24.5.23
"Simulacrum" e altri corti da vedere, alcuni davvero bellissimi (o anche la serata a Firenze da un insopportabile Nencioni che, se non andavi, non ti parlava mai più)
22.5.23
Recensione: "Suzume" - Anime e Core, la grande passione per l'animazione giapponese - 17- di Enrico G.
Torna la rubrica sugli Anime del nostro Enrico!
L'abbiamo organizzata al volo perché domani e dopodomani, il 23 e il 24, torneranno al cinema (ma solo per quei due giorni) due film del maestro Makoto Shinkai, Il Giardino Delle Parole e Your Name.
E allora Enrico ha pensato di recensire l'ultimo film di Shinkai, Suzume (tra l'altro ancora presente in qualche sala) sia per farvi conoscere quest'ultima fatica che per avvertirvi di questa doppia occasione al cinema
vi lascio alla recensione!
Odiato, amato, finalmente al cinema è arrivato il nuovo film di Makoto Shinkai. Incredibile, per chi lo ricorda ancora come quel giovane sconosciuto, esordiente una ventina di anni fa con quel meraviglioso corto che si chiama “Lei e il suo gatto” (e vedendo Suzume, direi che certi concetti ti rimangono per tutta la vita). Oggi i suoi progetti ricevono la pompa di evento cinematografico anime dell’anno, che le critiche dei suoi innumerevoli detrattori non fanno che accrescere. E attenzione, non sono adattamenti di un manga di lunga pubblicazione, o tasselli di grandi proprietà intellettuali: sono solo i film di Makoto Shinkai, l’ennesima storia di un Giappone collettivamente ferito, di esseri umani dolci e sofferenti, della Natura divina, tremenda, imprevedibile, eppure splendida.
Spoiler sempre maggiori dopo ogni immagine.
Ultimamente è un piacere andare al cinema per l’animazione: c’è stato Suzume, l’anniversario di Akira, persino nello scialbo 2022 abbiamo ricevuto Belle in sala. Almeno si può contare sul Giappone, oltre che gli indipendenti e studi europei, perché l’animazione dei grandi numeri americana ormai è al collasso qualitativo - sperando per il sequel di Into the Spiderverse, e con le dovute eccezioni, il secondo Gatto con gli Stivali era fenomenale - oltre che totalmente computerizzata. Ecco, anche nel film di Hosoda c’erano una ragazzina “risvegliata” improvvisamente nel nostro mondo, e un trauma legato alla madre. Qui però le similitudini si fermano, perché i due autori hanno una poetica totalmente diversa. E lo ammetto, nonostante consideri Belle alla stregua di un capolavoro, con quella di Shinkai mi identifico immensamente di più. È una gioia ritrovare un regista che mi ha formato, e mai ho smesso di sentirlo mio, anche adesso che tutto il mondo lo guarda. Anzi, in merito a cose piacevoli, meno male che gli appassionati di anime non sono più una nicchia manco in Italia; meno male che gli anime ormai li seguono un po’ tutte le età come in Giappone, e al cinema possono essere mandati come film normali, e non eventi da tre giorni in orari impossibili.
12.5.23
Recensione: "The Menu" - Quattro horror in quattro giorni - 3 - Su Disney Plus
11.5.23
Recensione: "Smile" (2022) - Quattro horror in quattro giorni - 2 -
Smile è un horror da sala davvero "perfetto" vista l'eccellente confezione estetica (piena di ottimi e suggestivi movimenti di macchina), la sapiente costruzione delle scene di spavento (anche i vituperati jumpscares sono di livello), l'idea semplice ma inquietante di quei "sorrisi".
Tutte caratteristiche che fanno di Smile un buonissimo prodotto da cinema, come dicevamo.
Eppure il film tenta di andare anche oltre con un sottotesto molto importante e con una carica metaforica (forse un pelo troppo esplicita) non banale, tanto da potercelo far inserire in quel filone di horror simbolici che tanto amo, quello che ci ha dato capolavori come Babadook, grandi film come It Follows, perle nascoste come Relic o recenti sorpresissime italiane come Piove.
Un film che racconta di disturbi post traumatici e di sensi di colpa, forse mischiando in maniera non del tutto coerente le due cose.
Non siamo nemmeno vicini al parlare di un capolavoro ma, se gli horror distribuiti in sala fossero tutti come Smile, saremmo tutti più contenti.
Quanto era stata forte la delusione con La Casa tanto forte è stata la sorpresa con questo Smile, horror di cui mi era capitato per sbaglio di vedere il trailer e, mamma mia, mi sembrava orribile.
Smile, innanzitutto, è un film con una grande regia, di grande classe ed esteticamente notevole.
Ma anche la successiva God's eyes view che poi entra dentro l'ospedale o la città capovolta di poco dopo (questo capovolgimento lo vedremo 3/4 volte, sempre notevole) ci danno la conferma di avere davanti un horror che ha dietro una mano di gran gusto e che non si limita mai al compitino.
La prima, il suicidio della giovane ragazza davanti alla nostra protagonista psichiatra, è un mezzo capolavoro per ritmo e resa visiva, oltre ad essere veramente disturbante.
Ma più volte Smile riuscirà a farci provare piccoli brividi come nella scena di quella ragazza che ride al compleanno mentre tutti sono scioccati (forse best scene), come quel "collo slogato" della sorella di Rose, come il video di sorveglianza del suicidio al distributore o la faccia martellata del professore morto.
Poi?
Ecco, poi Smile cerca di andare un filo oltre, anche riuscendoci.
Il mostro che si passano le persone si nutre di "traumi".
Ogni persona che lo prende con sè, infatti, nel suo passato ha vissuto dei tremendi shock, quasi sempre (o addirittura sempre) la morte di un proprio parente (e ogni volta erano unici testimoni della cosa).
Una volta assistito a questo secondo trauma saranno loro stessi a contrarre la maledizione e, entro pochi giorni, "dovranno" suicidarsi a loro volta davanti un altro testimone (sempre persone "prescelte" però, ovvero persone che nel passato hanno subito uno shock incredibile).
E così via (speriamo di essermi spiegato...).
Eppure nel finale (che ricorda tantissimo un film stupendo e sconosciuto come A Dark Song) Smile prende - e non si capisce se sia un errore o una confusione - un'altra strada, ovvero quello del senso di colpa.
Rose non solo assistette alla morte terribile della madre ma non fece niente per aiutarla, pur potendolo fare.
E quindi quel mostro nel finale prenderà le sembianze della madre, facendogli così affrontare una volte per tutte quel trauma e quel senso di colpa.
Però, e qui ho le mie perplessità, nelle altre morti del passato che ci raccontano nel film non percepiamo mai questa faccenda del senso di colpa.
Semplicemente sappiamo di nonni morti davanti ai nipoti, mogli davanti ai mariti etc.., tutti traumi devastanti ma che mai (o almeno non ci viene detto) hanno a che fare con la "colpevolezza" di chi assistette alla loro morte.
Ecco quindi che nel finale di Smile si crea questa duplicità di interpretazioni (il mostro si nutre di shock o di senso di colpa? o di entrambi?) che mi ha messo leggera confusione e mi è sembrato tanto un mezzo errore di sceneggiatura.
Però - e anche qui grande plauso al film perchè di solito non accade - Smile ha il "coraggio" di andare fino in fondo e regalarci un finale cattivissimo e doloroso.
Come se da quei traumi alla fine non se ne esca mai, come se quei sensi di colpa, anche quando trovi il coraggio di affrontarli, anche quando decidi di combattere quel mostro che ti mangia vivo, ne esci comunque sconfitto, sono destinati ad ucciderti.
Un finale ancora più coraggioso di quello già non consolatorio di Babadook (dove vediamo che si può continuare a vivere tenendo i nostri mostri "al sicuro", in cantina).
E possiamo essere felici, possiamo vivere.
7 / 7.5
10.5.23
Recensioni: "La Casa - Il Risveglio del Male" - Quattro Horror in quattro giorni - 1 -
Purtroppo è passato tanto tempo dalla visione di tutti e 4 ma ho deciso comunque di scrivere qualche riga per ognuno (solo meglio per voi, avrete recensioni più brevi).
Così per quattro giorni ne posterò uno al giorno, partendo dal più "brutto" fino ad arrivare al migliore.
Cominciamo con l'ultimo capitolo della saga di Evil Dead.
Qui oltre alla delusione c'è anche una mezza incazzatura.
Perchè considero questo "La Casa - Il Risveglio del Male" una vera occasione buttata.
Un grande incipit (primi 30 secondi geniali), una eccezionale scelta di location (un mega palazzo fatiscente alla The Raid) e dei personaggi che presupponevano profondità ed empatia per un film che, però, più va avanti più svacca, più si rende poco credibile (una cosa poi è inaccettabile), più flirta ogni tanto con l'umorismo smontando tutta l'atmosfera, più trasforma in un horror puro, sanguinolento e spaventoso un'impalcatura che sembrava portarlo ad ambizioni molto più alte e di classe.
Per quanto mi riguarda lontano anche dal remake (davvero buono) di Fede Alvarez.
Il primo La Casa è nettamente il film più iconico della mia infanzia/adolescenza, forse il primo horror "spaventoso" che vidi da bambino (in vhs noleggiato) e quello più volte visto coi miei fratelli e amici.
4.5.23
Comparazioni tra Joker/Freaks Out - Anime Nere/A Chiara - La persona peggiore del mono/Thelma - A Luci accese (divagazioni illuminate) - 4 -di Nicola C.
Poi ci parla di due grandi film italiani, A Chiara (mezzo capolavoro) e Anime Nere.
Poi confronta due film di uno dei migliori registi europei emergenti, Joachim Trier.
Starà a voi scoprire come e perchè Nicola ha creato queste tre coppie.
N° 7 JOKER E FRANZ (DI FREAKS OUT) – DUE MASCHERE AGLI ANTIPODI
Le risposte che di volta in volta mi sono dato sono diventate altrettante parti qui pubblicate, insieme ad altre volente o nolente avvinte da quelle stesse suggestioni.
Joker, a modo suo, ci restituisce la maschera che irride sprezzante le ferite dell’anima e che ha ridisegnato con il gusto beffardo del paradosso. Franz, al contrario, è fedele al suo mondo e cerca con ogni mezzo di farne parte, immolandone agli altari la diversità in segno di devozione filiale. Perché – a differenza del Joker – non ha nessuna coscienza critica ma solo l’incosciente obbedienza infantile che non sa e non può giudicare gli adulti, ma solo disperatamente assecondarli per esserne accolto.
N° 8 A CHIARA E ANIME NERE - LA SCHIAVITU’ DEL SANGUE
2.5.23
Recensione: "Beau ha paura" - Al Cinema 2023 - 8 -
La madre lo cerca, disperata.
Beau è al piano di sopra e nel vederla disperata si nasconde dietro una colonna.
Una madre a capo di un'azienda che produce medicinali e dispositivi per la sicurezza, che quindi vende salute e benessere al "mondo" e in tutte le pubblicità dei suoi prodotti mette il faccino del suo bimbo malato, del suo bimbo del quale lei si prende così cura (tanto che il film mi ha ricordato, in una delle tante possibili letture, anche quella della Sindrome di Munchausen per procura).
Beau cresce quindi consapevole di esser malato, consapevole che ogni cosa può ucciderlo, quel dolce che vede in vetrina con il suo primo e unico amore, il collutorio bevuto per sbaglio, una medicina presa senz'acqua fino ad arrivare al sesso, quel sesso che arrivato a 50 anni non ha mai fatto perchè, al momento del primo orgasmo, sa che morirà.