Torna Antonio Niola con un interessantissimo film di una delle cinematografie europee meno conosciute qua da noi, quella tedesca (anche se con Le vite degli altri per quanto mi riguarda possono campare di rendita).
Un film sull'identità e sul mistero che ricorda moltissimo Hitchcock, specie un suo celeberrimo film.
Iniziamo dal titolo col quale è conosciuto in Italia...
Io un film che si chiama così non lo troverei accattivante, difficilmente lo guarderei.
Fortunatamente invece ieri l'ho fatto.
La vicenda è tanto semplice quanto insolita.
Germania, è appena finita la seconda guerra mondiale ed un'auto con a bordo due donne si presenta ad un check point per il settore americano, le due sono ebree tedesche ed una (Nelly) ha il volto completamente fasciato.
Le sequenze successive ci mostrano una profonda e antica amicizia tra le due, un legame che ora vede Lena prendersi cura di Nelly, cercare di darle forza e contemporaneamente proteggerla. È lei che trova una casa, una buona clinica ed il chirurgo che opererà l'amica, nel tentativo di restituirle il vecchio volto.
Significativo, per iniziare a capire il complesso personaggio di Nelly, questo passaggio: il chirurgo le chiede "A chi vorrebbe assomigliare? Potrebbe essere chi vuole". Lei è però fermissima nel voler tornare come era prima, ritrovare il suo volto per ricostruire se stessa.
Le due amiche vivono il dopoguerra in modo estremamente diverso: da una parte l'odio sviluppato da Lena nei confronti della Germania, l'orgoglio dell'origine ebrea e il desiderio di raggiungere la "terra promessa" in Palestina; dall'altra c'è la povera Nelly, che vuole solo ritrovare il marito, la sua casa, ed in fondo, se stessa.
Importante il passaggio nel quale lei rinnega le proprie origini: lei è tedesca, non vede dove altro dovrebbe vivere, l'idea di trasferirsi altrove non la prende nemmeno in considerazione, vuole il suo paese, la sua casa, suo marito.
Ed ora basta parlare di trama, a me importa sempre meno: mi interessano l'emozione, il concetto, la suggestione.
Da questo punto di vista il film non delude, anzi.
Viviamo la transizione emotiva di una donna che inizia con la disperata ricerca del marito ed il suo rifiuto di odiarlo. Quel marito che come umano l'ha "uccisa" eppure, nella sua dimensione idealizzata, l'ha inconsciamente salvata.
Quell'uomo DEVE essere rivisto, DEVE essere ricollocato nella sua posizione materiale e terrestre, lui che è così materialista e mediocre, lui che è l'incarnazione della bassezza umana, libera di esprimersi senza vergogna nella lotta per la sopravvivenza.
Lei ha bisogno di cancellarne il ricordo aureo, ha bisogno di vederlo davvero, di scoprirlo, ma non per odiarlo, non per vendicarsi, solo per potergli dare le spalle senza rimorsi e finalmente rinascere.
Simbolico ed assolutamente significativo il ruolo dell'amica: lei non è stata deportata, lei con la sua ricchezza si è salvata in svizzera, lei sogna Israele, lei rigetta il suo passato, non ha più legami, solo odio per i nazisti.
Eppure, forse, c'è dell'altro dentro di lei: un certo senso di colpa per avere evitato il peggio.
Ma tra le due chi è la vera fortunata?
Nelly ha perso tutto, è stata deportata e sfigurata, tradita mortalmente dal marito...
eppure lei è viva, vuole vivere, lei ha un "motivo".
Lena invece è stata solo sfiorata dalla guerra, è benestante, può trasferirsi, può continuare a vivere, eppure non c'è parvenza di vita in lei: non c'è amore.
Paradossalmente lei che ha tutto non ha niente.
L'unico suo "motivo" sembra essere quello di riportare Nelly (e simbolicamente tutti gli ebrei) alla salute, alla normalità, ad una nuova vita nella nuova Israele.
Il suo fallimento la svuota di tutto, gli toglie "il motivo" e senza di esso la vita stessa non ha ragione di esistere.
L'attenta regia ci permette di notare dei particolari interessanti, di cogliere le sfumature di una Nelly comunicativa nel suo quasi totale silenzio, ci da il tempo di vivere il suo travaglio interiore, ci sembra di digerire noi stessi, insieme a lei, la terribile ma necessaria presa di coscienza del tradimento subito.
Un film emotivo, interiore, "importante" nella sua dimensione esistenziale. E poco importa se la logica ci porterebbe a pensare che alcune cose sono quantomeno improbabili, ci deve importare il messaggio, l'emotività, la capacità di rappresentare le diversità delle anime umane in modo quasi silente.
Aggiungo una nota sul finale: piccolo capolavoro non urlato ma di una forza incredibile.
Lei doveva risorgere e lei è risorta, ci è riuscita, come una fenice.
Già, come una fenice...
Fenice che è il nome del locale che simboleggia il "prima" ed il "dopo", in piedi in mezzo alle rovine, emblema stesso della sopravvivenza ed evocazione della resurrezione...
Fenice che sarebbe anche il vero nome del film.
Già..."Phoenix", si chiamerebbe, e sarebbe bellissimo così, invece si è deturpato un nome, annullato un senso e tolto vita ad un ottimo lavoro, dandogli un nome vergognoso e banale, da film per ragazzini.
Per tutta la durata del film ho avuto l'impressione che il marito ,in realtà, fingesse di non riconoscere la moglie, mosso dal senso di colpa per averla abbandonata. Forse è più corretto dire che NON VOLEVA che la donna fosse la vera Nelli, infatti, cercava il difetto in ogni cosa (il trucco, la camminata etc. ),pur vedendo con i suoi occhi che non c'era nessuna differenza tra le due. Insomma si era creato uno stato mentale dove la moglie era necessariamente morte nel campo di concentramento, e la donna altro non era che una sosia da utilizzare per il suo piano di accaparrarsi il patrimonio.
RispondiEliminaBello il finale, dal mio punto di vista, grazie a questo, il film si è salvato in calcio d'angolo.
Sulla questione titolo, invece, trovo che "il segreto del suo volto" sia molto bello e delicato, anche se richiama tantissimo "il segreto dei suoi occhi"
In realtà anche io ho avuto un certo sospetto sul marito per un po'...però il finale mi sembra chiarisca che non era questo il caso.
EliminaFinale che, come abbiamo detto entrambi, è davvero bello.
Mi pare di capire che non ti sia piaciuto il film in generale, mi dispiace.
Io, come hai letto, trovo il titolo davvero indegno.
Credo che sia molto simile a quello che alle elementari avrei dato io (e 3/4 della mia classe).
Poi la sua inadeguatezza è messa in maggiore evidenza dal titolo originale, che al contrario è aderente e sensato.
Ma perché non ti è piaciuto il film?
il finale mi fa pensare che il marito, sentendola cantare e vedendo il numero sul braccio ,non possa più fingere sull identità della moglie, insomma deve ammettere a se stesso che è Nelli, anche perchè è impossibile che un marito non riconosca la moglie :/
EliminaA me piace :) lo trovo misterioso, dolce e malinconico. Questo significa che sono una ventiseienne con la testa di una bambina delle elementari :D
Guarda, a meno che un film non sia veramente pessimo,e quindi li si parla di brutto oggettivo, penso sia necessario che scatti la scintilla, ti deve prendere, non c'è un perchè. Ti rimane addosso, si crea una forma di empatia con i personaggi. Se tutto questo non accade, beh, c'è poco da fare. Può essere la trama più interessante del mondo, gli attori migliori, il regista più bravo, ma alla fine tutto si risolve con quello che proviamo durante la visione. Per farla breve, non c'è un perchè vero e proprio, semplicemente a pelle, non mi ha preso. E comunque,parlando in termini di voto ,siamo sulla sufficienza, nemmeno rimandato a settembre ;)
Finale del film strepitoso. Vale da solo il prezzo del biglietto.
RispondiEliminaSul titolo avevo già storto il naso pure io, ma tanto quello lo faccio sempre. Mentre trovo bellissimo il titolo del libro a cui il regista si è ispirato: "Le retour des cendres".
ho visto che su sky lo stanno dando, e l'ho evitato ignorandolo un tantino... invece la tua recensione me lo fa apparire molto interessante, lo ammetto
RispondiEliminaPer Rachele: anche per me sarebbe assurdo che uno non riconosca la moglie, solo che ho dato un'interpretazione più concettuale che realistica della faccenda.
RispondiEliminaCerto, ieri ne parlavo di sta cosa, devo dire che la possibilità che sia come dici tu apre una prospettiva anche più interiore ed interessante.
Io non parlo mai di voti ma se il tuo è un 6 ti dico che il mio è qualcosa di più, poi chiaro che si è influenzati dal momento, dalla predisposizione e dalla scintilla di cui parli.
Per Poison:
Quella dei titoli in italiano è storicamente una battaglia persa, troppo spesso mi sembrano terribili.
Interessante la storia del titolo del libro
Per Patalice:
Sono davvero felice che una mia recensione possa influenzare un interesse, in fondo si scrive per quello. (Per es.: Per "colpa"di Giuseppe io ho visto tipo 10 horror in 4 giorni :-) , ma ho scoperto alcune perle )
A questo punto aspetto solo che tu lo veda e che ci dica la tua, e se sarà rissa, pazienza! Ah ah ah