The Whale è un film gigantesco, quasi quanto il suo protagonista.
Un'opera dolorosa e coraggiosa.
Un film dove l'obesità non diventa mai il tema principale ma soltanto una delle tante possibili scelte che si potevano prendere per raccontare una storia, una storia di amore, di odio, di cattiveria, di condanna, di perdono, di misericordia, di sofferenza.
Con dei personaggi molto complessi, anche "sbagliati" come esseri umani, a cui però non puoi non voler bene.
Dopo Il Cigno Nero, The Wrestler (a proposito, tra i 3 film c'è un emozionante punto in comune) e Madre! l'ennesima conferma di quanto questo regista sappia emozionarmi e farmi riflettere.
E di quando sappia raccontare tutti i lati migliori, e quelli peggiori, degli esseri umani
PRESENTI SPOILER SIN DA SUBITO
Appena visto lo struggente finale, in una specie di immediata epifania (ma le epifanie sono immediate per definizione) mi sono venuti in mente 3 film, sbam, come se quel finale li avesse racchiusi tutti.
Con una certa emozione mi sono accorto poi che due dei tre film che mi sono esplosi in testa erano dello stesso Aronofsky.
Il Cigno Nero finisce con la (quasi sicura) morte della protagonista, con un ultimo salto.
The Wrestler finisce con la (quasi sicura) morte del protagonista, con un ultimo salto.
The Whale finisce con la (quasi sicura) morte del protagonista, anche qui con un ultimo ed estremo gesto fisico.
Tre film (i soli che ho visto del regista oltre Madre!, per me 4 film straordinari tutti) che finiscono tutti allo stesso modo, con il protagonista che muore (lo diamo per certo anche se non è mai esplicitato del tutto).
Eppure, ed è questo il punto di incontro più emozionante, tutte e 3 le morti nascondono un senso di "felicità" al loro interno, il raggiungimento di un obiettivo (inseguito peraltro per tutto il film).
Per Nina arriva finalmente quel senso di perfezione che tanto ricercava.
Per Randy the Ram il momento che anche lui tanto ricercava, quello del tornare ad essere amato, ad essere l'idolo della folla.
Per Charlie, il professore obeso del film, quello del ricongiungimento affettivo con la figlia, in qualche modo fino a quel momento bloccato da 9 anni nella tesina che la stessa scrisse su Moby Dick.
I finali sono tutti e 3 pieni di pathos, empatici, dolorosi, eppure quelle 3 persone hanno, in qualche modo, "deciso" di morire in nome di ideali o di emozioni per cui, per l'appunto, valeva la pena anche morire.
E' vero, le differenze ci sono, ad esempio il nero che inghiotte lo schermo poco dopo che Randy salta dalle corde è opposto al bianco dell'ascensione di Charlie. Uno se ne va quasi piangendo, l'altro probabilmente nel momento più felice dei suoi ultimi anni.
Eppure, come dicevo, tutti e due gli uomini (e anche Nina) preferiscono il rischio di morire "felici" a quello di non morire e tornare ad una "vita non vita" alla continua ricerca di qualcosa.
Ma c'è un altro film che questo grande finale mi ha ricordato, ed è Birdman.
Anche lì un padre e una figlia.
Anche lì un rapporto impossibile che sfiora l'odio.
E anche lì una probabile morte finale trasformata invece, con lirismo, in un'ascensione, in qualcosa di "bello", liberatorio, leggero.
The Whale finisce ma probabilmente, come già fece Emma Stone in Birdman, anche Sadie Sink (Ellie) avrebbe alzato gli occhi all'insù e, forse, riso pure lei.
The Whale è un film gigantesco quasi quanto il suo protagonista.
Un'opera dolorosa, coraggiosa, ambigua.
Un film dove l'obesità non è mai il tema principale ma soltanto una delle tante possibili scelte che si potevano prendere per raccontare una storia.
Una storia di amore, di odio, di cattiveria, di condanna, di perdono, di misericordia, di sofferenza.
Con un personaggio in tutti i sensi enorme che, quasi come un Cristo, sa regalare solo amore e perdono, qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa gli facciano o gli dicano (in questo senso segnalo una piccola perla sull'argomento, "Tore Tanzt").
"Non hai mai la sensazione che le persone siano incapaci di non amare?
Le persone sono meravigliose"
E' in questa commovente e presumibile bugia (per noi, non per lui che ci crede veramente) che dice nel finale Charlie che possiamo ritrovare l'anima del film, un film su un uomo ormai alla deriva (e la deriva è anche il modo in cui muoiono spesso le balene), privo di prospettive, imprigionato sia nei ricordi (del compagno perso, della famiglia abbandonata) sia in un corpo ormai mastodontico che gli preclude qualsiasi cosa, un sarcofago di carne dentro il quale l'unica cosa da fare è aspettare di morire.
Un'obesità (come spesso accade) arrivata a causa di dolore, perdita e solitudine, di un vuoto che Charlie ha riempito col cibo.
Tutto abbastanza classico.
Ma The Whale, malgrado il corpo pantagruelico di Charlie sia sempre lì davanti ai nostri occhi, malgrado in ogni dialogo se ne faccia menzione, malgrado sia sempre l'epicentro di tutto, non sembra parlare di obesità ma, in generale, di qualsiasi condizione di abbandono di sè, tristezza cronica, situazione invalidante e irreversibile.
Più passa il tempo, più la solitudine e i dolori aumentano più Charlie ingrassa (non è un caso che sia raddoppiato dopo la morte del compagno e che moglie e figlia ne avevano un ricordo profondamente diverso).
Probabilmente se Charlie non morisse, o se non fosse comunque ormai destinato a morire dopo questo finale avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, anche fisicamente.
Ma ormai, davvero quasi come un Cristo, aveva accettato di morire, con molta serenità.
Con un'ultima missione, regalare tutto l'amore possibile.
Nei tre film precedenti che avevo visto di Aronofsky (Il Cigno Nero, The Wrestler, Madre!) il regista stava sempre appiccicato al suo protagonista, a un palmo di naso da lui, e lo seguiva ovunque, con un tipo di regia (alla Van Sant) che a me piace da morire.
Qui non poteva, qui il suo personaggio è lì, fermo, e così anche il suo modo di girare sarà profondamente diverso. Resta comunque sempre attaccato a lui, ovviamente, ma senza potersi muovere, in una specie di regia centripeta, senza possibili vie di fuga, una regia per cui qualsiasi azione, qualsiasi movimento, resterà nell'orbita di pochi metri di quel corpo gigantesco e di quel divano.
Ovvio che per questo modo di girare di Aronofsky servano sempre attori eccezionali, attori che sanno reggere quello sguardo addosso di un'ora e mezzo.
E come la Portman, Rourke e la Lawrence anche Fraser offre una prova eccezionale, forse da un certo punto di vista più "facile" dei 3 menzionati (sei quasi sempre fermo e con una protesi che fa diventare il tuo personaggio empatico già di suo) ma al tempo stesso le maglie più strette (oddio, sembra una pessima battuta) gli permettono anche molte meno cose.
Ma è indubbio che l'interpretazione (e il personaggio) che rimane più addosso sia quella di Sadie Sink, ragazzina famosa soprattutto per Strangers Things (che non ho visto ma la puntata cult dove c'è lei sospesa l'ho vista, per sbaglio).
Ellie è un personaggio grandioso e complesso, come del resto anche quello di Liz (sul quale torneremo, anche lei ha molte ombre).
Ragazzina che ha visto suo padre andar via a 8 anni, che è vissuta sempre o nel disamore o nella mancanza d'amore, con un padre assente e una madre problematica e incapace di capire la sua rabbia e il suo dolore.
Una ragazzina cattiva, una ragazzina che dileggia sui social il padre obeso (addirittura augurandogli la morte in pubblico), una ragazzina che urla il suo odio continuamente, una ragazzina che accetta di stare col padre solo per prenderne l'eredità, una ragazzina alla fine talmente incattivita e "rovinata" che rompe anche il piattino del cibo dell'innocente uccellino.
Una specie di mostro, pare.
Eppure, e in questo si dimostra la grandezza del film, della sceneggiatura (derivata) e della prova della Sink, più questa adolescente fa e dice cose mostruose più l'amiamo, più vorremmo essere lì ad abbracciarla forte, più capiamo quello che sta provando, quello che ha vissuto e quello che non ha vissuto.
Il film è coraggioso perchè anche se noi in modo latente percepiamo le "cose belle" di Ellie, il suo amore contrastato per il padre e il tremendo desiderio di dare e ricevere affetto, questo personaggio resterà "negativo" fino a fine film, la sua struggente maschera (protettiva) d'odio reggerà fino all'ultimo minuto.
Ma Charlie, come noi, di quell'odio, di quelle cattiverie (terribili) quasi nemmeno se ne accorge o, comunque, non gli interessano.
Lui sa che quella sua figlia è una ragazza potenzialmente meravigliosa, profonda (non è un caso che il fil rouge del film, il temino su Moby Dick, sia così importante, non tanto per l'ovvia metafora e analogia con Charlie-balena ma soprattutto per capire la profondità dell'animo di quella bambina ora adolescente) che anche per colpa sua adesso si trova in quella situazione.
Metaforicamente ad ogni schiaffo ricevuto Charlie risponderà con un sorriso, con un perdono (anche qui richiama molto Cristo), con un incitamento alla propria figlia a tirare fuori tutto quello che ha, perchè è qualcosa di grande.
Se qualcuno che vede il film non "capisce" Ellie difficilmente potrà essere mio amico.
Ma se Ellie si mostra come personaggio fortemente negativo con all'interno cose bellissime all'opposto è invece Liz, un personaggio apparentemente solo positivo che forse, lo vedremo, ha molte ombre.
DI sicuro il personaggio più ambiguo del film.
Donna straordinaria, capace di accudire Charlie senza riceverne niente, capace di proteggerlo da tutto (sia fisicamente che emotivamente), capace di empatia.
Eppure anche lei è una donna profondamente sola che ha trovato in quell'amicizia (che sembra quasi flirtare con l'amore universale) qualcosa di "suo", possessivamente suo,che la fa star bene e la fa sentire migliore.
E per questo il suo personaggio è da analizzare.
Perchè se è vero che è lei a curarlo, a misurargli la pressione e a consigliargli di curarsi, al tempo stesso è comunque lei a fargli continuamente mangiare le cose che lo stanno uccidendo. E questa cosa è così automatica e abitudinaria che nella scena del loro primo abbraccio (momento bellissimo) basta un "per favore" detto da Charlie che lei si alza e gli prende 50 pezzi di pollo fritto.
Un "per favore" e lei si alza e gli dà quello che lo sta uccidendo.
Sono stato con una ragazza bulimica e anche io pensavo di salvarla e intanto gli compravo 15 panini per volta, a pasto.
Liz fa lo stesso, Liz a costo di tenerlo "suo" lo aiuta a morire.
Non solo, è una donna che non sopporta se qualche altra persona prova ad aiutare Charlie (vedi il ragazzo missionario), che non vuole che l'uomo si ricongiunga agli affetti (vedi "non voglio che tua figlia torni"), che ci rimane male quando scopre che Charlie ha soldi e non li ha dati a lei.
Una donna che è profondamente "gelosa" di Charlie e irritata con tutti quelli che possono sostituirla.
E tanto tanto altro ancora.
Liz è la classica persona meravigliosa che aiuta gli altri ma piena di un tale egocentrismo e voglia di accentramento che non vuole che nessuno si metta in mezzo e, pur di non perdere quella persona che sta aiutando (e che copre la sua solitudine) è disposta ad essere correa della sua malattia.
Chi l'ha visto solo come personaggio positivo lo invito, se capita, a rivedere il film. Più di una volta proverà un brivido lungo la schiena, percepirà qualcosa che "non torna", la sensazione che quella specie di amore assoluto e gratis che la donna dimostra in realtà sia qualcosa di non profondamente sano.
Anzi, per niente sano.
A differenza invece dell'amore che regala Charlie, questo sì incondizionato, questo sì dato a chiunque, questo sì senza tornaconto.
Non è un caso che Liz, se non sbaglio, ad un certo punto dica anche "io sono l'unica persona che può salvarlo", ottimo riassunto di tutto quello che ho scritto.
Resta un grande essere umano, assolutamente, ma sbagliato e ambiguo come, appunto, siamo quasi tutti noi.
A me non hanno fatto impazzire le scene con gli alunni, anche se portano a quell'ultimo saluto e a quel "siate sinceri" che è veramente una delle carte migliori per leggere il film.
Film, appunto, sulla sincerità, sulla necessità di dire quello che si pensa, anche se può far male. E' per questo che Charlie ama ancora di più sua figlia, perchè è sincera, perchè gli dice che è un obeso di merda, perchè gli dice che lo odia, perchè sui social lo dileggia. Questo sta cercando Charlie, autenticità, e questo rimane anche come insegnamento, secondo me, del film, ovvero l'essere nudi, sinceri, veri.
L'essere tremendamente obeso è in questo senso la metafora di qualcosa di così grande, evidente ed incontestabile che solo un bugiardo o un ipocrita può negarlo o far finta di non vedere.
Charlie rappresenta empiricamente, con il suo corpo, una verità incontestabile e solo la figlia ha il coraggio di dirlo ed esplicitarlo quell'ovvio.
E lui la ama ancora di più.
E' anche vero che - l'ho visto più volte nella mia vita- più cresci nel dolore e nel disamore meno protezioni metti davanti, meno hai ipocrisie e più la facilità di dire ciò che pensi. Come se il soffrire ti portino ad una voglia di "vendetta" con il mondo che, alla fine, non è altro che l'essere sinceri, avere meno sovrastrutture.
In questo senso, anche in questo senso, il personaggio di Ellie è perfetto.
The Whale è, giocoforza, il film tecnicamente più sobrio di Aronofsky. La location forzata, la cornice "teatrale", l'assoluto bisogno di verità e verosimiglianza ne fanno un film molto secco, come è giusto che sia.
Paradossalmente a livello puramente tecnico trovo che l'inquadratura più bella sia proprio la prima, quel lentissimo zoom verso la casella nera di Charlie nella conference call.
Tutta la vita intorno, tutti quei visi giovani, e l'inquadratura che si avvicina lentamente a quel rettangolo nero, fino a diventare tutt'uno con esso.
Magnifico, simbolico, emozionante.
A livello narrativo ho trovato interessantissima la figura di quel corriere ricorrente che non si vede mai nè mai lui stesso vede Charlie.
In quello sguardo che infine riesce a dargli è come se fosse racchiuso "lo sguardo del mondo", ossia lo sguardo di tutte le persone di fuori che, a differenza di Liz e famigliari, non possono entrare in casa di Charlie.
Non è un caso che Charlie stesso rimanga scioccato dalla cosa, come se si fosse ricordato tutto insieme l'effetto che lui può fare al resto del mondo.
E come reazione, proprio come spesso fa chi ha queste patologie, sceglie il metodo più distruttivo, ovvero quello di farsi ancora più male (in quel tentativo di "morire di cibo" che non può non riportarmi a quel capolavoro immenso che è il nostro "La Grande Abbuffata", film che però per molti aspetti differisce totalmente da The Whale, ad esempio lì il suicidio programmato - dovuto a vari motivi - era un'esplosione di vita finale, qui sembra più una mortale implosione).
Io non lo so se The Whale sia un grandissimo film (mi è più facile dirlo, ad esempio, per The Wrestler e Madre!) ma è una di quelle opere profondamente emozionanti, con personaggi che paiono persone, con dinamiche psicologiche delicatissime e perfettamente descritte.
Un film che resta.
E quel finale è la perfetta conclusione di tutto.
Un ultimo scontro che diventa incontro, quel tema di cui non avevamo capito l'incredibile significato che ora finalmente diventa chiaro, ovvero il simbolo di tutto quello che era rimasto di sua figlia, la prova della sua sensibilità.
Una bambina (all'epoca) che si dispiaceva di come la balena in Moby Dick fosse considerata un essere senza emozioni, di come nel libro le parti in cui le balene venivano raccontate fossero solo una pausa dal racconto dei dolori del protagonista.
E suo padre, un pò come il padre di Big Fish che diventò veramente un grande pesce, ora è diventato quella balena.
Quella balena per cui lei già 9 anni prima provava empatia.
Una balena però capace ora di alzarsi e andarle incontro, in una morte che tutta insieme è fisicamente, artisticamente ed emozionalmente più simile ad una gioia infinita.
Quella balena lascia Ellie con una eredità.
"Tu sarai perfetta
Tu sarai felice"
Questa è l'eredità che lascia.
In confronto i 120.000 euro non sono niente, suo padre le lascia una ricchezza molto più importante, quella di capire finalmente, a 16 anni, cosa è veramente l'amore.
Ora piangi Ellie, prenditi il tempo che serve.
Ma ha ragione tuo padre, sarai felice.
Di Aronofsky ho visto tutto. Per ragioni diverse, ho amato ognuno dei suoi film (solo Noah un gradino sotto a tutti gli altri). Eppure è buffo, quando mi è capitato di fare, anche per gioco, una top ten di registi che più amo, lui non l'ho mai messo. La vita è strana. A ogni modo, mi sono avvicinato a The Whale con grande rispetto, e tanta voglia di vederlo. La visione è stata travolgente. L'ho sentito profondamente mio. Un'opera intima, potente, struggente. Ho pianto e ne sono contento.
RispondiEliminaTutti i riferimenti ai "salti" finali di Aronofsky sono perfetti. Hanno molto in comune, da questo punto di vista, i personaggi di The Wrestler, Il Cigno Nero e The Whale: meglio morire di vita che vivere di morte. E allora si salta per raggiungere le stelle, toccarle anche solo per un attimo, prima di precipitare al suolo e frantumarsi. Meglio morire da stella che vivere da buco nero.
L'obesità, dici bene, è un elemento assolutamente marginale. Una variabile che, appunto, avrebbe potuto essere qualunque altra cosa. L'alcolismo o il gioco d'azzardo, per esempio. Qualunque attività che possa fungere da punizione, da condanna, da reclusione, da espiazione. Avrebbe potuto essere anche la scrittura, o il cinema (vedi Just Don't Think I'll Scream), o la danza (Nina), o lo sport (Randy the Ram), o qualunque altra cosa: noi umani siamo bravi a creare prigioni con qualunque cosa.
Il parallelo con Cristo è sensato e opportuno. Aronofsky utilizza spesso temi biblici, declinandoli in narrazioni che oscillano tra la metafora e la metonimia, tra l'inno e l'elegia, tra la celebrazione e la contestazione, tra l'universale e l'individuale. Charlie (insieme, per esempio, al John May di Still Life) è una meravigliosa rappresentazione di quel filosofo che duemila anni fa, sulle rive del Giordano, ha amato incondizionatamente ogni cosa, per il semplice fatto che esiste e che accade.
Charlie, appunto. Meraviglioso. Complesso. Terribilmente umano, eppure capace, alla fine, di alzarsi in volo. Come solo certi fiori, come solo certe balene. Quel "mi dispiace", ripetuto continuamente.
"Le persone sono meravigliose".
"Le persone sono incapaci di non amare".
In quel momento. Con quegli occhi. Con quella voce. Quando l'oceano è diventato pozzanghera e la balena sa di stare per morire.
Ellie. Bambina che so è dovuta dotare - troppo presto, troppo bruscamente - di difese contro l'assurdità della vita. Sola nella tempesta, come il più impreparato dei capitani Achab. Una bambina al timone di quella baleniera impazzita che è la propria vita senza padre, con una madre problematica, e tanto odio con cui innaffiare il mondo. E cerca disperatamente quella balena che gli ha mangiato il cuore. La troverà. Proverà a ucciderla. Ma si guardano negli occhi, era inevitabile. Si riconoscono. "Tu sarai felice". Luce bianca, bianchissima.
Liz. Un'anima buona che fa cose da umani. La solitudine e il dolore generano mostri che si mischiano con gli angeli che siamo (perché sì, le persone sono meravigliose, non lo capisco fino in fondo, ma io ti credo Charlie). Ho provato compassione per ciascuno di loro. Per ogni personaggio. Anche per il fattorino della pizza, che in quello sguardo sbalordito, forse inorridito, racchiude lo stupore del mondo che è pozzanghera incapace di contenere i battiti del cuore di balena.
Perché poi, in fondo, la balena in questione è l'albatros di Baudelaire. A terra è deriso, perché goffo, deforme, scoordinato: perché le sue ali di gigante gli impediscono di camminare.
E allora salta.
E allora vola.
E allora il mio tentativo di balena.
Un abbraccio
Il tuo incipit lo condivido molto Roby
EliminaAnche a me succede. Ad esempio alla maggior parte dei film di Nolan ho dato 8.5, 9 e 9.5
eppure, anche se come somma sarebbe il mio preferito, non lo metterei nemmeno nei miei 5
forse i registi "grandi", dei film hollywoodiani, alla fine giocoforza restano meno nel cuore e si fa più fatica a metterli nei preferiti
"Tutti i riferimenti ai "salti" finali di Aronofsky sono perfetti. Hanno molto in comune, da questo punto di vista, i personaggi di The Wrestler, Il Cigno Nero e The Whale: meglio morire di vita che vivere di morte. E allora si salta per raggiungere le stelle, toccarle anche solo per un attimo, prima di precipitare al suolo e frantumarsi. Meglio morire da stella che vivere da buco nero.
"
avrei voluto scriverlo così, ahah
"Il parallelo con Cristo è sensato e opportuno. Aronofsky utilizza spesso temi biblici, declinandoli in narrazioni che oscillano tra la metafora e la metonimia, tra l'inno e l'elegia, tra la celebrazione e la contestazione, tra l'universale e l'individuale. Charlie (insieme, per esempio, al John May di Still Life) è una meravigliosa rappresentazione di quel filosofo che duemila anni fa, sulle rive del Giordano, ha amato incondizionatamente ogni cosa, per il semplice fatto che esiste e che accade."
avrei voluto scriverlo così, ahah
continua
Personaggio di Ellie pazzesco e con queste righe hai riassunto veramente tutto, cavalcando la metafora del film in modo eccezionale
Elimina"E cerca disperatamente quella balena che gli ha mangiato il cuore. La troverà. Proverà a ucciderla. Ma si guardano negli occhi, era inevitabile. Si riconoscono. "Tu sarai felice". Luce bianca, bianchissima."
Lo sguardo del fattorino non è negativo, è quello sguardo di sorpresa, rifiuto ma al tempo stesso pietà e "senso di colpa" per averlo sorpreso. Ha dentro tutti gli sguardi del mondo
anche il tuo finale è bellissimo
spero che questa sia anche la tua recensione (tipo su Filmamo) altrimenti è uno spreco!
sì, Ellie è veramente la sorpesa del film, da rancore e odio totale ad amore, bastava darle una possibilità, e dirglielo, e Charlie l'ha fatto, quel macigno che stava fra loro due si è sgretolato.
RispondiEliminaanche se, ora che si è sgretolato, non potranno più viversi :(
EliminaQuesta recensione mi ha fatto saltare i nervi perché ha comunicato l’opposto di quello che ho provato uscendo dalla sala del cinema.
RispondiEliminaE si sa, le emozioni contrastanti danno fastidio.
La ragazza, Ellie, appartiene ad una di quelle razze con cui non vorresti mai avere a che fare: i cattivi.
Ed iniziamo subito col chiarire che aver sofferto non ti giustifica a far soffrire, soffrire in nessun modo scientifico ti fa diventare uno stronzo.
uno stronzo ci nasci o eventualmente ci diventi per scelta, ma non è la sofferenza a renderti tale.
Sofferenza,poi, per che cosa ? Perché tuo padre ha nella vita la colpa di amare un uomo?
Non è la prima nè l’ultima a crescere senza un genitore e questo non fa di tutti i suoi colleghi degli stronzi patentati.
Trovo che il personaggio di Ellie sia stato piazzato lì apposta per distinguere quelli che si sarebbero fatti intenerire e l’avrebbero giustificata da quelli che, invece, avrebbero riconosciuto la vera indole della fanciulla. La ragazza è una bestia, una iena, una personalità negativa, una che molto probabilmente uccide gli animali, non ha amici, è così sgradevole che anche la madre la regge solo perché l’ha messa al mondo.
Charlie muore perché non riesce a staccarsi di dosso le colpe che il mondo gli ha dato per aver amato un uomo, e come sappiamo il dolore fa anche questo, ma la sua sofferenza non giustifica affatto il suo essere naive nei confronti dello schifo di figlia che ha davanti, l’amore accecare, si sa, ma non avrebbe dovuto accecare anche lo spettatore
E' davvero molto bello e interessante (specie perchè anche te sei una giovane ragazza) vedere una lettura non dico tanto diversa dalla mia ma così "secca", radicale, senza appelli
Eliminama scritto con passione, non freddamente, come se la cosa ti faccia star male davvero
lo apprezzo molto Marta
tra l'altor tutto quello che dici è molto sensato
poi, come sai, ognuno di noi ha età diverse, vissuti diversi, sensibilità diverse e modi di vedere i rapporti in modo diverso
ecco, per questo forse l'unico appunto a questo tuo commento è quel definire "accecati" anche tutti noi che abbiamo visto in quella ragazzina qualcosa di molto diverso da quello che hai visto te
grazie ancora!
Non c'è un solo personaggio positivo in questo film. Eppure, ho voluto bene a tutti. Lo stesso The Whale non è un capolavoro e a tratti mi ha infastidita molto, ma comunque l'ho trovato bellissimo, con tutte le sue imperfezioni. Di sicuro, è un film che dovrò riguardare... ma ci metterò parecchio tempo, perché è un'opera che fa male.
RispondiEliminaHo letto la tua recensione, bellissima!
Eliminasì, mi ritrovo in quasi tutto
(parte 1)
RispondiEliminaChe film magnifico, e al solito che magnifica recensione, ricca di riflessioni e dettagli preziosi che danno forma ad un'emozione post visione ancora più speciale.
Mi scuso già ora se il mio commento sarà particolarmente caotico, disorganizzato e poco chiaro (più del solito perlomeno ahah), ma lo sto scrivendo di getto, dopo essere stato travolto dal carico emotivo di questa recensione e di quella altrettanto meravigliosa e toccante del caro Roberto, che come sempre al pari dei grandi poeti riesce a contenere l'infinito in poche ma preziosissime parole. "Meglio morire di vita che vivere di morte. E allora si salta per raggiungere le stelle, toccarle anche solo per un attimo, prima di precipitare al suolo e frantumarsi. Meglio morire da stella che vivere da buco nero." Forse la sintesi più completa, del film, ma non solo, a cui ripensare, come per The Whale, con gli occhi lucidi sapendo che quegli stessi occhi torneranno a vedere anche mondi felici, commossi di gioia.
Quindi innanzitutto complimenti ad entrambi voi.
Anche perché forse di fronte ad un film così intenso bisogna lasciarsi andare a qualcosa di altro (come, nel caso di Charlie, a quel cuore metaforico che si sprigiona in ogni dove, anche se il suo cuore organico è invece difficile da raggiungere per l'adipe di mezzo, come scherza lui stesso in una battuta).
E dico così anche perché ho avuto la fortuna di vederlo in una sala molto piccola, gremita di gente e che per forza di cose ha portato quindi noi spettatori ad essere uno a fianco l'altro, senza posti liberi di distanza, senza divisioni. I respiri, i singhiozzi, pur senza conoscersi, erano tutti all'unisono per il destino di Charlie. Si è creato un legame unico di condivisione che devo ammettere, da assiduo frequentatore della sala, non mi capitava di vivere da molto tempo.
(parte 2)
EliminaPur, come è già stato detto meravigliosamente da voi, mantendoli come sola cornice e non come fulcro della vicenda, Aronofsky torna a riflettere sui limiti fisici di corpi portati all'estremo e allo stremo. Scafandri mortali per anime immortali. Con cui affondare senza più riemergere. Dove non conta solo qual è la massima tollerabilità carnale (o anzi, in questo caso, non conta quasi per niente), ma anche e soprattutto come rimanere umani in quelle condizioni, come apparire vivi più che viventi agli occhi esterni. Corpi da indossare, se non addirittura da consumare. Soprattutto in una situazione come quella di Charlie in cui si è soli persino di fronte a se stessi (e in cui tutti, invece che soli, vogliono essere unici - esemplificativo in questo senso il personaggio di Liz, meravigliosamente descritto da te).
In quell'oceano rinchiuso in una stanza, popolato da mostri marini terrificanti, il corpo di Charlie si annulla del tutto nel piccolo riquadro nero di una videochiamata con la fotocamera spenta.
Ma anche dietro quell'abisso di pixel rimane qualcosa, un primo indizio di ciò che poi dopo nel film toccheremo più da vicino, nel dolore e nella speranza: l'umanità, che in quella voce graffiata dà autentici consigli di scrittura a giovani online. Perché anche senza volto non si è anonimi, finché l'anima appare (sincera) anche senza essere guardati.
Per Charlie ogni movimento però è un macigno, un sibilo stridente di un corpo che ogni ora si avvicina per scelta alla sua fine, all’aumentare della pressione sanguigna, al lento appesantirsi di un respiro che via via si spegne. Charlie sente una colpa gigantesca e così per espiarla sceglie di diventare colpevole della sua stessa vita, artefice della sua lenta morte. In quell'oscuro mare di solitudine dalle tapparelle sempre abbassate, Charlie affoga infatti nel cibo, sempre più verso l'abisso: patatine, snack, bibite. A porzioni triplicate. Accumula volontariamente peso per una persona amata che quel peso l'ha perso invece non mangiando fino a morire (anche se di fatto morta, mi pare, buttandosi da un ponte).
(parte 3)
EliminaMa in quell’ingordigia (che non è avidità di cibo, ma di colpa) Charlie, come le cose più preziose e speciali, trasforma il basso in alto, il cibo spazzatura in amore, vedendo il buono in tutto, anche dove sembra non esserci, anche dove nessuno l'ha mai trovato. Perché "le persone sono incapaci di non amare".
Così anche nel profondo dell'abisso più buio, lì dove nessuno lo può vedere e dove chi incontra inaspettato il suo sguardo come un fanale nella notte (per caso o per errore - vedi il fattorino) ne rimane impaurito o imbarazzato, lì giù talmente in basso che le onde neanche esistono per dare ritmo all'esistenza, si può però ancora sentire il verso della balena, un richiamo, un lamento o forse appunto un canto, dolcissimo e pieno di speranza. Perché anche la parola più crudele, urente e fatale, se sincera, può salvare la vita, una vita. Come quella tesina su Moby Dick scritta da Ellie molti anni prima, tremendamente critica, ma così vera, sentita, umana che ancora adesso basta ascoltarla per tornare a far battere un cuore in arresto e affanno.
Un verso, un richiamo, una balena può risalire in superficie dall'abisso più oscuro, ritornare alla luce accecante, alle onde ora finalmente ritmiche che vanno avanti e indietro, con una carezza delicata che non fa mai male.
E diventare come in Sepulveda quella gabbianella e quel gatto che le insegnò a volare, non importa se contro natura, non importa se considerato impossibile. Qui a differenza di Kengah, il gabbiano Charlie ha scelto volontariamente di buttarsi nel petrolio per non volare più. Ma ha scelto anche di dare comunque un futuro alla sua gabbianella, cresciuta incattivita, ostile e rabbiosa, farla ancora volare attraverso l'amore di un gatto (che è comunque sempre Charlie, in una sua forma alterata, eccessiva, apparentemente incompatibile e irriconoscibile).
Ellie, la gabbianella, come nel capolavoro di Sepulveda, "Fortunata", perché, nonostante tutto, speciale, meravigliosa.
Salvata dall'amore, per l'amore, con la morte.
Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.
Commento stupendo ed emozionante Riccardo, al quale non c'è niente da rispondere
EliminaAnche il tuo commento è stato centripeto, tutto su di lui, molto particolare come cosa. Non ho letto Sepulveda ma mi sembra un paragone perfetto (il finale richiama proprio, a ben pensarci, il paradosso del calabrone, con Charlie che sembra essersi dimenticato che quel corpo non può camminare e allora cammina.
Tra l'altro questo finale si unisce ovviamente al primo incontro con la figlia, quel suo urlargli di alzarsi.
A ben pensarci la figlia è l'unica che anche se con rabbia e odio vuole aiutarlo davvero, pensiamo appunto a questo incitamento ad alzarsi o al panino senza maionese.
Lei è pragmatica, lei lo odia ma lo ama anche, lei è veramente quella che, più di tutti, vorrebbe che tornasse quello che era.
Più di Liz, personaggio in superficie angelico ma che in realtà nasconde molte ombre. Inconsce, forse, ma molte ombre
grazie ancora
Probabilmente il mio commento è stato così tanto centripeto su Charlie perché scritto a caldo (dopo la visione e dopo la lettura di questa recensione). Adesso, dopo tutti i giorni che sono passati da quella gigantesca emozione in sala, devo ammettere di ripensare proprio a Ellie e a Liz, più che a Charlie. Forse nell’essere personaggi così tanto ambigui, complessi e stratificati emergono poco per volta, per riprendere la metafora del mare, vengono a galla solo dopo che il peso emotivo più grande del film si è sedimentato sul fondo dell’oceano. E quindi forse se dovessi riscrivere il commento ora sarebbe tutto su di loro.
EliminaEllie, come dici, in fondo è l’unica che aiuta (o vorrebbe aiutare) concretamente Charlie, anche se con modi discutibili, anche volendo apparire cattiva, crudele, come se avesse bisogno anche lei di vestire i panni di una persona sbagliata, di credere (e di voler far credere) di essere per natura diabolica e per questo incapace di cambiare (anche durante il primo incontro con il ragazzo usa tutto un lungo giro di parole anche molto crudo per convincerlo poi a ritornare la volta successiva).
Liz è l’esatto contrario, si chiude su gesti esteriormente vitali, altruisti, empatici, ma nel profondo quel gesto diventa egoista, maschera di una solitudine dilaniante.
Forse da questo punto di vista The Whale è anche un film che parla di gesti, e di come a volte, anche quelli più insignificanti, nascosti, compiuti senza gridarli (o gridando la propria sofferenza, più che il gesto in sé) siano quelli più veri e impattanti. Quelli che ci fanno alzare e raggiungere la luce.
Bellissimo anche il riferimento al paradosso del calabrone.
Grazie a te Giuse, un abbraccio
Ellie, come dici, in fondo è l’unica che aiuta (o vorrebbe aiutare) concretamente Charlie, anche se con modi discutibili, anche volendo apparire cattiva, crudele, come se avesse bisogno anche lei di vestire i panni di una persona sbagliata, di credere (e di voler far credere) di essere per natura diabolica e per questo incapace di cambiare (anche durante il primo incontro con il ragazzo usa tutto un lungo giro di parole anche molto crudo per convincerlo poi a ritornare la volta successiva).
EliminaLiz è l’esatto contrario, si chiude su gesti esteriormente vitali, altruisti, empatici, ma nel profondo quel gesto diventa egoista, maschera di una solitudine dilaniante.
guarda,non perchè la pensiamo uguale ma hai descritto perfettamente le due
sto veramente vedendo centinaia di persone che, seocndo me, hanno preso delle topiche assurde su questi due personaggi
ma va bene così
ma infatti sono proprio i piccoli gesti che ci fanno leggere sti due personaggi, solo che tanti, forse perchè troppo piccoli, non li hanno visti ,)
beh, alla fine il paradosso del calabrone l'avevi visto te, solo che non te eri accorto, ahah
Capolavoro.
RispondiEliminaEh, non lo so, ma siamo alti alti...
Eliminaanticipo che Aronofsky, di cui ho visti TUTTI i film, dall'esordio noioso di "Pi greco" al pessimo "Noah", ho apprezzato solo "Madre!". Non è per niente nelle mie corde e i suoi personaggi non mi sfiorano, anzi quando lo fanno mi danno spesso fastidio (qui ancor più, ... sono abbastanza cinico nei confronti degli ultraobesi).
RispondiEliminaPrima di commentare ... davvero si può provare empatia per questi personaggi? davvero qualcuno può sentire il desiderio di voler loro bene? freddezza e fastidio, freddezza e fastidio.
Ovviamente questa assenza di empatia, non ha aiutato ad apprezzare il film.
Ma ho tempo per metabolizzare
a più tardi
Mi verrebbe da chiedere l'opposto Ste, come si fa a NON provare empatia perquesti personaggi ;)
Eliminama viva l'onestà
semmai ci ritroviamo qua
ah ah si può, perchè non (mi) smuovono nulla.
Eliminaanzi, spesso, i personaggi (vedi anche il Mickey Rourke di the Wrestler) mi infastidiscono, li sento puzzare, li sento sudici e mi diventano respingenti. Anche la LIZ di questo film che entra in casa e mette i piedi sulla poltrona, mi irrita e mi mal predispone.
sì, diciamo che i personaggi di Aronofsky mi danno sensazioni e provocano reazioni, quindi cinematograficamente apprezzo; ma sono emozioni di rigetto, non inclusive :-D
nooooooo
Eliminaahah,addirittura un personaggio che mette i piedi sulla poltrona ti irrita! :)
Randy the Ram l'ho amato alla follia, Charlie un pò meno ma solo poco ;)
A me questo film è piaciuto.
RispondiEliminaBrendan Fraser mi è sempre piaciuto già dai tempi de La Mummia .
Qui mi fa una grande tenerezza.
Dico subito che del film non ho capito ( ma ammetto la mia ignoranza) il significato “ speculare “ tra il capitano Ahab /Ellie e la balena/charlie anche perché l’unico Moby Dick che conosco è l’omonimo album del Banco del mutuo soccorso.
Te dici che è impossibile non provare empatia per quei personaggi e mi tocca darti ragione.
Attenzione io parto da quello che ho visto al cinema.
E non ho visto una puntata del dottore americano che cura gli obesi su Cielo Tv.
Lo dico , leggendo anche le altre considerazioni alla tua rece che non ha senso “odiare” Charlie perché si scopre che i soldi li aveva e poteva farsi curare.
Un po’ quello che scrivi pure te: non è un film sull’obesità .
Potevano prendere un anoressico o un malato terminale di qualsiasi cosa ..non è un film sulla malattia.
Poi non l’ho trovato manco così respingente e claustrofobico.
Lo spazio e’ quello una stanza ( potresti inserirlo tra i tuoi film ambientati dentro ad uno singolo spazio ) poi c’è tutto il mondo fuori .
A volte lo vediamo di sfuggita : le scene girate sul terrazzo fuori casa, l’uccellino al quale da il cibo Charlie .
O lo immaginiamo attraverso le ombre che passano fuori della casa ( il ragazzo delle pizze) .
Non ho provato repulsione neanche quando ha vomitato l’anima o quando è sporco di sudore, avrei voluto essere la per aiutarlo a pulirsi.
Credo si chiami empatia.
Che non vuol dire essere d’accordo con tutto quello che poi succede nel film.
Max
Sì, nemmeno io ho letto Moby Dick ma il collegamento, almeno uno, è evidente, ovvero quello della stazza, ahah
EliminaE anche il fatto che nel libro non si pensi alle emozioni che prova l' "animale" come del resto un pochino tutti si sono dimenticati di Charlie
Poi c'è la faccenda del temino che è un pò metafora di tutto, ovvero di una bimba (quando lo scrisse) capace di avere la profondità di capire e individuare il dolore, la solitudine, la necessità di pensare ad altro per non star troppo male
In realtà quando ho risposto a Stefano che è impossibile non provare empatia per questi personaggi era un pò una battuta alla sua frase. Nel senso SEMMAI tra i due opposti (come si fa a provare empatia/come si fa non provare empatia) io mi prendo la seconda. Però, ecco, non è che lo penso in assoluto, ognuno giustamente prova empatia per cose diverse
Sì, esatto, potevano prendere un drogato, un alcoolizzato, qualsiasi persona alla deriva, il film nel suo significato non cambiava, al massimo cambiava in qualche simbolo
Sì, è un film ad ambiente unico e in più, a differenza di film di questo tipo, ha la forza "centripeta" che dicevo, nel senso che tendiamo sempre a stare con quel corpo gigantesco (mentre altri film ad ambiente unico hanno comunque molta più dinamicità).
La penso come te, anche le scene più "sporche" (sporcizia, sudore e altro) mi hanno solo più avvicinato a lui
Per la stazza c’ero arrivato pure io-:)
RispondiEliminaPoi c’è la figlia.
Non credo sia cattiva , penso porti una maschera per difendersi.
Il fatto che abbia ucciso degli animali non glielo si perdona però immagino che fosse nelle intenzioni del regista sottolineando sta cosa che fosse pure lei alla deriva.
Sai penso che Charlie finalmente sia morto felice.
Cioè ha raggiunto il suo scopo e in più l’ha fatto da “ contento “.
Se pensi tutti i suoi momenti felici di contentezza nel film sono corrisposti ad un attacco cardiaco .
Cioè più rideva ed era contento poi subito stava male.
Come gli fosse vietato essere felice .
Per pochi istanti ma essere felice.
La figlia alla fine si redime , la bontà che lui vede negli altri negli ultimi istanti della sua vita è riuscito a trasmetterla a sua figlia.
Lei , se non sbaglio …quando gli legge il temino metafora di quando era felice con suo padre lo richiama di nuovo, e per la prima volta papà con le lacrime agli occhi.
Charlie è riuscito nel suo intento.
Non puoi volere male a nessuno dei protagonisti di questo film.
Son tutti legati da un filo a Charlie e secondo me a loro modo gli vogliono bene.
Hanno deciso di accompagnarlo nell’ultimo viaggio.
Sapendo che non c’è altra soluzione per tutti se non la sua morte.
È inevitabile.
Assolutamente, quella è una maschera.
EliminaPer me è la vera vittima del film, pensa, e l'unica che prova realmente ad aiutare il padre (alzati!!!, o il panino leggero)
Oddio, ma chi l'ha detto che ha ucciso degli animali? Io mi ricordo solo che (probabilmente) ha distrutto il piattino dell'uccello
Sì, anche per me muore felice.Ormai che sarebbe morto di lì a breve lo sapeva, quindi una volta accettato questo dato di fatto (e lui l'ha accettato) ed avendo quindi la "serenità" di saper di dover morire a quel punto ritrovare sua figlia era l'unico possibile atto di felicità raggiungibile
Sì, quel finale è una mazzata, ma bellissimo
In realtà almeno la metà delle persone o non gli è piaciuto il film o non sopportano i personaggi (o alcuni di essi)
Io non ho odiato nessuno, è un film che ha dentro solo vittime
Quella di obbligare il padre ad alzarsi l'ho vista come volergli infliggere un'umiliazione ,più che aiutarlo.
RispondiEliminaPerò hai ragione te non l'avevo intesa a quel modo che poi s'incastra perfettamente con il finale la tua interpretazione.
Quella del panino sì l'avevo notato anch''io.
E ti dirò di più la maschera della cattiva l'ha lasciata cadere un poco quando si è mostrata preoccupata perché sentiva piangere il padre in bagno.
Poi sta stronza l'ha fatto pure piangere lei ricordandogli a Charlie la storia d'amore con Alan , che voleva gliela raccontasse.
Sul fatto che possa avere ucciso degli animali mi sono ricordato del giudizio negativo che aveva Marta sul suo commento nei riguardi di Ellie.
Però in effetti scrive che probabilmente può avere ucciso degli animali.
Anch'io ricordo la scena del piatto rotto sul davanzale della finestra.
Ricordo che la madre di Ellie quando ha saputo che l'ex marito le ha lasciato in eredità tutti i suoi soldi perché' fortemente consapevole della bontà della ragazza gli ha detto : adesso ti faccio vedere chi è veramente tua figlia!
E gli ha mostrato delle foto al computer postate dalla ragazza dove tra le altre oltre alla foto di Charlie per schernirlo c'era anche la foto di un cane morto con le mosche che gli giravano attorno.
Non so se basta questo a tacciarla come persona che ama uccidere gli animali boh?
Vabbè mi fermo qua ..anche perché se mi viene in mente qualcosa di nuovo te la racconterò al radunetto -:))
Sì sì, quello era un incitamento. Lei lo trova obeso dopo 9 anni, non accetta la cosa. E in più lo odia per tutto quello che sappiamo. E allora è come dire "bastardo,almeno alzati, mi hai abbandonato e guarda come ti sei ridotto, vergognati, reagisci)
EliminaNo, ma Marta ha detto quella cosa perchè è risaputo che le persone cattive da giovani sfogano prima la loro cattiveria sugli animali (non potendo farlo con gli uomini). Non a caso il 96% dei serial killer ha ucciso prima animali da piccolo. Ma era solo una sua supposizione psicologica. Io non condivido nemmeno una riga di Marta ma mi interessa molto la questione della cattiveria innata o acquisita
non mi ricordo per niente sta cosa del cane, molto interessante, appena posso rivedo la scena
ma sicuramente Marta o non l'ha vista quella scena o non si riferiva a quella, da come ha impostato la frase "non mi stupirei che abbia ucciso anche animali" è impossibile si riferisse ad una scena dove lo fanno vedere esplicitamente
"Se qualcuno che vede il film non "capisce" Ellie difficilmente potrà essere mio amico."
RispondiEliminaMi dispiace molto ma credo che non potremmo essere pertanto amici :-)
Sono d'accordo con Marta G. Non si può provare empatia per una persona del genere, implicitamente è come giustificare un serial killer solo perché veniva picchiato da bambino dai propri genitori.
Preferirò sempre una persona che fa del bene per i motivi sbagliati o per narcisismo ad una che fa del male perché "poverina" si sente giustificata a farlo da eventi pregressi.
Ellie è fondamentalmente una persona stupida, che non vede al di la del proprio naso lentigginoso, altro che profonda....un perfetto esempio di bullo bimbo-minkia contemporaneo al quale non riesco assolutamente ad abituarmi. Non basta una striminzita e banale analisi di un libro scritta anni prima a rendermela simpatica, ho aspettative più alte da una persona per poterla definire "bellissima" o addirittura "perfetta".
Dei film di Aronofsky che ho visto (mi manca Mother!) personalmente lo ritengo il meno interessante per non dire il più scarso.
Fraser è bravo niente da dire ma il film cerca di accarezzare le corde dell'empatia dello spettatore premendo sui soliti triti e ritriti tasti dell'ovvio, del cliché, che tanto piace al pubblico americano.
Molto lontano The whale , anni luce, dallo sperimentale Pi (che è anche il mio preferito).... purtroppo il germe di genialità che Aronofsky aveva ai suoi inizi si è andato inaridendo via via, e per quanto abbia amato il cigno nero e The wrestler non posso non notare che la vena d'oro si stia esaurendo.
Ad ogni modo, per sintetizzare:
visto,
passato un'ora e tre quarti ad innervosirmi sempre più,
non lo rivedrò una seconda volta
Overrated (non uso il termine italiano apposta in quanto film che funziona in un solo contesto, quello del suo paese di origine)
Ad ogni modo sempre grande il Tuo blog.
Hai una visione di molti aspetti della vita e dei film che mi è aliena ma la apprezzo e rispetto tantissimo. E poi scrivi bene videotecaro Perugino....
Mandi Mandi
Ahah, sì dai, ammetto che avrei difficoltà ad essere amico amico amico con una persona che non capisce (sempre per me eh) quel dolorosissimo personaggio adolescente, però può essere uguale mia amica amica (2, non 3)
Eliminainutile che commento il tuo resoconto della ragazza, siamo su due pianeti talmente opposti..
E poi tra recensione e commenti qua sopra ho detto tanto, forse troppo ;)
leggendo tutti i discorsi che fai dopo sono davvero curioso di quello che potrai pensare di madre, visto che è sicuramente il suo film più ambizioso, assurdo e unico (mi riferisco a quella genialità che dici ha perso)
a me purtroppo invece manca Pi greco...
e anche Requiem for a dream!
grazie giovanni, davvero..
e magari fossi ancora videotecaro, ahah :)
È la prima volta che commento su questo blog, e lo farò in anonimo per motivi che ti saranno ben chiari durante la lettura.
RispondiEliminaLeggo sempre le tue recensioni dopo aver visto un film, perché trovo estremamente intelligente e accurata ogni analisi che fai dei personaggi e del loro mondo, soprattutto interiore.
Come ti dicevo, è il primo commento che pubblico ad un tuo post. E questo è perché io sono stato Charlie, e in parte lo sono ancora. Ho combattuto per anni con la stessa dipendenza da cibo. Fortunatamente, ora, non sono più Charlie, almeno dal punto di vista fisico. Questo film mi ha completamente spezzato: la scena in cui mangia compulsivamente dopo l’imbarazzo provato di fronte al fattorino potrebbe tranquillamente essere un filmato trafugato da casa mia. Per questo mi sento di offrirti una prospettiva diversa su Charlie, molto meno “accomodante” della tua.
Charlie non è un Cristo. Non lo è nel modo più assoluto. Tutto quell’amore apparentemente incondizionato che cerca di dispensare, cela un profondo ed enorme egoismo. Dopo aver causato tutto quel dolore a tutti i personaggi, Charlie è alla disperata ricerca di redenzione. È un ultimo, disperato tentativo di mettere le cose a posto, per potersene andare in pace. Quello che lui ricerca disperatamente è solo cibo emotivo, qualcosa che possa alimentare il vuoto causato dalle sue azioni. Lui stesso cerca nella madre di Ellie una conferma del fatto che abbia fatto almeno una cosa buona nella sua vita. E questo è l’aspetto che a mio parere non hai preso in considerazione, tipico di chi si trova in una dipendenza di questo tipo: la costante di ricerca di redenzione dai propri “peccati”.
Lui ha causato un profondo dolore a tutte le persone intorno a lui. In questo senso, è pazzesca la scena in cui Liz acconsente a dargli il cibo dopo un semplice “ti prego”. Tu ci hai letto la volontà di Liz di assecondare Charlie per tenerselo per sé (su cui sono d’accordo), ma io ci ho letto anche altro. Ci ho letto una persona stanca, una persona che di discussioni e litigi su “il pollo fritto non lo mangi” ne ha avute probabilmente 10.000 prima di questa. E ora è semplicemente esausta. Lei stessa lo dice.
Non posso fare a meno di vedere in lei mia madre, che dopo l’ennesimo litigio sul cibo che vorrebbe togliermi, si arrende e me lo concede, semplicemente perché io l’ho drenata di tutte le energie. Perché, se nemmeno io ho più un briciolo di forza per combattere, come possa prendere che ne abbia lei?
Per il resto, d’accordissimo sulla lettura di tutti gli altri personaggi, in particolare su quella di Ellie.
Ma no, Charlie non è Cristo. Charlie è, passami il termine, un parassita in costante ricerca di nutrimento affettivo che, quando viene a mancare, viene sostituito dal cibo per compensazione. E nel farlo, distrugge tutto quello che si trova sulla sua strada, affetti compresi.
Non fraintendermi: provo profonda empatia nei suoi confronti (E come non potrei? Sono stato e, in parte, sono ancora lui). Ma il suo comportarsi da Cristo non è altro che ulteriore ricerca di nutrimento emotivo, che egoisticamente vuole ottenere dagli altri, per potersene andare “in pace”.
ti ringrazio per questo tuo primo commento
Eliminacommento che mi ha commosso, al di là di "darmi informazioni" e farmi rileggere in parte il film o comunque la figura di Charlie
onorato che tu l'abbia scritto, hai nobilitato questo spazio ma, spero, è servito anche a te, per rielaborare e buttar fuori in parole un dolore che, spero, adesso sia almeno affievolito
grazie amico
Grazie mille delle tue parole.
EliminaCi tengo a scusarmi con te perché, rileggendo il commento, mi sono accorto di aver usato un tono parecchio saccente del tipo: “lascia che ti spieghi io, che tu non sai un cazzo”.
Diciamo che ho scritto il commento a caldissimo e, soprattutto, dopo aver finito di vedere la pellicola alle 3 notte. Insomma, ero più di là che di qua e ho buttato giù le prime due parole che mi sono venute in mente ahahah
In ogni caso il concetto che volevo far passare è che in film come The Whale tu vedi la situazione per come è ora. Il passato ti viene mostrato in modo molto fugace.
La chiave di lettura dei personaggi invece secondo me sta proprio nel considerare tutto quello che è successo prima: chissà da quanto lui è in questa situazione, chissà da quanto lui opera sistematicamente per distruzione di sé e degli altri. E chissà da quanto le persone vicine vengono risucchiate dal suo buco nero.
A questo punto della storia, per i suoi affetti rimane solo tanta, tanta stanchezza e rassegnazione. Ecco, è proprio questo aspetto che secondo me potrebbe sfuggire a chi non ha vissuto situazioni simili: la rassegnazione e la stanchezza emotiva, che The Whale rappresenta in maniera così intelligente e delicata.
Oddio, a me sembrava tutto tranne che saccente, anzi, esattamente l'opposto
Elimina"Per questo mi sento di offrirti una prospettiva diversa su Charlie, molto meno “accomodante” della tua."
un modo più dolce de così è difficile ;)
ma assolutamente, la bellezza di questo film è proprio nell'immaginare come si è arrivati a quel punto, sia lui personalmente, sia lui con sua figlia, sia lui con l'amica
anche io credo, ora non ricordo se in recensione ma spero di sì, di essermi molto soffermato a capire i pregressi, perchè i personaggi si comportano in un dato modo tra loro, credo il film sia tutto lì
la tua prospettiva, semmai, serve a capire meglio quei pregressi