Lo so, parlare ancora dopo un anno della prima stagione di True Detective è fuori tempo massimo.
Ma Rocco lo fa alla sua solita maniera, filosofeggiando .
Anche perchè nessuna serie si può avvicinare più alla filosofia di questa.
La
sigaretta si consuma ad ogni tiro, ne puoi sentire la carta bruciare.
La birra inonda lo stomaco, ne senti il lento incedere lungo la gola. La
voce è inebriante, cadenzata, litanica. L'iperacusia dei suoni provoca
sensazioni di surrealtà. Horror Vacui. Ogni istante esaspera e si
espande nello spazio per inseguire un'utopica negazione del tempo. Non
c'è niente di più surreale dell'immobilità: l'occupazione di uno stesso
luogo in diversi punti del tempo. Tutta una serie riassunta in una
battuta di Rust: "In questo universo noi elaboriamo il tempo come fosse
una linea che avanza, ma al di fuori del nostro spazio-tempo, da quella
che sarebbe una prospettiva a quattro dimensioni, il tempo non
esisterebbe, e da quella posizione, potessimo raggiungerla, vedremmo il
nostro spaziotempo come appiattito, come una singola scultura la cui
materia sia in una superposizione di tutti i luoghi che abbia mai
occupato, la nostra coscienza che ripercorre ciclicamente le nostre vite
come carri su una pista. Capite? Ogni cosa al di fuori della nostra
dimensione, è l’eternità, è l’eternità che guarda in basso verso di noi.
Per noi è una sfera, ma per loro è un cerchio”. Visto da fuori del
cerchio del nostro spazio tempo, ogni cosa partecipa di una realtà che
la include, una qualità preindividuale, ogni determinazione è morte,
ogni movimento è determinato temporalmente, ogni movimento è morte. In
vista di quale alta meta si muovono Rust e Marty? La propria eterna salvezza.
C'è solo una irriducibile verità sembra dirci Pizzolato: lo scontro tra
bene e male. Il tempo non conta, solo una è la scena madre. Ogni
caratterizzazione, ogni tipizzazione non fa che rimettere in scena
questo scontro eterno. Il male, non è tanto privazione del bene, ma
grado zero di questo. L'uomo è una bestia e l'eternità agognata è un
cammino etico di disciplinamento di se stessi, occorre guadagnarsela
quella piazza immobile fuori dal tempo. Occorre combattere una jihad
contro le proprie passioni, contro il male dentro ("ora togliti la
maschera" dice a Rust l'ultimo criminale) e fuori di noi: la famiglia,
la società, lo stato e finanche l'ambiente naturale, la Louisiana
selvaggia. Liberarsi della Louisiana post-uragano che forma e informa a sua immagine il
suo popolo piegato dalle sciagure, per librarsi tra le stelle del
cielo. Liberarsi di un male arcano, che viene da lontano, figlio del
vodoo e delle arti magiche, contro cui si possono riportare solo
vittorie parziali e mai definitive, con potenti ramificazioni troppo
grandi da combattere per due uomini soli. Qualcosa di troppo grande e
misterioso agisce nell'ombra: concatenamenti e ramificazioni di potere.
Qualcosa di insostenibile, che genera una passione degli individui che
agiscono e che acuisce la loro e la nostra sensibilità di spettatori,
mentre ci svuota in una sorta di fatale acquiescenza. Liberarsi di ciò
per accaparrarsi la beatitudine dell'eternità, guadagnare lo sguardo
esterno di un Demiurgo/Regista che contempla e racconta l'infinita
lotta.
Bel pezzo ... !
RispondiEliminaGrazie mille Manuela, in realtà non era stato pensato per essere pubblicato, è stata più una sorpresa da parte di Giuseppe. Comunque per me resta sempre un onore essere pubblicato qui.
RispondiEliminaCiao Rocco, interessante riflessione.
RispondiEliminaDel bene e del male in true detective ne avevo parlato con Giuseppe nel post ufficiale della serie, comunque quando tratti il male come grado zero del bene e non come privazione di esso non ho ben capito.
Parlando con Giuseppe era emerso proprio come il male nella serie sia incarnato da un antagonista che ha ben poco di umano e che incarna più un archetipo, o volendo essere bastardi uno stereotipo.
E non mi vedo troppo d accordo nel modo di True detective di rappresentare il male che per me non è né opposizione ne privazione di bene quanto piuttosto un modo diverso, malato, di fare del bene.
Scusami se dovessi avere male interpretato le tue parole.
Capisco cosa intendi. Dico grado zero, perché tutta la serie mi pare un cammino verso la propria salvezza. I protagonisti lottano contro il male dentro di loro, come lottano contro il male fuori di loro. Una lotta continua in cui però c'è un punto di partenza e di arrivo finale (la contemplazione delle stelle finale, finalmente ci si fonde con gli astri e si guadagna quel punto di vista esterno che si auspicava all'inizio). Sì è vero gli avversari hanno dei tratti del maligno molto tipizzati, ma se ci fai caso sono tutti "giustificabili" da altro male ricevuto, (violenze da parte dei genitori, perdita dei figli, l'uragano che distrugge tutto), come se loro abbiano perso tale lotta. Ovviamente il mio è solo un punto di vista tra i tanti e come tale non è assoluto, quello che hai visto è assolutamente giusto e legittimo.
RispondiEliminaOk grazie, credo di aver capito meglio la tua chiave di lettura però vediamo: il punto di partenza del cammino di salvezza qual è? La scoperta del primo cadavere?
RispondiEliminaE quello che intendo io è che magari questo cammino di salvezza possa essere stato intrapreso anche dal nostro antagonista in una direzione però che è opposta al nostro bene, mi dispiace appunto che la serie non abbia approfondito meglio il punto di vista del male ma sia rimasta fissa sulla lotta dei due protagonisti con lo sguardo puntato sempre verso la loro direzione, la loro salvezza.
Cosa che capisco in quanto alla fine credo corrisponda al bene ricercato dalla quasi totalità degli uomini.
Hai ragione Filippo, proprio per questo nella mia interpretazione ho letto il male non come una sostanza, quanto piuttosto l'assenza di bene. Se vuoi, si potrebbe pensare, seguendo questo tipo di filosofia, il bene come una fonte di luce che necessariamente illumina e lascia nell'ombra, ma che, allo stesso tempo, è altro da ciò che illumina e ciò che non illumina. Il male è assenza di luce.
EliminaSu quanto dici, sono ancora d'accordo con te, spesso il punto di vista del "cattivo" è anche il più suggestivo, perché più umano, ma si sa che il cinema e le serie (soprattutto noir) americane sono fortemente caratterizzate da una visione manichea, Curzio Malaparte diceva che per gli americani è una colpa morale l'avere torto, e che un popolo di vinti sia necessariamente un popolo di colpevoli. La lotta tra bene e male è insita in tutta l'epopea hollywoodiana. Naturalmente io sono di tutt'altro avviso, ma non si può non ammirare la grandezza di alcune opere che scaturiscono da questo pensiero.
Capisco, grazie della risposta, e bravo il Curzio.
EliminaGrazie a te Filippo, del proficuo scambio.
EliminaPost bello e sostanzioso!
RispondiEliminaCirca il titolo mi verrebbe da aggiungere, anche se credo sia implicito: ..quindi, essendo, è sempre stato e sempre sarà. Ma forse così svanirebbe l'intento di farlo apparire come un eterno istante presente immobile, senza passato ne futuro.
La bomba da te lanciata ha aperto una profonda voragine in cui adesso lancio una mia riflessione.
Con la frase da te citata Rust ci suggerisce che noi dalla nostra prospettiva vediamo le cose accadere. Ciò significa che a noi appare che una cosa\evento prima di accadere\esserci non c'era(era solo un futuro possibile), poi vediamo che questa cosa permane per un certo periodo di tempo(durante il quale continua ad accadere, ossia ad apparire il suo accadimento), e poi termina, cessa di apparire, diventando un passato. A noi appare(noi vediamo) che le cose\le persone\gli eventi prima non ci sono, poi ci sono e poi non ci sono più di nuovo. Noi dalla nostra prospettiva esperiamo la temporalità, abbiamo l'impressione\certezza che ci sia un futuro davanti a noi che deve ancora accadere, verificarsi, diventare presente, che ci sia un presente accertato in quanto attualmente appare, che ci sia un passato, parimenti accertato in quanto in qualche modo continua ad apparire, sotto forma di ricordo.
Da questa prospettiva però a noi appare anche certo\scontato che solo ciò che è presente esiste, perchè ciò che è futuro non esiste ancora, e ciò che è passato non esiste più.(se non, appunto, come ricordo.)
Rust con la sua frase ci catapulta fuori da questa prospettiva, ossia ci pone al di fuori della dimensione in cui le cose si mostrano a noi come accadimenti, innalzandoci in una prospettiva dalla quale ci è(ci sarebbe, qualora noi potessimo davvero innalzarci a tale prospettiva) possibile vedere, fisse in un'eterna\immutabile simultaneità, tutte le cose\eventi che esistono: tutte presenti; sia quel che ancora non c'era e che chiameremmo futuro, sia quel che adesso c'è e che chiameremmo presente(quell'istante presente che continuamente si modifica facendo diventare l'immediato futuro un presente e ciò che un attimo fa era presente un immediato passato), sia quel che non c'è più e che chiameremmo passato. Da questa nuova prospettiva infatti tutti gli eventi\cose\determinazioni appaiono\si mostrano presenti, simultaneamente. Niente dunque deve attendere di esistere(apparire, presentarsi), niente deve attendere\temere di non esistere più(sparire, passare, annientarsi), ma tutto quel che esiste già esiste, in un'eterna e immutabile attualità.(e così, di conseguenza, era solo un'illusione\impressione\interpretazione che le cose iniziassero ad esistere ad un certo punto nel tempo, perchè ciò che non esiste\(che non è), non avrà mai modo di esistere, e ciò che inizia ad apparire già esisteva\(già era) ancor prima di apparire.) ...
.. Rust ci fa vedere che gli accadimenti non sono un prodursi; ci fa vedere che tutto è già accaduto; ci fa vedere il Destino. Ci fa vedere che tutto è già(ed eternamente) salvo dal non essere, che tutto è già accolto dal ferreo abbraccio dell’essere, perchè l'essere(Gli esseri, ogni cosa ogni determinazione) già c'è, e non deve ne attendere\sperare di essere ne temere di non essere più.) Ma da ciò scaturisce una conseguenza ancor più sconcertante:
RispondiEliminaDalla prospettiva in cui Rust ci ha posto noi adesso possiamo vedere che anche le nostre decisioni sono eventi\determinazioni già esistenti, anche se non sono ancora presenti, anche se non appaiono ancora in questa nostra prospettiva temporale. E allora? Ciò che appare(ciò che accade, ciò che vediamo, ciò che decidiamo, tutta la realtà) è Il Destino. Rust "assotterra" il libero arbitrio, assotterra l'alternativa, la scelta, il "poteva andare diversamente". Osservazione: Quando succede una cosa spesso pensiamo che sarebbe potuta succedere un'altra cosa al posto di quella, ma questa alternativa, concretamente, non appare mai, non si mostra mai, non si presenta, ma rimane sempre a livello di ipotesi che non si è verificata. Noi vediamo solo ciò che succede, ciò che poteva succedere non lo vediamo mai, è una fantasia, un mito, è una chimera. In realtà l’alternativa, “ciò che poteva succedere”, non è mai esistita, perchè ciò che è successo era essere ancor prima di presentarsi, e non aveva alcun modo di non presentarsi\accadere.
Rust conclude dicendo: “la nostra coscienza che ripercorre ciclicamente le nostre vite come carri su una pista. Capite? Ogni cosa al di fuori della nostra dimensione, è l’eternità, è l’eternità che guarda in basso verso di noi.” Attenzione: “ogni cosa”.
Il carro(la nostra coscienza, il nostro esperire) percorre una pista dal tragitto rigidamente determinato, inflessibile. Noi avanziamo, vedendo\esperendo solo il metro che ci sta avanti, ma anche tutti gli altri chilometri, che pur non vediamo, già ci sono, non dobbiamo che arrivarci per conoscerli. A ciò Rust aggiunge, addirittura, ma del tutto coerentemente, un qualcosa di più: Questa pista è un circuito, un cerchio, e la ripercorreremo per l’eternità. Eterno ritorno. Eterno ritorno degli eterni. Eterno ritorno dell’identico. A mio avviso Rust ci suggerisce che non possiamo liberarci da niente, perché o siamo liberi da sempre o non lo saremo mai.
Il regista invece si, ci crede a questa lotta eterna tra il bene e il male, e con lui gli spettatori e il co-protagonista, ma non credo ci possa più credere Rust.
Ma perché il protagonista non vede più una demarcazione concreta e stagna tra il bene e il male, perché mi pare di aver capito\ricordare che lui ormai concepisse i concetti di bene e male come il mero prodotto di un punto di vista antropocentrico. Insomma sono quisquiglie umane, se li inventa l’uomo, per campare. (sfamo bambini affamati nutrendoli con scatolette di carne. Questo è bene. Produco scatolette di carne allevando e ammazzando mucche. Questo, dal punto di vista delle mucche, è male. Vaglielo a dire alle mucche che è per un bene che io faccio a loro questo male. Qual’è il punto di vista giusto? Lo decidiamo noi uomini quel che è bene e quel che è male, Rust era arrivato a pensare questo nel suo profondo eppur ambiguo e a tratti contraddittorio nichilismo.)
...
RispondiEliminaTra l’altro, pur tenendo fermi bene e male, non vedo perché\sulla base di cosa la formula che il male sia privazione del bene(o comunque suo grado zero come dici tu) debba essere più attendibile\verosimile della formula speculare che il bene sia privazione del male. Tutto è bene, e questo è il migliore dei mondi possibili, diceva Leibnitz. Tutto è male, anche se non so se questo sia il peggiore dei mondi possibili, perchè non c'è limite alla possibilità, diceva Leopardi.(Pensieri, Pagina 4174). Insomma non vedo sul fondamento di cosa siamo legittimati ad asserire che il fine sia o debba essere il bene, che il dominatore sia il bene, che l’assoluto sia il bene. Non è solo un’idea? Sulla base di cosa se non di una speranza noi affermiamo ciò?
“la beatitudine dell’eternità”, considerata dalla prospettiva rivelataci da Rust, che ci pone al di sopra della dimensione in cui appare la temporalità, ossia in cui le cose accadono, non va sudata, non va guadagnata, non è conquistabile: o c’è o non c’è. O meglio, di certo c’è, ma siamo sicuri che sia beatitudine quest’eternità?
La prospettiva soteriologica che tu sollevi e indichi come il motore\movente stesso di ogni azione che si compie nella serie True detective, tutto il tuo argomento in merito, lo sposo appieno, ma solo se lo consideriamo dal punto di vista del regista e degli spettatori. Rust non poteva più vederla così. Lui non cerca nessuna salvezza, lui non ha più paura di niente, lui è compagno del niente. Lui non è dalla parte del bene perché il bene non esiste, esiste solo se si vuole che esista, se ci si crede. Lui dice che tutto è già determinato, e quindi in fondo è solo una questione di punti di vista: o si è dannati da sempre e per sempre, o si è salvi da sempre e per sempre, o forse nessuno dei due.
Hai colto in pieno il senso del post. Si trattava infatti di pensare accidentalmente attraverso questa serie il concetto di eternità. Questo era anche il senso del frammento parmenideo. Le cose non smettono di esistere quando entrano nei ricordi, perché l'essere non può diventare non-essere. L'essere è sempre necessariamente. La sfera dell'eternità presuppone un cammino etico, si può arrivare al punto di vista delle stelle o forgiare uno sguardo sub specie aeternitatis, solo uscendo da se stessi e comprendendo che tutto ciò che è tornerà necessariamente anche sotto la formula della battaglia (manichea certo) bene e male. Come ho scritto a Filippo poco sopra la visione manichea non è certo mia, quanto piuttosto quella di un certo modo di fare cinema (americano/hollywoodiano). Infatti credo che non sia la vittoria sul male a determinare la salvezza, quanto la consapevolezza che questa battaglia tornerà ancora. Proprio come nella prospettiva spinoziana, la mente umana, nella misura in cui arriva a concepire idee che non dipendono dal tempo, è eterna e, come tale, è una parte dell'infinità eterna dell'intelletto di Dio, allo stesso modo, Rust, fuori di sé, immagina se stesso eternamente alle prese con lo stesso criminale, può raccontare la sua storia guardando le stelle (come dici giustamente il destino, cioè ciò che è sempre stato e ciò che sarà sempre).
Eliminaottimo ;)
EliminaE lo sapevo che Parmenide ti avrebbe stimolato... adesso mi ci vuole un po di tempo per risponderti
RispondiEliminaDopo aver provato a leggervi l'unico intervento che riesco a fare è dirvi se quando uscite vi ricordate di chiudere la porta
RispondiEliminaE anche se essero?
RispondiEliminache vol dì?!
EliminaFrase cult di Daniel
RispondiElimina