5.2.18

Recensione: "Mister Universo" - BuioDoc - 36 -

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La storia di un domatore di leoni, di una contorsionista bella e triste e di una ricerca.
Tairo ha perso il suo amuleto, il ferro che gli piegò 15 anni prima Arthur Robin, il primo Mister Universo nero della storia.
Comincia così un viaggio che è ricerca, ricerca di sè stesso e di un uomo fortissimo.
Mister Universo racconta di un mondo decadente o forse già decaduto, un mondo malinconico e nostalgico.
Documentario che non ha la pretesa di nascondere i propri artifici narrativi, un piccolo gioiellino, un anacronismo, un film fatto col cuore


Tairo è un giovanissimo domatore di leoni, appena ventenne.
Tairo è dolce ma incazzoso, gentile ma peperino.
E ti ritrovi a chiederti com'è possibile che un giovane di vent'anni intraprenda una professione in un mondo che non sembra esister più, superato dal tempo e dai gusti, quello del circo.
Ricordo che un tempo, quand'ero bambino, l'arrivo del tendone del circo al paese era il vero e proprio evento dell'anno. Un'astronave multicolore atterrava da noi e dentro ci trovavi tutte cose che, da buona astronave, a noi sembravan aliene.
Animali mai visti, numeri mai visti, zucchero filato, l'emozione e il sottilmente onnipresente piccolo terrore del buio.
Questo mondo esiste ancora ma in realtà non esiste più.
Sì, c'è quello glamour che va in tv, ci sono i circhi mediatici ma il circo, quello vero, quello di cacca e fango, ormai non attira quasi più nessuno.
I tempi sono cambiati, i nostri figli sono cambiati, tanti divertimenti ormai ce l'abbiamo dentro casa, nei nostri pc, nei nostri tablet, nelle nostre console.
E, non da ultimo, la crescita esponenziale che ha avuto questi anni la sensibilizzazione verso il mondo animale ha dato il colpo di grazia a quest'arte, che di arte con tutti i crismi si tratta.
In realtà, e poi non ne parlo più, se è vero quanto sia deplorevole aver sovvertito ogni legge naturale, aver avuto la mania di grandezza di portare la giungla dentro un tendone, ecco, è anche vero che vedere Tairo accarezzare le sue tigri o, a sua volta, essere "accarezzato" da loro, ti fa pensare che in mezzo a tutto questo coatto e innaturale predominio umano ci sono cose magiche, come l'amicizia e l'affetto che si possono instaurare tra due razze di esseri viventi apparentemente così diverse ed incompatibili.

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Mister Universo, questo piccolo gioiellino quasi tutto italiano, mi ha ricordato quel capolavoro dell'animazione moderna che è L'Illusionista di Chomet.
Nel cartone francese si raccontava la malinconica storia di un mago che non riusciva più a stupire nessuno, morto vivente in un mondo in cui i conigli che escon dai cappelli ti provocano al massimo qualche sbadiglio.

Come L'Illusionista raccontava di un mondo ormai finito così fa Mister Universo.
Un mondo in cui o non c'è più spazio per lo stupore oppure, semplicemente, siamo noi a non stupirci più delle stesse cose di un tempo.
C'è la stessa dolcezza, la stessa malinconia, la stessa fotografia impietosa di uomini che ormai si sentono superati, come il comico Chaplin in Luci della ribalta.
Mister Universo è un documentario che non è documentario e una fiction che non è fiction.
Avevamo già affrontato questo discorso con Sacro Gra e Minervini.
Ecco, la differenza abissale è che in questo documentario i meccanismi narrativi sono alla luce del sole, si racconta una storia, ci sono cause ed effetti tipici solo delle sceneggiature (lui si arrabbia coi romeni, questi forse gli rubano il ferro, lui lo vuole ricercare, la maga gli dice che incontrerà un uomo che risolverà tutto, lui parte per il viaggio).
Non c'è alcuna sensazione di inganno verso lo spettatore, non c'è quella per me festidiosissima cosa che mi fece odiare il film di Rosi, quel far finta che fosse tutto vero quando, in realtà, si vedeva lontano un chilometro che fosse tutto scritto.
Qui i due registi, Covi e Frimmel, raccontano palesemente una storia che, anzi, diventa il pezzo forte del tutto.
E lo fanno col cuore, si vede lontano un miglio.
Tairo ha perso (vedi "gli hanno rubato") il suo amuleto, un ferro piegato nientepopodimeno che da un vecchio Mister Universo americano, Arthur Robin, per anni attrazione dei circhi, specie in Italia.
Senza quel pezzo Tairo sente che gli manca qualcosa, non può più lavorare.
E parte quindi un, per nulla frenetico, film on the road per ricercare informazioni su dove sia adesso Robin. 
Tairo vuole incontrarlo e farsi fare un nuovo ferro.

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Visiterà quindi tanti dei suoi parenti e vecchi lavoratori del circo.
E quello che ci verrà raccontato sarà quindi un film di ricordi, di nostalgie, di camper e case fatiscenti, di umanità, tanta umanità.
A spiccare su tutti è però la compagna di Tairo, la giovane e bella contorsionista Wendy.
Una contorsionista cui il trucco non nasconde la malinconia, una contorsionista col mal di schiena, anche lei ormai prossima ad essere una ex.
E' innamorata, è dolcissima, è veramente un personaggio che, tra realtà e finzione, ti ruba il cuore.
Tairo la lascia per qualche giorno, il viaggio alla ricerca di Robin è un viaggio in solitaria.
Anche lei, però, e solo per amor di lui, farà una piccola ricerca parallela.
E queste due ricerche ci porteranno a un venti minuti finali meravigliosi, con talmente tante cose dentro, talmente tante storie, tanti valori e tanta bellezza che vale la pena vedere il film anche solo per arrivare a quel punto.
In mezzo ci sono momenti un pò meno riusciti e più stanchi, va detto, e il documentario pecca un pò di ripetitività nei suo meccanismi.
Ma ci son anche cose bellissime, come la visita al padre e quello straordinario scimpanzè, come i suoi nipotini, come quello zio che visse una fama di una sola estate e di un solo brano.
Portando avanti questa esile ma quadrata sceneggiatura veniamo così a conoscere tante facce vere, tante storie vere, tanti rapporti veri.
Poi Tairo trova Robin.
E partono così questi minuti finali ancora più anacronistici di tutto questo anacronismo che è l'intero film.
Robin è un vecchio, non bisogna aver paura di dirlo, ha quasi 90 anni.
Ma li porta in un modo irreale, incredibile, come se oltre che piegar ferri abbia avuto la forza sovrumana di fermare il Tempo.

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Entriamo dentro casa sua e respiriamo un clima d'amore che con la sceneggiatura, con la finzione, niente c'entra, autentico, potentissimo.
Un gigantesco uomo nero che sposò una ballerina austriaca, ma che buffa coppia, ma che meraviglia, questo contrasto tra il colore della pelle, tra la forza e la leggerezza.
Lei ci parla di quel ferro piegato regalatole da Arthur.
E con gli occhi scintillanti ci racconta di come, quando era malata, immaginava che la forza che aveva messo Arthur per piegare quel ferro dovesse essere la stessa forza che lei doveva mettere per guarire.
E c'è riuscita.
Ma Robin è sì capace di alzare, a quasi 90 anni, ancora pesi che noi manco a 20, ma non può più piegare ferri.
Non abbiate paura, nel frattempo la nostra Wendy, la contorsionista dolce e innamorata, ha trovato il figlio di Robin.
E in questo perfetto ed emozionante finale a incastro che mischia ricordi, generazioni, eventi mondiali (Robin era famoso in tutto il mondo, primo Mister Universo di colore) e tanti, tanti valori, ecco che un nuovo ferro verrà piegato.
Tairo portò Wendy su quella famosissima strada nelle colline romane, quella che pare in discesa e invece va in salita.
Una strada che, se ci pensate, è un pò metafora di nostre tante vite.
Sei convinto che quella che vedi davanti a te sia una discesa e invece ti ritrovi ad arrancare, a faticare, a non capire come caspita sia possibile.
Eppure potremmo anche vederla all'opposto quella strada, quella metafora.
Tutto pare in salita e invece appena muovi il primo passo pensando di faticare ti accorgi che stai andando naturalmente e dolcemente in giù.
Perchè la vita, come quella strada, a volte è solo uno stranissimo effetto ottico.
Wendy fa il suo numero, Tairo arriva.
Qualche timido applauso, quello dei pochissimi spettatori di uno spettacolo che nessuno vuole più vedere.
Esce di scena, elegante e perfetta.
Immagino il suo viso appena fuori dal tendone, il viso di una ragazza che continua a fare in modo perfetto quello che fa ma che non sa nemmeno più perchè lo fa.
Però c'è un nuovo ferro piegato, però c'è Tairo.
E quello che potrebbe esserci tra loro è qualcosa che, a differenza del circo, mai morirà.
Perchè se muore quello allora muore il mondo.

7 commenti:

  1. Risposte
    1. impossibile

      senza chiederlo a me non puoi trovarlo

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    2. Ce l ho li in lista...e anche in.un cineforum che bazzico...non il file! Però se tu lo hai ti scrivo

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    3. Prima vedi al cineforum

      se va male contattami, ho il file, me l'ha mandato la casa di produzione

      è assolutamente inesistente in rete

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    4. http://nuke.cineforumomegna.it/programma54/5409MisterUniverso/tabid/460/Default.aspx

      è già andato azzo

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    5. io può

      domani te lo mando

      Ah, Mauro, faccio un mezzo raduno tra 40 giorni, ti chiamo tanto

      ma dovrebbero venire due delle tue parti, Jolly e il mitico Belushi

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    6. grazie, ma vai tra, il tempo che ho per i film è veramente poco in sto periodo. ho visto del raduno, bravo, continua ad aggregare ;-)))
      MG

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao