Riccardo Simoncini è un giovanissimo lettore del blog, se non sbaglio ha da poco compiuto vent'anni.
Già due anni fa scrisse due articoli sui film visti a Venezia.
Siccome non ha ancora spazi suoi dove scrivere anche quest'anno ne approfitto io e lo faccio diventare voce ufficiale del blog al festival.
Riccardo è un ragazzo d'oro che sta cercando di approfondire questa sua passione per il cinema a 360°, anche girando cose (avevamo fatto veder qua il suo corto).
Credo che mai come quest'anno, visto quello che è accaduto, dare voce a un ventenne che ha voglia di crescere ed imparare sia una gran cosa, rappresenti la faccia bella di questa straordinaria ma ancora tumultuosa moltitudine di giovani appassionati.
Come prima puntata ho raccolto sei film fuori concorso, domani parlerà di 7 che invece erano nella gara ufficiale.
D'ora in poi a scrivere è lui.
Un’edizione ricca di grandi nomi. Di nuove scoperte. Di grandi riconferme. Tanti film hanno diviso pubblico e critica, ma come ha detto in conferenza stampa la presidente di giuria Orizzonti, Athina Rachel Tsangari, in quanto amanti del cinema occorre quasi “ucciderci” l’un altro per un film, sia come registi, che come giurati o come semplici spettatori. Parlare e discutere dei film è in fin dei conti forse una delle parti più emozionanti di tutti i festival. In questa edizione 2018 domina poi la realtà Netflix: non solo tanti film in concorso, ma anche due film vincitori Netflix (Roma come Leone d’Oro e i Coen per la miglior sceneggiatura). Come ha detto, però, Guillermo del Toro, presidente di giuria del concorso, questo non deve essere inteso come un evento epocale, come inizio o fine di qualcosa, ma piuttosto come “la continuazione di un processo iniziato centinaia di anni fa”.
Sulla mia pelle (Orizzonti)

Il caso di cronaca nera di Stefano Cucchi, interpretato magistralmente da Alessandro Borghi. Una storia di 7 giorni iniziata con un episodio di violenza inaudita. Noi non lo vediamo questo episodio. Ma ne vediamo gli effetti. I segni indelebili sulla pelle di Stefano. Quei segni che lo accompagneranno in tutto il film, durante tutti i suoi spostamenti. Durante tutti i suoi incontri. E in effetti in questi incontri, nessuno può restare indifferente.
“Cosa ti sei fatto?” Gli viene chiesto
“Sono caduto dalle scale.” Risponde lui
Ma di tutta la gente che incontra, non riesce mai a vedere le persone che vorrebbe: la sua famiglia, il suo avvocato. Perché la burocrazia è lunga e complessa. E lui sempre più debilitato. A volte ha la forza di arrabbiarsi, altre volte solo di abbandonarsi a se stesso e di non combattere più. Ed è in quest’opposizione che noi cogliamo il suo dolore: la volontà di ribellarsi è frenata dalla paura, dalla mancanza di fiducia nelle persone che ha attorno.
Alla fine quei segni di violenza di moriranno con lui. Ma non tutto è morto. La sua storia è viva. E questo film ne è la testimonianza.
Anons - The Annoucement (Orizzonti)
Una commedia politica satirica turca su un colpo di stato militare. O meglio: sul tentativo di attuarlo in una notte. Perché in realtà quel colpo di stato troverà continuamente degli ostacoli: assurdi, impensabili e per questo tremendamente divertenti.
Così, recuperando stilisticamente Roy Andersson, il film si prende gioco degli idealismi, il dogmatico ed eccessivo credere in qualcosa fino alla fine ed esalta quindi il contrasto tra idealismo e realtà. È interessante, infatti, quest’opposizione proprio perché il film arriva da una nazione come la Turchia, dove sembrerebbe impensabile poter ridere di temi così delicati. In effetti il film più che come una commedia appare come una tragicommedia. Il silenzio domina la scena e quando qualcuno parla è per dire frasi inopportune, assurde e fuori contesto. “L’annuncio”, insomma, non è solo quello del colpo di stato alla radio all’interno del film, ma rappresenta anche l’annuncio dell’arrivo di un nuovo regista e chi lo sa magari di una vera e propria corrente.
Domingo (Giornate degli Autori)

Domingo potrebbe sembrare ad una prima occhiata il classico dramma familiare. Di quelli già visti e rivisti. Invece no. Di nuovo una tragicommedia. Di nuovo il contesto esterno alla famiglia assume un valore centrale nella narrazione, soprattutto se si considera che il paese in questione è il Brasile. Se si considera che nel film il presidente Lula è appena stato eletto. Così questo contesto ben preciso non fa da semplice sfondo al racconto, ma ne è del tutto interno. È radicato nei personaggi. Perché nel loro agire, in fondo, tutti sono in qualche modo condizionati da ciò che li circonda. Le vicende del Brasile ne determinano allora le azioni, i pensieri, le emozioni. I rapporti tra i membri della famiglia, in alcuni casi sinergici, in altri conflittuali, in altri ancora addirittura morbosi, vengono ad essere conseguenza del tempo. Tempo del presente per i cambiamenti in atto. Tempo del passato, per chi l’ha vissuto.
E così c’è chi spera in quel cambiamento incarnato da Lula, chi lo vuole evitare e chi invece quella speranza l’ha del tutto persa.
Blonde Animals (Settimana della critica)

Riprendendo il surrealismo di Quentin Dupieux (anche se meno allucinato e meno geniale rispetto ai film del grande regista francese), Blonde Animals è un viaggio divertente all’interno della vita di Fabien, un uomo che non può più ricordare. “Mi dimentico le cose perché non assimilo bene le vitamine” è la frase che torna continuamente durante la visione. Perché si dimentica di tutto: di cose, di persone, di luoghi e appunto delle frasi che lui stesso pronuncia.
Il tema della memoria è il fulcro del film. A ricordi del presente che non riescono ad essere impressi nella sua mente, si oppongono ricordi di un passato felice, di successo, quando Fabien era una star di una sitcom degli anni ‘90, che invece permangono in maniera indelebile nella sua memoria. Così come permangono i ricordi di una ragazza che ora non c’è più. Quasi come se quell’uomo fosse bloccato: incapace di andare avanti e di vivere un presente che diventerà poi passato. A contribuire all’assurdo è in particolare una caratteristica di Fabien: la capacità di mangiare (e digerire) qualsiasi cosa. Oggetti di qualsiasi tipo e dimensione. Ma questa capacità così completa, concreta e materiale è contrapposta ad un’incapacità più astratta, ma in questo senso molto più dolorosa: quella appunto di non riuscire a ricordare.
The man Who surprised everyone (Orizzonti)

Il travestimento come inganno. Quello che viene sfruttato, per esempio, da un ladro per eludere la sicurezza. Per non farsi riconoscere. Per confondersi con gli altri. Potremmo definirlo come un segno di astuzia. Cosa cambia allora quando quel travestimento è invece da donna?
Così un uomo, malato terminale, ormai abbandonato dalla scienza, decide di affidarsi a credenze popolari e si traveste da donna, per ingannare la morte. Per non farsi riconoscere appunto e confondersi quindi con altre donne. Un semplice vestito, del trucco applicato sulla faccia: una maschera insomma, un sottile velo esteriore. Perché il protagonista in realtà non si sente donna. Quella è solo apparenza, una maschera, che, però, agli occhi della gente del posto (una classica cittadina nella taiga siberiana) è qualcosa di più. Qualcosa di diverso, che esce dal comune, dalla tradizione, e che per questo deve essere represso. Se i suoi amici e conoscenti all’inizio provavano pietà nei suoi confronti, arrivando a dargli soldi per permettergli di curarsi dal cancro, con un po’ di trucco e vestiti femminili invece lo deridono, arrivando addirittura a picchiarlo. Come se in fondo i primi ad essere ingannati da quel travestimento fossero proprio le persone a lui più vicine. Come se queste non l’avessero mai conosciuto realmente per la sua essenza. Come se quell’aspetto esteriore con cui nasciamo rappresentasse in toto il nostro Io.
Manta Ray (Orizzonti)

La manta. Animale marino gigantesco. Titanico. Quasi mitico. Immenso nuotatore. Immerso continuamente nell’oceano. Ed è nel mare che affogano tanti rifugiati, che in questo film thailandese in particolare sono rappresentati dai Rohingya della Birmania. Uno di loro viene trovato ancora vivo da un pescatore del posto. Non parla, non ricorda. È un uomo senza nome, senza identità. Tra il salvato e il salvatore, entrambi uomini soli per motivi differenti, inizia così una grande amicizia, di silenzi innanzitutto, di esperienze, che diventano spirituali, immateriali e spesso quasi surreali, perché in tutta questa sofferenza diventa difficile accontentarsi della realtà e si può solo più nuotare nell’acqua. Lontano.