23.3.22

Quello che può accadere in vetta - la mia sui casi Osaka e Barty

 


Nemmeno 15 minuti fa ho saputo del ritiro, a soli 25 anni, della tennista numero 1 al mondo, la Barty.
Senza nemmeno accorgermene mi sono ritrovato al pc a "dover" scrivere queste righe, ricordando anche un altro caso - diverso ma non troppo- che riguarda una recentissima numero 1 del mondo WTA, la Osaka.
A volte si pensa che raggiungere la vetta sia tutto, che rappresenti la felicità.
Non ci può essere visione più superficiale.
Ho provato a dire perchè.

E' di pochissimi minuti fa la notizia che la numero 1 del tennis mondiale, la magnifica - tennisticamente - Ashleigh Barty - ha dato addio al tennis.
A soli 25 anni.
Da numero 1 incontrastata.
La Barty non giocava a tennis, la Barty era il tennis, un pò quello che potremmo dire per Federer.
Non che per questi campioni la forma fisica e mentale non siano importanti (resteranno sempre conditio sine qua non di questo sport) ma per loro giocare a tennis è(era) qualcosa di così naturale che viene quasi automatico personificare questo magnifico sport con loro.
Federer e la Barty sono il tennis.
Ma mentre il primo a 40 anni e passa è ancora lì a provare a non salutarci per sempre (cosa che comunque avverrà quasi sicuramente dopo Wimbledon) la giovanissima australiana ha detto già basta, ad una età dove, di solito, si iniziano ad ottenere i primi risultati importanti (o almeno nel tennis femminile degli ultimi 20 anni che è sempre meno quello delle bambine prodigio degli anni 90).
Ma l'addio della Barty ci porta inevitabilmente alla memoria la crisi irreversibile della Osaka.
Perchè?
Perchè hanno una cosa in comune che sembra scema ma invece è forse il sintomo più importante su cui fare la diagnosi, ovvero essere state numero 1 del mondo.
Per chi segue poco il tennis dico subito che queste due giovanissime ragazze (una 24, l'altra 25) in condizioni normali (ovvero serenità mentale della Osaka e non addio della Barty) sarebbero state numero 1 e 2 del mondo per i prossimi 10 anni (a meno di qualche esplosione là sotto di una giovane - cosa mai scontata, vedete le difficoltà che sta avendo la Raducanu -).
Sono, per farla semplice, troppo più forti delle altre.
Troppo più potente la Osaka, troppo più tennis la Barty.
Eppure entrambe sono andate in grandissima crisi una volta raggiunta la vetta.
Sono due crisi al tempo stesso diversissime ma con qualche punto in comune.
La Osaka ha avuto il coraggio di dirlo pubblicamente, soffre di depressione.
Le veniva l'ansia e la tachicardia nel dovere fare conferenze stampa, nel dover dare risposte a domande sempre uguali, nel dover dare conto a sue sconfitte, a sue debolezze.
Una ragazza poco più che ventenne che soffre di depressione e "ansia sociale" non riusciva più a reggere tutto quel peso, davanti un'opinione pubblica e dei media che le stavano addosso 24 ore.
La Osaka iniziò a disertare conferenze stampa, a prendere multe.
Il suo era un grido d'aiuto che la miope organizzazione del tennis non capì e, invece di aiutarla, pensava solo a punirla.
Tanto che la Osaka ad un certo punto si ritirò, dopo aver vinto il primo turno, dal Roland Garros 2021 perchè non voleva che il suo "caso" fagocitasse tutto il resto, cercando al tempo stesso una sua serenità quella del torneo.
Da lì Naomi (anzi, già da prima) non riuscirà più a giocare con continuità, a reggere la pressione, a vincere.
Completamente un'altra atleta.
Tante persone fanno fatica a capire come una giovane di 22 anni, numero 1 del mondo di uno degli sport più importanti, piena di soldi e di fama possa soffrire di depressione.
Il caso della Osaka ha portato alla luce, grazie al suo coraggio, il segreto di Pulcinella, ovvero che la depressione se ne frega del successo in vita (la vita di fuori) ma ha delle dinamiche, dei percorsi e delle caratteristiche molto più profonde.
Anzi, molto spesso accade che proprio raggiungere la vetta acuisce quelle difficoltà, quei vuoti, quelle paure.
Proprio l'altro ieri ho visto Licorice Pizza e ho trovato dentro il figlio di Philip Seymour Hoffman. Ne parlerò in recensione ma come non ricordare quella scomparsa?
Attore al vertice, considerato uno dei più grandi della sua generazione.
Eppure quel mal di vivere.
Come lui decine, centinaia, di attori, imprenditori, sportivi, uomini di successo, tutti morti suicidi o scomparsi vittime della depressione.
Bisognerebbe capire che la serenità interiore (meno intensa ma più importante della felicità) molto spesso non dipende dal successo di fuori.
Certo le soddisfazioni, la stima, i risultati, gli obbiettivi raggiunti nella vita "emersa" sono importantissimi, e quasi sempre forieri di felicità e infelicità.
Specie in quelle persone che hanno la fortuna o sfortuna di vivere il proprio Io con superficialità, l'incapacità intellettuale o semplicemente la non voglia di guardarsi nel profondo.
Ma una persona depressa può essere depressa malgrado qualsiasi cosa, e ripeto qualsiasi cosa, le accada.
Certo vivere una vita piena, raggiungere risultati, avere mille persone accanto, fare mille cose sono spesso una cura eccezionale, ma resta il fatto che se tutte ste cose non ti tolgono il macigno che hai dentro non solo servono a poco ma, anzi, possono rendere quel macigno ancora più grande.


Se una ragazza che soffre di depressione come la Osaka arriva in vetta, se ha tutto, se tutti la vogliono, se diventa milionaria, se raggiunge sportivamente tutti i suoi sogni, e se malgrado questo sente che "dentro" non riesce comunque ad uscire dalla fossa, allora tutti quei risultati avranno quasi un effetto boomerang, dirsi "ho tutto ma sto ancora male" acuirà ancora più il suo malessere, vuoi perchè scoprirà che quelle che pensava potessero essere delle cure non lo sono state, vuoi perchè adesso non solo è una ragazza depressa ma è una ragazza depressa che deve stare tutti i giorni sotto gli occhi di tutti, vuoi perchè farà fatica a capire "ma allora di cosa ho bisogno per guarire?".
Diventare numeri 1 del mondo in queste condizioni, vedere che le luci dei riflettori non riescono comunque ad illuminare il buio dell'anima, può avere solo un effetto negativo.
Ma c'è anche un'altra motivazione per cui diventare i primi al mondo può causare effetti negativi, ed è quello successo alla Barty.
Il tennis è uno sport di motivazioni (poi, come tutti gli sport individuali, questa frase diventa ancora più forte, tu sei artefice dei tuoi successi, da solo, per questo le motivazioni sono tutto, non puoi sperare nella squadra), di obiettivi da raggiungere (per alcuni sono andare nei primi 100 del mondo, per altri nei primi 10, per pochissimi diventare numero 1, per altri ancora vincere un dato torneo).
La Barty aveva alcuni sogni.
Vincere Wimbledon.
Vincere i "suoi" Australian Open (è australiana).
Diventare numero 1 del mono (oddio, questo non so se sia stato un suo sogno dichiarato ma credo faccia parte dell'ordine delle cose).
Li ha raggiunti tutti e 3.
E se non hai la mentalità del cannibale, dei record, di far soldi, di vincere, vincere e vincere 10, 100, 1000 volte (Nadal, Djokovic etc...), allora quando raggiungi quegli obiettivi le motivazioni crollano.
Mi fa pensare al finale di OldBoy quando Woo-Jin si spara un colpo in testa dopo aver raggiunto il suo obiettivo

"E ora che altro posso desiderare?"

Niente, appunto.
La Barty è arrivata in vetta, anche con relativamente poca fatica (è numero 1 al mondo da 3 anni giocando un quarto delle altre), si è accorta che non ha più fame, che è già sazia, che in quello sport (che è solo una fase della sua vita) ha raggiunto tutto quello che voleva raggiungere.
E allora ha detto basta.


Perchè allenarsi ore e ore al giorno per giocare qualche torneo ogni tanto se le motivazioni non ci sono più?
(tra l'altro secondo me la Barty si ritira in un tennis femminile quasi privo di super campionesse, probabilmente se fosse stato più competitivo avrebbe avuto anche più stimoli, anche se questo sembra un paradoss vista la facilità con cui sarebbe stata ancora per tantissimo numero 1 del mondo).

Un'altra volta qualcuno arrivato in vetta e a cui quella vetta ha fatto male.
Ma se per la Osaka essersi trovata in vetta l'ha fatta sentire "nuda e debole" (come era già) ma sotto gli occhi di tutti per la Barty raggiungere la vetta ha significato invece il completo appagamento, il dirsi "ma ora che ho raggiunto l'Everest chi me lo fa fare di trovare le forze per scalare ancora montagne?".
Sembrano due casi completamente diversi eppure, se ci pensate, hanno un grandissimo punto in comune.
Ovvero quello che raggiungere il massimo, in entrambi i casi, non ha avuto un effetto benefico, non è stato lo stimolo per essere ancora più forti, non è stato un luogo privilegiato per guardare gli altri dall'alto in basso e godere di questo privilegio.
Ma è stato lo scoprire che i risultati non sono tutto.
Che se non stai bene dentro possono farti comunque male.
Che una volta raggiunti possono essere subito sostituiti da altri obbiettivi.
Che in un mondo sempre più competitivo quelli che guardano a chi vince e chi perde sono persone che non valgono granchè.
Perchè c'è solo un luogo dove si vince e si perde.
Ed è sotto la nostra pelle

14 commenti:

  1. ciao Giuseppe, anche io sono stra stra appassionato di tennis. Su questo post però farei una precisazione. Sulla Osaka ok, tutto quello che hai scritto è vero. Invece sulla Barty no. Da quel che so l'australiana ha sempre avuto un rapporto contrastato con il tennis. In passato lo aveva abbandonato per giocare a cricket. La Barty ha sempre giocato relativamente poco. La Barty in passato ha sofferto di depressione. Quindi non è stato il raggiungimento della vetta l'inizio del problema. C'è sempre stato.

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    1. Ma io non ho scritto questo.
      O se sì mi sono espresso male.
      La Barty, al netto dei suoi problemi passati, ha deciso di finirla ora non per depressione ma per mancanza di motivazioni, avendo raggiunto tutto quello che poteva desiderare.
      Fino a prova contraria, a sentire le sue parole, senza aver vinto quello che ha vinto non avrebbe smesso, è aver raggiunto tutto quello che voleva raggiungere (la sua vetta, a prescindere da quale sia, il numero uno è stato incidentale) ad averle fatto capire che adesso deve porsi altri obiettivi

      Non ha smesso per mal di vivere ma per mancanza di stimoli.
      Anzi, ha detto di star benissimo ed essere assolutamente serena della scelta

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    2. paradossalmente possiamo dire che è stato l'opposto, ha smesso per voglia di vivere, per voglia di cominciare altri progetti, un'altra vita

      in un certo senso l'opposto della depressione

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    3. Ah, forse ti riferisci alla frase "entrambe sono andate in grandissima crisi raggiunta la vetta"

      sì, è fuorviante ma la ritengo comunque giusta come frase

      La Barty smise da giovanissima, per motivi diversi da quelli di adesso.
      Quelli di adesso, come detto, derivano dall'aver dato tutto e raggiunto tutto quello che voleva.
      Andando al sodo, ha smesso perchè ha raggiunto la vetta

      però sì, potevo assolutamente far cenno alle sue cose passate che, come tutti gli appassionati, conoscevo bene

      hai fatto bene a dirle

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  2. io la leggo così: la Barty, a cui non piaceva il tennis od almeno la vita che comportava, ma dotata di cotanto talento, si è sentita in dovere di vincere quello che il suo talento le imponeva (Wimbledon e Australian Open). Assolto questo dovere morale (e guadagnato anche un bel gruzzoletto) ha salutato tutti. Avevo capito dal tuo articolo che il raggiungimento della vetta fosse stato l'origine per entrambe dei loro "problemi".

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    1. la penso esattamente come te :)

      no no, io intendevo che la vetta è stato il momento dove ci sono stati i due crolli (la Osaka che porta a galla la sua annosa depressione, la Barty che "finalmente" può smettere), di certo non la genesi

      però entrambe, a modo loro, hanno raggiunto l'apice della crisi lassù, per la Osaka è stato un aggravarsi della cosa, per la Barty una sorta di liberazione in qualche modo

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  3. Sei un grande Giuse'... e basta! Hai scritto tutto quello che penso anch'io sulla questione. Aggiungo solo - ricollegandomi a ciò che dici sul finale del post - che se Federer, Nadal e Djokovic sono diventati i "mostri" tritura record che sono, lo devono oltre che alla loro straordinaria motivazione e carica agonistica interiore anche alla fortuna (e non sfortuna) di essersi incontrati nella stessa epoca. I tre tennisti più vincenti della storia nello stesso periodo... non può essere un caso. Si sono motivati a vicenda per restare ai vertici per interi decenni e per ritornare da infortuni, periodi di crisi, ancora più forti di prima, per dimostrare a sé stessi di poter battere ancora una volta i loro grandi rivali. Quindi sì, il fatto che non si veda all'orizzonte una giocatrice in grado di insidiare il trono di Barty potrebbe aver influito sulla sua decisione di lasciare, oltre al fatto che probabilmente vincendo Wimbledon e Australian Open ha realizzato tutti i suoi sogni di bambina ( e di qualunque australiano che ami il tennis).

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    1. Come diceva qua sopra Enrico la Barty non ha avuto mai grandissime motivazioni

      Come ricordavo anche io nel pezzo da quasi sempre si è limitata a giocare un terzo delle sue colleghe stando in cima quasi senza volerlo (o comunque senza affanni, a lei interessava più che altro vincere quei due tornei)

      Quindi chissà, chissà se con 4-5 campionesse, ma di quelle vere, sia tecniche (Henin? Hingis? Mauresmo?) che atletiche e potenti (le Wiliams? la Davenport?) la Barty magari avrebbe avuto più voglia di giocare, di confrontarsi con loro, di avere una sanissima rivalità

      Che, ahimè, non ha avuto. Non ha vinto nemmeno tantissimo eh, ma comunque non perchè ci fosse qualche fenomeno in giro in grado di offuscarla, semplicemente perchè con quel poco0mche ha giocato e quel poco di impegno (rispetto ad altre) che ha messo poco più poteva vincere

      Adesso andremo incontro a 2-3 anni di numeri 1 a casaccio, ragazze che 10 anni fa avrebbero stentato in top ten

      C'è qualcosa tra le ventenni ma mai come nel tennis femminile essere forti a 20 anni può non voler dire niente

      Certo è che forse la Swiatek potrebbe "dominare"

      grazie!

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  4. Ciao forse non c’entra niente ma a me a questa storia ha fatto ricordare Susan Boyle.
    Te la ricordi?
    Guarda io ne avevo sentito parlare a suo tempo ma non ci ho mai fatto caso ….mai ascoltata , me vista niente di niente.
    Finché non mi imbatto su you tube un po’ di giorni fa nella sua storia .
    E ci credi che non dico ogni giorno ma quasi da , allora ci torno sempre sulla quella sua prima esibizione nel 2009 al Britain Got’s talent.
    E ogni volta mi vengono le lacrime agli occhi dall’emozione.
    Vedere sta 47 goffa , buffa ( una commediante pensavano fosse quando si è presentata davanti ai giudici) che ti faceva ridere solo a guardarla , non avresti scommesso una lira su di lei.
    Ebbene vedere quel pubblico, quei giudici che erano già partiti prevenuti ( pure io lo ammetto , quando l’ho vista per la prima volta) poi subito dopo che ha aperto la bocca per cantare , alzarsi in piedi ed applaudirla ecco per me lei aveva già vinto.
    Vinto su tutti.
    Immagino che nella vita bisogna essere campioni prima per se stessi e poi per gli altri.
    E non è solo qualcosa che riguarda lo sport .
    Lei dopo quella prima esibizione aveva vinto.
    Poteva chiuderla la.
    Ma ha continuato perché doveva dimostrare agli altri di poter diventare una cantante professionista.


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    1. Me la ricordo come fosse ora, ma che scherzi, è una cosa storica davvero

      Il caso della Boyle credo sia esattamente opposto a quelli qua sopra Max, ma esattamente eh

      Mentre qui sopra parliamo di sportivi che per 20 anni della loro vita (cominciano verso i 6 anni) fanno un percorso per sperare di essere i numeri 1, e si allenano ore e ore al giorno, e fanno duemila tornei, e fanno mille rinunce, e cambiano tutta la loro vita (a cominciare dall'alimentazione) per arrivare a quello, la Boyle, come dicevo, è l'esatto opposto,è "l'eroe per caso", è quella che arriva in vetta calata in un secondo da un elicottero, senza aver scalato nemmeno un metro

      Nello sport non potrebbe mai succedere ovviamente

      Ma il tuo caso è molto interessante proprio perchè opposto ai miei

      Però, e qui il punto in comune, anche lei si è trovata in vetta e ha reagito come dici

      E' anche vero max che, non vorrei sbagliare, visto il successo avuto non poteva smettere, dovevano usarla, poteva essere una macchina da soldi,anche se solo per un breve periodo

      lei è stata usata da tutti (tv, case discografiche, etichette) ma alla fine ha fatto bene

      non so poi come sia finita, dopo ci guardo

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  5. E ci è riuscita , ha fatto i soldi vendendo dischi , scalando le classifiche mondiali.
    Poi si è fermata perché ha capito che non aveva bisogno di dimostrare altro a nessuno.
    Forse quel successo ottenuto era oltre le sue aspettative.
    Anche lei è caduta in depressione, le hanno diagnostico l’Asperger e quando l’ha saputo secondo il web , si è sentita libera.
    Ha preso una casa lussuosa e poi l’ha donata alla nipote per tornare nella sua vecchia casa dove viveva prima.
    Oggi fa le stesse cose di prima , viaggia in autobus e canta nella sua chiesa , è grata per quello che ha avuto ma non è stata schiacciata da quel successo che se non lo sai gestire ti può far molto male.

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    1. Aahahha, dicevo che dopo ci avrei guardato e invece mi dici tutto te, bene!

      ah, che bella storia!

      grazie della splendida testimonianza

      e comunque sì, se come è arrivata lassù è opposto allo sport poi tutto il dopo era molto pertinente

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  6. Ciao Giusè

    A me la vicenda della Barty ricorda 2 vicende ancora più eclatanti se permetti

    Nico Rosberg, che il giorno in cui ha vinto il suo mondiale in F1, contro tutto e contro tutti, ha comunicato il suo ritiro: ha vinto contro ogni pronostico di esperti e tifosi, contro la propria squadra che ha fatto di tutto per far vincere il suo compagno "politicamente corretto" guidando una macchina uguale ma inferiore, contro il compagno di squadra indiscutibilmente bravo, contro lo scomodo ed opprimente mito del padre Keke.
    Ha raggiunto il suo personale obiettivo, ha ringraziato il mondo e ha detto "No mas". Giù il cappello per chi sceglie la famiglia rispetto alla fama!

    Daniel Komen, forse il miglior mezzo fondista di tutti i tempi ( se andassimo a sommare tutti i suoi personali su 1500, 3000, 5000 e 10000 metri). Corse per poco più di 3 anni in gare di livello mondiale e lo fece solo per procurare i soldi necessari al sostentamento della famiglia stabilendo nel frattempo 4 record mondiali di cui 3 imbattuti a più di 25 anni di distanza.
    Rinunciò ai trials Kenyani per le olimpiadi perchè non avrebbe potuto correre ogni settimana per policy della sua nazionale e questo avrebbe significato non poter aggiudicarsi i premi dei vari meeting disponibili tra i trials e i giochi
    Vinse un oro ai mondiali del 1998, ed anche i giochi del Commonwealth lo stesso anno.
    Tutto questo garantì un futuro economicamente sicuro alla sua famiglia. A quel punto, visto che la vita da atleta non gli piaceva neanche tanto, ringraziò e si ritirò in bellezza.

    Se non te lo ricordi e vuoi più dettagli vai a vedere la sua storia su Youtube al canale Total running productions

    Stammi bene

    Mandi Mandi

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    1. ciao Giovanni!

      ah, ma ti dico subito che, assolutamente, di casi più clamorosi dei due del post ce ne sono decine, era solo un post scritto di getto appena letto della Barty. E ricordando la Osaka (ma anche altre numero 1 crollate appena dopo).
      C'è da dire che diventare numero 1 del tennis è un pò diverso però dalla formula 1 eh, nel tennis sei il primo tra centinaia di tennisti, nella formula 1 sei il primo tra 6? facciamo anche 4 ;)

      (scusa ma non lo considero nemmeno uno sport, lo sport è dove vince l'uomo, lì conta il motore al 95% e l'uomo poi la variabile decisiva, l'ultimo 5%)

      Ma quello che mi racconti di Rosberg è bellissimo (non la sapevo) e sì, onore a lui

      Ma la storia di Komen è incredibile! che bello averla saputa, arricchisce

      seguo l'atletica e conoscevo Komen ma assolutamente niente di quello che racconti. Per me era solo un fuoriclasse che vinceva gare e faceva record, poi i keniani son tanti, quando smettono manco me accorgo, ahah

      credo andrò a vedere il video!

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao