Un film autoprodotto costato due lire.
Ma che ha dentro passione, tecnica, sorprendenti effetti visivi e un'idea.
E tanta tanta ambizione, forse fin troppa.
Il modo migliore per cercare di venir fuori in questo difficilissimo, antimeritocratico e distruttivo mondo del cinema indipendente italiano
presenti spoiler nella seconda parte
alla fine della recensione c'è il vimeo del film
L'opera più grande che mai mortale abbia scritto finisce così:
"l'Amor che move il Sole e le altre stelle"
una cosa magnifica, divina sì (o almeno nella Commedia) ma anche tanto tanto umana.
Ecco, in questo film autoprodotto di Federico Res è un pò forse di questa cosa che si parla, di un qualcosa di grande grande, il Motore del titolo, che muove un pò ogni cosa nel nostro Universo.
Se però in Dante era proprio l'amore, il più grande dei sentimenti, quell'Amore forse da personificare in Dio stesso (che poi "personificare in Dio" è contraddizione in termini), se dicevo per il Poeta era l'Amore a muover tutto, ecco, in The Engine sembra più essere il Dolore il vero protagonista.
Dico subito una cosa.
Federico mi ha mandato questo film.
E in questi mesi in cui tardavo a vederlo mi sono accorto, da piccole cose, dell'umiltà di questo ragazzo ("vedilo quando vuoi! mi farebbe tanto piacere. Tranquillo, quando potrai potrai") un'umiltà che, purtroppo, ahimè, ha un pò anche a che fare con quella cosa che prende spesso ai nostri giovani registi che si autoproducono cose, ovvero la disillusione.
Però aver captato quest'anima timida e umile di Federico è stato importante per me durante la visione. Perchè, diciamocelo, The Engine è un piccolo film, poco più di un mediometraggio (un'ora spaccata), ma ambizioso da morire, ma da morire eh, di un'ambizione che se uno non conoscesse chi l'ha girato potrebbe farsi idee sbagliate, pensare che chi l'ha scritto e girato si creda stocazzo.
E invece no, e invece siamo davanti a un ragazzo che ha fatto un film di fantascienza esistenziale avendo a disposizione un budget ridicolo (non vi dico la cifra perchè, davvero, è incredibile), tanta passione, una location abbandonata in Sardegna e un'idea.
Io sono sempre stato convinto che i film autoprodotti debbano essere difesi a prescindere, io chi li attacca e umilia lo sopporto poco perchè non capisce il contesto, tratta The Engine come Interstellar, non ha alcun senso.
Comunque...
The Engine è un film quasi miracoloso per almeno due aspetti.
Il primo è l'estetica. Res ha un gusto dell'inquadratura fortissimo, muove la telecamera con grande dolcezza, ha occhio e ama lasciar parlare le immagini, tanto che per certi versi The Engine è una via di mezzo tra la "nuova" fantascienza esistenziale e il cinema contemplativo. E' un piacere per gli occhi vederlo.
Ma quello che, tecnicamente, fa più spavento è il livello degli effetti visivi. E pensare che sono stati fatti con una cifra da cenone di capodanno fa paura. Gli effetti di The Engine sono migliori di alcuni film milionari.
Quella palla di fuoco simile al Sole (o è il Sole?), quelle sfere che pulsano e quasi "rettiliane", beh, chapeau.
Fa ridere che in un film che per certi versi ricorda pure Melancholia (almeno in un'immagine, quella delle mani "elettriche, siamo proprio all'omaggio) ci siano effetti migliori di Melancholia.
Per il resto questo è un film che si basa su una piccola grande idea. Quella per cui una nave aliena si è schiantata sulla terra (in Sardegna, ma il film è un non-luogo) e ha creato un'area, The Place, in cui si dice avvengano miracoli. Solo che nessuno sa do cazzo sta sto The Place.
Raggiungono il posto una giovane coppia, guidata da un uomo misterioso.
Lei è molto malata, pare una malattia degenerativa (anche se in un flash back si intuisce una specie di chemio), tanto che, questa unione di malattia e alieni, fa ripensare molto al bel The Signal, film comunque completamente diverso.
Fatto sta che la ragazza, insieme al fidanzato, tocca questa palla pulsante.
E comincerà a guarire.
Un film di fantascienza con solo tre attori, una location abbandonata (un'ex colonia estiva sul litorale sardo) e un'idea.
Come non amarlo?
The Engine i suoi problemi li ha.
Intanto per quanto poco dura riesce comunque ad esser troppo spesso ripetitivo. Res, ad esempio, indugia moltissimo sulle immagini spaziali ma dopo 3, 4, 5, 6 volte un pochino lo spettatore si affatica.
Gli attori hanno tre volti perfetti ma ognuno ha i suoi difettucci.
L'uomo misterioso ha una voce troppo impostata e perentoria, abbastanza innaturale.
Il giovane deglutisce ogni 4 secondi e, purtroppo, a volte non si capisce cosa dice.
Lei fa il suo ma non si grida al miracolo.
In ogni caso siamo oltre la media.
Il ritmo è lentissimo, i luoghi e i silenzi la fanno da padrone. Alla fine di azioni vere e proprie ne abbiamo poco più di un paio.
Ma proprio quando il film sembra diventare un pò troppo stanco ecco che, con il flash back, Res mette un elemento nuovo.
E The Engine diventa qualcosa di diverso, qualcosa di molto più ambizioso ed esistenziale.
Molto interessante lo "scambio" di malattie, quella fisica e devastante di lei e quella morale di lui, scambio benissimo mostrato nella scena dello specchio d'acqua.
Bello questo mettere in collegamento una malattia reale col senso di colpa, bello che ognuno dei due fidanzati viva quello che fino a poco prima viveva l'altro.
Ne vengono fuori concetti universali e molto interessanti. Anche perchè in ogni problema di coppia quasi sempre la cosa più difficile da fare è mettersi nei panni dell'altro, riuscire a vivere quello che vive lui, a pensare quello che pensa lui.
Ed è molto interessante anche l'origine di quel senso di colpa, con quella scena di sesso mentre l'altra ti sta quasi morendo davanti.
In poche pennellate Res ci regala tre anime distrutte, una che ha posto fine volontariamente alla propria vita, una che si sta avvicinando alla morte e una che non riesce a convivere col segreto che tiene dentro.
Sarebbe bastato questo per rendere The Engine qualcosa da vedere. Ma avviene qualcosa in più, avviene che quell' Alieno (che in realtà non è un alieno ma il Motore di cui parlavamo sopra) sia rimasto in qualche modo legato alla nostra Terra, alla nostra razza. Come se una cosa così grande alla fine sia rimasta vincolata ad un'altra che sarebbe dovuta essere molto più piccola di lui, L'Uomo.
E a lui servono il nostro dolore, i nostri sentimenti, le nostre paure per restare in vita.
E in un finale abbastanza difficile da interpretare molto suggestivo l'ennesimo scambio, quello tra i due uomini.
Quel toccare la sfera pulsante insieme permette al giovane di vedere per un attimo l'immensità di tutto, l'origine di tutto.
Quelli che Res mostra sono due occhi che vedono letteralmente l'Universo.
Ed essere riuscito con niente, con un mare, un edificio diroccato e degli effetti visivi fatti in casa, a parlare di questo è tanta roba.
Abbiate la capacità di apprezzare queste piccole cose, abbiate la capacità di apprezzare un giovane che sia tecnicamente che nella scrittura, tenta di arrivare più in alto possibile.
E magari quella disillusione si trasformerà in un sorriso
THE ENGINE from Federico Res on Vimeo.
RispondiEliminaNonostante le tue lodi a questo film, ho cercato di vederlo senza filtri, senza aspettative, e devo essere sincero…sono rimasto colpito, come te Giuse, dalla qualità tecnica-visiva, soprattutto tenendo conto del budget, e dalla potenza dei contenuti.
Siamo davanti a del Cinema fieramente indipendente, cinema incazzato ma con tanto amore dentro per il cinema stesso, un regista che tramite la fantascienza e il racconto del dolore umano trascende, per raccontare tutt'altro, almeno secondo la mia personale interpretazione, citando Guzzanti, la risposta è dentro di te, epperò, è sbagliata! ;-)
***SPOILER***
Con un uso immersivo della MDP Res ci mette davanti una coppia disperata, due persone a pezzi, Denise malata di cancro e senza un briciolo di speranza nello sguardo e Nicholas, divorato dal risentimento del tradimento con la sorella Angela e dal senso di colpa per il suo suicidio (qui il continuo deglutire mi sembra sia un escamotage per metterne in risalto la sua angoscia, non l’ho visto come un difetto di interpretazione). Terzo personaggio, L’”uomo misterioso”, che promette una cura per Denise.
La scena è dominata da 3 ambienti, lo spazio umano, un resort abbandonato e fatiscente, sul quale la mdp indugia mettendone in evidenza la miseria, a sottolinearne la desolazione rispetto all’immensità dello spazio e degli spazi aperti, la spiaggia e il mare, la natura.
Il continuo passaggio di riprese tra sistema solare, ambiente naturale terrestre e umano è ripetuto moltissime volte, quasi a sottolineare un’interdipendenza tra noi e il tutto, e la presenza di parabole enormi fa pensare ancora di più a questa sorta di connessione.
Tornando ai nostri eroi, l’uomo, brusco e scocciato, indica una misteriosa sfera come fonte della guarigione: dopo averla toccata, la coppia entra in simbiosi, uno scambio di malessere e dolore, una connessione di coscienze.
Qui vediamo un primo segno di alterità dell’uomo misterioso (oltre alla sua voce volutamente alterata e impostata): si fionda verso una pozzanghera di sangue, leccandolo come una sorta di vampiro. E ci gode proprio.
A questo punto l’uomo svela la propria identità, in una scena in cui sfoga tutto il suo disprezzo per l’umanità sbraitando crudo in faccia a Nicole: “Io ero il motore, l’energia senziente di questo universo, il nucleo fuso delle stelle era il mio nutrimento. Ma ho fatto lo sbaglio di affacciarmi qui, sul vostro pianeta.(…) Ora dipendo dal vostro dolore, dalle vostre schifose emozioni.
E ancora: “puoi immaginare un’esistenza più misera? Condividere il dolore è ciò che vi tiene in vita. Ciò che da senso alla vostra inutile esistenza”(…) “ho bisogno che viviate entrambi, affinché tutto questo vada avanti”.
Come dire, il dolore è il motore dell’universo. Il dolore, le stupide emozioni umane sono una fonte di energia più potente del nocciolo fuso delle stelle. Senza il nostro dolore non c’è moto ondoso, non c’è sole che regga, non c’è più luce, non c’è più vita.
RispondiEliminaA questo punto, asfaltato da tutto questo pessimismo e mi è venuto naturale pensare..ma questo Res di cosa sta parlando?
Per come l’ho intesa,il regista mette in scena un vero e proprio “Pernacchio” all’industria cinematografica, alle grandi produzioni, ai budget milionari. L’urgenza di Res sta tutta dentro quella verità umana fatta di emozioni e di dolore, di Realtà. E con questo dolore vuole urlarci l’importanza del cinema delle piccole cifre, del cinema di passione, del cinema come urgenza comunicativa. Il motore, l’industria del cinema ha bisogno di noi, esseri umani con tutte le nostre debolezze e le nostre sofferenze, ha bisogno di verità, non può nutrirsi solo di Stelle (del cinema, personaggi perfetti, felici, finti), attirato dalla spettacolarità della loro appariscenza. La gravità dell’esistenza umana è la forza che permette al cinema di continuare ad essere tale, di continuare a splendere, di illuminare le coscienze. E non ha bisogno di grandi cifre per raccontarla, ma di un budget all’osso, 3 attori e una grande passione.
Scena finale, l’uomo si connette con Nicolas, nutrendosi del suo male, e i due amanti, attoniti, si abbracciano e rinascono, in mezzo a un cumulo di macerie. E il sole continua a bruciare.
ma che meraviglia di commenti Dà
Eliminasei un grande
ti voglio bene anche a nome di Federico
inutile commenti a quanto hai scritto
(ormai sei la mia cavia degli indipendenti italiani)
un abbraccio
Ok, dal tuo commento capisco che ho fatto bene a citare Guzzanti haha..
RispondiEliminaMa meno male che ci sei tu che proponi gli indipendenti, ce ne vorrebbero di più..grandi tu e Federico!
Guzzanti va sempre bene a prescindere ;)
Eliminaa sto punto devi vedè anche Re ad Po, sempre che non l'hai fatto
un abbraccio Davide
si, forse avete già scritto TUTTO voi. Anzi forse avete detto più voi qui che il regista in tutto il film.
RispondiEliminaVisione sofferta, dove si apprezza la qualità tecnica, non tanto la staticità delle immagini
Condivido i vostri retropensieri, ma non ho apprezzato l'opera in se.
sì, forse davide è andato anche un filo (ma solo un filo) oltre l'intentio autoris
Eliminaci sta alla grande il tuo commento. Se si è abituati al cinema narrativo e con mezzi vedere opere antinarrative e piccole è davvero difficile
credo sia solo una cosa di abitudine
ma ti fa onore il tuo piccolo dissenso, ciao!
Ciao! Volevo solo ringraziare chi ha visto il film e ha impiegato del tempo anche per scriverne qui, siete fantastici. The Engine è un film lento e difficile e per questo apprezzo doppiamente chi decide di concedergli una chance. Grazie in particolare a Giuseppe che ne ha scritto qui sul blog e ad Harold per il bellissimo commento (una recensione a tutti gli effetti)!
RispondiEliminaTrovo molto interessante l'interpretazione di Harold, che va sicuramente oltre il testo ma sfiora uno dei significati diciamo "metaforici" del film, che non sto qui a spiegare perché essendone l'autore mi sentirei un pirla ^_^
Volevo solo dire una cosa, sull'interpretazione in generale di un film o di un'opera narrativa di altra natura. Il senso di un'opera, quello intimo e oggettivamente comprensibile, sta nel suo significato letterale. Vanno benissimo le interpretazioni che da esso trascendono: la narrazione implica il fare i conti con significati e contesti che l'autore magari nemmeno considerava, ma che saltano fuori, volenti o nolenti, anche ai suoi stessi occhi. Andrebbero distinte però sempre le interpretazioni dagli intenti originari, che si possono rintracciare, appunto, solo esaminando il senso letterale di un'opera. Per quanto mi riguarda la narrazione racconta di esseri umani, di quello mi piace parlare, nel bene e nel male. Anche The Engine parla di questo: la fantascienza spesso racconta di uomini che lasciano la propria patria per raggiungere le stelle, magari superando la propria umanità e divenendo qualcosa di altro; io ho invece immaginato un'entità eterna e incommensurabile che precipita nella miseria umana... ma che in un modo o nell'altro scopre il riflesso di quella sua spinta infinita e inarrestabile, il fuoco del motore, nella condizione umana. Questa spinta, che muove il sole e le altre stelle, non è il dolore ma la condivisione di esso. Comprendere tutto ciò per i due protagonisti significa anche superare ciò che hanno vissuto, e appunto, rinascere, come giustamente evidenzia Harold.
"La gravità dell’esistenza umana è la forza che permette al cinema di continuare ad essere tale, di continuare a splendere, di illuminare le coscienze. E non ha bisogno di grandi cifre per raccontarla, ma di un budget all’osso, 3 attori e una grande passione"
Questa frase è bellissima e verissima, e leggerla nel commento ad un mio lavoro davvero è una grande soddisfazione. Grazie :)
e direi che con questo splendido commento dello stesso regista abbiamo chiuso il cerchio
Eliminanotevole quella cosa che dici, vero, noi ambiamo alle stelle e invece The Engine ci racconta di una "stella" che arriva da noi e, in qualche modo, non può più farne a meno
e verissimo, non un film sul dolore, ma sulla condivisione di esso
Ti ringrazio per scritto con fina eleganza che non ho capito una fava ;-)
RispondiEliminaScherzo né, è che quando vedo passione poi mi prendo bene pure io e parto per la tangente. Comunque se un film fa trascendere un po tanto meglio, direi che è un ottimo segno.
Che dire, tema molto ambizioso la condivisione del dolore, sono sempre affascinato da cosa porti un regista a mettere in scena le diverse sfumature della condizione umana e tu l’hai fatto in maniera di certo non banale. Quindi ti becchi un “chapeau” anche da parte mia. Un abbraccio a tutti.