L'opera prima del regista del magnifico The Crescent è un film complesso, malato, sporco ma, per me, bellissimo.
Una coppia e la propria dipendenza dal succhiare stelle marine.
Un trip allucinato, una lenta discesa verso la distruzione fisica e psicologica.
Film molto povero, ma con delle trovate visive e una colonna sonora formidabili.
Io, al solito, ho provato a dare le mie interpretazioni e questa volta c'è stato bisogno di due visioni.
In ogni caso la conferma di un autore sconosciuto ma di grandissima sensibilità e visionarietà.
(il film è presente nel Guardaroba de il buio in sala)
presenti spoiler, dovendolo interpretare sono obbligatori
C'è un pezzo bellissimo di Samuele Bersani, En e Xanax.
Racconta di una coppia di ragazzi che si riconosce nella propria malattia, nel proprio mal di vivere, nelle proprie dipendenze.
Parla di come, insieme, raccontandosi le stesse paure, possono forse farcela.
Le parole di Bersani sono bellissime, se non la conoscete ascoltatela.
Ecco, per gran parte della sua durata questo potentissimo esordio del regista che poi girerà il superlativo The Crescent, Seth A. Smith, nella storia dei due protagonisti del film mi ha ricordato questa canzone.
Vivere in simbiosi la propria dipendenza, non potere fare a meno dell'altro, fare di due debolezze una forza.
Poi il film andrà - probabilmente - verso altri lidi ma questa comunione nella disperazione rimane molto forte.
Più la visione andava avanti più venivano fuori tantissimi elementi che poi vedremo in The Crescent.
Bastano i primi 5 minuti e abbiamo i titoli iniziali stile vernice liquida (poi nel secondo film saranno perfezionati tanto da diventare bellissimi) e una telefonata (ricordate la telefonata di The Crescent?) in cui si parla addirittura di un incidente in barca.
Cinque minuti e abbiamo la vernice, la telefonata, l'incidente in barca.
Ma non ci fermeremo qui, avremo una colonna sonora similissima (per me straordinaria, sia nei brani che nelle distorsioni, musicali e di semplici rumori che siano), la sensazione di trovarci in un film che gioca col metaforico e con le dimensioni parallele, la trasformazione fisica (lì l'uomo paguro, qui l'uomo "lumacone"), la chiesa che ha quasi la stessa struttura della casa del secondo film, quel mare da attraversare che in tutti e due i film ha un valore simbolico fortissimo, uno di vita, qua, invece, di definitiva perdizione ( è l'Isola della Dipendenza, quella dove si diventa in tutto e per tutto la sostanza da cui dipendi).
Ma ci sono anche alcuni elementi tecnici come ad esempio quelle bellissime scene in piccolissimi riquadri (in The Crescent presenti specialmente nell'indimenticabile finale, qua una specie di lovecraftiana rappresentazione della malattia) e altri tipi di inquadrature.
Insomma, sì, questi due film sono dello stesso regista, uno con le medesime ossessioni, con le stesse paure, con la stessa genialità e, per me, la stessa grande sensibilità.
Certo Lowlife è molto più malato, sporco e povero, una vera e propria opera prima che puzza di anni 80 (tra l'altro lui mi ha ricordato anche un pochino l'Henry di "Henry pioggia di sangue").
Ma Smith è talmente bravo che sopperisce al budget con le idee, con l'uso straordinario anche di tecniche base come le dissolvenze e i filtri.
Guardate il primo trip di Asa, quello dopo il primo assaggio dei lumaconi (sì, lo so, sono stelle marine ma vengono chiamate slug e noi l'abbiamo tradotte così).
Una sequenza allucinata potentissima fatta soltanto di dissolvenze, sovrapposizioni, cambiamenti di ritmo.
Smith è uno che col niente riesce a fare film "jazz", pieni di variazioni, di tecniche diverse, di ritmi differenti, persino di formati diversi.
Qui usa poi anche il Bianco e Nero, un bianco e nero che è difficile capire se temporale (flash back o forward) o semplicemente metaforico (il colore lo vediamo quasi soltanto nelle scene di Asa da solo e...no, ci arriverò alla fine).
Insomma, un film poverissimo di mezzi, tanto sporco e malato, ma non uno di quei film "maledetti" ed estremi che vogliono scioccare dimenticandosi tutto il resto.
No, a Smith piace scrivere, piace rendere complesse le sue opere, piace mettere tonnellate di significati in questi significanti così strani e "fastidiosi".
I due attori son bravi, specie lui che ha un viso che basta da solo.
Ma di cosa racconta Lowlife?
Di una coppia che, piano piano, sprofonda sempre di più in una dipendenza.
Nel loro caso è quella di succhiare stelle marine (gli elementi del mare sono predominanti nei film di Smith).
Il succo e la carne di quelle stelle li manda in trip incredibili in cui, spesso, c'è la figura di un cane saggio e quasi divino, un Dio Cane (scusate) che con frasi difficili e altisonanti racconta loro quello che sono, quello che rischiano, il demone che li sta possedendo.
Alla fine lei morirà dopo che un pusher gay le ha fatto ingerire molta carne dei lumaconi.
Lui la porterà nell'isola di cui sopra e la seppellirà quasi sperando, pare, che resusciti (una specie di Pet Sematary).
Le cose non solo andranno diversamente ma sono SEMPRE state diverse.
Ed eccoci finalmente alla domanda da 100 milioni di dollari.
Di che parla Lowlife?
Cosa rappresenta?
CHE CAZZO VOR DI' ??????
Alla seconda visione ho trovato molti elementi per elaborare una tesi.
Dico subito l'elemento principale, poi tutto il resto viene di conseguenza.
Lowlife parla solo di lei, di Elle.
Lui probabilmente manco esiste o è mai esistito.
Lui, Asa, è la reificazione, l'uomo fatto carne della dipendenza di Elle.
Elle all'inizio del film è "pulita" ma comunque una donna triste e sola ("non ho amici, lo sai" dice ad un certo punto).
Lui che torna a trovarla non è altro che il ricadere nella dipendenza.
Tra l'altro non si parla mai di loro come una coppia di fidanzati, o di amici, o parenti. Loro sono una coppia come una coppia è quella tra il dipendente e la dipendenza.
Nel finale quando lei si risveglia nella fossa abbiamo 15 secondi in cui rivediamo scene del passato in cui lui scompare quindi, in teoria, Smith ci dà quasi esplicitamente questa lettura.
Ma sono solo pochi secondi e di sicuro è tutto fuorchè uno spiegone.
Certo, lo spettacolare finale, quell'immagine un pò dantesca un pò cronemberghiana di uomini nudi, fango e creature è una ulteriore conferma di questo ("pensavo che non venissi più Elle... Quante volte ci siamo visti, quante volte sei stata così vuota e sola da cercarmi...").
Tra l'altro la sofferenza fisica di Asa è quasi commovente, io credo che questa sia una immagine della Dipendenza da brividi.
Ma sono due, però, gli elementi più forti a suffragio di questa lettura, due piccoli dettagli che ora vi dirò.
Il primo è l'ultima immagine del film.
Ed è un pesce morente in un tavolo da pic nic.
Ok, anche questo, già da solo, volendo, è metafora.
Ma l'ho segnalato per un altro motivo.
Elle ad un certo punto del film ci parlava di un suo incubo ricorrente e questo incubo era proprio di un pesce morente in un tavolo da pic nic.
Voi capite che chiudere il film così ci suggerisce in maniera quasi urlata (anche se pare ossimorica come espressione) che tutto quello che abbiamo visto in cui non compare Elle (le scene di Asa per capirsi) fossero tutte nella testa della ragazza. Se quella scena finale è il suo incubo facile pensare che tutto il film sia solo e soltanto il racconto dei suoi demoni e della sua dipendenza.
Voi capite che chiudere il film così ci suggerisce in maniera quasi urlata (anche se pare ossimorica come espressione) che tutto quello che abbiamo visto in cui non compare Elle (le scene di Asa per capirsi) fossero tutte nella testa della ragazza. Se quella scena finale è il suo incubo facile pensare che tutto il film sia solo e soltanto il racconto dei suoi demoni e della sua dipendenza.
Ma è nello spartito musicale che il pusher gay tiene in mano quando la chiama nel finale (a proposito, quella scena dimostra che lei non è mai morta, semplicemente ingerendo le stelle marine è finita in un dimensione quasi "definitiva" della dipendenza, l'approdo all'Isola) che abbiamo la risposta definitiva.
Sono i titoli delle tracce musicali composte da Elle (che è una musicista, un'artista, e questo ci fa pensare a un film molto autobiografico).
Ogni titolo è "vivere come..."
Live as a dog
live as a worm
live as a...
tutti animali diversi finchè, l'ultima traccia, è
live as a slug
vivere come un lumacone, ovvero la sua ultima dipendenza
ma non è qui il capolavoro di scrittura di Smith ma proprio nella particella "as a"
As a
"Asa"
il nome di lui
Ed ecco che abbiamo al certezza di come lui sia il suo alter ego, il "corpo" delle sue dipendenze.
Non è un caso poi che vediamo
"live as a slug" cancellato e poi riscritto
perchè lei era già caduta in quella dipendenza (tutti i dialoghi a inizio film con Asa parlano della loro vecchia convivenza e di come fosse finita "male").
In quella cancellatura c'è lei che aveva superato la cosa ma poi quella stessa cosa è ritornata, ecco perchè quel
Il finale suggerisce una possibile salvezza di Elle (guarda le stelle marine e non gli fanno effetto, il Dio Cane quasi la prega di non fare come gli altri, di abbandonare quel corpo putrescente - Asa - che la stava uccidendo).
Probabilmente la ragazza tornerà nell'altra parte della riva sana e salva.
Ora, di cose da decifrare ce ne sono ancora tante (ad esempio il personaggio di Tommy Gods, quello morto a inizio film e che vediamo nel finale, personaggio sicuramente importante che lascia anche il piccolissimo dubbio che alla fine sia lui il personaggio principale e i due della coppia la sua parte bianca e nera), il cane (l'uomo che ne perde uno, quello saggio che parla, quasi una Coscienza ), il racconto dell'Uomo di Fango e delle anguille e tanto altro.
Tutte suggestioni a cui io mezze letture posso darle ma preferivo dilungarmi su quella principale,
Tra l'altro la parte onirica del film, quella degli incubi, è davvero potente, a tratti anche disturbante.
La stella marina iniziale fatta con le uova, il già citato Uomo di Fango, lui che mangia dalla bocca di lei i pezzi di stelle marine, la trasformazione finale, alcune immagini di degrado, il film ha veramente un'anima molto malsana.
Ma, come dicevo, tutto questo non è gusto per lo shock visivo ma una grande sensibilità autoriale, il racconto di un dramma probabilmente molto intimo.
Ma, come dicevo, tutto questo non è gusto per lo shock visivo ma una grande sensibilità autoriale, il racconto di un dramma probabilmente molto intimo.
Spero che a questa recensione ci arrivi chi ha già visto il film perchè la prima visione "nuda" di informazioni è l'unico modo per essere presi (o non presi) da un'opera complessa, fastidiosa, ma che ha nella sua difficoltà la propria magia.
E, ancora una volta, dopo The Crescent (anche se questo veniva prima) abbiamo un autore che riesce a parlare di cose dolorosissime, molto intime, molto personali, in una maniera metaforica e suggestiva.
Io non ho mai vissuto di vere e proprie dipendenze ma chi l'ha fatto, credo, potrà trovare in Lowlife una commovente rappresentazione dell'inferno fisico e mentale cui portano.
Sperando di non diventare mai del tutto le nostre dipendenze, di non trasformarci in esse, nei mostri che sono, ma di girare le spalle, prendere una zattera, e andarsene via di lì
Ottima recensione Giuseppe, hai in gran parte confermato le mie impressioni sulla natura del film e sull'effettiva metafora che tutto il personaggio di Asa rappresenta.
RispondiEliminaMi piacerebbe soffermarmi sul personaggio di Tommy Gods, che a parer mio è la chiave un po' di tutto il film, dato che effettivamente partirà con esso (la chiamata del ritrovamento del suo cadavere) e finirà di nuovo con lui (Asa che se lo porta via).
Per come la vedo io Tommy era con tutta probabilità il fidanzato di Elle, si presume "dipendente" anch'egli dallo slug come lei.
Il messaggio iniziale del ritrovamento è indirizzato proprio a lei, che stroncata dal dolore per la sua morte decide di riabbracciare Asa per alleviare tale sofferenza.
La prime parole che Elle rivolgerà ad Asa saranno proprio "Non deve andare come l'ultima volta", segno che indica come in passato egli l'abbia fatta soffrire (portandole via il fidanzato appunto).
Per il film sono sparsi altri indizi a riprova di ciò, come il ritaglio di giornale che cade dalla giacca di Elle mentre lui la trasporta in macchina per portarla al lago; sul ritaglio c'è appunto un articolo che riporta il ritrovamento del cadavere di un ragazzo identificato come Tommy Gods, Asa lo guarda quasi con disprezzo, consapevole di essere il responsabile della sua scomparsa.
Il sogno che Elle fa di continuo, raffigurante un pesce marcio, lo ritroviamo nell'epilogo; il pesce viene inquadrato proprio un momento prima che Asa porti via Tommy.
Qui capiamo come quell'incubo sia in realtà il continuo tormento che Elle ha nei confronti della perdita del proprio amato che, non volendo accettare la realtà, si limita a riassumere il tutto come la vista di un pesce marcio, rifiutandosi di menzionare cosa esso appunto rappresenta.
L'epilogo dunque è una sorta di "prologo" del prologo, dove viene dato un senso definitivo a quella chiamata iniziale.
Il lupo, altro simbolo che comparirà svariate volte pure nelle scene coi riquadri, lo vedo (come tu stesso hai detto) come ciò che rimane della coscienza pulita di Elle, che cerca in tutti i modi di allontanarla da Asa (trascinandola via dalla dipendenza quindi); prova di ciò ce la dà pure il fatto che Asa abbia paura di quel lupo e cerchi in ogni modo di allontanarlo ogni volta che lo incontra, quasi a combattere l'ostacolo che si contrappone tra lui ed Elle.
Il fatto che il luogo della completa discesa nella dipendenza sia l'isolotto in mezzo al lago è dato dal fatto che, con tutta probabilità, Tommy sia morto lì in preda ai deliri della droga, caduto magari proprio da quella barca che Asa usa per portarci Elle. Egli infatti (se non ricordo male) viene ritrovato proprio nei pressi di tale lago e dunque è facile che Elle l'abbia convertito in una sorta di inferno con cui alla fine dovrà fare i conti.
Per fortuna una volta catapultata qui, riconoscerà Asa per quello che è, ovvero la sua dipendenza (lo vede infatti sotto forma di slug) circondato da tutte le vittime che ha portato con se; finalmente riuscirà a fare i conti con se stessa e tornare alla realtà, liberandosi da quella prigione.
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