11.8.23

Recensione: "Il Prodigio" - Su Netflix


 Questi due mesi e mezzo che non ho recensito film nel blog (a parte Animali Selvatici) credo di averne visti comunque una quindicina, più o meno belli (nessun capolavoro ma la media è più che discreta).
Voglio provare a riportarli tutti qua, alternando tra alcuni di cui parlerò ampiamente (perchè li ricordo meglio o perchè magari li ho rivisti) ad altri che metterò invece in post "collettivi" di 3/4 film.
Comincio con uno dei più belli, Il Prodigio, un film di Netflix molto poco netflixiano.
Ambientato nella seconda metà dell'800 in un piccolissimo paesino irlandese racconta la storia di un presunto "prodigio" (come titolo),
Una bambina di 11 anni non mangia da 4 mesi, ma sta benissimo.
La famiglia e la comunità credono sia un miracolo, qualcosa a che fare con la Fede, ma per fugare ogni dubbio viene chiamata da Londra un'infermiera (una grande Florence Pugh) che deve "visitare" la bambina per capire se c'è una spiegazione razionale e scientifica.
Ne nasce quindi un film sull'eterno conflitto tra Fede e Scienza, sì, ma anche su tanti altri temi, come il castigo, le ferite incancellabili, la maternità, il desiderio di essere amati ed amare.
Davvero un bel titolo che non si fa mancare nemmeno una piccola ma emozionante e suggestiva cornice metacinematografica

Diretto da un regista cileno di cui si non avevo mai visto nulla ma comunque abbastanza "famoso" (Sebastian Lelio, di cui si dice molto bene di "Gloria" e de "Una donna fantastica") "Il Prodigio" è uno di quei film Netflix poco netflixiani, quelli che cerchiamo di continuo senza trovarne quasi mai.
Ambientato nella seconda metà del 1800 racconta la storia di un'infermiera (la grande Florence Pugh) mandata in uno sperduto villaggetto irlandese dove sta avvenendo una cosa misteriosissima (il Prodigio del titolo), ovvero il completo digiuno di cibo di una 11enne.
Digiuno di mesi e mesi che, però, sembra non arrecare il minimo danno fisico alla bambina.
La famiglia crede che sia una cosa "divina" e per questo la comunità chiama l'infermiera, per avere anche un parere scientifico che possa o sconfessare o confermare l'eventuale prodigio inspiegabile.


Il film, quindi, sarà tra le altre cose una di quelle opere che raccontano dell'eterna lotta tra Scienza e Fede (non a caso la bambina viene seguita per 8 ore alternate tra Elizabeth - l'infermiera -  e una suora), argomento che mi affascina sempre molto.
L'incipit è straordinario, uno dei più belli di questi ultimi tempi.
Siamo dentro a un teatro di posa, in un vero e proprio set cinematografico.
Una voce fuori campo ci invita a "credere alle storie" e l'inquadratura ci porta lentamente dentro una baracca costruita come set.
La ripresa arriva lentamente sul volto della Pugh e, magicamente, ci troviamo così dentro al "vero" film.
Un metacinema davvero eccezionale.
Da subito il film ci conquisterà con le sue location, quell'alberghetto verde scrostato che sembra quello di Spider di Cronenberg, i campi infiniti dove i nostri protagonisti camminano più volte, la casa isolata nella brughiera e il suo interno, con questi due piani - il sopra e il sotto -  che diventeranno quasi due luoghi completamente separati (sotto c'è la famiglia, le chiacchiere, le credenze, i segreti, il paese, sopra la nuda e intima verità della bambina).
Il Prodigio è un film bello, molto bello, fotografato splendidamente, recitato splendidamente e capace di mantenere il suo mistero in maniera molto trattenuta, senza mai prendere connotati da thriller.
E' la storia, alla fine, di una donna che (ri)cerca una figlia e di una figlia che avrebbe bisogno di una nuova madre (ormai i film sulla maternità  non si contano più).
Religione, Fede, colpa ed espiazione, delitti e castighi, vecchi fantasmi, segreti inconfessabili, ferite mai rimarginate, tutto si mixa in una sceneggiatura apparentemente "semplice" ma granitica (è tratto da un romanzo del resto) nella quale tutte queste tematiche vengono fuori senza che nessuna venga mai urlata.
Le luci sono bellissime (come spesso accade in film che raccontano epoche di buio e candele), le inquadrature perfette (molto geometriche, da quadri, con la Pugh inquadrata decine di volte in assoluta frontalità) e, specie nel finale, non mancano anche molte scene emozionanti, come il "risveglio" di Anna ad una nuova vita - bellissimo e simbolico -, come l'incendio in cui vengono bruciati i passati di entrambe (personificati dalla Bibbia e dalle scarpette della bimba morta prestissimo), come Nan che vede dalla finestra l'arrivo di Elizabeth o quella cena finale in cui Nan (Anna) per la prima volta (nel film) tocca cibo.
A proposito di cibo ho amato moltissimo una cosa forse non evidentissima ad una visione superficiale, ovvero l'incredibile numero di volte che vediamo Elizabeth mangiare (5 o 6). Sono tutte scene "minime", di raccordo, ma è davvero suggestivo questo confronto, opposto al digiuno di Anna.


Nell'ultima mezz'ora il film si svelerà, regalandoci "dolci" (nel senso di leggermente prevedibili) colpi di scena, che in fin dei conti lo spiegano tutto (come sopravviveva Anna, perchè l'hanno costretta a quel supplizio, l'incesto del passato).
Ed è davvero potente questo concetto di "nuova vita" (attraverso anche un nuovo nome) che, se volete, può essere declinato in mille modi.
Come se ogni vita perduta, vessata, rubata, imposta, ad un certo punto possa essere cancellata, con un click, per ricominciarne un'altra.
Parliamo di una vera e propria "morte" per rinascere diversi da prima (ovviamente questo è possibile solo nel caso che la nuova vita sia opposta alla precedente, piena d'amore, affetto, considerazione, libertà).
Ecco, se c'è un difetto nel film forse è proprio non aver premuto ancora di più su uno dei suoi più grandi pregi, ovvero quella cornice metacinematografica che lo apre e lo chiude.
Sarebbe stato perfetto o semplicemente così (ovvero con il metacinema solo in apertura o chiusura) oppure inserendo all'interno dell'opera molti altri momenti di questo tipo.
Si fa fatica a capire infatti perchè, a parte incipit ed epilogo, avremo solo un altro intervento "esterno" durante il film.
In ogni caso epilogo bellissimo, esattamente speculare all'incipit.
E quel "dentro-fuori" l'ho trovato davvero straordinario perchè carico di almeno tre significati.
Il "dentro fuori" dell'illusione ottica dell'uccellino in gabbia, quello - per analogia - di Anna e della sua situazione di "prigionia" e quello del finale, questo uscire ed entrare nella finzione cinematografica.
30 secondi finali bellissimi, degna conclusione di questo titolo

8

11 commenti:

  1. Buonasera Caden. Racconto, il tuo, come al solito stimolante e riflessivo che mi ha spinto a rivedere questo film per una seconda volta. Mi riesce difficile dire quale parte ho trovato migliore: tra una fotografia e una scenografia stupende, aggiungi anche una colonna sonora che ti "lega" fino a quasi alla fine di quest'opera. Credere, entrare, uscire, il taumatropio. Che idea inserirlo. Florence Pugh perfetta dall'inizio alla fine e Kila Lord Kassidy in crescendo, come se il regista avesse serbato, celato, la sua bravura per manifestarla nell'atto della rinascita come Nan, con le due protagoniste che si liberano a vicenda. A proposito dei paesaggi irlandesi: a me non mi hanno dato in questo caso l'idea dell'infinito, anzi le colline sullo sfondo le ho trovate opprimenti. Mia impressione ovvio. Buon fine settimana e attendo un altro tuo racconto.

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    1. Mi hai fatto conoscere un nuovo termine (taumatropio)

      Sì, bellissimo inserimento, specie per la doppia analogia che scatena (la prigione di lei, il metacinema)

      l'atto della rinascita veramente emozionante, non c'entra niente ma restando in attori giovanissimi mi ha ricordato la morte del bimbo in The Witch, anche a livello recitativo

      ho scritto infinito? no, ma se l'ho scritto non era aggettivo metaforico, mi riferivo proprio tecnicamente a quelle lunghe strade sterrate nella brughiera, se non sbaglio con molto orizzonte dietro

      ma niente di più

      a te!

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    2. The Witch,2015, è da tanto che ci giro intorno e non me la sento, trailer maledetti che io evito quasi sempre. Eppure prima o poi...sempre grazie per le segnalazioni, " Non sarai sola" per esempio.

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    3. Madonna che film Non sarai sola....

      The Witch è uno di quei titoli imprescindibili tra i recenti

      sempre che esistano titoli imprescindibili ;)

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  2. me lo guardo, ho visto gli altri film di Sebastian Lelio e non mi hanno deluso, grazie per la recensione

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  3. L’ho visto e mi è piaciuto tantissimo!Come sempre, c’è solo da fidarsi dell’armellinometro! W la Pugh!
    Chiara Elle

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    1. Ahah, grazie Chiara!

      bello bello, visto due volte ;)

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    2. L'ho rivisto e mi ha fatto pena,pessima pugh.Chiara elle.

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    3. Più che Chiara questo me sembra un commento dell'amico multipersonalità

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    4. Ero chiara mentre scrissi il commento,ora sono damien

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