Stavolta di strade laterali non ce ne sono perchè non si va mica dove ti porta il vino, qua e là, ma dove ti manda, perlopiù precisamente, con tanto di indirizzo, un biglietto vincente.
Nessuna sideways insomma ma solo una lunga via principale, una highway di centinaia di km per andare a ritirare un milione di dollari, quel milione di dollari che tutti noi vinciamo ogni giorno, che se una volta era su un biglietto adesso è un banner che ci appare sul pc da cliccare. Vinciamo sempre, ogni giorno, sempre noi, che culo.
Ma Woody è sull'80ina, quel premio da ritirare è molto di più di quello che (non) è, quel premio è una ragione di vita, quel premio è qualcosa cui appigliarsi per sognare ancora, per porsi un obbiettivo un pò più grande di quello di arrivare vivo a letto la sera.
Woody prova a piedi, sono circa 900 miglia (credo), che vuoi che sia.
Lo portano a casa disperati.
Poi riprova a piedi, ancora e ancora.
E allora portiamocelo a Lincoln, pensa suo figlio.
E partono.
Padre e figlio
Payne ci racconta un altro viaggio ma stavolta è un viaggio diverso, forse l'ultimo.
Woody sembra un pò Harold Fry, il suo arrivare a destinazione diventa una missione ma al tempo stesso è pretesto per sentirsi ancora, e forse per una delle ultime volte, vivo.
Non è un viaggio di riscoperta di sè stessi ma semmai del contrario, del far scoprire agli altri chi sei. E come in Still Life capitò a John, stavolta è David, il figlio di Woody a ripercorrere la vita di suo padre, a conoscerlo meglio, nei pregi e nei difetti.
Nebraska non è un classico road movie, alla fine 700 miglia volano in un ellisse e poi, destinazione finale a parte, c'è una sola fermata, un solo luogo, quello del paese natale di Woody.
Le sue radici.
E qui Payne si ferma, qui il viaggio si ferma per 4,5 giorni dell'intera settimana di durata dello stesso.
E ci regala delle sequenze di squisita finezza comica, come il primo incontro con la famiglia del fratello di Woody con quei due cugini che guardano fisso David interessati solo (non lo vedono da 30 anni) a quanto ci ha messo ad arrivare fin lì in macchina; la scena, strepitosa, della riunione di famiglia, con quella decina di fratelli che guardano il televisore con una birra in mano e si fanno sincopate domande e risposte; il furto del compressore sbagliato, questo sì momento comico tout court da piegarsi in due (ma attenzione, non gesto banale, ma di unione di due fratelli che a malapena si parlano in onore del padre) battute alla Allen ("sono a fare volontariato in autostrada, cioè, in realtà sono ai servizi sociali per un'accusa di stupro" "A me piaceva scopare e lei era cattolica, fai la somma, due figli li avevo messi in conto").
L'aria è malinconica ma il tono di commedia brillante non si appassisce mai.
E più che Woody, personaggio tragico che ce n'è uno, spiccano dei personaggi secondari perfetti, come i due sopracitati cugini, grassi e uguali, che guardano sempre nella stessa direzione; la moglie di Woody, vero collante del film, grossolana, sguaiata, maleducata, dura, grezza, ma capace di accarezzare i capelli di Woody e dargli alla fine un bacio di dolcezza infinita; l'ex socio di Woody, vecchio bossetto del luogo, un luogo pieno di vecchi e di ricordi, gonfio di nulla e di vuoto (e non è un caso, forse, la scelta del bianco e nero, non solo stilistica ma più vicina alla materia, il ricordo, e ai personaggi presenti).
Woody, come accennato, è invece personaggio tragico, defilato, ed in lui va ricercato tutto il senso del film.
Woody che cade, si apre la testa ma va avanti lo stesso.
Woody che durante le riunioni se ne sta sempre da una parte senza parlare. Con la testa altrove.
Woody che al cimitero mentre la moglie e il figlio parlano se ne torna in macchina. Perchè quelli sono sempre i suoi genitori morti, quello il suo fratellino di 2 anni morto, quella la sua sorella di 19 anni morta, e ci si può scherzare quanto volete, ma questo è un dolore per me, un dolore grande, vi aspetto in macchina.
Woody che nel ritorno alla sua prima casa si emoziona ad entrare nella camera da letto dei genitori e torna ancora, l'ennesima volta, in disparte.
Woody che accarezza il biglietto ritrovato.
Woody che nel momento più bello del film incrocia lo sguardo di una ex fiamma di 50 anni prima e chissà quante cose gli sono venute in mente in quel momento. E chissà quante ne sono venute in mente a lei.
Woody è tragedia pura, fa ridere sì, ma non come gli altri.
Perchè lui in quella lettera ci crede davvero e ora che si sente alla fine di tutto, rendere credibile un sogno è meglio di aspettare la fine in un divano.
E quello che rappresenta e ha provato Woody non l'ho visto solo dentro il film ma ancor di più fuori.
Esco dal cinema. C'era un bellissimo signore di una 80ina d'anni che avevo notato anche all'entrata, capelli lunghi raccolti in una coda, vestito elegante, un signore distinto che sembrava un ex attore di cinema.
L'ho visto fuori, dopo il film, staccarsi dal suo folto gruppo e andare a piangere a dirotto.
Gli sono passato vicino apposta sperando di incrociarne lo sguardo.
L'ho incrociato.
E Nebraska mi è entrato dentro.
Perchè non puoi avere la malinconia della fine vita se non sei alla fine vita.
Perchè, lo spero, tutti noi arriveremo a quell'età in cui le piccole cose, le cose insensate ci sembrano grandi cose.
Le piccole conquiste ci sembrano grandi conquiste.
Non come da giovani in cui quasi sempre i grandi sogni, le grandi conquiste si rivelavano poi piccole.
Da vecchi sono le piccole che si rivelano grandi.
E tutti noi alla fine ci accorgeremo che ci basta inseguire poco, anche una chimera, per sentirci ancora vivi.
Anche se un milione di dollari diventa poi un brutto cappello con scritto "Vincitore del premio".
Tutti noi avremo un Nebraska, un ultimo luogo, un ultimo desiderio.
E più ci avviciniamo a quel Nebraska, come quel signore fuori dal cinema, più l'intensità dello stesso acquista valore. Acquista bellezza, ma anche dolore.
Avrei voluto esser vecchio ieri, molto vecchio.
Perchè solo loro possono capire.
( voto 8 )