Quanti di noi portano avanti stancamente
la propria vita?
Quanti di noi fingono un'esistenza felice?
Quanti si creano una corazza di
convenzioni intorno soltanto per non permettere agli altri di percepire
la fragilità, l'insicurezza, la tristezza che hanno dentro?
Walter è un professore universitario,
apparentemente realizzato e felice, in realtà già morto dentro.
Porta avanti da 20 anni lo stesso corso
accademico.
E' vedovo.
Cerca di tenere stretto il legame con la
moglie imparando a suonare il piano, quel piano sul quale le dita di lei si
muovevano così magnificamente.
Ma non ha talento, anche quella è una
routine, come tutte le altre.
Un viaggio inaspettato lo porta a New
York. Nel suo appartamento trova una coppia di clandestini.
Walter, seppur per pochi giorni, conoscerà
la gioia, la musica, la felicità, l'amore. Ma, come spesso accade, le cose brutte
della vita cancellano tutte le altre.
Film sobrio se ce n'è uno questo The
Visitor è il classico esempio di come si possano realizzare opere eccellenti
semplicemente raccontando una storia. Una storia semplice, così tanto semplice
da non avere assolutamente nulla di cinematografico. Quello che è importante
non sono tanto i 10 giorni che Walter passa a New York -probabilmente i 10
giorni più intensi dei suoi ultimi anni- ma la profonda e amara malinconia che
lo avvolge. Un Richard Jenkins sontuoso (ma di altissimo livello tutti e 4 i
componenti del cast) restituisce tutta la solitudine, la calma rassegnazione,
la stanchezza, la mancanza di stimoli vitali che molti "vecchi",
specie dopo aver perso la propria compagna, si ritrovano a dover (con)vivere.
L'incontro con la giovane coppia, la
scoperta della meravigliosa, così naturale ed immediata, musica tribale,
l'incontro con la madre di Tarek, sono tutte piccole esperienze che stanno a
testimoniare una cosa. Per cambiare del tutto una vita basta pochissimo, una
coincidenza, un colpo di fortuna, il coraggio di provare a fare qualcosa mai
fatto prima, trovarsi al luogo giusto nel momento giusto. Basta un tamburo
suonato in mutande (quel tamburo che scaccia il pianoforte, il nuovo che cerca
di far scomparire il ricordo che ti distrugge), gli occhi di una donna che ti
guardano in un modo che nemmeno ricordavi.
La vita è dura però.
Perchè come tante cose nascono con poco
basta poi anche poco per far finire tutto, un malinteso in metropolitana, un
colpo di sfortuna, un paese che si radica su delle regole prestabilite senza
aver la voglia di analizzare, di pensare (è un film americano che analizza in
modo spietato sè stesso).
Chi è The Visitor?
E' Walter che arriva nel suo appartamento
di New York inaspettatamente?
E' la coppia di clandestini e con loro
tutti i clandestini americani?
E' Mouna che piomba così d'improvviso
nella vita di Walter?
E se quel visitatore, quell'ospite
improvviso fosse la felicità?
Gli ospiti, i visitatori, quasi per
definizione, poi vanno sempre via.
Qualcosa possono lasciare però.
Che so, un tamburo per esempio.
ta ta ta tatam
ta ta ta tatam
ta ta ta tatam
e la rabbia prende a manate quel briciolo
di felicità rimasto
ta ta ta tatam
che ne sai Walter, magari la rivedrai
ta ta ta tatam
( voto 8 )
Bel pezzo, Dae. Mi pare in linea perfetta con lo spirito di un film che è piaciuto molto anche a me.
RispondiEliminaL'hai commentato per caso?
EliminaGrazie.
Sì, ne ho parlato un paio di mesi fa, se non sbaglio.
Eliminagran bel film, a sorpresa.
RispondiEliminabravi tutti gli attori.
Sì Ismaele, gli attori sono davvero uno dei punti di forza del film. Ciao!
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