PAPI CHULO
Se non fosse stato per il The Guilty visto ieri questo sarebbe, ad oggi, il mio film del festival.
Divertente, delicato, profondo, un film che è una vera gioia per il cuore.
Il ricchissimo anchor-man Sean ha un periodo difficilissimo.
Così difficile da fare una figuraccia tremenda in diretta nazionale durante le sue previsioni del tempo.
Gli viene dato un periodo di riposo.
Decide di verniciare una macchia in un patio, una macchia che gli ricorda il suo ultimo fidanzato, Carlos.
Copre la macchia (metafora) ma poi si rende conto che adesso deve verniciare tutto il patio per uniformare il colore.
Si affida allora a un messicano, Ernesto, che non sa una parola di inglese.
Ne nascerà un rapporto basato sul non potersi capire.
Un rapporto che per Sean va molto oltre quello che sembra.
Film dall'umanità disarmante sul bisogno di sfogarsi, sulla capacità di saper ascoltare gli altri anche senza capirli, sulla tremenda necessità dei rapporti umani.
Ernesto rappresenta per Sean tutto questo.
Ma anche qualcos'altro.
Ernesto, uomo molto più vecchio e brutto del bel e atletico Sean, assomiglia infatti tantissimo a Carlos, l'ex fidanzato di Sean.
E allora avviene così un cortocircuito per il quale la stessa persona che Sean ha ingaggiato per "coprire le tracce" di Carlos è al tempo stesso qualcuno che gli somiglia, cosicché Sean, in realtà, dimostra l'incapacità di liberarsi di quel fantasma.
E allora avviene così un cortocircuito per il quale la stessa persona che Sean ha ingaggiato per "coprire le tracce" di Carlos è al tempo stesso qualcuno che gli somiglia, cosicché Sean, in realtà, dimostra l'incapacità di liberarsi di quel fantasma.
Film di pochissima regia ma tanta, tanta sostanza, Papi Chulo è una riflessione sul dolore, sull'incapacità di dimenticare, sull'elaborazione del lutto.
Tutto giocato su questa stranissima e improbabile coppia e sulla loro impossibilità di capirsi.
Ci sono tante scene divertenti, tanti equivoci, un'atmosfera sempre leggera ma più si va avanti più Papi Chulo mette cose dentro.
Splendida ad esempio la scena di loro due in auto che cantano Madonna, a dimostrare come la musica e i testi musicali possano essere un punto di unione tra lingue diverse.
Poi avverrà un delicatissimo colpo di scena, colpo di scena che ci farà vedere tutto da una prospettiva diversa e renderà il "dramma" di Sean, tutto quello che faceva, ancora più complesso.
E, in ultima analisi, Papi Chulo è anche un film sulla solitudine, su quella solitudine esistenziale che ti può colpire anche quando sei famoso e sempre in mezzo a mille persone.
"Li senti ancora i coyote?" chiede Ernesto a Sean.
Magnifico
8
L'AMOUR DEBOUT
Mmm, niente di che.
Già film dal soggetto simile (amori adolescenziali finiti) non mi fanno impazzire, poi se come ne L'Amour Debout tutto è un pò annacquato diventa un problema
Lea fa la guida turistica di Parigi.
Martin, il suo vecchio fidanzato, è un aspirante regista.
Lui è ancora molto innamorato di lei, lei forse lo stesso ma lo caca poco.
Martin, però, ha anche forti latenze omosessuali (anzi, più che latenze diciamo che è proprio bisessuale) mentre la dolce Lea inizierà a flirtare con un quasi 60enne.
Il problema del film sta proprio qua, in un soggetto che apparentemente è coraggioso (amori omosessuali e altri quasi pedofili) ma che invece non ha alcuna incisività, risulta innocuo e, specie nella storia di Lea e del "vecchio" musicista, tutto appare tremendamente inverosimile (che lei si sia innamorata di lui per una foto è abbastanza assurdo, se poi aggiungiamo che questo è un pesce lesso senza alcun carisma non ne parliamo).
Siamo dalle parti di Truffaut (anche se il regista francese che viene esplicitamente citato è Eustache), del racconto di questi amori, di queste pulsioni, tutto in una cornice di imbarazzata leggerezza.
Buffo come nel film ci sia quasi un'ossessione per le "lezioni", visto che tutti i personaggi principali (Lea come guida turistica, Martin come cineforum e l'amico biondo de Martin per il magnetismo - che è metafora? boh -) abbiano a che fare con un pubblico di ascoltatori.
Questo è uno di quei film che può piacere specialmente al genere femminile, o almeno ad un parte di esso, quella che ogni tanto vuole staccare la testa e veder raccontati teneri amori e disamori.
Un discreto tentativo di cominciar a far cinema
6 - -
GHOSTLAND
Laugier è un gran bel regista.
La sua sfortuna è forse quella di aver realizzato il capolavoro subito, quel Martyrs che è senza ombra di dubbio una delle meglio cose visti nell'horror negli anni 2000.
Anche Saint Ange aveva cose buone dentro (e tante altre meno buone) mentre I bambini di Cold Rock mi piacque davvero.
E sì, anche Ghostland è un buon film horror, non c'è dubbio.
Laugier sa girare, sa esser cattivo, è fantastico nel descrivere atmosfere e nello scegliere gli attori.
Il problema di Ghostland, però, è nel suo essere troppo derivativo.
E lo so, è molto bello quando un regista prende tanti clichè horror e riesce poi comunque ad esser personale (e Laugier, in qualche modo, ci riesce) ma è anche vero che alla fine nel 2018 di case maledette, bambole e quant'altro ne abbiamo piene le scatole.
E Ghostland nella prima parte non ha mezzo elemento per farci uscire dal "giàvisto1000volte" e io da un regista così importante e di questo talento non me l'aspettavo.
Per fortuna nel secondo tempo Ghostland si fa più interessante, complesso e molto meno banale. Certo non c'è un'idea nuova dentro ma la principale (quella di lei che per sfuggire agli orrori che sta vivendo immagina una realtà parallela futura felice) è davvero ben gestita e in un paio di passaggi pure emozionante.
Intendiamoci, in Ghostland funziona tutto, dalle due sorelle principali ai due maniaci (uno sembra Renato Zero l'altro Sloth dei Goonies grasso), dalle ambientazioni alle violenze (quando lui la alza per le gambe come fosse davvero una bambola è impressionante).
Gli appunti da fare prossimi allo zero ma, lo ripeto, la sensazione di vedere l'ennesimo film horror in catena di montaggio è stata forte.
In ogni caso davvero emozionante la parte finale, con questa bambina ormai devastata che continuamente si rifugia nel mondo parallelo (e futuro) che si è creata per non concentrarsi sulle torture che sta vivendo.
E l'immagine di lei che esce in barella è davvero potente.
Un bel film horror che non dice niente di nuovo ma è l'ennesima conferma che Laugier, il suo, lo fa sempre.
Ma Martyrs resta ancora lassù, molto più in alto
6.5 / 7