Terzo film che vedo di Joachim Trier (dopo Oslo 31 August e Thelma) e terzo filmone (al quale forse resterò legato un filo meno degli altri due, ma sono inezie).
Questo relativamente giovane autore danese si dimostra ancora maestro nel tratteggiare le psicologie dei suoi personaggi.
Se Oslo 31 August era un film sul non voler vivere e sul non agire, se Thelma era un film invece sul non "poter" vivere (per poi esplodere) questo è un film sul voler vivere, sull'agire sempre e comunque.
La protagonista, Julie (grandissima attrice dal sorriso indimenticabile) è una ragazza quasi trentenne che si ritrova in una relazione con delle dinamiche diverse da quelle che potrebbero renderla felice.
Ne nasce un film con tre personaggi veri, reali, tre esseri umani che sbagliano, che commettono errori, che inevitabilmente fanno male uno all'altro ma che, tutti, provano in quello che ognuno di noi dovrebbe sempre provare in vita, fare il meglio che può.
Ancora una volta, l'ennesima, mi ritrovo a scrivere di un film a giorni e giorni dalla visione (qua addirittura 12). Ormai succede talmente tanto spesso che mi sto "specializzando" in questo nuovo tipo di scrittura, una scrittura meno di pancia, più distaccata.
Ancora una volta, l'ennesima, mi ritrovo a scrivere di un film a giorni e giorni dalla visione (qua addirittura 12). Ormai succede talmente tanto spesso che mi sto "specializzando" in questo nuovo tipo di scrittura, una scrittura meno di pancia, più distaccata.
Non è quello che voglio, non la preferisco, semplicemente è, per forza di cose, così.
Non so tra voi quanti abbiano mai provato a scrivere recensioni o pensieri lunghi (quanto i miei) sui film. Ecco, chi ha provato sa quanto sia dannatamente difficile scrivere dopo così tanto tempo. So che dovrei smetterla di dirlo e lamentarmi ma lo faccio per me, almeno se tra qualche anno ricapito per sbaglio in questi tipi di post capisco le varie genesi degli stessi.
E il blog, ricordiamolo, è un diario, niente di più.
Questo era il mio terzo Joachim Trier (dopo Oslo 31 August e Thelma) e, lo dico da subito, per me va leggermente sotto agli altri due.
Leggermente sotto vuol dire che ci troviamo davanti ad un film bellissimo ma, semplicemente, ho adorato gli altri.
Mi dicono - non lo sapevo - che sia il terzo di una trilogia "su Oslo" cominciata con Reprise (che non ho visto ma dovrebbe esse su Netflix) e proseguita con lo struggente e dolorosissimo sopracitato Oslo 31 August.
Dico subito che ho provato un brivido di emozione nel ritrovare qua Danielsen Lie, l'indimenticato protagonista di quel film.
E, caspita, ho dovuto soffrire per lui un'altra volta.
LPPDM (madonna brutti gli acronimi ma come se fa a scrive ogni volta tutto il titolo?) ha un grandissimo pregio, ovvero quello di mostrarci persone "vere", piene di pregi e piene di difetti, complesse, non catalogabili, sfuggenti, come sono del resto la maggior parte degli esseri umani.
Credo che ognuno di noi si ritroverà in qualche comportamento di Julie, Aksel ed Eivind, i tre magnifici protagonisti.
Tre esseri umani, come detto, non perfetti, che sbagliano cose, che non sanno come affrontare situazioni, che hanno idee opinabili ma che, tutti e tre, portano avanti le proprie esistenze nel modo migliore possibile.
Tre esseri umani, come detto, non perfetti, che sbagliano cose, che non sanno come affrontare situazioni, che hanno idee opinabili ma che, tutti e tre, portano avanti le proprie esistenze nel modo migliore possibile.
Ed è questo, del resto, quello che ognuno di noi dovrebbe fare nella propria vita, ovvero essere consapevole di non poter azzeccare tutto, di non fare sempre scelte giuste, di, a volte, fare male al prossimo (è inevitabile), ma semplicemente cercare sempre di fare del nostro meglio. E il nostro meglio non sarà mai il "meglio assoluto", in quanto esseri imperfetti.
Ecco, questo gran bel film mi ha lasciato addosso questa piacevole sensazione, ovvero quella di trovarmi davanti tre belle persone che provano a fare di tutto per essere felici e cercare di ferire il meno possibile l'altro.
Ecco, questo gran bel film mi ha lasciato addosso questa piacevole sensazione, ovvero quella di trovarmi davanti tre belle persone che provano a fare di tutto per essere felici e cercare di ferire il meno possibile l'altro.
Ed è così che lo stesso titolo diventa fuorviante, perchè qui di "persone peggiori al mondo" non ce ne sono, anzi. E non sappiamo nemmeno a chi riferirla questa definizione, se a lei o a lui (mi pare - ma vado a memoria - che l'unica volta che viene citata sia riguardo lui), semplicemente è un dolce e falso titolo.
Di sicuro Joachim Trier è un regista che basa le sue opere su quello che gli uomini hanno dentro più che su quello che mostrano fuori.
Tre film con una fortissima componente psicologica, molto diversi l'uno dall'altro.
Se in Oslo 31 August si affrontava la Depressione (uso la maiuscola per differenziarla da quelle che spesso impropriamente definiamo tali), quindi la non-vita per eccellenza, il non agire, il non voler provare, il non voler reagire (la scena della ragazza di spalle nuda dalla quale lui si allontana è simbolo di tutto questo) in Thelma invece passavamo attraverso quelle emozioni represse o proibite in maniera così forte che, prima o poi, esplodono quasi come fossero superpoteri, trascendentali.
Come il protagonista di Oslo 31 August non voleva vivere così la protagonista di Thelma è stata educata invece nel non poterlo fare (una specie di Stop the pounding heart) ma la sua voglia di emozionarsi e provare cose è così forte da deflagrare in qualcosa di sovrumano.
E invece in LPPDM avviene una terza cosa, opposta alle altre, ovvero trovarci davanti una protagonista così vogliosa di vivere, così vitale, che fa qualsiasi cosa le viene in mente, tanto da far mancare la terra sotto ai piedi a chiunque gli stia vicino.
Quindi tre film uno sul non voler agire, uno sul non poter agire che poi porta a una esplosione e uno sull'agire sempre e comunque, anche d'istinto.
Julie (una magnifica Renate Reinsve, con un sorriso che te lo porterai appresso per anni) è una ragazza che si innamora di un ragazzo sensibilmente più grande (dinamica che conosco molto bene).
Lui la affascina, con lui sta bene (la vediamo sempre ridere, cosa che potrebbe nascondere anche un aspetto meno bello che vedremo poi) ma si rende conto che questo gap generazionale la sta portando in un mondo, quello della genitorialità (tutti gli amici di lui sono padri) di cui ancora, e super legittimamente, non si sente ancora pronta.
Lui la affascina, con lui sta bene (la vediamo sempre ridere, cosa che potrebbe nascondere anche un aspetto meno bello che vedremo poi) ma si rende conto che questo gap generazionale la sta portando in un mondo, quello della genitorialità (tutti gli amici di lui sono padri) di cui ancora, e super legittimamente, non si sente ancora pronta.
Lui è dolce, un uomo complesso (è un fumettista che disegna strisce molto forti, ai confini della misoginia) che commette probabilmente l'errore di dare sulle spalle di Julie un peso troppo grande, quello appunto di "parlar di figli".
Lei invece ha bisogno d'altro, lei è un'iperattiva con troppa voglia ancora di vivere, sperimentare e muoversi.
Lei invece ha bisogno d'altro, lei è un'iperattiva con troppa voglia ancora di vivere, sperimentare e muoversi.
La crisi sarà inevitabile.