13.9.16

Appunti veneziani di un giovane appassionato (parte seconda)



Ed eccoci, dopo la prima di ieri, alla seconda parte del resoconto veneziano del giovane lettore Riccardo Simoncini

4 SETTEMBRE 

JOURS DE FRANCE 


Un uomo decide di intraprendere un viaggio per lasciarsi tutto alle spalle, affidandosi solamente alle persone e i paesaggi che incontra. Intanto il suo compagno cerca di localizzarlo attraverso un’applicazione di incontri. Il film racconta della necessità di perdere la propria identità, di affidarsi a qualcosa di nuovo. Così dei paesaggi desolati e solitari fanno da sfondo alla narrazione. L’esplorazione, la scoperta di ciò che ci circonda, dimenticando almeno per un momento la nostra vita quotidiana e la maschera che ci siamo costruiti in una vita intera. Ogni incontro ha una sua specifica funzionalità narrativa e segua l’animo tormentato di un protagonista che vaga per la Francia senza meta. 

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 L’incontro tra due generazioni: quella degli adolescenti e quella degli adulti, ognuna con le proprie problematiche e difficoltà. Da una parte giovani ragazzi che cercano libertà, che hanno necessità di ribellarsi alle regole imposte. Dall’altra adulti, spesso non in grado di ascoltare e di insegnare, ma capaci solamente di imporre limiti. La regista belga Fien Troch riesce a raccontare dunque una tematica così attuale come il divario tra generazioni senza eccedere mai nel banale.

KING OF THE BELGIANS 


Duncan Lloyd è un documentarista incaricato di rappresentare positivamente il monarca belga Nicolas III, ma è sempre vincolato per la scelta di cosa inquadrare. L’improvvisa dichiarazione di indipendenza della Vallonia porta al crollo del Belgio. Il monarca, che si trova all’estero, dovrà dunque ritornare in patria per gestire la situazione. Il film è un road movie surreale e divertente che attraverso l’ironia stimola la riflessione sul concetto di monarchia e di potere. Sottomesso agli ordini di Palazzo e al mantenimento di una particolare immagine pubblica, il monarca aveva dovuto spesso celare la sua personalità più autentica. Le disavventure che incontra nel suo viaggio diventano però il pretesto per ritrovarla e dare speranza alla Nazione. 

THE YOUNG POPE

 

Jude Law interpreta un Papa americano che sembra essere in conflitto con le antiche tradizioni fin a quel punto imposte. Le prime due puntate proiettate danno buone speranze per l’intera serie di Paolo Sorrentino. Si preannuncia essere infatti molto ricca di personaggi e di colpi di scena. Queste prime due consentono di conoscere lo sfondo di luoghi e caratteri del Vaticano, su cui poi si svilupperà la trama principale. Tutto appare corrotto e vizioso e certamente l’uso di ironia e satira contribuisce a dipingere per ora con maestria uno degli organi politici più antichi e complessi della nostra società. 

5 SETTEMBRE 

EL CIUDADANO ILUSTRE 


Che cosa significa essere scrittori? Qual è l’influenza dei premi sulla loro carriera? Daniel Mantovani attraverso il racconto della sua città natale da cui è fuggito vince il Premio Nobel. Questo in realtà, come egli stesso dice, “è l’inizio della sua decadenza artistica e creativa”. Da quel momento infatti sarebbe iniziata la vita di un artista “importante”: inviti, conferenze, premi minori, autografi. Tutti legati ad un’immagine di sé per cui si è raggiunto il successo, da cui è difficile distaccarsi. Daniel rifiuta spesso gli inviti che gli vengono proposti, ma accetta quello da parte della sua città natale, che era dipinta tanto negativamente nei suoi libri. Così nel suo soggiorno incontrerà chi fa foto, chi chiede autografi, chi gli fa complimenti, pur senza conoscerlo effettivamente, ma soltanto per il gusto di sentirsi importanti, avendo “conosciuto” un premio Nobel. C’è poi chi è euforico perché si è ritrovato nei suoi libri, a riconfermare quella ricerca esasperata di attenzioni. E c’è poi chi se la prende per ciò che è stato raccontato. Non accetta la realtà e rimprovera invece chi l’ha evidenziata. Viene accusato di tradimento, di essere fuggito dalla sua città ed essere diventato famoso criticandola. Ma lo scrittore non è forse un osservatore che decide di raccontare aspetti della realtà? Daniel Mantovani infatti non viene dipinto come un uomo perfetto, ma è necessario distinguere la sua eccellenza artistica dal suo essere uomo capace di errori. In questa città però tutti si limitano a vivere come sempre senza proporre cambiamenti, così come nell’arte. Non bisogna dunque affidarsi solo al passato, alla quotidianità e la ripetitività di ciò che è già stato provato, ma tentare qualcosa di nuovo, creare delle nuove regole e dei nuovi ordini. 

HACKSAW RIDGE 


Il nuovo film di Mel Gibson racconta di Daesmond Doss (Andrew Garfield), un obiettore di coscienza che per quanto rifiuti l’uso delle armi ha un grande senso patriottico. Per questo decide di arruolarsi, con la promessa però di non toccare arma. Inizialmente condannato per la sua scelta, sarà poi esaltato dopo il coraggio mostrato nella battaglia di Okinawa. Per quanto sia tecnicamente molto valido, con scene di guerra realistiche e ben realizzate e proponga una storia vera con una tematica di grande impatto, il film non trova grandi novità nelle dinamiche della narrazione, rimanendo un racconto patriottico e spesso retorico sulla guerra. 

MONTE 


Il grande regista iraniano Amir Naderi, premiato durante la mostra, ha sempre avuto a cuore le vicende di chi nonostante le difficoltà ce l’ha fatta. Anche in questo caso riprende la tematica, raccontando di una famiglia non più in grado di sopravvivere per la mancanza di luce solare, a causa di un’immensa montagna. Il protagonista cerca così in tutti i modi di abbatterla per riportare la luce. L’uomo è il grande protagonista di questo film altamente allegorico girato in Italia con attori italiani. Per lui è essenziale avere fede, continuare a crederci e sfidare i propri limiti. Nonostante un sound design e una fotografia eccellenti, Monte spesso risulta però troppo lento e ripetitivo. 

LA REGION SALVAJE 


Il film più disturbante di Venezia 73. Fantascienza, horror, sesso. Con crudo realismo e un sound design ansiogeno, Escalante ragiona sul suo Messico. Un film inquietante, difficile da comprendere pienamente, ma in cui si racconta degli istinti più primordiali e ricercati dell’uomo: quelli sessuali. È un mostro, con i tentacoli, che fa paura, perché può travolgere, addirittura uccidere, ma che attrae, perché provoca piacere. 

6 SETTEMBRE 

LOS NADIE 


Sullo sfondo la dura vita a Medellín. I protagonisti sono dei giovani amici che cercano di sopravvivere come possono alle difficoltà della loro età, del loro tempo e proprio della loro città. Come tutti cercano la libertà e l’indipendenza, cercano di lasciarsi lontana l’infanzia per diventare finalmente adulti. È un viaggio libero in bianco e nero, accompagnato da musica punk , che eleva questo passaggio tanto difficile ad un inno alla vita e alla libertà. 

DARK NIGHT 

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La non-violenza di Tim Sutton diventa il mezzo attraverso cui raccontare una strage in un cinema con stile minimalista, quasi documentaristico. Non c’è sangue, perché ciò che inquieta non è la violenza in sé, ma chi la attua. E infatti fin dal primo momento si cerca di capire chi sarà il killer, chi tra i vari personaggi di cui vediamo frammenti di vita sarà capace di un simile gesto. Ma se il killer è di per sé condannabile per il suo gesto, tutti i personaggi mettono in luce aspetti negativi della società, soprattutto americana. Non vi è solo la critica sull’uso delle armi (che tra l’altro non vengono utilizzate solamente dal killer, ma in generale da molti dei personaggi). Tutti i giovani protagonisti condividono vite vuote che cercano di riempire in qualche modo: per esempio andando al cinema, il luogo in cui è possibile distaccarsi da quel mondo violento ma in cui a quanto pare non ci si può nemmeno salvare. 

THE LAST OF US 


Un naufragio metafisico che porta un uomo ad abbandonare la realtà per vivere all’interno della natura. Mentre alcuni migranti riescono a raggiungere la propria meta ed altri muoiono durante il viaggio, il protagonista, anonimo, scompare nell’oblio in un territorio sconosciuto e inesplorato. Con luci oniriche e l’assenza di dialoghi, solo le immagini e i suoni bastano per conoscere la vicenda e farla nostra. Gli sguardi e i gesti rendono essenziale ma magistrale il racconto di una vicenda così attuale in cui l’amore per la vita diventa fondamentale per sopravvivere. 

UNE VIE 


Le sofferenze di Jeanne da giovane ragazza ad adulta travagliata, segnata dai segreti tenutile nascosti da tutti i suoi cari. Il film, diretto dal regista de “La legge del mercato”, dovrebbe far soffrire insieme alla sua protagonista, che dovremmo compatire, ma che si fa odiare per i suoi comportamenti ostinati. Ne risulta un melodramma troppo ripetitivo e poco riuscito. 

4 commenti:

  1. Questa volta abbiamo visto film diversi nel pomeriggio, e se alcuni titoli mi spiace averli persi (Jours de France, Los Nadies) altri son felice di averli persi preferendogli altri.
    Ho saltato pure Mel, ma immaginavo un polpettone infarcito di retorica americana :)
    Felice invece di non essere stata l'unica a subire troppo Une Vie, altrove esaltato, per me un melodramma già visto e pesante.

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    1. Negli altri giorni mi sono voluto dedicare a film molto meno conosciuti (Jours de France e Los Nadies) e sono rimasto davvero soddisfatto, ma sono sicuro che Los Nadies, avendo vinto, arriverà anche da noi e quindi potrai sicuramente recuperarlo. Per Mel diciamo che ero molto curioso di vedere cosa avrebbe fatto e come avrebbe gestito una tale tematica, pur sapendo che sarebbe alla fine rimasto abbastanza retorico. Per Une Vie invece sinceramente non me lo sarei mai aspettato. Mi era piaciuto tantissimo La legge del mercato di Brizè e con questo sono rimasto molto deluso. Soprattutto secondo me perde nella seconda parte, perché invece che piangere con Jeanne spesso si ride, cosa secondo me assolutamente negativa per un tale film!
      giusto per informazione: tu invece che altri film hai visto?
      -Riccardo

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    2. Oltre quelli in concorso, nei pomeriggi ho visto Prank (piccolo probabile cult in stile Kevin Smith), Dawson City-Frozen Time (spunto molto interessante -il ritrovamento di vecchie bobine di film muti dati per persi per sempre- ma ci si sofferma nel ricostruire quasi tutta la storia americana), Le Ultime Cose (anche qui, bello spunto sul mostrare la crisi in un banco dei pegni, ma il tutto risulta pesante), My Art (tanto indie e giocoso, quanto dispersivo nella scrittura)... se vuoi (sì, Giuseppe, ti sfrutto per farmi pubblicità :) ) trovi tutto sul mio blog.
      Tornando a Mel, qualcuno parlava di Oscar, probabilmente perchè temi così piacciono tanto all'Academy, vorrà dire nel caso che lo recupererò al cinema, quella mattina di programmazione gli ho preferito James Franco, che questa volta mi ha un po' deluso.

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    3. Prank mi ispirava non poco da quando l'ho visto in programma... Comunque corro subito a guardarmi il tuo blog, che mi interessa moltissimo.
      Diciamo che Hacksaw Ridge è il classico film da Oscar, anche se io spero più per un film come La La Land, che è la giusta via di mezzo tra commerciale e film d'autore.

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