Un film che è una storia vera, quella di Brady e del suo sogno (quasi) infranto di cavalcare ai rodei (a causa di un incidente quasi invalidante).
Regista donna (cavolo, mi sono accorto adesso che nella recensione non l'ho scritto!) per una storia lineare, classica, alla Eastwood.
Un film dalla fotografia impressionante (albe, tramonti, controluce) e di grande esattezza emotiva.
Forse questo suo essere cinema che sostituisce il documentario gli dà problemi di ritmo e sintesi.
Ma resta un gran film, un'opera che, più del Destino, sembra raccontare quello che ci si sente destinati ad essere.
presenti spoiler dopo prima foto
Mi sono salvato.
Come sapete odio, prima della recensione, conoscere cose sui film che vedrò/ho visto, informarmi, leggere pareri, anche minimi, scritti da altri.
Io amo scrivere soltanto per quello che vedo, a costo di prendere cantonate grandissime o omettere dati e informazioni decisive.
Insomma, succede che guardo questo film con MyMoviesLive e poi, appena finito, arrivano due commenti di amici del Guardaroba.
E quei commenti mi informano che tutto quello che ho visto è "reale", nel senso che ogni personaggio del film interpreta sè stesso e ha vissuto veramente quello che vediamo.
La mia percezione sul film cambia del tutto, sia in positivo, che in negativo (vedremo perchè).
Ma dicevo di essermi salvato perchè scrivere una recensione di un film come questo non sapendo (anche se l'avevo intuito, nei crediti finale i nomi di personaggi e attori erano i medesimi) che tutto quello che avevo visto fosse reale, mi avrebbe portato a un pasticcio.
E anche a figuracce epocali, come lodare la recitazione del ragazzo paraplegico (dio mio, lo è davvero).
Quindi grazie Fabrizio Milani e e Donatello Biancofiore.
Ci troviamo quindi davanti a uno strano essere cinematografico.
Di solito (vedi i Minervini e i Francesco Rosi) abbondano film documentari che rischiano di "sapere" troppo di cinema (sceneggiati, costruiti).
Qui abbiamo l'esempio opposto, quasi unico, ovvero di un film cinematografico con tutti i crismi (plot classico, fotografia, ruoli, evoluzione dei personaggi etc...) che invece è praticamente un documentario in tutto e per tutto reso poi film.
Il lato positivo è che la vicenda che vediamo, già molto intensa ed emotivamente forte, diventa "vera", ogni nostra emozione per quello che vediamo sarà per qualcosa successo realmente.
Il lato negativo è che i difetti del film (la sua staticità, il suo reiterare alcune scene, il suo indugiare in sequenze troppo lunghe) sarebbero stati perfetti in un documentario (penso a Honeyland, Behemoth, Sto Lyko e specialmente a un film che racconta lo stesso mondo di The Rider, ovvero Stop the pounding heart), meno in un film.
Ecco, in quei documentari stare 15 minuti a vedere "il nulla", la routine della vita, era affascinante, in un film cinematografico, invece, fa perdere ritmo perchè, te regista, l'opera non me la stai presentando, sia stilisticamente che narrativamente, come documentario.
Ne viene fuori un film classico come pochi (direi alla Eastwood), lineare come pochi, asciutto, monolitico, "perfetto".
Un film che è una strada dritta ed inesorabile, una highway dove allora le curve bisogna ricercarle non tanto in quello che succede ma nei moti d'animo del protagonista e, di conseguenza, nostri.
E' la storia di Brady, promettentissimo rider (direi "rodeista") che per un bruttissimo incidente in cui ha quasi perso la vita ha dovuto abbandonare il suo sogno, cavalcare nei rodei (e, forse, non può più nemmeno galoppare normalmente i suoi amati cavalli).
In testa ha un trauma tremendo e, ogni tanto, una specie di emiparesi (so che non è, ma per capirsi) alla mano destra.
Il suo sogno, anzi, il suo obiettivo, è tornare a cavalcare.
Ne nasce un film sul quale mi sento di fare una particolare distinzione linguistica.
Non tanto un film sul Destino, ma su quello che ci si sente destinati a fare.
Mi permetto questa personale distinzione perchè più che un film sul Destino assoluto (imponderabile per noi) qui ci troviamo davanti a persone che si sentono nate per fare qualcosa, che sentono che la loro vita ha senso solo in quella maniera.
Non quindi qualcosa di astratto e incalcolabile ma scelte personali forti e decise.