31.5.22

Recensione: "Nostalgia"

 

Nostalgia è un grande film, malinconico, emozionante, teso.
La storia di Felice, un 55enne che dopo 40 anni torna a Napoli, la sua città natale, città dalla quale dovette fuggire dopo una terribile vicenda.
Felice torna ma non sembra nemmeno un uomo adulto, piuttosto un bambino che torna a quello che era e a pieni polmoni respira tutti i ricordi di un tempo.
Ma il mondo è andato avanti, sono passati 40 anni, di cose nel Rione Sanità ne sono successe e Felice dovrebbe prenderne atto e, magari, andarsene via.
Ma ormai è impossibile farlo, Napoli è tornata dentro le sue ossa e lì vuole restare.
Ancora una volta grande cinema italiano, di grandi attori, di grandi luoghi e di piccole storie ordinarie che diventano straordinarie, con alcune sequenze che non se ne vanno via.
Come quella di una tinozza e di una vecchia donna nuda, scena talmente bella e talmente simbolica da far parte di ognuno di noi.

GRANDI SPOILER DOPO LA FOTO DI ORESTE (L'UOMO COI CAPELLI BIANCHI)


Era soltanto il mio secondo Martone.
Il primo, Capri-Revolution, mi lasciò un'impressione strana, tanto interessante e particolare per molti versi quanto talmente pieno di cose da darmi l'impressione di non riuscire a tenerle tutte assieme.
Ecco, Nostalgia no, Nostalgia è un film che ho amato tutto e a cui riuscirei a cambiare davvero poco.
Felice è un bel 55enne (il solito spettacoloso Favino i cui sorrisi e i cui occhi mi rapiscono sempre, mortacci sua) che vediamo tornare a Napoli in aereo.
Scopriremo poi che vive a Il Cairo da 40 anni, fuggito dalla sua città natale in seguito ad un episodio che verrà fuori solo a metà film.
A Napoli c'è ancora la sua anzianissima madre.
E tanti tanti ricordi.
Tra i quali quello dell'amico del cuore, più d'un fratello, amico che adesso ha preso una strada molto diversa dalla sua.
Felice vuole incontrarlo, a tutti i costi.

Martone racconta (ancora una volta, come in tutta la sua carriera) la sua Napoli e basterebbe solo quella a far grande il film.
Siamo nel Rione Sanità, uno dei quartieri più popolari e degradati della città (malgrado mi hanno raccontato come, in realtà, questo rione nacque come polo borghese e nobiliare).
E' una Napoli "vecchia", bellissima, fatta di viuzze, mercatini, murales.
Soprattutto nei primissimi minuti del film Martone sfrutta il suo personaggio per aggirarsi in questi vicoli e in mezzo a queste persone (curioso come Felice, probabilmente solo per l'abbigliamento, venga preso sin da subito come uno "di fuori", vedere ad esempio il cameriere che gli fa domande in inglese) facendo calare lo spettatore sin da subito in un contesto tanto affascinante quanto "nervoso" e "stretto", un contesto in cui il personaggio di Felice ci sembra continuamente fuori posto.
In realtà Felice, e questo è un aspetto talmente importante del film da ricavarci fuori quasi una tematica, si sente completamente a suo agio.
La sua felicità ed emozione nell'essere ripiombato (senza che fosse mai tornato prima) nella sua città natale sono talmente forti da nascondere tutto il resto.
E questo sarà il mood, quasi commovente, dell'intero film, ovvero quello di un 55enne che, appena messo piede a Napoli, torna il 15 enne di allora.
E tutto per lui è bello, e tutto è "facile", e tutto può essere risolto col sorriso.
In realtà tutto ora è diverso, Felice si ritrova invischiato in una storia criminosa, tutti provano a dirgli di andarsene (un pò come Capuano al giovane Sorrentino in E' stata la mano di Dio, film che più volte mi è tornato in mente qua) ma lui non si rende assolutamente conto di quello che sta accadendo, come se rifiutasse la vita adulta (o quantomeno rifiutasse il sè adulto di adesso a Napoli).
Lui è ripiombato nei suoi ricordi, lui non ha vissuto quei 40 anni di Rione Sanità.
E l'errore più grande che farà è pensare che il tempo si sia fermato, che quello che si era un tempo si è anche adesso.


Nostalgia ha un grande merito, ovvero quello di raccontare una storia bellissima (non a caso è un romanzo).
Un 55enne che torna a Napoli dopo 40 anni (c'è una cura sul linguaggio di Favino su cui tornerò), una madre da ritrovare ed accudire, un ricordo terribile che piano piano torna fuori, la vita parallela di un amico adesso opposto a te.
E' l'esaltazione di quei racconti popolari semplici ma perfetti, con un piccolo intreccio, racconti al tempo stesso ordinari ma con quei 2/3 aspetti che li rendono straordinari (come qualsiasi nostra vita, se solo abbiamo l'occhio e la capacità di coglierli).
E poi grandi attori, e poi una grandissima atmosfera, e poi una Napoli che più la vedo più la amo.
Ho parlato di atmosfera perchè questo film che per larghi tratti sembra una via di mezzo tra un drammatico soft e un malinconico per poi diventare un thriller di altissimo livello.
Un thriller che ha la capacità di crearti tensione più sul togliere più che sull'aggiungere.
Di fatti ne accadono, vero, ma più che altro Nostalgia è fantastico per come riesce a creare un clima tesissimo (io per tutto il film sono stato lì a dirmi "cazzo, sta per succedere qualcosa di gravissimo, finirà molto male") che mai più ti abbandona, anche nelle scene più distensive (penso ad esempio alla bellissima sequenza dei ragazzi del parroco che ballano al ritmo di un pezzo rap arabo - così simile al napoletano... - sequenza in cui sono stato per tutto il tempo con il cuore in gola pensando accadesse qualcosa di brutto).
Martone è bravissimo nel raccontarci questa situazione di "occhi ovunque" di occhi che vedono tutto, di finta serenità.
Ci sono però anche dei thriller straordinari in cui il clima di tensione è tutto tuo, dello spettatore, in cui ti senti più teso per te stesso che per i protagonisti.
 Qui invece, grazie ad un personaggio così buono, ingenuo e fuori dal mondo (o almeno da quel mondo in cui è tornato) come quello di Felice si crea una insolita e bellissima empatia.
E saper far amare i propri personaggi è sempre qualcosa di grande in una regia.


Martone ha la capacità di raccontare tutto senza mai essere didascalico e retorico.
La povertà, il degrado, la criminalità, il coraggio di chi si oppone, i luoghi virtuosi (come la parrocchia di quel giovane e magnifico prete, simbolo di molte figure come lui realmente esistenti), in Nostalgia ritroviamo tutto quello che puoi cercare in un quartiere come quello. Eppure Martone non si mette sul piedistallo, non giudica, non crea scene madri, non si schiera.
Si limita a raccontare gli uomini.
Ed ecco che Nostalgia non diventa mai un film affresco o, se lo fa, è perchè lo spettatore, stimolato dalle piccole figure del dipinto, poi l'affresco se lo figura da solo.
C'è, ovviamente, grande malinconia anche se pure in questo aspetto non si cade mai nello sguardo d'insieme e collettivo del: "guarda come si stava bene un tempo" ma, anzi, riserviamo tutti questi aspetti malinconici alla figura di Felice.
Che poi, malinconici...
Non è un caso che il film si chiami Nostalgia e non Malinconia, perchè più che uno sguardo triste verso il passato c'è, semplicemente, la grandissima voglia di riviverlo quel passato, ci sono gli occhi a cuore nel farselo tornare alla mente.
Felice non è un vecchio che ripensa al passato e si intristisce, al contrario, è un uomo di mezz'età esaltato dal ritrovarsi dentro i luoghi di quel passato e, per questo, voglioso di aprire la mente ed accoglierli a pieni polmoni.
Martone più di una volta ci mostra dei bellissimi flash back, spesso in montaggio alternato nel presente degli stessi luoghi, ed è questa la sensazione predominante, ovvero quella del riappropriarsi di quei tempi, di quelle emozioni, di quei momenti.
La scena della moto è davvero una perla in questo.
E non è un caso che più ricordi vive Felice più decide di voler restar là, più capisce che solo là può essere realmente... Felice.
Tutto questo è possibile perchè lui, per 40 anni, non è mai tornato.
Diversa è la storia per chi quegli anni in quei luoghi li ha invece vissuti tutti, per chi lì è invecchiato, per chi ha vissuto ogni minuto di cambiamento, per chi può realmente rendersi conto di come si stava un tempo e come si sta ora.
Felice, invece, è una madeleine fatta uomo, è un ricordo reificato in carne ed ossa.

Oltre alla figura del prete (interpretato dal bravissimo Francesco di Leva, già da me molto apprezzato nel notevole Una Vita Tranquilla), figura quasi ciceroniana per Felice per come riesce a raccontargli - sia nei luoghi che nelle anime che nel clima - il Rione Sanità di oggi, sono senz'altro due i personaggi più importanti e belli del film, i due legati a Felice per sangue, anche se sangue di diversa natura (e la differenza sta tutta lì...).
Parlo della madre, una splendida Aurora Quattrocchi (che ho ancora negli occhi in quegli impressionanti ultimi minuti di E' stato il figlio) e dell'amico d'infanzia - ora boss - Oreste (Tommaso Ragno, magnetico).


Le scene con la prima sono dolcissime.
Quella in cui lui la lava, completamente nuda, nella tinozza resta probabilmente la scena più indimenticabile del film, forse perchè così aliena in un cinema che questo tipo di sequenze tende sempre a non mostrarcele (che coraggio e che sensibilità la Quattrocchi nell'avere accettato).
E' vero, racconta qualcosa di detto e ridetto, qualcosa che fa parte di tutti noi, il famoso concetto per cui i figli di un tempo, accuditi in tutto e per tutto dai genitori, un giorno saranno i loro padri, coloro che dovranno accudirli in vecchiaia.
E' qualcosa di bellissimo e tragico allo stesso tempo, nè più nè meno che una delle immagini simbolo di uno dei possibili sensi delle nostre esistenze.
Però in Nostalgia è così ben raccontato, così "semplice", così naturale, che ne viene fuori qualcosa di ancora più bello.
E' che qualsiasi cosa fa Felice sembra scollegato dalla società, dalle convenzioni, dai ruoli.
Ogni suo pensiero ed ogni sua azione sono naturali, "scontati", nel senso più bello del termine.
Ed è il mood che lo porterà anche a voler rincontrare a tutti i costi Oreste, il suo "fratello" di un tempo, benchè sia perfettamente consapevole che non ci sono assolutamente le condizioni ideali per farlo (anzi, Felice ha davanti agli occhi, ma sembra fregarsene, mille segnali per capire che deve stargli lontano, vedi la moto bruciata o la minaccia nel muro di casa).
Il loro incontro è una perla.
Questo boss, che noi ci immaginiamo pieno di soldi, vive in realtà come un topo da sempre. Nel degrado, nella sporcizia, nella promiscuità sessuale, nascosto.
La sua è stata una non vita, come un latitante.
40 anni sono troppi per non pensare che le cose siano cambiati e due estati magnifiche passate insieme a 14 e 15 anni non possono essere il legame di una vita.
Eppure Felice - che come ho detto più volte tornando a Napoli è come se avesse cancellato 40 anni di oblio - questo non lo capisce.
E' un incontro teso, tra un uomo che ha avuto una vita terribile ed ha scelto una strada tremenda (personaggio sì viscido ma anche empatico, da capire) e uno in giacca e cravatta che oltre a quella tragedia del passato non si è mai più sporcato.
I due si rinfacciano cose, urlano (e anche qui Felice dimostra di non aver capito chi è diventato Oreste, lo tratta come una persona normale che pensa legatissima a lui), si emozionano.
E poi si perdono, come è giusto che sia.
Ho trovato meraviglioso come in questo accesissimo dialogo Felice parli più volte in napoletano stretto. Ma è il punto di arrivo di un percorso iniziato e portato avanti nell'intero film, quello di una lenta riappropriazione del dialetto napoletano che non è solo questione fattuale (ovvio che più tempo si passa in un luogo più si impara (o reimpara) la lingua) ma fortemente simbolica.
Felice sta tornando sempre di più il 15enne di un tempo, Napoli è sempre di più dentro di lui, è come una lentissima trasformazione, un ritorno al vero sè.
Pensiamo anche alla cena nella famigliona (dove Felice, ancora una volta, si dimostra ingenuo come pochi, incapace di capire la situazione generale) dove, ad un certo punto, lo vediamo anche bere un bicchiere di rosso, lui che per la nuova religione - è diventato musulmano - non poteva più farlo.
Poche settimane a Napoli e tutto il Felice egiziano è già completamente perso, anche se ha passato lì 40 anni.


Lentamente ma inesorabilmente ci avviciniamo alla fine.
Inesorabilmente, già.
Perchè la sensazione è stata sempre quella, anche se ho sperato per tutto il film che quello che ero sicuro sarebbe accaduto non accadesse.
Prima abbiamo altre scene emozionanti, come quella Napoli sotterranea in cui Felice, nel volto di una madonna araba, rivede quello della moglie.
Come i pugni al saccone da boxe, primo vero momento dove capiamo che quel personaggio che sembra non rendersi conto di niente, forse, ha una tensione dentro pazzesca.
Ma la fine, con una colonna sonora inizialmente diegetica (bellissima) che poi avvolge le scene finali, è semplicemente la fine a cui un racconto così doveva portare.
Eppure ti uccide dentro.
Eppure fa tanto male.
Un omicidio a sangue freddo, vigliacco.
Un portafoglio preso al quale vengono rubati dei soldi.
Una foto che non fa nessun effetto.
Per Felice il tempo si era fermato a 40 anni prima, Oreste era un suo fratello.
Ma Oreste ha vissuto lì 40 anni senza mai rivederlo e Felice non è più niente per lui, anzi, è l'immagine di un odioso uomo che ha avuto tutto mentre lui ha vissuto come un topo.
In questa spietata e terribile diversa visione delle cose finisce Nostalgia.
Con un uomo ancorato agli affetti di un tempo e che crede che quelli si fossero come cristallizzati, fossero immortali, più forti di tutto.
Dall'altra parte un uomo finito e disperato.
Per cui quegli affetti valgono meno di una vita umana e 200 euro.

8

26 commenti:

  1. Grazie Della bellissima recensione

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  2. Grazie per la recensione. Devo dire che il film mi aveva lasciato una sorta di vuoto. Avevo sicuramente preferito la prima parte, quella più dolce, forse perché anche io, come tutti mi chiedevo perché non tornasse a casa dalla bella moglie. Bella la figura di Francesco di Leva che già del rione sanità era stato Sindaco... Favino come al solito capace di parlare perfettamente qualsiasi accento, anche se in alcuni tratti mi ha ricordato D'artagnan! :)

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    1. No, ma dai, davvero sull'altro film di Martone il portagonista principale era sempre Di Leva? Non l'ho visto, speriamo riesco a recuperarlo

      Eh, io credo che questo film sia grande proprio grazie alle "due parti" e alla sua anima nera e spietata

      Ahah, vero, inizialmente sembrava ridicolo Favino ma, in realtà, credo che un italiano che sta per 40 anni in Egitto solo così potrebbe parlare

      grazie!

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    2. Ti confermo Di Leva Sindaco. Ma la cinematografia di Martone devi recuperarla tutta. Da "morte di un matematico napoletano" a "teatro di guerra" a "l'amore molesto", ecc.

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    3. Il primo e il terzo titolo mi interessano da sempre ;)

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  3. Bellissima recensione grazie!

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  4. visto stasera, gran film, la tua recensione è ricca e partecipata, come sempre, quando il film ti prende molto

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  5. Ecco, mi inserisco anch’io; non so quanto a proposito. Il film mi ha preso; la tua recensione pure … eppure anch’io ho qualche pulce nell’orecchio da togliermi. Delle cose, alcune piccole alcune meno, che non mi sono parse all’altezza (ben elevata) del resto del film. Principalmente la mezz’ora finale, che mi è parsa lunga, lenta, scontata. Cioè sono uscita dal cinema con l’impressione di aver visto per i primi 2/3 un capolavoro e per l’ultimo terzo un film concluso senza impegno e tirato per le lunghe senza aver più nulla da dire. Sono abituata a gestire i miei fastidi: quando càpita così, o c’è veramente qualche errore nel film (ma a questo livello bisogna stare attenti e tenerla come ultima ipotesi), oppure ho frainteso / non sono in grado di capire, oppure mi è sfuggito qualcosa e rivedendolo o ripensandoci (o leggendo delle recensioni) arrivo a un livello di comprensione maggiore. Andiamo per gradi, partendo dai fastidi piccoli e più facili da risolvere. La parte stupenda del rapporto con la madre (pura poesia! Come dicono tutti, la scena della tinozza non te la cancelli più dalla testa: una pietà di Michelangelo, rivisitata. Vorrei sprecare anche un attimo x la scena iniziale dell’incontro: una madre non vista- la telecamera inquadra lo stipite- che in due secondi riconosce il figlio (irriconoscibile rispetto l’adolescente napoletano di 40 anni prima). Sentiamo solo la sua voce, la parola “Felice!” che risulta di un’intensità e di una tenerezza struggenti. E già il nome mi pare un programma (o almeno mi piace crederlo).
    Ma dopo scene così intense la madre scompare: viene fatta morire senza troppi complimenti o cedimenti. Fine! E tu resti lì: ti pare inelegante … Poi si capisce: Felice non è tornato x la madre, nè x Napoli. La madre è uno strumento (ma che strumento!) per contestualizzare il forte legame di Felice con le sue origini. Una volta che il film ce lo ha fatto capire, via: si passa oltre, a chiedersi cosa veramente ha fatto tornare Felice a Napoli.
    La figura del prete mi pare bella , ma non ai livelli di madre e figlio. Però l’idea della palestra di boxe nella chiesa (!) ci compensa di qualche leggera caduta … Anche l’idea che Felice è musulmano pare poco credibile, ma avrà il suo perchè … Oreste definito boss, che vive più come un Sadam Ussein braccato che un camorrista ricco! mah, anche questo avrà il suo perchè … forse
    Ed eccoci al cuore del film: l’incontro tra i due “amici x la pelle”. Fatto bene, originale, senza cadute, senza gratificazioni x lo spettatore. La motivazione di tutto sta lì. Tra i due il legame era fortissimo, come solo due adolescenti maschi sanno avere (questo commento è mio, non del film). Potremmo dire “una sola vita con 4 gambe”, il modo di affrontare una realtà non facile sicuri dell’appoggio dell’altro, sempre e comunque. Fratelli è forse dir poco: un’anima sola. Questo erano, poi è arrivato il fattaccio (il film non giudica, e Felice sottolinea appena che è Oreste l’omicida; queste cose hanno qui ed ora poca importanza) ed è stato dirompente sulle loro singole coscienze e, per ragioni esterne, sulla loro relazione. Questo è il punto: avevano/hanno bisogno l’uno dell’altro. Oreste (pare sincero nel dirlo) si è sentito tradito dalla scomparsa di Felice. Felice si difende garantendo che non ha tradito (cioè non ha rivelato ad altri l’accaduto. A metà film Felice sente il bisogno di spiegare al prete che a un ragazzo napoletano puoi chiedere di tutto ma non di tradire l’amico).
    ... SEGUE ...

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  6. ll° PARTE ...
    Felice ha bisogno di ritrovare il legame con Oreste. Questa è la nostalgia; una parte di lui vive altrove. Ormai imprenditore di successo e marito amato (ma non si intravedono figli … ci sarà una ragione!?) non ha alcuna esitazione (nè dubbi nè paura) a giocarsi tutta la sua vita x la parte che gli manca.
    Sembra un’ingenuità questo suo non dar retta a consigli, il suo fidarsi di un’antica amicizia, essere certo di sapere chi è Oreste e che l’amico non può essere cambiato e nemmeno il loro legame! Non è ingenuità: è il BISOGNO che Felice ha di credere tutto questo, il bisogno che lo ha spinto a tornare a Napoli x ritrovare questo legame con Oreste e chiarirsi, un bisogno che non poteva più essere procrastinato. In una parola: NOSTALGIA, questo bloccava la vita di Felice, una vita spezzata tra un prima e un dopo. Non si sa quanto sia onesto Oreste ad addossare tutte le sue colpe su Felice, sull’essersi sentito tradito e abbandonato. Effettivamente è un uomo rancoroso e invidioso, non certo un boss orgoglioso del suo potere. Ma lascerei ad altri l’approfondimento psicologico.
    Ora, se ha senso la lungaggine della fine, potrebbe essere che il regista voglia dirci che quando uno vive una nostalgia così intensa dal negare la realtà e l’evidenza, non c’è scampo. Per dircelo ci fa capire ben presto che il film finirà male … eppure continua a farci sperare contro ogni speranza, tirandola alla lunga, per farci provare questo logorio. BOH?!?!? è un’ipotesi.
    Un’idea un pochino più certa (ma non del tutto) ce l’ho sulla scena finale: squallida, con Oreste che lo uccide e gli porta anche via i soldi, come un topo di fogna. Anche qui sarebbe una caduta di stile, averlo fatto per dire platealmente che in Oreste non c’è nulla da salvare. Come spettatrice mi sentirei offesa se il regista avesse voluto dirmi solo questo (e spero non sia così …). Intanto va ricordato che Oreste alla fine ha accettato di vedere Felice (anche solo per vomitargli addosso il suo rancore, ma comunque alla fine ha ceduto all’incontro) e ha cercato di avvertirlo più volte prima di decidersi ad ucciderlo. Poi dove esiste che un boss va in prima persona ad uccidere la vittima invece di mandare un sicario? L’ucciderlo di persona, dunque, rinforza in qualche modo il legame tra i due, un po’ come concedere l’onore delle armi. E allora, il gesto di rubargli i soldi, che pare andare esattamente nella direzione oppposta? Mi piace pensare che sia un modo di Oreste per ingannare se stesso, per dirsi che Felice non era proprio più nulla per lui, per rimandare di nuovo in fondo all’anima qualunque sentimento e trattarlo come uno qualunque, il cui valore è solo nei soldi che puoi rubargli.
    Sono partita per la tangente? Può darsi: fatemelo sapere

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    1. Ahah, entro domani una fava ;)

      LeaLia, appena mi dimostri che torni qua a vedere le risposte rispondo SUBITO, giuro, ahah

      Dopo tutto il tempo che è passato ho paura di starci tanto a rispondere senza che torni, sarebbe un peccato

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    2. Vabbeh, rispondo lo stesso e mi cruccio di non averlo fatto prima, sperando che passi prima o poi, ahah

      1 Posso capire la tua sensazione sulla terza parte, anche se non ricordo così bene la ripartizione del film per capire se anche io la pensi così. Il paradosso, semmai, è che una terza parte lunga porti comunque a un finale non dico affrettato ma molto "velocissimo", che risolve veramente tutto in due minuti

      2 Stupende le parti con la madre... E complimenti per questo tuo occhio e sensibilità per scovare le cose grandi negli elementi piccoli e quasi impercettibili, è sempre il tipo di approccio che piace anche a me

      3 Molto interessante la tua lettura sull'uscita improvvisa e quasi "maleducata" del personaggio della madre. Un'uscita nascosta in una mini ellissi temporale che anche a me ha lasciato un pò così. Ma forse hai ragione, la madre era lo splendido corollario a un gesto (il tornare) che aveva altro scopo

      4 La figura della palestra del prete è molto verosimile (al sud è pieno di queste cose) il fatto che Felice sia diventato musulmano secondo me anche (40 anni in un paese in cui la religione è tutto, e pure la moglie) e che il boss viva come un topo lo stesso, anche questo mi sembra sia verosimile sia riscontrabile in tantissime storie che conosciamo

      5 Prima di leggere la seconda parte rispondo al finale della prima. Sì, il film, o almeno l'anima del film, era in questo incotnro (più che ancora come dicevi in quello con la madre).
      E' vero, erano un'anima sola ma quante volte da adolescenti siamo un'anima sola con un nostro amico del cuore? e quanto poi basta perdersi per 3/4 anni per non esserlo più? ecco, qui sono passati 40 anni, senza mai rivedersi, con anche odio e accuse di uno verso l'altro. Insomma, Felice era rimasto ai loro 16 anni, ma è un errore marchiano. Paradossalmente, anche se sembra inumano, è quasi più comprensibile e veritieiro l'atteggiamento di Oreste. No, un'estate insieme non può rappresentare il legame di una vita tra persone che per 40 anni non si sono più viste. E' in questo "errore" di Felice la cosa più bella del film

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    3. 6 ecco, descrivevi benissimo la cosa poi nel secondo commento. Davvero bellissime parole. Però sai amica mia? credo che sì, sia ingenuità. L'ingenuità quasi "infantile" (nel senso più bello del termine) di pensare che un rapporto tra 16enni sia quello "per sempre" (che sia amicizia o amore). Il pensare che dopo 40 anni rivedendosi le emozioni saranno le vecchie di allora. E' nostalgia come dici, è bisogno come dici, ma è anche tanta ingenuità, perchè quasi mai è così ;)

      7 La tua lunga lettura del finale credo sia davvero ottima...
      E' un pò contraddittoria forse in alcuni passaggi ma proprio perchè sta descrivendo un comportamento forse contraddittorio, ambiguo. Mi ci ritrovo molto, anche se a leggermi sembra che io abbia scritto qualcosa di diverso. Ma al tempo stesso in quell'omicidio finale c'è la componente "alta" del "siamo noi due" e quella bassissima di "ti uccido e ti rubo anche i soldi".
      Credo, per fare un'ossimoro, che siamo davanti ad una scena di bassissimo esistenzialismo

      grazie del bellissimo commento!

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    4. Prendere i soldi:
      Mascherare l'omicidio da rapina finita tragicamente, soprattutto (non è stupido).
      Trovare qualcosa di personale, infatti, la foto...

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    5. Eh, ma te Nicola pretendi che dopo un anno e 3 mesi scrivi così e io capisco subito a che te riferisci, ahah

      mannaggia a te me devo rilegge tutto il commento e le risposte nel caso per capì ;=

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  7. Eccomi, sono ritornata a leggere la tua risposta (non potevo perderti!). Domani aggiungo qualcosa, x ora … buonanotte!

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    1. Ahah, brava che sei tornata! le risposte mega tardive le faccio sempre per commenti lunghi ma a gente che mi conosce bene, a chi non conosco cerco di rispondere sempre presto (non sapendo se torna)

      E' andata bene :)

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  8. No, dispiace dirlo, ma la morte di Felice al film, alla storia, non serve proprio. È una morte cinematografica, nella realtà Oreste, se voleva, lo avrebbe ucciso al primo incontro e lo avrebbe fatto dimpeto , come una reazione improvvisa al comportamento di felice nei suo confronti. É rancoroso Oreste, non perdona Felice di averlo abbandonato, ma lo lascia andare via, quindi che senso avrebbe ucciderlo poi? Gli intima di andarsene dal quartiere, da Napoli non lo perdona ma lo accetta.. quindi la morte di Felice é solo fine al finale scontato del film

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    1. E' una lettura sicuramente condivisibile e sensata, assolutamente

      Ora non ricordo bene ma io invece la trovai una morte perfetta (mi sembra) proprio in quel momento. Appunto perchè gli era stato detto di andar via senza che lui lo avesse fatto

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  9. Non ho capito che cosa nasconde felice sotto un teschio nelle catacombe. La denuncia del crimine comeso da Oreste? La denuncia delle minacce subite? Mi sono ricordata dalla strategia pensata da Clint Eastwoud in "Gran Torino" per liberare la comunità asiatica dalla Gang che li teneva sotto scacco

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    1. mannaggia, non ricordo...

      interessante il parallelo che fai, puoi spiegarlo meglio?

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    2. Finalmente qualcuno che ne parla! O meglio: ne scrive…Ma davvero nessuno ricorda la scena in cui Felice nasconde qualcosa (cosa?) sotto un teschio (dopo averlo accuratamente pulito dalla polvere) nelle catacombe? Secondo me è una scena che nasconde il vero significato del film. Felice non era uno sprovveduto: lui sapeva che stava rischiando la sua vita ostinandosi a rimanere a Napoli nonostante gli avvertimenti (motociclista, prete, murales, Oreste). Avrà pensato: dovesse accadere il peggio la giovane e sveglia Adele (che lo ha sorpreso definendolo come Don Luigi: “lui è come te, non si fa intimorire”) lo troverà…Almeno è quello che credo. Ma vi invito a rivedere la scena e a dirmi cosa ne pensate voi. Cosa ha nascosto Felice nelle catacombe?
      Grazie

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    3. magari me ne sono accorto quando l'ho visto ma ho poi dimenticato

      e niente, dopo più di un anno impossibile

      spero di rivederlo ;)

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao