Angelina è una giovane e bella donna con un tumore che ormai le cure mediche non possono debellare.
Decide allora di fare un ultimo disperato viaggio della speranza andando in Perù per sottoporsi a delle cure sciamaniche.
Ma Icaros (che ha dentro momenti psichedelici e onirici davvero potenti) tutto è tranne che un film spot di cure alternative a quelle mediche.
E' solo un bellissimo piccolo film che insegna la ricerca di un'armonia con sè stessi.
Che insegna a sconfiggere non la paura della malattia, ma la malattia della paura.
Andy Kaufman ha un tumore.
Va nelle Filippine perchè là ci sono, ca va sans dire, i guaritori filippini.
Andy è steso sul lettino, pronto al trattamento.
I suoi occhi notano però, tra le mani del guaritore, alcune frattaglie di interiora d'animale, quelle che poi quei guaritori che ti aprono in due la pancia fanno finta essere le tue di interiora, il male estirpato.
Andy Kaufman vede il trucco e dopo un leggerissimo momento di sconforto comincia a ridere. E' la risata di uno che si è reso conto dell'assurdità di quella scelta, dell'assurdità di quella cura, uno che ha capito quanto sia stato scemo nel cadere in quella truffa.
Siamo vicini al finale di quel grandissimo film che fu "Man on the moon" (dell'appena scomparso Milos Forman) in cui un'indimenticabile Jim Carrey interpreta Andy Kaufman, il comico americano più geniale ed incomprensibile degli ultimi 40 anni.
Anche Angelina, la protagonista di Icaros, ha un tumore.
E anche lei si reca lontanissima da casa per trovare, come extrema ratio, una possibile cura fuori dalla medicina ufficiale.
Siamo però dall'altra parte del mondo, in Perù, e le cure alternative non sono trucchi di prestidigitazione lorda si sangue, no, ma rimedi naturali, quelli che le piante del luogo, della foresta, della giungla, della selva, offrono alla popolazione autoctona.
In particolare c'è l'Ayahuasca, una potentissima pianta allucinogena.
Lei è la regina sì, ma per ogni malanno c'è una pianta che quel malanno può mandarlo via, dal mal di pancia ai dolori cervicali, dalla depressione all'amore.
Sì, c'è anche una pianta per l'amore, che la pesti come un pesto nel pestello (scioglilingua) e poi ti metti addosso l'unguento che ne vien fuori. E te ne vai in giro così, imbrattato ma convinto che l'amore della tua vita tornerà.
Probabilmente quella pianta, di cui non ricordo il nome (pusanghera? cazzo ne so) mica serve a niente nel concreto ma ti dona speranza e serenità.
E ricordiamocela sta cosa alla fine di questa recensione, che è importante.
Per sbaglio ho letto di un'informazione importantissima che, in qualche modo, ha modificato sia la mia visione di Icaros che il decifrarlo poi.
Una dei due registi (l'altro è italiano, Matteo Norzi) è una donna che iniziò le riprese sapendo di avere un tumore. Una che ha conosciuto perfettamente quei luoghi, quelle pratiche, lo sciamanesimo.
Una che morirà prima che la sua opera, questo film, sarà compiuta.
Si chiama Leonor Caraballo.
Immaginate quindi quanto questo piccolo e bellissimo film possa esser intimo, sentito, necessario per chi l'ha fatto.
Siamo in Perù, nei luoghi in cui Herzog girò (o provò a girare) il suo Fitzcarraldo. Non è un caso che nell'unica scena fuori dal villaggio dello sciamano, quella in cui i nostri due protagonisti vanno "al paese", le immagini di Fitzcarraldo vengano proiettate in una specie di locale con laghetto annesso.