare ancora di più sto mio minestrone già troppo abbondante.
Torniamo a Dio.
"E' così anche per Dio" disse Pi, abbreviativo di Piscine Molitor.
Che voleva dire?
Che credere a Dio significa credere alle meraviglie della natura?
Che credere a Dio significa credere a qualcosa che sembra impossibile ma forse non lo è?
Che credere a Dio può rendere più bella e colorata una vita in cui, comunque, l'inizio e la fine terrena sono segnate?
Che tu puoi credere a quello che vuoi ma se credi in Dio non hai bisogno di prove, bastano i segni e i racconti.
Quale è la vera storia? Ho cambiato idea più volte. E ancora non lo so. Anche perchè ancora non lo so se lassù c'è qualcuno.
Quando lo sento, quando so che c'è, se in quei momenti mi raccontano di un ragazzo e una tigre sopravvissuti a 10 mesi in mezzo all'oceano, se mi raccontano di quei pesci volanti, di quella balena, di quei suricati e di una scimmia che indica all'Uomo dove sta suo figlio io ci credo.
Anche perchè forse credere a un cuoco assassino e cannibale è troppo più brutto e meno magico.
Ma, ahimè, molto più probabile.

( voto 8 )