10.4.14

Recensione "Black Mirror - Stagione 1 e 2" - Le Serie Tv de Il Buio In Sala


Io ho un grande problema con le serie.
L'esperienza lostiana è stata troppo entusiasmante, spossante, definitiva, completa, che non ho mai più voluto
averne un'altra.
Ho fatto sempre piccole eccezioni per quelle serie brevissime di un giorno e te le vedi, quelle che non mi avrebbero portato via troppo tempo ed energie.
E così dopo il disastro di The River e l'inaspettata esperienza di Stuck eccomi finalmente a commentare quella che da due anni era la serie che più mi interessava ed inseguivo.
6 soli episodi
Uno staccato all'altro che te li puoi vedere nell'ordine che vuoi e nei tempi che vuoi.
Una tematica, o più tematiche, ad unirli.
Così si fa, queste sono le serie che voglio.
Ed eccoci nel fantastico mondo di Black Mirror.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Dove stiamo andando?
A quali derive ci sta portando la tecnologia?
Siamo ancora gli uomini che eravamo?
Perchè ogni volta che ci immaginiamo il futuro, nemmeno troppo lontano poi, lo vediamo sempre come terribile, spersonalizzante, freddo, quanto più lontano dall'umanità possa essere?
Black Mirror analizza tutto questo.
Analizza ciò che siamo, quello che stiamo per diventare e quello che saremo.
E accanto a visioni un tantino esagerate ce ne sono alcune che non solo ci appaiono possibili ma persino molto probabili.
Invito tutti a sentire questa canzone di Daniele Silvestri.
Rimpiangere l'aria che respiravamo, il sale del mare che ci bruciava le labbra, e le piccole e stupide cose della vita.
Stiamo andando verso questo?
Black Mirror è una miniserie inglese di livello impressionante.
Come sempre, se volete averne più informazioni c'è la rete a darvele, questo blog non serve a questo.
Questo blog serve sempre e solo a raccontare quello che avviene tra me e il film che ho davanti.
E, come quasi sempre mi accade, racconta di un mio innamoramento.
E co sta serie è stato amore a prima vista anche se non nascondo un sensibile calo nella seconda stagione.
Quello che sorprende è la genialità del tutto, l'originalità dei soggetti, il livello degli episodi che pur diversi uno dall'altro mantengono uno standard comune altissimo e un "filo" che di solito hanno, e non sempre, solo le serie classiche, non queste raccolte di cose diverse.
Il livello cinematografico è altissimo, gli script perlopiù formidabili, ma soprattutto il livello attoriale, in una serie che racconta un disgregamento dell'uomo a favore della macchina e del progresso, è di livello portentoso.
Non sempre si parla di visioni distopiche lontane da noi, anzi, almeno un episodio, se non due, sono plausibili già nella nostra società odierna.
Se dovessimo dare una cronologia a Black Mirror avremmo (a mio parere):

- Messaggio al Primo Ministro: assolutamente compatibile con l'oggi
- Vota Waldo!: tecnologia leggermente avanzata (e anche leggermente esagerato l'imbarbarimento delle nostre coscienze, forse ancora non siamo a quel punto) ma siamo sempre nei nostri tempi
- Orso Bianco: tecnicamente e tecnologicamente possibile sin da subito ma molto lontano eticamente, irrealizzabile nei nostri tempi
- 15 milioni di celebrità: sembra quello più lontano dal nostro mondo, il più futuristico. In realtà benchè impossibile quello che racconta è tecnicamente realizzabile già da adesso
- Ricordi Pericolosi: il chip usato è al momento utopico.
- Torna da me: almeno la seconda parte, con lo "scioglimento" del corpo criogenizzato che torna in vita è assolutamente impensabile. Ed anche la prima parte, quella solo di chat, molto lontana.

Sempre, sempre, in tutti gli episodi la tecnologia è vista come peggioramento delle nostre condizioni. E anche negli episodi dove apparentemente può offrire dei vantaggi (Ricordi Pericolosi, Torna da me) poi tali vantaggi si rivelano come vere e proprie torture.
Ma un episodio in un aspetto è diverso dagli altri e per questo forse è quello che più mi ha fatto male.
In 15 milioni l'umanità è ormai sconfitta, vinta.
C'è, è vero, un'umanità latente, malinconica che sta ancora in qualche cuore.
C'è sottotraccia l'uomo che eravamo in un mondo in cui non possiamo più esserlo.
Quell'episodio è l'unico definitivo.
In Torna da me niente è definitivo, quella è solo un'opzione.
In Ricordi Pericolosi niente è definitivo, quella è solo un'opzione.
I due episodi politici sono ancora il "nostro" mondo.
E Orso Bianco è solo la cinica condanna per un criminale, gli altri siamo ancora noi.
15 milioni è l'unico in cui l'umanità è ormai definitivamente persa.
O se prova ad uscir fuori il sistema l'annienta.
E per questo la mazzata è tremenda

Perchè l'uomo checchesenedica ama ancora sè stesso. Non c'è niente di più bello di noi, niente di più autentico. La tecnologia ci fa divertire, ci aiuta, ci può anche salvare ma alla fine chi vive solo di quella e del progresso che dona è destinato ad una vita infelice.
Perchè solo noi possiamo dare la vera felicità a noi stessi.


ma partiamo, stagione per stagione, episodio per episodio

SPOILER SU TUTTI I COMMENTI, LEGGA SOLO CHI HA VISTO I VARI EPISODI


STAGIONE 1

Messaggio al primo Ministro.

Formidabile Pilot. E anche coraggioso perchè se doveva "presentare" una serie che parlasse delle derive ed evoluzioni della tecnologia e dei media, partire con un episodio "verosimile", il più vicino a noi, era un rischio.
Io lo reputo uno degli episodi migliori, specie per un epilogo che molti avranno "saltato" o al quale non avranno prestato la dovuta attenzione perso com'era tra i titoli di coda ma che dà senso al tutto e mette i brividi.
La richiesta al tempo stesso terribile e grottesca fatta al primo ministro è solo un pretesto.
Solo un pretesto da parte del "rapitore" per dimostrare all'umanità quello che ormai è diventata. Se c'è una cosa alla tv, più trash e disgustosa meglio è, tutti si fissano su quella, perdendo del tutto il senso della realtà e di quello che li circonda.



E così la principessa può essere liberata mezz'ora prima, lasciata in mezzo alla città, perchè tutti saranno davanti gli schermi a vedere l'atto sessuale del ministro.
L'artista compie un'opera d'arte in fieri e di cui tutti siamo protagonisti.
Le dinamiche politiche (tutto quasi in tempo reale, 6,7 ore) sono raccontate alla grande, e stupendo è il momento in cui tutti passano dall'esser bramosi e divertiti da quello che stanno vedendo alla tv all'esserne disgustati, quasi imbarazzati, forse sotto sotto pure pentiti e con un pizzico di vergogna nel cuore.
Ma il richiamo era troppo grande. E la principessa era là fuori. E il primo ministro è un uomo che non sarà più. Formidabile.

15 Milioni di celebrità

Altro grandissimo episodio, forse troppo particolare e assurdo per essere apprezzato come dovrebbe.
Io l'ho trovato di gran lunga il più terribile, quello che mi ha più inquietato.
In un futuro chissà quanto lontano l'umanità pedala in bicicletta per ottenere punti.
Non esiste altro nella propria vita, si pedala e si acquisiscono punti per vivere. Alcuni ti danno quel minimo di necessità (10 in meno per lavarsi, 20 per mangiare etc...) ma soprattutto servono per pagarsi quei 7,8 programmi TV prestabiliti che ti mostrano negli schermi. Schermi che sono presenti dapertutto, mentre pedali, nella tua stanza, nei bagni. L'unico obbiettivo che si può avere semmai (oltre al mero sopravvivere e godere dei programmi) è raggiungere 15 milioni di punti per fare che? Per entrare tu stesso dentro quei programmi. Una giuria alla x factor deciderà se e in quale programma finisci. Insomma, un circolo chiuso da cui non puoi uscire, o pedali a vita o entri (come una specie di schiavo narcotizzato) in tv.
Non c'è più umanità, non c'è più dialogo,non c'è più interazione, non c'è più sentimento, non c'è più niente. Abbiamo solo la nostra bicicletta e i nostri programmi. L'atmosfera è freddissima ma forse è l'episodio umanamente più intenso, quello che racchiude nella sua glacialità il fuoco più grande. Mi ha ricordato per sensazioni provate lo splendido Non Lasciarmi.

Risultati immagini per black mirror 15 milioni di celebrità

C'è una cura ai dettagli pazzesca. Ad esempio non molti la penseranno come me ma il viso dell'algida giudice donna nasconde tantissimo. Io le ho visto gli occhi lucidi mentre diceva alla ragazza cantante (splendida) di pensarla come gli altri due giudici, che doveva finire nel canale porno.
E almeno in due inquadrature e in due momenti diversi. Mi è sembrato un personaggio molto minore ma che racchiudesse negli occhi una vergogna e una malinconia di un mondo che non c'è più. Si vergognava di quello che stava facendo. E' un dettaglio che magari ho visto solo io ma almeno a me ha colpito tantissimo.
Poi arriva un momento che lì per lì non mi è piaciuto. La critica del ragazzo di colore a quella vita, al sistema, a tutto. L'episodio era riuscito lo stesso implicitamente a denunciare tutto ciò e quello spiegone (a me non piacque nemmeno il discorso di Hynkel ne Il Dittatore, figuriamoci) l'ho trovato davvero pesante. Ma anche qua c'era un perchè. Quel sistema, quella società vince sempre. E quei discorsi contro di esso gli daranno solo più forza. Geniale.

Ricordi Pericolosi

Ebbene sì, lo ammetto. Nella prima stagione mi sono esaltato per tutti gli episodi, arriverei a un voto vicino al 10. Anche qua il livello è sontuoso. E il soggetto più futuristico e che sulla carta regalava più ampio respiro di tutti alla fine viene svolto in una maniera intima, famigliare, circoscritta.
Anche qua la cura del dettaglio è tanto, quasi tutto.
Anzi, l'analizzare il dettaglio è l'anima del film. Le persone grazie a un chip possono registrare la loro intera vita, tutti i loro ricordi, tutto quello che hanno visto e sentito. Devono solo usare un telecomando per mandare indietro e avanti i ricordi, fermarli, "ingrandirli" volendo, rallentarli. E così ogni nostro singolo gesto, ogni parola può essere analizzata, verificata.



La cena è un capolavoro di regia. Un gioco di sguardi impressionante, e che poi sarà vivisezionato tutto nella seconda parte. Poter rivedere tutta la nostra vita è una tortura, per noi e per gli altri. Abbiamo per forza qualcosa di sbagliato dentro, abbiamo per forza detto una bugia o fatto un gesto di cui ci siamo pentiti. Come l'episodio analizza queste dinamiche è pazzesco. Lui è straordinario (non a caso è l'attore che interpretava il fratello più piccolo nell'indimenticabile Dead Man Shoe's), lei non da meno. Il loro lento sprofondare all'inferno, tra rabbia, vergogna, disperazione e sospetto è portato avanti da dio.
Finale affrettato e pleonastico. Ma episodio che per certi versi dà i brividi.


SECONDA STAGIONE

Torna da me

La seconda stagione comincia con un episodio più debole dei tre della prima, forse il più debole in generale.
Intanto è doveroso e onesto premettere una cosa. Ho esaltato lo script di Her ma è innegabile come la prima parte di Torna da me sia quasi la stessa identica cosa. Ed è stato realizzato prima di Her, quasi a far pensare che quest'ultimo sia lungometraggio che abbia preso spunto da questi 20 minuti.
Episodio più debole perchè quello meno coinvolgente. Non nelle singole scene probabilmente, ce ne sono di ottime, ma dallo "scioglimento" del corpo in poi (di per sè sequenza ottima e geniale comunque) davvero si fa fatica ad andare avanti.


 Io ho perso l'empatia, quel personaggio "mezzo uomo mezzo che ne so" con tutta la sua ubbidienza quasi fastidiosa non mi ha detto nulla. E il sottotesto non so quanto esplicito che lei lo tenga solo per il sesso l'ho trovato disgustoso vedendo con che premesse era stato sviluppato il soggetto. E lui attore, boh. Ma siamo sempre ad alti livelli, la prima chat, lui fermo fuori sulla soglia, la scena bellissima (e per me il finale migliore) sulla scogliera valgono il prezzo del biglietto. Quasi improponibile il vero finale.

Orso Bianco

Il migliore della seconda stagione, stesso livello dei primi 3 a mio parere.
Probabilmente è il più cinematografico e l'unico che punta molto sul colpo di scena. Il più di genere insomma.
Tantissimi i punti di forza.
Innanzitutto, mi ripeto lo so, l'originalità dello script.
E l'idea di circolarità, di reiterazione, quasi una visione 2.0 del mito di Sisifo funziona alla grande. Ma se Sisifo conosceva la sua condanna la protagonista di Orso Bianco non sa nulla. Anzi, insieme alla fatica fisica deve sottostare ad una ancora più terribile psicologica, al lento riaffiorare dei ricordi, a un'umiliazione impressionante e, nel momento in cui in qualche modo sembra tutto finito, un riazzeramento del tutto, via i ricordi, si ricomincia con il calvario. E l'idea che la gente "partecipi" e paghi il biglietto per filmare è perfetta, un contrappasso dantesco che rende ancora più terribile e inumana la sofferenza della ragazza.


L'episodio eticamente più forte, importante perchè oltre alla deriva tecnologica (tutti vogliamo filmare tutto, specie le disgrazie) ne presenta una ancora più marcata, quella delle coscienze, quella di una giustizia ancora più cinica e cattiva del delitto che combatte.
E quel titolo, Orso Bianco, quella stazione da raggiungere è l'ennesima cattiveria verso la condannata, una beffarda e cinica metafora del terribile delitto che ha commesso. Nel momento che raggiungo l'Orso Bianco, la mia salvezza, in realtà vengo a sapere cosa è l'orso bianco, la mia condanna.
E' l'episodio forse più controverso, quello dove è più difficile capire da che parte stare.
Terribile.

Vota Waldo!

Secondo me perde il confronto con il suo corrispettivo nella prima stagione, Messaggio al primo Ministro.
Ma di poco.
Film che ha il suo messaggio direttamente nel suo contenuto e nel suo script.
Waldo è un personaggio animato a cui dà voce e movimenti un comico. Insomma, una specie di ventriloquo tecnologico. Waldo è sprezzante, volgare, cinico, cattivo, mette i brividi sentire che sia un idolo dei bambini.
Prende per il culo tutti. Piano piano però prendendo per il sedere i politici l'entourage intorno a Waldo inizia ad avere un'idea. Visto che le parole di Waldo sono quelle della maggior parte dell'opinione comune, perchè non candidarlo?
Non lo so, la metafora è potentissima, ma forse il soggetto andava ambientato in un futuro più lontano. Vedere la massa che vota per un cartone animato al posto dei politici fantocci è un'idea ottima, ma che è francamente irrealizzabile (oltre che ridicola) ai giorni nostri. 

Risultati immagini per black mirror vota waldo

Se Waldo non avesse avuto un successo "reale" di voti ma fosse stato solo la voce di un'insurrezione, di un malcontento, di una rivoluzione, sarebbe stato perfetto ma fargli scalare la politica, farselo amico della Cia e dargli (nell'epilogo) un successo mondiale, lo trovo abbastanza zoppicante come cosa.
Forse il non voto del Saggio sulla Lucidità di Saramago era più incisivo al riguardo...
Che poi anche qua, come in Orso Bianco, decidere da che parte stare non è facile.
Troppo comodo stare dalla parte di Waldo, io l'ho trovato davvero fastidioso e molto più scorretto dei veri politici. Episodio molto delicato, interessante. E che da noi richiama moltissimo la vicenda Grillo.
C'è un piccolo aspetto molto minore ma che ho molto apprezzato.
La tristezza e la solitudine del Comico.
Magari vista e rivista ma fa sempre un certo effetto.

Insomma, una grande serie, con molti pregi e pochi difetti.
Guardatela.
E magari riguardiamola tra 10 anni.
Potrebbe darci i brividi.


(tra l'altro ho appena scoperto che il creatore di Black Mirror è Charlie Brooker, lo stesso di quell'altra meraviglia che è Dead Set. Tutto torna. E,a proposito, Dead Set lo trovate tutto sul tubo, doppiato e non)

( voto 9 )

SE VOLETE APPROFONDIRE POTETE TROVARE UN INTERESSANTISSIMO ARTICOLO SULLA RIVISTA ONLINE "TERRE DI CONFINE", A QUESTO INDIRIZZO

6.4.14

I Corti de Il Buio In Sala (N° 8): Lights Out

Per prima cosa, se dovete vederlo di giorno o con la luce artificiale, se dovete vederlo in mezzo ad altri o non completamente da soli lasciate perdere, o aspettate un altro momento.
Sarà che m'ha sorpreso ad un'ora di notte in cui non avevo difese personali, sarà che per una volta hanno capito che l'horror che fa davvero paura è quello dell'essenziale, è quello del mio letto, del mio corridoio e di nient'altro, è quello che ognuno di noi può vivere ogni giorno ed ogni notte, non è quello arzigogolato, non è quello pieno di grandi case, grandi mostri.
Sarà quello che volete ma in questi 7 anni mi sono impaurito solo tre volte, in una c'era una specie di ragazza mostro cieca che brandiva un martello davanti una telecamerina, in un'altra c'era una ragazza che senza saperlo in una buia strada in un luogo quasi lunare incontrava sè stessa, già, ma quale sè stessa, e la terza è questa, in questi 3 stupidissimi minuti in cui c'è una che va semplicemente a letto, ma è da sola, anzi, no, è proprio quello il problema, non è da sola.
Sarà quello che volete ma se spegnete le luci, se siete soli in casa, se fissate i vostri occhi sul vostro pc credo che un brivido vi venga, credo che questo corto così banale, così essenziale riesca a fare una magia che non fa più nessuno, e questa magia è far paura, questa magia è poi non dormire fino alle 4 come quando avevi 10 anni, questa magia è emozionarsi -perchè la paura è emozione, e una delle più belle- e tremare per qualcosa che non esiste.
Perchè l'horror dei mostri non esiste.
Gli unici mostri, semmai,  siamo noi.


Ringrazio lo splendido blog tematico The Dunwich Gazette per avermelo fatto scoprire.

4.4.14

Recensione: "Europa"


Ci sono registi che nascono già con tutto preparato vicino, la produzione, la troupe, i soldi, le tecniche
imparate magari in una brevissima gavetta.
Ci sono registi che già al primo film fanno qualcosa di importante, di "solido", qualcosa che nasce già riuscito, sicuro, nessun rischio.
Ce ne sono tantissimi, specie se vengono già dallo stesso mondo, ex attori etc...
E' come se un bambino nascesse con tutto già apparecchiato per lui, una stabilità, un futuro, una programmazione, le giuste persone intorno.
E poi ci sono registi che nascono da soli, dal nulla, da una passione, da un esperimento, da un tentativo.
Come bambini nati in una catapecchia che poi piano piano, vivendo, riusciranno a sostituire quella catapecchia con altro.
Lars Von Trier è della seconda schiera, di quelli nati da soli, senza dottori super specialisti vicino e senza una villa ad attenderlo. E quando nasci da solo di casini ne fai tanti.
I primi tre film di Trier, la mitica trilogia "E" sull'Europa (L'elemento del crimine, Epidemic, Europa) non sono grandi film, anzi, si va dal pessimo, Epidemic al migliore, questo, comunque molto lontano da quello che verrà poi.


Ma così è bello nascere, dal nulla, sperimentando, imparando, provando, costruendoti.
Nascere dentro Hollywood non serve, c'è gente che lo fa benissimo, vedi Ben Affleck, ma ti mancherà sempre qualcosa, ti mancheranno gli errori degli esordi, ti mancherà la voglia di divertirsi e di rischiare, ti mancherà l'ebrezza del migliorare e raggiungere la vetta partendo dalla valle.
Trier parte da una valle che più personale non si può, una valle di pazzia e artigianalità, una valle che comunque porterà metaforicamente con lui in vetta perchè quella pazzia primordiale, quella tecnica primordiale e personale in qualche modo sempre sarà.
Europa è così, è un esperimento visivo, è quello che in nuce Von Trier sarà poi.
La storia poco varrà, è vero, ma ritrovarsi in questo universo magico che contrappone il bianco e nero a rare stille di colore, e che lo stesso bianco e nero lo tratta ogni volta in maniera differente, con una grana sempre diversa che ci sembra di passare di continuo dal cinema anni 20 a quello anni 60, passando per i 40 e per gli 80, un film che ha tutte le epoche dentro, che usa fondali da paleocinema e scenografie da espressionismo tedesco. E giochi visivi, e immagini che si sovrappongono in campi diversi (ad esempio visi in primo piano con sullo sfondo visi giganteschi), colonna sonora che passa dal disturbante (magnifica quella del prologo sulle rotaie) a musichette hollywoodiane anni 50. E che pur nella serietà dell'argomento può prendersi in giro con un esame di verifica sul treno proprio nel momento più drammatico, con lui con delle mutande in testa proprio quando la tensione è al massimo.


E tutto questo si può fare quando non sei nessuno o quando sei "troppo" qualcuno.
E la storia poco varrà nell'intreccio ma analizzare questa Germania appena uscita con le ossa rotte dalla seconda guerra, questa Germania scossa, in parte vogliosa di mantenere una propria identità, in parte ubbidiente suddito degli americani, questa Germania attanagliata dal senso di colpa per cui l'imprenditore dopo l'abbraccio finto e organizzato con l'ebreo non può che suicidarsi (e che bellezza quello spruzzo di sangue nella vasca in bianco e nero) , uno stato che non c'è più e i cui abitanti non sanno nè da dove vengono nè dove andranno, questa miseria, questa distruzione, ma anche questa rassegnazione per cui va bene festeggiare il Natale in una chiesa in cui piove neve dentro, la Germania dell'appena dopo, quella della balia di qualcosa, quella che ancora i Lupi Mannari pensano di essere in guerra, ma per quanto poi?
E l'ipnosi che sta alla base del film cos'è?
E' l'immergersi in una memoria personale e collettiva, è l'immergersi per capire in profondità quello che è successo e quello che accadrà, è l'immergersi per poi morire nei ricordi e nel futuro troppo legato ai ricordi, in un vagone pieno d'acqua da cui non puoi uscire, se sei tedesco non puoi uscire, questa è la Germania, questa è l'Europa del 1945, un vagone deragliato pieno d'acqua in cui morire.

( voto 7,5)

3.4.14

Recensione: "Dogville"


(per J.C)

Lars Trier entrò nella città del cane e ne uscì Lars Von Trier.
Lars Trier entrò nella città del cane, ma prima di uscirne si fermò.
Alzò un dito e lo puntò su tutto quello che gli stava intorno.
E tutto crollò a terra, sparì, lasciando solo delle strisce di gesso.
Dove prima c'erano mura, ora solo strisce di gesso.

Risultati immagini per dogville

Lars Trier entrò nella città del cane, fece sparir tutto muovendo un solo dito, e poi ne uscì Lars Von Trier.
Subito dopo in quella città entrò una cosa che quelli della città non avevano visto mai, la grazia.
E la grazia entrò sotto forma umana.
 Grace il suo nome, quale sennò?
E Grace conobbe tutte le brave persone che vivevano nella città del cane, lo stesso cane per primo.
Conobbe Tom dall'animo gentile. Tom che vuole fare lo scrittore.
Conobbe la famiglia Henson con 7 figli e due genitori che non si vogliono troppo bene.
Conobbe Ben e il suo camion, Ben così schivo e buono.
Conobbe Bill e i suoi studi, Bill così schivo e buono.
Conobbe Martha e la sua piccola chiesa da accudire.
Conobbe Jack, i suoi occhi e il suo finto segreto.
Grace fece innamorare Tom, tenne come fossero figli suoi i figli degli Henson, trattò Ben con delicatezza, aiutò Bill a studiare, fece accettare a Jack la sua cecità.
Intanto Lars Trier da fuori della città del cane ci regala la Kidman più bella di sempre, ci mostra dei primi piani impressionanti, usa le luci in una maniera così finta ma così perfetta da restarci secchi, come quella luce del sole che colpisce i visi, quel sole che è solo uno sfondo bianco abbagliante, e il tramonto dalla finestra del cieco, e l'alba, e le ombre.


Come il mondo di Truman che terminava in un muro in cui si disegnò un orizzonte anche il mondo di Dogville sembra essere tutto lì, da una parte finisce con un albero che sarà bosco, da un'altra con una roccia che sarà montagna, da un'altra con una strada che sarà il resto del mondo, da un'altra con una panchina che sarà sguardo.
E quel sentiero tra i rovi diventa leggenda.
Ma Grace è una fuggitiva.
E la grazia a Dogville, nella città del cane, nella città dei cani, mica può viver per sempre.
Eppure le campane erano suonate 15 volte quel giorno ma se poi arrivano dei fogli che vengono affissi tutto cambia.
Tutto, comunque, sarebbe cambiato.
Tom, gli Henson, Ben, Bill, Martha, Jack, Chuck, Vera, tutti cambiano.
Grace era fuggita da dove veniva perchè quel mondo la ripugnava.
E in tutti i modi cerca di credere che Dogville sia un paradiso, sia un posto migliore di quello da cui viene.
Ma inizia a lavorar sempre di più, qualcuno la tocca, qualcuno la minaccia o la ricatta, qualcuno la tradisce, qualcuno la incatena, qualcuno la stupra.
E quel qualcuno è Dogville.
Le sette statuine di porcellana si schiantano a terra, quelle statuine saranno sette bambini poi, e anche loro troveranno la loro distruzione.
E Trier ci regala la sequenza tra le mele nel camion. E noi gli siamo grati per questo.
Poi, poi, cade la neve mentre Grace parla, cade la neve perchè mentre lei racconta tutta la sua verità si spera che quella neve insieme alle parole di Grace purifichi Dogville da tutto.
Ma non si purifica un'anima nera.


E Dogville si vendica, Dogville vende Grace.
Ma si sta scavando la fossa da sola.
Arrivano i cattivi, arrivano i gangster, arriva Lui.
Lei entra in macchina.
E noi stiamo 15 minuti con loro, affascinati.
Poi lei esce e ama ancora Dogville, in fondo sono brave persone che le circostanze hanno fatto sbagliare un pò. In fondo la sua vita precedente, quella alla quale può tornare è peggio di questa.
Ma una grossa Luna esce fuori dalle nuvole.
E tutto acquista una luce nuova.
Dogville si mostra per quella che è.
Addio Dogville, ora sono cambiata, ora non mi piaci più, ora non so più cosa sia il perdono e la dolcezza.
Addio Dogville, piccola città che mi ha trasformato.
Brucia Dogville, distruggete quelle sette statuine, fatelo davanti a lei.
E poi Grace, come prima di lei fece Lars, esce dalla città.
E non ci sono più nemmeno quelle strisce di gesso per terra.
La cenere le copre.
E il cane urla.

( voto 9 )

2.4.14

Recensione "L'Impostore" - BuioDoc - 8 -



Notevolissimo.
L'Impostore è un documentario talmente affascinante e sorprendente nel suo incedere che non ha niente da invidiare a un film vero e proprio. In realtà qui siamo dalle parte del docu-drama, di quei documentari cioè, dove insieme ad estratti reali (interviste, filmati etc..) si ricostruiscono cinematograficamente alcune vicende.
Io non riesco a trovargli un difetto sinceramente.
Nicholas Barclay scompare a 13 anni in Texas.
Dopo quasi 4 anni viene ritrovato in Spagna.
Sì, ma è molto più grande di corporatura, capelli scuri anzichè biondi, occhi neri come la pece invece che azzurri, parla inglese con un accento stranissimo. Ma la famiglia lo riconosce lo stesso, è lui.
Storia verissima, incredibile, tremendamente affascinante e a tratti disturbante.
Sin da subito sappiamo che quel ragazzino è un impostore, scelta narrativa coraggiosa e molto "leale" da parte del regista.
Il ragazzo si finge americano, viene portato in una casa famiglia, non apre mai bocca finchè impaurito di venir schedato decide di telefonare negli Stati Uniti in vari uffici di bambini scomparsi e in una sola notte riesce nell'incredibile impresa di acquisire una falsa identità.
E' Nicholas Barclay, e domani sua sorella verrà a prenderlo in Spagna.
Il ragazzo ha in mano la vera immagine di Nicholas e allora si tinge biondo, fa un tatuaggio simile a quello del bambino scomparso, fa di tutto per riuscire nel miracolo di scamparla. Ma è troppo diverso, troppo.
La sorella arriva, lo abbraccia, piange.
Nicholas può tornare dalla famiglia in Texas.
Incredibile.



Il ragazzo racconta che tutti i cambiamenti che ha avuto, tutte le cose che non ricorda del passato, tutto è dovuto alle tremende sevizie, agli esperimenti umani (ad esempio sull'iride degli occhi) e quant'altro che una specie di "setta" di pedofili ha perpetrato nei suoi confronti e di altri ragazzi.
Gli credono tutti, finisce addirittura nei tg.
Può il dolore di una perdita, può la mancanza di una persona cara portarti a credere tutto questo? Quanto abbiamo bisogno di colmare quel vuoto con qualcosa? Quanto purchè di non accettare l'inevitabile siamo disposti a credere nell'improbabile?
Forse sono un pazzo ma mi viene da accostare L'Impostore ad uno dei film più belli che ho visto recentemente, Alpis.
Là una società di attori si metteva a disposizione delle famiglie colpite da un lutto per interpretare il ruolo del defunto. Qua, anche se in maniera del tutto diversa, avviene praticamente lo stesso. Sembrano argomenti surreali ma in realtà sono delicatissimi. Molti si affidano alla religione, altri al vizio, altri ai cartomanti, e c'è anche chi può colmare il proprio vuoto con una presenza sì falsa ma reale, esistente.
E così quel ragazzo diventa una specie di capro espiatorio al contrario, dove uno cioè, il capro, è il simbolo di una condanna, di una colpa, è il responsabile che paga per tutti, qui quel ragazzo diventa il simbolo di una speranza, di una gioia, di qualcosa che si rimette a posto. Entrambi sono "falsi", ma entrambi servono alla "comunità" per motivi opposti.
La vicenda va avanti, polizia, fbi, assistenti sociali, investigatori privati, si vive un'atmosfera simile ad Argo, riuscitissima,anche perchè la parte fiction è girata benissimo. Sono soprattutto i veri filmati però, quello di lui che arriva in aereoporto con la sorella, i tg, l'intervista, a mettere i brividi.



E quel fratello maggiore (del vero Nicholas ovviamente) che viene solo un giorno a trovarlo, lo guarda e gli dice "buona fortuna" sapendo benissimo che non è lui è un racconto breve ma straordinariamente inquietante.
Eppure è tutto lì davanti, è troppo diverso, è troppo strano il suo passato.
Mi viene in mente la parabola del dito e la luna. Solo che qui non solo non si vede la luna e ci si limita ad osservare il dito, ma non si capisce nemmeno che quello è un dito, non so come spiegarmi.
E poi avviene la svolta thriller, magnifica, che forse dà una spiegazione al tutto
SPOILER
Come avevo fatto a non pensarci?
Eppure era troppo assurdo che una famiglia potesse cadere in un trabocchetto così grande.
E se invece non si voleva colmare un vuoto esistenziale ma nascondere qualcosa?
Se quel ragazzo era una manna dal cielo per rimpiazzare qualcuno sparito e sul quale non era meglio indagare?
A questo punto la tematica del caso e del destino diventa primaria. Quel ragazzo impostore su tutte le centinaia di identità che poteva prendere forse ha trovato proprio quella che faceva comodo alla famiglia, quella che li avrebbe coperti.
In un montaggio serrato inizia a venir fuori questa ipotesi mentre finalmente la polizia riesce a risalire alla vera identità dell'impostore.
E' francese, ha 23 anni e non 16 e ha fatto la stessa cosa già centinaia di volte prima.
Brividi.



Si chiama Frederic Bourdin e la sua figura nel finale acquista una pericolosissima ambivalenza. Perchè criminale lo è di certo ma in realtà rappresenta soltanto la storia di un bambino/ragazzo mai amato e senza una vera identità che cerca continuamente altre identità, cerca affetto, cerca amore. E fa "solo" questo, senza direttamente far male a nessuno (il suo sogno è stare in case famiglia).
Il documentario diventa un thriller a cui non sarà mai data (forse) una risposta definitiva.
E alla fine si resta impietriti ma anche affascinati, quasi divertiti di questa farsa.
E di questo incredibile personaggio.

( voto 8)


30.3.14

Recensione: "Little Deaths"




Ormai sta diventando una moda quella degli horror ad episodi.
Negli anni 80 il mitico Creepshow turbava le notti di noi bambini, quei filmetti che rivisti adesso fanno quasi ridere all'epoca avevano un nonsoche di estremamente inquietante.
E adesso quella moda sembra stia tornando, vedi solo per fare alcuni esempi i due VHS, 4bia, ABC, Three Extremes e adesso questa produzione britannica (ricordiamo, dall'Inghilterra arrivò il formidabile Dead Set) che mischia senza tanta originalità due tematiche spesso accostate tra loro, sesso e morte.
Ora, Ferreri può star tranquillo e non rigirarsi troppo dove sta, questa raccolta è davvero mediocre.
Forse la qualità migliore che le riconosco è quella di analizzare e mostrare perversioni sessuali in un momento e in mondo, quello di oggi, in cui oramai il sesso è quasi sempre sbagliato, distorto, mortificato, svenduto, distruttivo. E se Little Deaths voleva denunciar questo, beh, in parte c'è riuscito.
Ma andiamo agli episodi.
Gli orrendi titoli sono miei.

1 AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA CHE C'E' UN HOMELESS IN PIU'



Se non è un plagio poco ci manca. Il primo corto, a parte gli ultimissimi minuti, è praticamente identico ad uno degli episodi del primo VHS, peraltro un ottimo episodio (migliore certamente di questo. Anche se come mi ha fatto notare un lettore molto probabilmente viene prima quello di Little Deaths).
In realtà il finale se ne discosta un pò ma è davvero imbarazzante la similitudine. Che dire, atmosfera discreta, molto coraggioso nel linguaggio (davvero volgare e violento) e abbastanza cattivo. Ma la figura della homeless è davvero fantozziana. Prima ce la dipingono come una stracciona disperata, poi a casa dei due fa la smorfiosa, le battutine, non mangia e altre cavolate varie. Ho capito che poi si svelerà per quello che è ma allora la sequenza con il ragazzo stremata dalla fame e quella compassionevole dell'elemosina non hanno alcun senso. Il finale, bah, banale e visto e rivisto. Questa orda aveva forse problemi a trovarsi da mangiare? Bocciato.

VOTO 5

2 IL MEROLONE

Risultati immagini per little deaths mutant tool

Ebbene sì, Valerio Merola deve abbandonare lo scettro, c'è un essere vivente con un pene più grande del suo, lungo all'incirca 90 cm, forse pure un metro. Ragazzi, questo corto è una delle cose più incomprensibili, rabberciate, improponibili che abbia mai visto. Probabilmente è stato tagliato di minuti e minuti altrimenti capirci una mazza (una mazza, già) su questo miscuglio di droghe, fegati, omicidi, uomini con peni da un metro, dottori pazzi, nazisti, vittime che vanno in simbiosi con l'uomo dal pene metrico, più un finale in cui lei lo sostituisce e diventa l'ermafrodito più dotato della terra, io vi giuro non sapevo se ridere o piangere. Ma paradossalmente è così sgangherato e assurdo che una certa atmosfera malata la crea. E il "mutante" ha un suo fascino.

VOTO 5,5

3 NON CANO PIU', ME NE VADO, NON CANO PIU', DAVVERO



Di gran lunga l'episodio migliore e non è un caso che a dirigere ci sia il regista di quel piccolo gioiellino horror che fu Red, White and Blue.
Il migliore in tutto, nella regia, nella sceneggiatura, nella superba fotografia (che bellezza quel montaggio alternato tra rosso e blu), nella colonna sonora notevolissima.
Nemmeno un horror poi, ma la storia di un ragazzo tremendamente innamorato di una ragazza che lo umilia di continuo, lo tradisce davanti ai suoi occhi, lo rifiuta sempre, lo tratta malissimo, gli fa fare la parte del cane con tanto di camminata a 4 zampe e maschera in viso, lo denigra davanti agli altri. Lui fa tutto per lei, resiste a tutto ma anche il più grande amore alla fine rischia di non farcela più da solo.
Il corto è ottimo anche perchè i due protagonisti sono davvero bravi e a differenza degli altri episodi c'è anche una caratterizzazione psicologica sorprendente per essere stata costruita in solo mezz'ora.
Anche la ragazza in realtà è probabilmente vittima di sè stessa e non cattiva come sembra.
Ma c'è un limite a tutto.
Gli faceva fare il cane perchè in realtà aveva una paura incredibile dei cani veri.
E questo non sarà un dettaglio...
Meravigliosa quella lacrima.

VOTO 7.5


voto complessivo 6

28.3.14

Recensione "Il Ministro - L'esercizio dello Stato"


Forse Il Ministro voleva semplicemente essere per il mondo della politica quello che un altro film francese, il bellissimo
Polisse, fu per il mondo della polizia.
Forse voleva solo raccontare in modo quasi naturalistico tutte le trame, le sottotrame, gli inciuci, il bisbigliare alle orecchie, i giri viziosi di telefonate, i posti che cambiano come le figurine, gli accordi e i disaccordi, le pugnalate alle spalle e le facce belle da mostrare in tv, insomma, forse Il Ministro voleva raccontare tutto quello che gira tra i corridoi e le sale arredate Luigi IV dei salotti politici.
E lo fa bene, altrochè.
Eppure mica sembrava così.
Eppure quell'inizio onirico con quel coccodrillo, quella setta, quella ragazza nuda che poi in quel coccodrillo ci finiva dentro, quell'erezione al risveglio e poi quella telefonata nella notte, il volo con l'elicottero, quell'atmosfera di morte dell'incidente e quella tenda che si riempe sempre più di corpi privi di vita, e quel ritorno in macchina, e poi la mattina dopo quel'intervista surreale dove si chiede quanti morti ci sono e poi un secondo dopo si cambia argomento per parlare delle privatizzazioni, eppure tutto questo faceva presagire ad altro, sembrava che la lezione de Il Divo, la lezione sorrentiniana per cui la politica poteva essere raccontata in modo surreale, elevando politicotti a esseri grotteschi, raccontando le loro trame come fossero pratiche esoteriche, regalando atmosfere da circo degli orrori in cui anche i singoli visi parevano quasi distorti, eppure sembrava che questo Ministro fosse Il Divo d'oltralpe.


E invece niente, tutta l'atmosfera che nei primi 10 minuti aveva affascinato anche me che di politichese so una sega, tutta quell'atmosfera svanisce, e le trame prendono contorni reali, i dialoghi sono tecnicamente ineccepibili, si parla, si parla, si parla, si fa vedere cosa c'è davanti e dietro le quinte del teatrino, si caratterizza così bene la figura di questo ministro, la si caratterizza così bene che paradossalmente ci sfuggirà fino alla fine, così a tratti fantoccio ed altre deciso, a volte in balia della propria vita ed altre che pare manovrar fili, a volte marito felice ed altre uno senza nemmeno una vita privata.
I problemi son due.
Anche in film che d'incanto diventan tecnici serve più cinema, servono cose, servono fatti, servono punti di svolta. E invece Il Ministro per buona parte procede stanco, verboso, fermo.
Anche Polisse fotografava una realtà in modo scientifico ma era pieno di cose, di avvenimenti, di contrasti, andava sempre avanti.
E poi arriva il secondo incidente, sequenza magnifica. E lui che cammina solo in quell'autostrada che ancora non è autostrada, stupendo.


Sì, ma poi, a che serve?
A piangere un povero cristo, a farci vedere il suo funerale?
E' una denuncia?
E ritorna il sogno, brevemente, dopo un'ora e mezza in cui oramai c'eravamo dimenticati di lui.
E così quell'incidente magnifico iniziale e questo nuovo sembrano non portare da nessuna parte, sembrano solo due dei tanti pezzi di questo puzzle a natura morta, ferma.
Mi tengo Il Divo, mi tengo lo sguardo cinematografico di Sorrentino, mi tengo le sceneggiature dove le cose buone non sono inutili o restano incomplete.
Ma, probabilmente, sono stato io a non capirci nulla.

( voto 6,5 )



25.3.14

I 20 horror più importanti della mia vita - parte 2

(la prima puntata è nel post precedente a questo)

Per prima cosa, una ERRATA CORRIGE IMPORTANTE.
Mi sono accorto che Profondo Rosso è ante 77, e lo è anche un film che sarebbe stato nel podio qua.
Quindi li ho dovuti togliere entrambi e NE HO AGGIUNTI 2 nella prima classifica, dividendo così le due parti in 11 e 9 titoli.
A chi interessa vada a vedere i due recuperati, sono gli ultimi 2 in fondo.
Riguardo Profondo Rosso e l'altro escluso dell'ultimo momento non avevo nemmeno controllato, ero convinto che entrambi fossero 78 o 79, invece 73 e 75!
Comunque mi sono accorto che i più grandi film horror di sempre sono praticamente TUTTI tra il 1973 e il 1981, incredibile.
Le saghe perlomeno sono nate tutte in quegli anni.

Ed eccoci a quelli che, ovviamente non con certezza assoluta, reputo i 10 film horror che più "mi hanno segnato/sono piaciuti/sono stati importanti/rappresentano qualcosa per me" della mia vita.
Su 6,7 sono sicuro, gli altri se la lottavano con alcuni titoli segnalati nella prima puntata.
La cosa buffa è che sono andato molto a memoria, magari ci sta un titolo fondamentale per me che non è finito nemmeno nei primi 20.
Su quali siano le limitazioni mi ero già espresso nella prima puntata.
Ma visti i tanti commenti e dato che almeno Myers va tranquillizzato che sennò me mena voglio dire qualcosa su qualche escluso.

- Non aprite quella porta: per me imprescindibile, ma è del 1974, non ero nato.
Ma Leatherface, voglio dirlo, è il mio numero 1. Magari si fa un post solo sui villain no?

- Halloween: ecco qui la scure di myers pronta... Il personaggio creato da Carpenter è leggendario, probabilmente il più inquietante di sempre. E anche il film è una pietra miliare. L'incipit è una delle cose più belle viste in 100 anni di horror. Ma il film, rivisto l'anno scorso, non mi ha mai conquistato completamente. E anche se per qualità lo metterei tranquillamente nei primi 10 per quello che mi ha dato non è entrato nemmeno nei 20.

- Venerdì 13: stesso discorso di Halloween, film che ha fatto la storia e ci ha regalato Jason e il suo "respiro". Ma come pellicola in sè non è straordinaria, lo è il suo protagonista.

- The Others, Il Sesto Senso et similia: li considero horror ibridi, film che possono veder tutti. E se un horror può vederlo chiunque è qualcosa di diverso da un horror.

- Romero...: dico la verità, lo considero un filino sopravvalutato. La notte dei morti viventi è tra i 5 horror più influenti di sempre ma oltre ad essere ampiamente fuori limite (1968) come film in sè non mi ha mai dato tanto. Come i primi Craven del resto.
Il capolavoro di Romero resta Zombi ma ha due problemi. Il primo è di esser dentro solo per un pelo (1978), il secondo che dopo averlo visto a 7,8 anni non ho più avuto la fortuna di rivederlo. Quindi il ricordo del film e di quello che ha voluto dire per me è troppo annacquato.

Ed ecco la cappella più grande di cui vi parlavo all'inizio.

Avevo in mente L'Esorcista come addirittura top 3, anche perchè credo che chi l'ha vissuto al tempo ed era bambino sia rimasto scioccato per giorni. Solo ora mi accorgo che è nientepopòdimeno che del 1973, non può entrare in classifica.
Quindi ormai non si torna indietro, ne aggiungerò 2 (vista l'esclusione di Profondo Rosso) alla prima puntata e qui ne metto solo 9...
Ma, ripeto, L'Esorcista e Non aprite quella porta sono tra gli horror esclusi per data di uscita quelli che più sarebbero stati su.
Con Psycho ovviamente.

Eccoci:

12 NIGHTMARE


Ecco l'unica "saga" presente. I motivi son due. Le altre tre tre più famose e i loro relativi mostri (Non aprite quella porta, Halloween e Venerdì 13) o sono usciti prima della mia nascita o al massimo due anni dopo. Solo Freddy quindi l'ho vissuto "live", uscito nel 1984 e visto nel...1984, a 7 anni. Inoltre come impatto assoluto per quello che mi hanno trasmesso Nightmare mi ha dato molto più degli altri. Perchè veniva a prenderti in sonno. E un bambino che a 7 anni vede un horror poi alla fine vorrebbe solo riuscire a dormire. Ecco, il paradosso che accadeva con Nightmare è che tentavo di star sveglio.


13 EDEN LAKE


Due motivi su tutti.
Lo considero il miglior survival moderno.
E' il film che in età adulta mi ha fatto più soffrire.
Mai avuta un'empatia così forte per dei personaggi.
Finale agghiacciante.
Ed in più è qui che ho scoperto quel mostro di Fassbender.


14 IL SEME DELLA FOLLIA


Un altro Carpenter, mi ero ripromesso un film a regista e invece Carpenter mi ha fregato.
Beh, che dire, uno dei film con più suggestioni e immagini horror della storia, più di decine di altri messi insieme.
E oltre ad esserci dentro mille cose è uno script per l'epoca fantastico.
Il vecchio in bicicletta ha inquietato tante mie guide notturne.


15 REC


Probabilmente l'unico horror degli ultimi 10 anni a poter ambire al ruolo di classico.
In realtà anche Saw avrebbe le carte per definirsi tale ma a mio parere siamo su due pianeti diversi.
Se Eden Lake è stato horror in età adulta a non farmi respirare, con Rec ho avuto la mia ultima, vera,tangibile, reale, paura.
Anzi, la penultima, visto che l'ultima è accaduta in uno dei due recuperati della prima puntata, andate a cercarlo.
Il finale, quel mostro, quel martello. Sono tornato al terrore dei 10 anni. Solo qui.


16 PET SEMATARY


Forse di questi 20 è l'unico (insieme a un altro che verrà tra poco) in cui la componente horror si mischia con una più umana, struggente. Una delle più belle e strazianti favole del terrore di sempre, uno Stephen King ai suoi livelli più alti. E c'è una cosa che devo confessare. Zelda è l'immagine horror più paurosa della mia vita. Ci ho sofferto tanto da ragazzo. Non sono mai riuscito a rivederla e per colpa sua nemmeno a rivedere questo capolavoro.
Ma ora, per metterla come immagine, l'ho recuperata. Cazzo.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
metto una riga perchè gli ultimi 4 sono indubbiamente gli horror a cui sono più legato
----------------------------------------------------------------------------------------------------------

17 UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA


Capolavoro assoluto, un film che fa paura, fa ridere, fa commuovere. Che ha dentro più generi horror diversi. Che ha quelle scene nella brughiera nebbiosa, che ha la trasformazione in lupo più bella della storia del cinema, che ha cuore, sofferenza e ironia. Lo rivedrei mille volte.


18 THE ORPHANAGE


E' un horror, lo so.
E forse addirittura sa tutto di già visto, derivativo.
Ma è l'unico horror che in realtà sembra un horror e poi scopriamo che non lo era.
E diventa una delle cose più strazianti che, film "normali" compresi, abbia mai visto.
La sceneggiatura perfetta.
L'horror che più mi ha toccato il cuore.


19 LA CASA


Non devo dire nulla.
Se non che questo è il titolo a cui sono più legato, quello che più mi rimanda al bambino, e ai bambini, che siamo stati.


20 SHINING


Che fosse primo in questa classifica nemmeno poteva essere messo in discussione.
Uno dei film più belli di tutti i tempi.
Punto.