19.6.17

Recensione "The Necessary death of Charlie Countryman" - Cinema e Musica - 3 - Di Alex Cavani

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Torna il nostro giovane musicista Alex Cavani con la sua rubrica di recensioni di film presi, principalmente, sull'aspetto della colonna sonora (ma non solo, anzi...).
Altro film misconosciuto (ma con LeBeouf, Rachel Wood, Grint e Mikkelsen...), altra opera da scoprire


Immaginate una cena galante: gli invitati sono John Waters, Danny Boyle e Quentin Tarantino, il cameriere è Seth Rogen e gli chef in cucina si chiamano Gaspar Noé e Nicolas W. Refn.
Il risultato di questa cena secondo me potrebbe essere il film in questione.
Non ho mai provato quella sensazione di "Cosa ho appena visto", frase spesso abusata sul web,  anche di fronte a opere estreme o weird, forse perchè sapevo sempre, nel bene o nel male, cosa stavo per vedere; questo film invece l'ho intercettato in televisione qualche notte fa per caso e senza alcun interesse, ma mi ha catturato all'istante, lasciandomi alla fine per mezz'ora seduto sul divano a chiedermi il senso delle quasi due ore appena trascorse.
Tutti, critica e pubblico, hanno parlato male di questo film, mentre io ne sono rimasto ingenuamente affascinato e divertito.
Ecco, forse è proprio questa ingenuità di fondo, che guida tutto lo svolgimento del film, ad aver fatto storcere il naso ai cinefili e ai critici, mentre secondo me può essere la chiave di lettura per godersi la visione con un bel sorriso stampato sul viso.
Parlare della trama può essere inutile e fuorviante per la complessità degli eventi, ma a grandi linee possiamo dire che tutto il film è un lungo flashback e dopo l'introduzione la storia comincia col nostro protagonista Charlie (Shia Labeouf), che dopo aver avuto una visione della mamma morta per eutanasia, si reca a Bucarest per liberarsi dal dolore della perdita; sull'aereo conosce un tale che muore nel sonno e che prima di spirare gli chiede di consegnare un oggetto alla figlia. Charlie si innamorerà perdutamente della bella Gabi (Evan Rachel Wood) andando a mettersi contro l'ex marito Nigel (Mads Mikkelsen), boss della mafia rumena, e i suoi affari.

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Storia che sembra scontata, ed in parte lo è, soprattutto nel suo banale happy ending, ma è tutto il contorno che rende il film degno d'interesse.
Partiamo dal cast stellare: Shia Labeouf. A prescindere dall'idea e dai giudizi più diffusi attorno alla sua persona, a me quest'attore piace ed è sempre piaciuto, della sua vita privata m'interessa poco. Sono legatissimo ad un film che guardavo da piccolo e che è anche il suo esordio, "Holes", e penso che questo "Charlie Contryman" sia una delle sue prove più mature e personali.
Mads Mikkelsen è straordinario, con la faccia che si ritrova può anche solo muovere un labbro per comunicare (e lo fa!) e qui è un cattivo spietato e senza scrupoli, affiancato da un altro attore che adoro (protagonista di un film semisconosciuto che è anche uno dei miei film preferiti di sempre), Til Schweiger, cattivissimo pure lui.
Evan Rachel Wood recita bene la sua parte di femme fatale sensibile, ma costretta a essere forte e cinica. Purtroppo le inflessioni rumene che cerca di immettere nella sua pronuncia, fanno ridere sia in lingua originale, che nel doppiaggio italiano.
Per ultimi la coppia di amici di Charlie, James Buckley e Rupert Grint, vero fulcro del film a mio parere: una coppia stralunata e perennemente strafatta, che introduce Charlie alle follie della capitale rumena, tra una battuta demenziale e l'altra. Loro di fatto costituiscono quell'ingenuità di fondo di cui parlavo all'inizio, fatta di droghe, visioni, nudità ed erezioni incontrollate (una delle scene più nonsense del film).
La regia di Bond, che arriva dal mondo degli spot e dei videoclip, e la sceneggiatura di Matt Drake (Project X) sono i punti più criticati dalle recensioni e non del tutto a torto: il film da continuamente quella sensazione di essere un lungo videoclip condito di effetti. Però se guardiamo la pellicola guidati da quell'ingenuità che sta alla base della vicenda, allora possiamo goderci continue citazioni a registi o a film: rallenti insistenti che prendono in giro scene di rallenti ben più famose, espressioni inebetite su volti sudaticci e sporchi di sangue (che a proposito, qui non manca), corse forsennate à la "Trainspotting" per i vicoli di Bucarest, città che ci appare affascinante, libertina ed estremamente pericolosa, luci e trip che citano più o meno velatamente "Enter The Void", colori, silenzi e uso delle musiche che ricordano lo stile di "Drive" di Refn, comicità tarantiniana e torture demenziali a go go e infine battute e dialoghi davvero incommentabili, al limite del pulp (o del trash): "Noi due siamo le perle e il mondo l'ostrica!", "E se morirò, morirò per amore... E' una ragione cazzuta!".


Tutto questo è immerso in una atmosfera globale che profuma di Sundance Festival e puzza terribilmente di anni '90.
Quest'ultimo aspetto è legato, oltre ai rimandi visivi che ho elencato prima (e potrei anche aggiungere i vestiti, le acconciature, ma anche le droghe e le location) proprio alla soundtrack quasi onnipresente che accompagna le corse e le (dis)avventure di Charlie.
Infatti ciò che mi ha spinto a proseguire la visione del film, una volta letto il titolo curioso e visti i titoli di testa e la prima scena, è stata la musica: un tripudio di suoni sintetici e pianistici, melodie e beat elettronici da club inglese e la memoria che corre agli anni del Madchester Sound e della nascente scena techno britannica.
I nomi che si celano dietro i brani della colonna sonora sono quelli del compositore Christophe Beck (troppe le colonne sonore importanti che ha composto, forse la più recente e la più nota è quella del film d'animazione "Frozen") e del collettivo Dead Mono (le loro composizioni sono presenti in moltissime pubblicità di brand internazionali), che firmano quattordici brani essenziali, con il piano e le tastiere in evidenza, spesso basati su una sola linea melodica che viene man mano arricchita da percussioni mai troppo invasive e orchestrazioni soffuse, il tutto per creare piccoli quadretti a base di post rock, electro-pop strumentale e ambient. La carica emotiva di queste tracce è forte inserita nel contesto del film, ma è il film stesso a non permettere del tutto l'empatia con lo spettatore e a smorzarla. Presi da soli, brani come "The End", esprimono un'emozionalità enorme, commuovono e stupiscono per la loro eleganza e la loro semplicità. L'unico rammarico è averli inseriti coi tempi sbagliati, in momenti che sarebbero stati "esatti" in un film drammatico canonico, ma canonico "Charlie Countryman" non è e di conseguenza le emozioni che dovrebbero provocare le musiche non ne beneficiano fino in fondo.
Altro brano interessante e che forse funziona davvero nella scena in cui è stato piazzato è "Find Me Tomorrow", dove una dolce e malinconica frase di pianoforte si rincorre sempre più freneticamente, a simboleggiare la "fuga amorosa" di Charlie, finchè non viene raggiunta negli ultimi secondi da una batteria in crescendo, i battiti del cuore del ragazzo, destinata a spegnersi di botto, in linea con ciò che accade nel film.
"Bucharest Taxi Ride" invece è il brano più elettronico tra quelli del lotto, ma la formula è sempre la stessa ed emotivamente funziona sempre maledettamente bene, ricordando per tutti i suoi due minuti e mezzo le atmosfere dei pezzi di un compositore come Cliff Martinez nei suoi momenti più techno.
Ultima menzione per "Gabi's Story", il brano che rappresenta l'infanzia della protagonista femminile, attraverso la sua passione: il violoncello, al centro di questo brevissimo brano, che sul finale si arricchisce di riverberi e beats delicati, ancora una melodia malinconica e nostalgica che ben si accompagna al sorriso spento di Gabi mentre racconta la sua vita travagliata.

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Questi sono i binari su cui si muovono i brani di C. Beck, ma ad arricchire la soundtrack ci sono altri illustri interpreti; su tutti un nome che richiama prepotentemente gli anni '90: Moby.
Poco da dire sulla carriera di Moby, qui in questo film la sua presenza fa la differenza eccome!
I sei brani che il compositore americano ha offerto alla pellicola sono tutti degni di nota e provengono per la maggior parte dagli album "Wait For Me" (2009) e "Destroyed" (2011).
In particolare è da citare "Shot In The Back Of The Head", durante la scena del trip tra Charlie e i suoi due amici, dove una batteria e una chitarra in reverse si muovono in controtempo, aumentando la sensazione di "rallentamento" e la perdita di percezione tipica dello stordimento causato, in questo caso, dall'ecstasy (abbastanza anni '90 no?).
Piccola curiosità: il video originale di questo pezzo è stato girato da David Lynch. Da vedere!
E poi i due remix che compaiono del brano "After", entrambi caratterizzati dalla ripetizione della strofa "But my mind was slow", che nel brano originale si ripete 34 volte ed è una frase significativa per una possibile chiave di lettura del film.
La versione "Drumsound & Bassline Smith Remix" è di gran lunga la più interessante, col suo mood drum'n'bass travolgente e i suoi beats incendiari; la scena dove Charlie scappa sui tetti, accompagnata da questo brano, dura poco più di un minuto, ma è al cardiopalma!
Per finire è da ascoltare anche "Lie Down In Darkness (Arno Cost Remix) ", un pezzo trance, morbido e avvolgente, il più malinconico dei brani di Moby qui presenti, con il suo testo che recita "Now that you're gone the sun will be no more ", mentre Gabi si allontana da Charlie.
Con tre brani tech house è poi presente anche la dj Audrey Napoleon, che non conoscevo prima di questo film, ma c'è da dire che il suo contributo è qualitativamente marginale.
Per finire compaiono due brani significativi: "Stars" dei The XX, un brano pop soffuso e sussurrato, con il piano e il basso in evidenza, che ben si adatta a descrivere cos'e l'amore per Gabi e per Charlie (I can give it all on the first date, I don't have to exist outside this place and dear know that I can change), anche grazie all'alternanza delle voci maschili e femminili.
Se il testo funziona, lo stesso non si può dire della musica in relazione al momento in cui il brano viene inserito, durante una scena romantica sì, ma che richiederebbe dinamicità, ed invece viene appesantita da un brano fin troppo delicato.
Ma ecco la sorpresa sul finale del film, in un crescendo di scene e battute grottesche, con il povero Charlie in balìa degli eventi appeso a testa in giù: il brano che ascoltiamo e che ci accompagna fino ai titoli di coda è "Intro" degli M83.
Chi ha visto "Suburra" di Stefano Sollima sa che effetto fanno i pezzi degli M83 all'interno di un film e qui le emozioni sono le stesse, intense e drammatiche, ma le scene che la pellicola ci mostra non lo sono affatto. Si crea un paradosso che in questo caso non fa altro che aumentare esponenzialmente la carica emotiva nello spettatore, che assapora ogni dettaglio dei primi piani dei personaggi e in un attimo ne coglie tutta la psicologia. Un bellissimo risultato, a suon di synth prepotenti e cori campionati che ripetono "We carry on", quella frase che arriva dal profondo dell'anima di Charlie Countryman, il ragazzo che doveva per forza morire.
Su una kitschissima scritta finale si conclude il film e ognuno può farsi la sua opinione.
La mia è che questo sia un film diverso dagli altri, non per forza migliore, ma di certo diverso: una commedia romantica con sfumature drammatiche ed action, guidata dal voice over di John Hurt nella versione originale, che gode di alcune interpretazioni brillanti e di alcune sopra le righe, di scene deliranti e alcune di gran classe, di dialoghi vuoti, ma pieni di comicità e irriverenza, di sentimenti e propositi futili, ma capaci di commuovere e far passare all'azione i personaggi.
Il mio consiglio è quello di guardare il film immedesimandosi nei personaggi di J. Buckley e R. Grint, lasciandosi sorprendere e guidare dall'ingenuità e dalla curiosità che muove un turista che non ha nulla da perdere in una città straniera. Solo così allora il film lascerà un segno nel cuore di chi lo guarda e la sensazione di una cena mal riuscita che però ti fa uscire dal ristorante soddisfatto per aver vissuto un'esperienza nuova con amici che non vedevi da tempo.

P.S. E poco importa se Shia Labeouf ha dichiarato di aver assunto degli acidi durante le riprese, qui per me recita bene e basta.

La visione della mamma morta al figlio Charlie prima dello scontro finale: "Ti ricordi quando ti avevo detto di andare a Bucarest? in realtà volevo dire Budapest...".


8 commenti:

  1. Film certamente "strano" ma davvero affascinante, a me è piaciuto tanto, gli attori, la narrazione e la colonna sonora poi non sono così male ;)

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    1. Proprio in questo modo penso che bisogna prendere questo film, esattamente come l'hai descritto tu :)

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  2. Nessun film con Mads Mikkelsen è banale e Shia è indubbiamente bravo, poco mi importa se sia "disturbato"...a me questo film è piaciuto molto nel suo essere favola medievale ai giorni nostri. Me lo sono anche preso in Dvd. Bella recensione; speravo proprio che prima o poi venisse notato.

    P.S Evan Rachel Wood è proprio sexy in questo ruolo....

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    1. Concordo su tutti i fronti, bellissima l'immagine della "favola medievale" (urbana aggiungerei), si adatta benissimo a questo film!

      E come non darti ragione sulla Wood.... ;)

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  3. Non essendo io su Facebook ho visto che un ragazzo chiedeva che musica fosse quella a inizio film, rispondo qui nel caso dovesse leggerlo; la risposta è che è la stessa musica del finale: Intro degli M83 :)
    Spero possa leggere!

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  4. Grazie alla tua analitica disamina ho individuato la canzone fatta col pianoforte che segue i titoli di testa. La inseguivo da tempo. Non potevo che trovarti nel blog di Giuseppe. Con sincera ammirazione. Vieri.

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    1. Lieto di esserti stato utile Vieri :)
      Mi ha fatto molto piacere.

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  5. Film da vedere in lingua originale perché Shia è notevole e la Wood ha preso l'accento rumeno magnifico.. già il film è buono ma in lingua originale lo diventa ancor più

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