23.8.16

Recensione: "The Zero Theorem"


Un film di Terry Gilliam con Waltz e la Swinton.
Del 2014.
Eppure nessuno lo conosce.
Tra 1984, Brazil, Godot, Kafka, Apri gli occhi e Truman Show un film che probabilmente aveva ambizioni infinite, talmente infinite da provare a dare una propria interpretazione sul senso della vita.
Eppure pare che un significato così profondo sia stato travolto da un significante troppo barocco, confusionario e visivamente anacronistico. 
E se Gilliam avesse voluto girare il film della vita?

Può un film di Terry Gilliam DEL 2014 con dentro Waltz (difficile aver meglio in campo maschile), la Swinton (quasi impossibile aver meglio in campo femminile), Damon, Stormare e Whishaw (anche se sti ultimi due poco più che camei) esser passato del tutto inosservato? 

Quasi nessuno che l'ha visto, quasi nessuno che ne ha parlato, la distribuzione, minima, che arriva due anni dopo.


E' proprio vero -e anche Romero lo dimostra- che il nome ormai poco più serve nel mondo cinematografico. Anche i grandi piangono, anche i grandi subiscono parecchi no, hanno porte chiuse in faccia e faticano a far vedere i propri film.
Poi quando c'è di mezzo Gilliam si sa, tutte le regole vanno a farsi fottere. I suoi film così pazzi, visionari, personali, anche pastrocchiati, sembrano un pò aver segnato il passo.
Non è un caso che uno vede The Zero Theorem e gli sembra di ritrovarsi davanti un film degli anni 80/90, quelli d'oro di Gilliam, quelli dei brazil, re pescatori ed eserciti di scimmie.
Non voglio offendere i veri conoscitori del genere ma credo che The Zero Theorem sia un film perfettamente cyberpunk, quasi da definizione.
Siamo in un futuro distopico in cui regna la tecnologia. Di converso, però, le strutture sono quelle di una volta. I palazzi, le case, le strade. Tutto è al tempo stesso decadente e decrepito ma pieno di schermi, pixel e virtualità.
In questo senso straordinaria la "casa" del protagonista Qohen (Waltz), una vecchia cattedrale dismessa dove lui, grandissimo hacker e programmatore, tiene tutti i suoi schermi e i suoi computer.
Tanto per mettere dentro ancora più citazioni, tutta l'umanità sembra comandata e spiata da un Grande Fratello, il capo di una grande compagnia (non ho capito de che).
(Bellissima la telecamerina al posto del viso del Cristo nella chiesa)
Qohen fa il suo lavoro stancamente. Dle resto del mondo frega nulla (si sa, al virtualità porta ad una tremenda solitudine).
In realtà l'unica cosa che lo assilla è ricevere una telefonata, la telefonata della vita.


Il suo stesso Brazil, 1984, il sogno lucido di Apri gli occhi, Truman Show (anche nella figura di lei, un'"attrice" che poi si innamora veramente di lui),  Godot, Kafka, qualche spruzzata di Borges (specie in quel labirintico teorema a cubi), c'è di tutto in questo ultimo film di Gilliam che a me, proprio per questo, ha dato una netta sensazione.
Ed è quella per cui il 74enne Gilliam con questo film abbia voluto fare Il Film. Come se ormai giunto ad una terza età di vita (ed una quarta di carriera) si sia sentito in dovere e in bisogno di realizzare un'opera profondamente esistenziale, come un punto di arrivo sulla propria visione del mondo, sul senso della vita.
Non è un caso che la telefonata che deve ricevere Qohen proprio a questo somigli, allo scoprire il senso dell'esistenza. Mi ha ricordato molto il titolo dello spettacolo che Caden Cotard non riesce mai a concepire. Ma tutto puzza di esistenzialismo. La telefonata sopracitata, il teorema zero di cui parla il film, quello che vuole dimostrare come tutto sia niente, come nulla conti davvero. come il "totale delle cose" dia zero come risultato.
Ma c'è anche altro, l'impossibilità dell'amore vero, la solitudine assoluta, il misantropismo.
Ma del resto lo stesso nome del protagonista diceva già tutto. Ringrazio la mia tesi di laurea su Tempo di uccidere di Flaiano (sapete che scrivo solo di quello che so, non cerco nulla) per avermi fatto arrivare a questo. Il nome del protagonista, Qohen, è praticamente identico a Qoelet, l'Ecclesiaste, il testo biblico che, tra le altre cose, narrava dell'assoluta vanità e inutilità della vita.
Ecco, in quel nome c'è tutto quello che poi avremo nel film, la sopracitata telefonata, il teorema zero, la figura stessa del protagonista.
Il problema è che in questa cornice così colta ed ambiziosa non corrisponde un film altrettanto potente.


Intanto gli attori non sembrano rendere per quello che valgono.
Waltz pelato (e spesso nudo), fa il suo ma non punge come al solito. Damon è un quasi improbabile vecchio. La Swinton, dopo Grand Budapest Hotel, dopo Snowpiercer, dopo Ave Cesare è ancora intrappolata in un personaggio al limite della macchietta, sovraesposto ed esagerato, punk.
Tutto è abbastanza confuso (ma non troppo) ma l sensazione più forte è quella di un film che non parte mai, che fatica a coinvolgere e puzza tantissimo di vecchio. Tutte le cose che ho scritto sopra, tutta quella cultura, tutta quella ambizione, sono cose che ho estratto a fatica, come un dente, ma che una visione distratta difficilmente coglierebbe.
Gilliam crea un universo weird che a tratti funziona molto bene, pieno di personaggi strambi e sopra le righe (la bellissima ragazza, il nano, il Direttore, Waltz travestito in latex). Ma tutta la parte più importante, quella del significato, pare essere travolta da un significante barocco e confusionario.
Eppure questo film sulle illusioni e sulle disillusioni, sui poteri e sui sudditi, sulla solitudine e sugli improvvisi sprazzi di felicità, aveva tutte le carte in regola per poter essere grandissimo.
Qohen, così come Gilliam, spera che tutto non sia soltanto un immenso buco nero che ogni cosa inghiotte.
Pensa che ci possano ancora essere spiagge magnifiche dove il sole non finisce mai di tramontare.
Eppure, ahimè, quel tramonto, con un sole che è una palla incandescente che noi stessi mandiamo a fondo, scomparirà per sempre.
Non solo il tramonto su una vita in cui non si è ricevuta la telefonata giusta ma, forse, anche il tramonto di un autore.

19 commenti:

  1. Nell'attesa dell'uscita italiana me lo sono visto sottotitolato meno di un anno fa.
    Lo aspettavo con ansia, alla fine non mi è dispiaciuto, immagino che il regista stia ancora facendo i conti con le major dai tempi di Brazil che non volevano mandarglielo in sala con quel finale.

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    1. Sì sì, credo che Gilliam-major sia quasi in ossimoro.
      Troppo anarchico, troppo indipendente, troppo pazzo.

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  2. Io vedettolo!


    (spoiler?)
    Il ricordo più forte è lei cerca di convincerlo ad andare, lui che si impunta, lei implora, lei se ne va, lui resta solo, ancora e per sempre.

    Ahio.

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    1. ha creduto nel sentimento e negli altri il tempo di un amen

      anche quella faccenda poteva essere svolta e finita meglio. Manca un pò di cuore ed empatia a sto film. E il fatto che lui non abbia cuore o empatia per gli altri non giustifica la cosa che manchi nel film.

      Sulla "carta" era tutto bellissimo, poi si è un pò pasticciato

      ma comunque rimane un film da vedere

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  3. D'accordo praticamente su tutto. Un film che cerca di essere qualcosa che non riesce a essere.

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  4. Il film non l'ho visto ma lo farò a breve visto che esce in home video e che Gilliam seppur non apprezzandolo in toto mi affascina sempre molto, ma di queste stranezze, cioè di film "vecchi" e distribuiti in ritardo in sala, ultimamente è diventata un'abitudine (la filmografia di Dolan per esempio).

    Io lo aspettavo da quando fù annunciato e poi se ne persero le tracce, non ho letto tutta la rece ma solo la prima parte e lo farò a post visione, ma la curiosità è alta come le aspettative, speriamo bene, con Gilliam è amore/odio, spero che qui si propenda per l'amore :)

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    1. però spetta.
      Dolan è l'opposto.
      Ossia un ragazzino che ha fatto film in passato, poi è diventato famoso e adesso stanno recuperando tutto apposta.
      Gilliam invece l'opposto, uno che era famosissimo, sulla cresta dell'onda, e ora non gli distribuiscono più nulla, o malvolentieri.
      DOlan è un climax ascendente, lui discendente

      eh, troverai pregi e difetti, non si scappa ;)

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  5. Si si verissimo, per versi opposti però sempre lavori distribuiti in ritardo, quello volevo dire ;)

    Ti saprò senz'altro dire cosa ne penso, come sempre :)

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    1. Eccomi... bhe che dire, pellicola visionaria in puro stile Gilliam con idee alla base notevoli ma dipanate in modo disomogeneo e troppo, davvero troppo no sense, forse proprio come la vita che il regista vuole dirci. E' difficile pure scriverne e tu sei stato bravissimo come sempre a farlo così in modo preciso. Confesso che la visione è stata ardua, e confermo che i lavori precedenti come Brazil o L'Esercito Delle 12 Scimmie sono molto lontani in riuscita rispetto a questo, e con ogni probabilità concordo col fatto che qui Gilliam abbia chiuso un cerchio e (forse) una carriera piena di alti e bassi, qui siamo a mezza altezza per quanto mi riguarda, ma l'idea che Gilliam a vesse già dato da tempo ormai è quasi una certezza. E probabilmente questa è anche la ragione del fatto che da anni non trovi più facilità nelle produzioni e distribuzioni, già che sia stato distribuito con soli due anni di ritardo alla luce di tutto non è poco.

      Voto: 6,5

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    2. Beh, direi che d'accordo quasi come non mai

      stesso voto (sarebbe il mio=
      stessa sensazione di troppe cose messe ma svolte in maniera confusa
      stessa sensazione, pure, che questo possa rappresentare il tramonto di Gilliam
      stessa considerazione sulla distribuzione

      pensa che ieri a cena con un amico discutevamo proprio su questo film, a lui è piaciuto molto di più

      sì, visione difficile, non riuscirei mai a farla di nuovo

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    3. Ecco sarebbe interessantissimo dialogare o confrontarsi con chi il film è piaciuto o cmq ha tratto ed estrapolato sfumature diverse, nuove, che probabilmente sfuggono a noi. Insomma avrei partecipato volentieri a quella discussione col tuo amico :)

      Io invece potrei riuscire a fare una nuova visione, e chissà che lo possa leggere sotto una nuova luce anche se non credo che possa elevarlo ulteriormente, troppo criptico (?), troppo sgangherato (?), con idee illuminanti ma esposte in modo confuso e non compatto, che possano quindi essere incisive e che arrivino allo spettatore come monito per il futuro. Non gli manca l'originalità, il coraggio e la visionarietà, ma se il tutto non è amalgamato bene si fà fatica, nonostante questo non lo boccio e non è poco! Con Gilliam confermo l'amore/odio che dicevo più su, un amore che mi ha fatto amare Brazil, L'Esercito Delle Dodici Scimmie, La Leggenda Del Re Pescatore, Paura E Delirio A Las Vegas ma che mi ha fatto odiare I Fratelli Grimm e Parnassus. Qui siamo in un limbo, in cui probabilmente Gilliam, come detto, ha dimostrato che non ha più niente da dire.

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    4. Ma alla fine non è che se ne è parlato tanto, c'era una paella da far fuori ;)
      Non credo lui abbia trovato significati diversi dai nostri o più profondi, solo quelli che il film aveva lo hanno colpito di più e non ha trovato troppi difetti...

      per il resto hai detto tutto.
      E sono contento che hai tirato fuori La Leggenda del Re Pescatore, uno dei film cui lego più la mia adolescenza...

      comunque ho visto solo i primi 3 che citi dei sei

      anche Tideland è molto amato/odiato so

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    5. Buona la paella :D

      Tideland mai visto.

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  6. D'accordo al 100%
    Ho avuto le tue stesse sensazioni ....poi resta appunto il fatto che è difficlie non farsi affascinare dalla sua messa in scena ed è facile capire l'intento di questo lavoro però purtroppo non riesce ad esprimere veramente il tutto .... è come un secondo tempo di Brazil spostato nel tempo e nello spazio ...della serie " ...allora vi avevo anticipato tutto ed ora questa è la conferma ..." però , appunto, non mi dice nulla di nuovo al contrario di allora quando col suo film era avanti anni luce in confronto ad altri ...

    gli attori non rendono quello che valgono proprio perchè non hanno in mano una sceneggiatura interessante ed incisiva...
    la Swinton già in Ave Cesare aveva doppiato i precedenti due personaggi ed inizia davvero ad esagerare ed è un peccato ..
    insomma Gilliam al tramonto ? chissà ...da spettatrice vorrei tanto ritrovarlo in forma ma sappiamo che prim a o poi tutto finisce ...in un buco nero ?!


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    1. Eheh, chissà perchè stavolta ero sicuro potessimo trovarci d'accordo...
      Il fatto è che con i film ambiziosi te c'hai sempre la pistola pronta, e se per una volta ho sparato anche io...

      La cosa buffa è che probabilmente sto film è anche più grande di Brazil nelle intenzioni. Cioè, qui dentro voleva mettere davvero il (non) senso della vita. E secondo me parlare molto più di sè stesso.

      La Swinton la prima volta che ha fatto la macchietta era magnifica, la seconda bellissima, la terza insomma, alla quarta basta...

      Sì Dolly, questo è il tramonto o il buco nero di Gilliam, ne sono quasi convinto. Già da troppi anni è fuori dal grande giro delle buone critiche, e sto film credo lo abbia affossato per sempre

      E, del resto, mi sembra proprio un film "finale" per quello di cui parla

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    2. ...beh ... non ho proprio "sparato a zero "...
      resto affezionata a questo regista che seppur arrivato ad un punto morto non mi ha comunque delusa completamente , infatti ho dato un voto sufficiente a questo film in cui ho visto , a prescindere, ancora tante buone idee ... e magari ... un finale tutto sommato anche coerente con tutto il prima ...e poi come dici tu se stesso ...
      chi mi ha davvero delusa è invece N.W.Refn come vedrai sulla tua rece di Solo dio perdona ... spero si tratti di una roba passeggera ....

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    3. No no, assolutamente, non ho scritto che hai sparato a zero ma che su film così qualche cartuccia ce l'hai sempre pronta.
      Sì sì, concordiamo alla grande

      e ho letto su Refn, credo che avrei risposto proprio oggi ;)

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