leggeri spoiler
Notevolissimo esordio nel grande schermo
per Sollima, il regista della serie tv cult Romanzo Criminale.
Pur non avendo visto la serie (che so per
certo essere bellissima) non posso che constatare come questo A.C.A.B. sia
un'opera prima davvero sorprendente. Sollima riesce nel mezzo miracolo di fare
un film allo stesso tempo bello e importante, di genere ma originale,
profondamente d'autore malgrado rischi di vendersi come prodotto per
appassionati .
A.C.A.B., titolo-acronimo che sta per
"All Cops Are Bastards", espressione nata nel mondo degli skinheads
per manifestare un odio viscerale nei confronti dell forze dell'ordine, è un
film molto importante, quasi necessario, che affronta con coraggio un tema che
non possiamo far finta di ignorare, quello della presenza di teste calde e
soggetti non troppo puliti anche nella frangia che teoricamente quelle teste
calde, quei delinquenti dovrebbe combatterli, la Polizia di Stato. Attenzione,
il film è molto intelligente e critico, non cade nella (aberrante)
constatazione per cui la Polizia sia corrotta e "delinquente" peggio
dei delinquenti stessi, no, vuole solo mostrare un aspetto, un cancro che
per fortuna presenta (spero) poche metastasi.
Partendo dalle vicende di 4
"celerini" il film più va avanti più allarga i propri orizzonti,
sfiorando e qualche volta prendendo anche di petto la Storia recente italiana,
dalla selvaggia missione nella scuola Diaz durante il G8 di Genova all'omicidio
di Giovanna Reggiani (con relativa vendetta privata di una parte della città
contro il campo rom dell'assassino), dall'assassinio di Filippo Raciti a
quello, "all'opposto", di Gabriele Sandri. La sceneggiatura, che
credo in buona parte deve rendere merito all'opera letteraria primigenia di
Carlo Bonini, è straordinaria perchè malgrado il film sia molto frammentato
(vuoi perchè spesso "seguiamo" i celerini nelle rispettive vite in
montaggio alternato, vuoi perchè inframmezzata da tante singole
"missioni") mantiene un'omogeneità di base davvero mirabile e non è
un caso che la spedizione punitiva finale che porterà alla denuncia sia come un
punto d'incontro di tutte le vicende indipendenti che il film ci ha fino a quel
momento raccontato, la necessità di sfogare in un'unica soluzione tutta la
rabbia e l'odio che i personaggi avevano accumulato fino ad allora (il problema
con la moglie e l'affido della figlia di uno, la mancanza di una casa dell'altro,
il desiderio di vendetta dovuto all'accoltellamento di Mazinga e Cobra etc...).
Mi pare quasi di aver assistito ad un altro Gomorra per qualità di scrittura e
per la capacità di avere un unico filo conduttore malgrado l'apparente
dispersione delle varie storie. Qualità di scrittura riscontrabile anche nella
caratterizzazione dei singoli personaggi, specie quello di Adriano, il giovane
ex coatto interpretato da un sorprendente Domenico Diele (per me m.v.p della
pellicola davanti anche al sempre straordinario Favino e a tutto il resto dell'
eccellente cast).
Inizialmente violentissimo e indisciplinato (a causa anche
del suo passato, praticamente opposto a quello delle forze dell'ordine) piano
piano verrà educato dai colleghi più anziani al rispetto della divisa e del
lavoro che compie anche se sarà proprio questa "educazione" che poi
si ritorcerà contro gli stessi colleghi nel finale. Anche se, e qui sta forse
una delle vicende più amare del film, alla fine (il regista ce lo suggerisce
con Adriano che torna in caserma a prendere gli effetti personali e con
l'arrivo del Negro e di Mazinga allo stadio) tutto il tentativo di
"pulizia etica" fatto dal giovane si è probabilmente concluso in una
bolla di sapone. Il processo di formazione di Adriano è solo una delle
tante piccole perle disseminate nelle pellicola. C'è davvero di tutto,
l'immigrazione, l'abusivismo, la difficoltà dei padri dopo aver ottenuto la
separazione, il razzismo, i due poliziotti che non riescono ad educare il
proprio figlio (forse è questa la vicenda fil rouge dell'intero film), la
corruzione, la violenza negli stadi e chi più ne ha più ne metta. La regia non
ha niente da invidiare ad un prodotto di grande respiro internazionale, le
scene visivamente magnifiche si sprecano e non solo quando l'azione e la
violenza prendono il sopravvento (per il regista di Romanzo Criminale un gioco
da ragazzi) ma anche in sequenze molto più controllate e "scritte".
Ad esempio il dialogo nella stanza in cui viene fuori il pasticciaccio brutto
della Diaz, tra qualcuno che fa finta di niente ed esce dalla stanza ed altri
che stanno in silenzio, è davvero potentissima.
Per non parlare della grande, davvero
grande, colonna sonora.
Film destinato a creare polemiche
incredibili (anche la componente fascista e nazista entrano prepotentmente in
gioco, sia dalla parte dei "buoni" che dei "cattivi") ma
che dovrebbe portare ad un'unica, singola, riflessione.
E' un mondo violento, sempre più violento.
E la violenza in questo mondo si combatte
con la violenza.
Dobbiamo solo prenderne atto.
( voto 8,5 )