19.8.20

Recensione: "Lupin III, la prima serie" - Anime e Core, la grande passione per l'animazione giapponese - 9 - di Enrico G.


Ora che sono finalmente ripartito facciamo ripartire anche le rubriche degli amici che scrivono nel Buio.
Partiamo con Enrico, il giovane esperto di anime giapponesi.
Dopo tantissime puntate di roba conosciuta quasi solo dagli appassionati stavolta si va su un cult assoluto...
Enrico scrive una vera e propria Bibbia su Lupin III
Vi lascio prima alla sua presentazione e poi alla recensione
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Uno dei cartoni più popolari in Italia non sappiamo neanche come chiamarlo. E questo già dà un’idea di quanto sia particolare. Il titolo ufficiale sarebbe Le Avventure di Lupin III, così che il sequel diventa Le nuove avventure di Lupin III. O forse è meglio scrivere “the Third”? Poco importa come la chiami, rimane la serie della giacca verde o rossa. E la storia la conoscono tutti: quella di Lupin, il ladro più straordinario al mondo, terzo discendente di quell’Arsenio che abitava le pagine di Maurice Leblanc. Vive avventure in giro per il globo, costantemente inseguito dall’arcinemico Ispettore Zenigata. Può conquistare qualunque tesoro, tranne il cuore della sua bella Fujiko. Un pistolero infallibile, Jigen, e un samurai dalla lama prodigiosa, Goemon, lo affiancano con la loro amicizia e fiducia assoluta. Tutto scontato oggi, ma non agli inizi. Allora raccontiamoli, con tutti gli episodi della prima stagione (e pochi spoiler).

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Chi è Lupin III?
“Lupin… is a nice man. But he’s cool. Y’know. He uses his Walther. Yeah. The machine cries. Bang bang.”
Quelli che l’hanno conosciuto da piccoli ricorderanno certe cose più di altre, in quel modo vivido che solo lo sguardo infantile può dare. Per quanto mi riguarda, e può far sorridere, non ricordo nemmeno quale giacca seguissi di più, un’altra cosa mi colpì molto più profondamente: Lupin è brutto. Con quelle basette, con quelle gambe dinoccolate, con il volto vagamente scimmiesco che si ritrova. E non solo, il cartone che lo circonda è “brutto”: le animazioni sono essenziali, spesso ripetute, ci sono sbagli grossolani. Il tratto è quello, appena più rifinito, di un manga ancora più stralunato e sporco. Il doppiaggio sembra quasi di un Popeye in salsa di soia, pregno di rilassato scazzo. E nel doppiaggio nostrano si è seguito a ruota, con traduzioni imprecise, frasi allungate o accorciate, vocalizzi di tutti i tipi.
È questa la chiave del suo successo: ha stile, certo grezzo, ma personalissimo. Quando la prima serie uscì in Giappone, nel 1971, si può immaginare che nessuno avesse mai visto qualcosa del genere. Il paragone con James Bond per gli anni ‘60 esce spontaneo, sia perché molto amato dal papà di Lupin III, Kazuhiko Kato (per il mondo, Monkey Punch), sia perché forse non abbiamo niente del genere nemmeno oggi, visto che entrambi continuano a reincarnarsi in nuove forme, senza segno di voler smettere.
Dopo il 1967, con l’apparizione sulle pagine di Manga Action (rivista per adulti nata da poche settimane: di fatto Kato lanciò il giornale, e il giornale lanciò il fumettista), alcune persone nel mondo dell’animazione desiderarono farne una creatura animata, e così fu.
“Yeah he’s the Lupin the Third.”

Pilot
                               
Qui non c’è il personaggio che conquisterà il mondo con la sua simpatia e i colpi fantasiosi. È la prima incarnazione di Lupin, probabilmente la più vicina che mai vedremo al suo creatore. Monkey Punch si cimenterà addirittura nella regia di una, lo speciale Trappola Mortale, ma solo anni dopo: questi sono i fine ’60 e un ambizioso animatore, Yasuo Otsuka, intrigato dal manga dell’uomo di Hokkaido, si presenta da un amico regista, Maasaki Osumi, per farne un prodotto televisivo. È proprio il Lupin cartaceo che prende vita: il tratto è sporco, la giacca rossa, il carattere più vicino ad un arrogante Thomas Crown che al fuorilegge di Maurice Leblanc, che si oppone ad una società di ricchi e prepotenti. Lupin è ricco, nella sua bella villa, ed è prepotente, introdotto com’è in un confronto telefonico con Zenigata, che prima batte a shogi e poi umilia. Sembra rispettare una sola persona, Daisuke Jigen, faccia da duro ispirata al James Coburn dei western anni ’60. E ha una relazione con la bella e spericolata Fujiko Mine, ladra come lui. Ma non nel senso che si amano: Fujiko, lo dice la voce narrante, è Donna. Non una, ma la. E Lupin, che si fa beffe della polizia, dal “cervello di un supercomputer”, spietato, vincente, è Uomo.    Parliamo di un cartone certamente di nicchia, per adulti, con un umorismo velenoso e pregno d’erotismo, qualcosa di mai visto nel palinsesto televisivo sanificato dell’epoca. Il Giappone, come spesso si ironizza, davvero aveva solo robottoni megagalattici e storie strappalacrime, magari riesumate da qualche successo letterario europeo. Il mercato cinematografico era dominato invece dalla Toei Animation, con i suoi film fiabeschi e pieni d’avventura (la ritroveremo, più avanti). Bisogna dare credito alla Tokyo Movie Shinsha di Yutaka Fujioka (aveva invitato lui Osumi), per aver creduto in qualcosa di così controcorrente.                                                                                                            
Lupin è nuovo, scattante, aggressivo. Il buon Maasaki, girando per gli studi con questi scoppiettanti 20 minuti in Cinemascope, si vede negati i soldi per un film. È ancora troppo presto, in compenso viene approvata una serie da 26 episodi, e comincia l’avventura.

Trappola su quattro ruote

Qui esordisce la prima serie, sempre con Osumi al timone. Il tono è vagamente smussato rispetto al pilot, e lo si nota anche nell’estetica: Lupin ha smesso il rosso, trovandosi un colore più tenue che si adatti meglio alla paletta cromatica della serie. È nata la mitica giacca verde, con buona pace di Monkey Punch che non ha ancora molta voce in capitolo. A parte questi dettagli da mitologia del personaggio, l’episodio non offre molto. Il cattivo, Scorpion, si ricorda più che altro per la scena censurata nei passaggi televisivi Mediaset, dove “tortura” una Fujiko mezza svestita con delle manine meccaniche che le fanno il solletico. Quest’ultima, una volta salvata, non si esimerà comunque da tradire il suo bello, facendolo arrestare da un Zenigata molto più serio e composto di come ci abitueremo in seguito. Ovviamente Lupin si libera in mezzo secondo, raggiungendo Fujiko e ribandendo l’eterna filosofia del loro rapporto: “certe donne tradiscono con la stessa facilità con cui indossano gioielli e pellicce. Ma certi uomini le amano ugualmente allo stesso modo.”

Barriera Invisibile

Questo è l’episodio che definisce il protagonista, quello che farei vedere a chi non conosce nulla della serie verde, così come si fa vedere Goldfinger a chi deve essere introdotto a James Bond. A proposito, come l’agente segreto inglese, Lupin ha una fidata pistola Walther (modello P-38, anziché PPK), un debole per le donne, e le macchine di lusso: la sua è una Mercedes modello 1928.                                                                                                
Per un bel paio d’occhi Lupin potrebbe mandare all’aria anche il piano meglio congegnato: in particolare, per quelli di Fujiko. Una figura indecifrabile, di cui non si riescono a individuare valori precisi: a volte alleata, altre ostacolo di Lupin, altre ancora neutrale, sempre in funzione dei suoi obbiettivi. Eppure la cupidigia per tutto ciò che è raro e prezioso non sembra consumarla, si intravedono sprazzi di cameratismo, senso dell’umorismo, romanticismo. Non si può leggere a fondo in quell’espressione, prima languida, un momento dopo di una crudeltà raffinata, ma anche di una rabbia popolana (in un episodio si lascia sfuggire un bel “bastardi!”). Si può solo vederla allontanarsi, alle prime luci dell’alba, in sella alla sua Harley-Davidson.                                                               
Una così non può certo andare giù ad un tipo tutto d’un pezzo come Jigen, unico amico di Lupin. Non si fida affatto della ragazza, “del suo strano modo di fare”, e lo manda in bestia la propensione dell’amico a sopportare tutto pur di compiacerla. Si può rintracciare questo rancore già dal tradimento del primo episodio, ma forse c’è sotto una bruciatura anche più profonda; a giudicare da certi sguardi nel pilot, c’è stato un tempo in cui Jigen era molto più sensibile al fascino femminile, prima di imparare a fidarsi di una sola lei: la sua Smith & Wesson Combat Magnum.                                                                                                                             
Parlando di bruciature, ad agitare questo trio arriva un uomo pericolosissimo, che si dice essere addirittura un mago, Pycal. Com’è possibile che le sue dita emettano fiamme? Come fluttua nell’aria, o viene colpito da proiettili letali senza riportare un graffio? Whisky (nel doppiaggio italiano), a cui “basta il nome per farti ubriacare”, all’inizio non bada nemmeno a Lupin, sta in realtà cercando qualcosa che ha la sua ex amante: Fujiko. È una resa dei conti di forze potentissime: il mito dell’invincibilità, l’inganno, la scienza, e infine l’amore, rappresentate dalle Grandi Cascate, luogo del confronto finale. E, come dice Lupin, “dove di solito vanno gli innamorati”.           
                                                                         
Questa è la storia che avrebbe dovuto occupare il film negato ad Osumi, e se ne ricorderanno anni dopo, una volta consolidato il nome di Lupin III, con l’OAV il Ritorno di Pycal. Tristemente, uno dei prodotti più insalvabili della saga: meglio questo episodio, dove ogni scena è determinante, intensa, a volte pure affrettata. Con un cattivo degno del Re dei Ladri, violento, sicuro di sé, a suo modo passionale e gelido allo stesso tempo.




Il Terzo Sole

Un professore, una bella ragazza, un’isola pattugliata: praticamente la storia del Dottor No di Ian Fleming. Solo che qui la ragazza, Linda, è innocente e dal destino tragico, legato ad un fiore chiamato il Terzo Sole. La vita di Linda ne è indissolubilmente legata, tanto che viene chiamata “strega”, anche se il perché e il percome non ci è dato sapere. C’è davvero troppo: la gita in motoscafo interrotta di Lupin e Fujiko, lei che in qualche modo scopre tutto e comincia a fare il doppiogioco, fiori dal potere distruttivo da raccogliere, sottomarini nucleari affondati. E il missile tirato in ballo da quest’ultima sottotrama ha l’interno ROSA e oltre al plutonio può trasportare anche le persone (molto utile devo dire).
E Fujiko che prima se ne va e poi torna...
L’esagerazione abbonda, ma è una sorta di accumulo onirico e quasi metafisico, indubbiamente affascinante. Infatti, come in una fiaba crudele, la donna senza cuore sopravvive e continuerà ad affiancare Lupin per gli anni a venire, quella pura no. La sua sparizione non si può quasi chiamare morte da come è animata, sogno nella tragedia, sipario prima del finale. È come il Terzo Sole: strano, ma degno di essere guardato.

L’evasione di Lupin

Questa è l’unica delle storie che conoscevo anche in versione manga, e nella sua ispirazione, l’omonimo racconto di Leblanc, ancora più smussata e perfezionata. Lo schema è quello esopico della favola “Al lupo! Al lupo!”, con cui si srotola la sfida di Lupin a “sorella Morte”. Perché Lupin è stato catturato, e siccome in Giappone c’era (e c’è ancora) la pena di morte, tutto dipende da quanto le sue astuzie e bugie faranno presa sull’Ispettore della Polizia Metropolitana, uno Zenigata ovviamente preoccupato per la perdita della sua nemesi. Viene definito il carattere del poliziotto, nella sua lotta per l’ordine, naturale oppositore di quella inarrestabile forza anarchica che è il nipote di Arsenio Lupin. A chi voglia il piacere di scoprirsi l’episodio senza sapere altro. Piccola nota di colore: la prigionia di Lupin si svolge nell’arco delle quattro stagioni, scandite dal passaggio di un bonzo: con un’umile bicicletta alla cattura, in autunno. Poi in vespa, d’inverno, sull’utilitaria, in primavera, e in berlina d’estate. Che i mezzi sempre più lussuosi siano critica sociale, a chi cura prima se stesso che le anime dei poveri sventurati condannati a morte, sorpassati con indifferenza ogni giorno?

Goemon il samurai e Il segreto delle tre pergamene

Metto l’episodio 5 e il 7 assieme, perché sono tra i pochi con una vera continuità, dove viene esplorato il rapporto tra Lupin e l’impareggiabile spadaccino che gli sarà poi fedele compagno in numerose avventure. All’inizio i rapporti non sono idilliaci: entrambe le storie vedono la presenza di cattivi maestri per Goemon, indegni della fiducia e l’onore che caratterizzano l’allievo. Poi Goemon, diversamente da come diverrà la norma in seguito, non è affatto indifferente alla compagnia femminile. E se in questa serie fiorisce la discordia seminata da una donna, state pur certi che quella donna sarà Fujiko. Il samurai dichiara di trovare in lei solo una “tenera amicizia”, e capisce presto di che pasta è fatta, ma senza mai rinnegare il rapporto che fu. Rapporto che, in alcune sporadiche messe da parte della misoginia di lui, farà di nuovo capolino, come ne Il segreto del diamante Penombra. Tornando a Lupin, forse c’è un motivo di competizione ancora maggiore: sono entrambi banditi. Il samurai è infatti XIII discendente di Goemon Ishikawa, ladro e assassino, personaggio semileggendario del ‘500 giapponese. Esordisce quindi come rivale nello stesso campo di Lupin III, che rimane colpito da lui. Con la sua spada Zantetsuken, dai fendenti invisibili, non viene messo in difficoltà neanche dalle pallottole di Jigen. Infatti, nel loro primo incontro, il pistolero lo sfida (con il nome di copertura più bello di sempre, Scooter Kid) per testare le sue abilità, rimanendo senza parole. Lo stoico guerriero, ovviamente, sgama Lupin e compare in meno di un attimo, ma essendo un uomo d’onore lascia ai propri nemici la chance di salvarsi, nonostante avesse il compito di ucciderli.
Da questi inizi turbolenti al loro secondo incontro cambia il mondo, soprattutto fuori dai confini dell’anime in sé. Infatti, mentre nuove puntate venivano messe in cantiere, tutti questi episodi trattati finora andavano in onda. E gli ascolti non erano lusinghieri, tutt’altro. Osumi, che aveva donato il suo personalissimo taglio ai primi tre episodi, venne chiamato a giudizio per risponderne. Lupin III era qualcosa di mai visto prima, se paragonato per esempio al cinema governato dalla Toei, con la sua ferrea convinzione che l’animazione fosse un prodotto da rivolgere unicamente ai bambini. Come da definizione di avanguardia, era in anticipo sui tempi. Solo pochi lo avevano compreso, il pubblico generalista ci avrebbe messo anni a metabolizzarlo, capirlo e volerne ancora. Ma ai dirigenti del 1971 questo non importava, l’audience aveva il suo verdetto e Osumi venne rimpiazzato. Toccò a Yasuo Otsuka tenere in piedi la baracca, trovando qualcuno che potesse intervenire a serie in corso. Ed effettivamente Otsuka era stato sensei di due animatori promettenti, che se n’erano appena andati dalla già citata Toei, alle cui riunioni sindacali si erano conosciuti.  
                                                                              
Ovviamente parlo di Hayao Miyazaki e Isao Takahata.                                                           
I due novellini avevano già le idee chiare, presero il nome collettivo di A Production Direction Group, e cominciarono a firmare svariati episodi proprio a partire dal 7.
Nasce sotto questa egida Il segreto delle tre pergamene, dove è in palio la formula delle leghe che rendono imbattibile la spada di Goemon.nbsp;                                                                                                                     
Dopo questo episodio Fujiko imparerà a travestirsi meglio (compensando con l’essere già un’ottima combattente), mentre Goemon a sorridere. Sarà quest’ultimo l’obbiettivo di Lupin, che risulterà unico vero vincitore: delle tre pergamene, di un anziano rivale di suo padre (magnifico, esilarante scontro), della cosa più preziosa, l’amicizia di Goemon. Un collega, un rivale con cui avere divergenze, fiducia e un sotterraneo affetto. Forse non sarà uno dei migliori episodi, ma il finale è impagabile.

Il mistero di volpe nera

Strano episodio, che come il successivo parte da un momento di noia. Anche per gli standard della prima serie la trama è decisamente macabra, incentrata su un cadavere dove, anche se non viene esplicitato, viene nascosto un tesoro scottante. Il resto è una sarabanda di giochi e doppiogiochi, dove spicca una Fujiko mai così crudele, assassina, traditrice, manipolatrice, avida, e per contrasto Taetsu detto Martello, raro esempio di sgherro totalmente fedele al grande Lupin. È uno degli episodi con le morti più numerose e violente, come quella di Okusama il Mago, che evidentemente non aveva l’indipendenza di Pycal e finisce così sacrificato quale pedina. Ai grandi intrighi si unisce un finale fantastico, l’operazione di assalto al blindato, condotta dalla tempestività e agilità del migliore dei ladri. Con almeno una scena immortale: Fujiko nella vasca, che si accarezza il corpo con gli spigoli di una gemma.

Le carte da gioco di Napoleone

Qui siamo in piena citazione bondiana, perché il miliardario americano Mr Gold è una palese ricostruzione di Goldfinger, vanitoso e tappezzato di dollari. Proprietario di facciata di un casinò, in realtà capo gang, è il classico criminale a cui il ladro gentiluomo darà una lezione, con il benestare del pubblico. Il suo potere deriva dalla più pura delle invenzioni miyazakiane, la citazione mezzo storica mezzo fantastica: la collezione di carte portafortuna del generale Napoleone Bonaparte (basata sulle reali dicerie sulla sua superstizione), qui personificata da Jolly il genio protettore, che vuole liberarla dalle mani di chi la detiene scorrettamente. E a chi rivolgersi di meglio, per liberarsi di un miliardario, se non al Re dei Ladri in persona?                                                                                                             
Ciò che costruisce la tensione non è tanto la rapina, quanto la fuga con la refurtiva. Il fulcro dell’episodio sta nel seguito del colpo, le conseguenze di aver rubato a chi non si fa alcuno scrupolo a rendere il torto. Fuga impreziosita da un assalto al fortino stile Isola del Tesoro, e da una trovata escapista che farebbe invidia a Jack Sparrow, presa direttamente dal pilot della serie. Episodio insomma tutto da godere, specie nel disappunto dell’irreprensibile Zenigata verso l’arrogante Mr Gold, che deve proteggere, ma si prenderà la soddisfazione di arrestare pochi episodi dopo.

Il documento segreto del calcolatore e Le due statuine gemelle

Forse tutti ci siamo fatti questa domanda: ma Fujiko ama Lupin? In “Rapina alla gioielleria” ammette di essersi sentita attratta da lui per la sua personalità ardita, ma c’è dietro qualcosa di più profondo? L’episodio 9 si interroga su questo, aprendo un discorso che sarà idealmente chiuso dal film La Pietra della Saggezza.                                                          
Ma prima spendiamo due parole per l’outing di Osumi, l’episodio 12. Il regista di Kobe aveva di fatto lasciato la serie dopo solo tre episodi, ma le sceneggiature da lui approvate e gli storyboard erano in gran parte rimasti immutati. Nemmeno l’arrivo dell'A Production aveva potuto incidere visibilmente, almeno fino a questo punto.                                                                  
Dunque, si trova sul finale del primo Lupin il meglio e il peggio di esso. Non che le statuine gemelle sia brutto, piuttosto mal bilanciato. C’è una trama talmente arzigogolata da perdere casualità logica, un numero insolitamente alto di animazioni ripetute (Fujiko sulla motoslitta), e le associazioni criminali, che sembra essere il marchio di fabbrica di Osumi. Il vero protagonista è Shibira, dalla temibile ascia: un fanatico, ma allo stesso tempo onorevole guerriero, disposto a battersi e addirittura morire per una sconfitta. Lupin si presta più all’antieroismo classico, spalleggiato da un ottimo Jigen in versione osservatore, e ostacolato dalla solita Fujiko e i suoi interessi collaterali.
Molto più riuscito il nono episodio, un commovente canto del cigno con echi di una tragedia greca. Curiosamente, è il secondo episodio accreditato ad Osumi (dopo Barriera Invisibile) dove appare un ex amante di Fujiko. Questa volta è Pank, che a differenza di Pycal è ancora disperatamente innamorato di lei. Anche il formidabile ladro lo troviamo più romantico del solito: se rimane una gag ricorrente vedere Lupin che casca come un tonto nei raggiri della sua bella, alla fine non perde mai di vista l’obbiettivo finale, e si rivela l’ultimo manipolatore. Qui invece sembra offuscato da sentimenti molto più laceranti, tanto da mettere in discussione la sua stessa vita.                                                  
Torna una certa gravità nella storia, assieme alla Fujiko conturbante e seducente, che entra in azione in prima linea, viene rapita e ferita quasi mortalmente. Non si ride affatto qui, ci troviamo in un mondo di violenza, di organizzazioni criminali, come quella di Lupin nei primi episodi, da dove provengono Fujiko e Pank. Il tempo che passa, come in un western crepuscolare, impossibile da far rivivere, viene combattuto in una disperata, inutile lotta.   È l’ultimo contributo di Osumi alla serie, che tornerà in pista solo vent’anni dopo, con Viaggio nel pericolo.
“Nice man. Yeah, he smiles. And he get’s angry. Sometimes. But. He’s a groovy guy.”

Microfinger il re dei falsari e Furto alla cassa della banca centrale

Comincia con questi episodi un trend della serie, pilotata da Miyazaki, che oggi conosciamo più come autore di quei meditabondi e delicati capolavori degli ultimi anni. Quello che molti potrebbero non sapere, è che il giovane Hayao è stato uno dei più grandi registi d’azione di sempre. Azione sempre pensata, filosofica certo, ma pregna di una cinesi che si era già manifestata ai tempi della Toei, quando l’amico Takahata se lo portò appresso mentre dirigeva Il principe Valiant. Si sarebbe manifestata ancora in Laputa, il primo film dello Studio Ghibli, in Nausicaa, embrione della casa del vento e dei sogni; e alla televisione, con Il Fiuto di Sherlock Holmes, una coproduzione tra la nostra Rai e la giapponese TMS (quella che aveva i diritti di Lupin III). Tutto incominciato qui, con il nuovo tono avventuroso che verrà piano piano impresso alla serie della giacca verde, e al successivo film sempre diretto da lui.
Nulla è più evidente che in Microfinger, crogiolo di meravigliose idee per Il Castello di Cagliostro. Un’avventura innevata, dove Lupin è il forestiero, ma il vero buono è quello del titolo, ritratto se ce n’è uno, di criminale stanco della propria vita passata. A parte un inizio davvero fine a se stesso, siamo davanti ad uno dei migliori episodi, di certo quello con personaggi talmente belli che quasi oscurano Lupin e la banda. Certo, fa un po’ strano sentire il Barone Ukraina con la voce contraffatta di Jigen, e il suo sgherro con quella di Zenigata, ma è un problema cronico della serie, avere una media di 4-5 doppiatori (tutti bravissimi però) che fanno ogni personaggio.
La cassa della banca centrale invece è molto più tradizionale, quasi manicheo: eroe e compare, bella da salvare, cattivo da sconfiggere. I primi, Lupin e l’inseparabile Jigen, affrontano però un’avvincente partita, in uno scenario alla veneziana, con un’altra sequenza iconica: Lupin che surfa su una tavola di legno, ammanettato, dietro al motoscafo del malvagio che lo punta inutilmente con il fucile. Lupin prende la pistola, la mira, e lo centra in un solo colpo.                                                                                                               
In mezzo a queste due sfide, svariati elementi che faranno la meraviglia del film che verrà: l’antieroe romantico, che salva la ragazza dolce e prigioniera, ricche magioni che sovrastano le cittadine e castelli imbottiti di trappole e coperti di neve; la pioggia di banconote da un veicolo in moto, il piccolo regno europeo della famiglia dei falsari, l’orologio gigante le cui lancette sono tanto arma quanto chiave del “tesoro”.

Una sfida dal futuro

Primo episodio di Lupin dichiaratamente fantascientifico, è forse l’unico cha ha influenzato molto più direttamente il primo lungometraggio della serie che il secondo di Miyazaki. Il cattivo de La Pietra della Saggezza prende il nome proprio da tale Mamok, scienziato impazzito per aver saputo troppo del futuro. Insomma un antagonista più poetico della media, una specie di Cassandra omerica, destinato a non essere creduto. Infatti esordisce quale indovino, che si presenta a Lupin per fargli una previsione infausta. E complimenti al doppiatore, un timbro e una risata davvero indimenticabili, molto più del generico vocione profondo dell'originale.                                                                                             
Lupin e Mamok si affronteranno in una sfida, a dir la verità molto più caciarona (diremmo in Veneto) di quanto lascino immaginare le premesse.


Certo, persino Lupin rimane terrorizzato dalle abilità di Mamok, specie quando compare in fondo all’ippodromo, per ricordargli che gli manca ancora poco da vivere. Momenti tanto disperati che lo spingono a fare proposte impensabili a Fujiko (e lei accetta pure! Per di più non ci sta affatto quando lui cerca di rimangiarsi la parola). Ma nella pratica questo è uno degli episodi più pimpanti e spensierati della serie, dove persino i personaggi riconoscono l’assurdità degli eventi (“questo accade solo nei fumetti”, rottura della quarta parete presa direttamente da un albo di Monkey Punch). E il finale, dopo uno dei classici piani fatti di astuzia e travestimento, è quasi da commedia all’italiana. Con un’altra scena da segnalare: l’esilarante fuga di Mamok, dopo la quale Jigen, Goemon e Lupin scoppiano fragorosamente a ridere. Alla faccia di chi canta che “Goemon non ride ma è forte”.

Caccia allo smeraldo, Il busto d’oro del sig. Kimman e Rapina alla gioielleria

Come questi titoli potranno suggerire, parte una fase più classica di Lupin III: il tono è avventuroso, Zenigata presente praticamente sempre, e il ladro si dedica a ciò che di meglio il ladro fa: rubare. Comincia finalmente a sentirsi la mano di Miyazaki, evidente nei capelli di Fujiko. Persa la loro lussureggiante ed ammaliante bellezza, da Caccia allo smeraldo (con una sola eccezione nell’episodio seguente) diventano corti e molto più indefiniti, la loro proprietaria invece verrà vista molto più in pantaloni che gonne e abiti succinti. È la donna alla Miyazaki per eccellenza, che non combatte più tanto il suo corteggiatore, ma i ricchi e potenti. Tanto che quando si mette in testa di avere la gemma pegno d’amore di Cesare a Cleopatra (citazione storica d’obbligo), una refurtiva di certo indivisibile, non ci pensa due volte ad allearsi con lui. Bellissimo poi che lo smeraldo si trovi nelle mani di una diva di Hollywood capricciosa e annoiata, ma affatto sprovveduta anche davanti a due ladri internazionali. L’episodio diventa quindi un gioco a scatola chiusa, ambientato interamente su una nave dove non si sa chi è prigioniero di chi, ma attenzione al passeggero che proverà a beffare Lupin.                                                                                
Certo, il cambio di look non basta a snaturare un personaggio: in Rapina alla gioielleria Fujiko dà un’imbeccata formidabile a Lupin e Jigen per derubare dei contrabbandieri di diamanti. Ma ci si può davvero fidare di lei? In fondo, anche se guida una Fiat 500, la macchina proletaria, ispirata a quella realmente posseduta da Yatsuo Osuka, questo non la rende meno avida (o pragmatica, a seconda dei punti di vista). Tutto il contrario di Lupin: lui vuole ogni cosa per il gusto di conquistarsela, e non si accontenta di singole pietruzze, nemmeno se sono diamanti. Stesso discorso per Zenigata, che nell’inseguimento finale pensa solo al suo rivale, mentre i suoi uomini sono distratti da una cascata di pietre preziose (a proposito, qui esordisce lo squadrone corazzato di papà Zeni, il gruppo di fedelissimi armati fino ai denti che si vedranno anche nel finale e nel Castello di Cagliostro).                                                        
A proposito dell’Ispettore: si è visto sporadicamente fin dal primo episodio, ma ancora non sappiamo molto di lui, al di fuori della sua missione quasi divina di fermare il grande ladro. Sarà il suo turno di brillare, quando Lupin III cercherà di derubare il signor Kimman. Questo, nella sua semplicità, è uno dei miei episodi preferiti, ha proprio tutto. Zenigata non è alle solite prese con il suo rivale, mette in campo anche il suo prestigio personale, la sua bella amicizia con il capo della polizia, e delle doti intellettive troppo spesso messe in ridicolo. Non a caso, a Lupin viene mossa l’accusa di averlo troppo sottovalutato. Ma non si fa rubare i riflettori (in fondo è lui il bandito, no?), anzi dimostra di essere sempre il migliore. E senza scappatoie tecnologiche: parliamo forse dell’episodio più realista di tutti, dove nemmeno la spada di Goemon può tagliare proprio tutto. Lupin può farne a meno, per vincere necessita solo della sua astuzia. L’episodio ha anche il sapore dolceamaro di un addio: è l’ultima volta che si vede Fujiko “alla Masaki Osumi”, è l’ultima volta per la Mercedes Benz SSK, il corrispettivo per Lupin della Aston Martin DB5 di Bond. Questa macchina, che accompagnava le sue scorrerie fin dagli esordi, mal si adattava alla nuova direzione della serie. È una macchina elitaria, è una macchina aggressiva (si dice che uno degli appena 35 modelli prodotti tra 1928 e 1932 appartenesse a Hitler), e non poteva andare giù a Miyazaki, che come anticipato, rese protagonista la piccola e operaia Fiat 500, bianca o gialla a seconda delle occasioni. Le armi, definite fino all’eccesso agli inizi, diverranno ugualmente più blande, mentre comincerà a scatenarsi la fantasia nei marchingegni volanti.                                                                                                  
Anche questo rende Lupin III così straordinario: qualunque motore stia domando, o qualunque colore abbia la sua giacca, lui rimane sempre lui.

Una trappola per Lupin, Concorso di bellezza e I cimeli della famiglia Lupin
Continua il filone dei grandi furti. Non c’è molto da dire sugli ultimi due, nonostante sulla carta siano i più ispirati. Il più grande ladro del mondo non insegue il solito brillante, ma i capolavori della pittura in uno e i ricordi di suo nonno Arsenio nell’altro. Ci sono anche momenti interessanti: il sottinteso che equipara il commercio dell’arte al rapimento, se non peggio, il breve ma gustoso cameo di Goemon; i duetti tra Ganimard (citazione a Leblanc) e Zenigata, colleghi e rivali per l’arresto di Lupin all’Expo del ’72. Ma in generale gli episodi sono poco ispirati, la memoria di Arsenio Lupin sembra più presente in “Rapina alla gioielleria” o nell’ultimo episodio che in quello appositamente dedicato, e di citazioni intellettuali se ne vedranno di molto più dirompenti in La Pietra della Saggezza. Due cose a testa spiccano: l’idea della diretta televisiva per far saltare il piano criminale, ripresa da Cagliostro; la constatazione che è Lupin la colla che tiene unita la squadra. Jigen infatti non ha il calibro di un leader, è un rude armaiolo, abile ma senza inventiva, che prima agisce e poi pensa, un tipo da rapina a mano armata insomma. Le sue qualità sono precisione, lealtà assoluta, fiducia, che hanno più di una volta salvato la pelle al suo migliore amico.              
Una trappola per Lupin, d’altro canto, è semplicemente fantastico. Un furto tutto sommato ovvio (alla Zecca), reso speciale dalle circostanze. Credo che il punto forte sia l’atmosfera: in questo più di tutti si percepisce l’umanità. L’umidità appiccicosa della nebbia all’alba, l’ebrezza di un’ubriacatura, sentirsi raggirati, pressati da un impegno inderogabile, la spossatezza dopo una notte insonne. E in mezzo una donna straordinaria d’aspetto e di intelletto, Ginko (persino Jigen parte per la tangente davanti al suo fascino), una trama breve ma ricca di colpi di scena, un inseguimento tra i più belli (e ce ne sono, tra cui scegliere), Lupin che ride davanti a una pioggia di bigliettoni. Bello e inebriante, come un bicchiere di whisky a notte fonda. 


La corona di Gengis Kahn e Il rapimento di Jenny

Lo ammetto subito, così mi levo un dente: Jenny mi è davvero antipatica. Lo so che dovrebbe essere la femmina forte miyazakiana, in uno degli episodi culmine della poetica miyazakiana, ma c’è qualcosa in lei che mi dà un enorme fastidio. Innanzitutto, è trattenuta da delinquenti e nemmeno se ne accorge. Suo padre, vecchio amico di Lupin II, è un ladro in pensione ricattato da questi per tornare in attività, che chiede l’aiuto del figlio dell’ex collega. Quindi Lupin III deve affrontare una sfida personale, riportare a questa specie di figura paterna la figlia, senza farle sapere nulla del passato del genitore. Quindi, tutto è basato su una bugia. Ogni trama che posa su ciò che i personaggi potrebbero dirsi ma non dicono, alle lunghe stanca, anche perché sai dal minuto uno che alla fine verrà rivelato tutto. E da questo risulta che l’accanimento di Jenny (che odia i ladri) contro i suoi salvatori, per quanto ingenuo, risulta comunque odioso. Quantomeno sul finale arriva la (seppur ovvia) redenzione, anche se nel frattempo la ragazzina dà il peggio di sé, tanto che persino il ladro in verde le molla un bel ceffone.                                                                 
E se nel furto del busto di Kimman Lupin tirava fuori il meglio del suo intelletto senza bisogno di escamotage narrativi, assieme a Jenny perde tutta la sua abilità dialettica, in compenso escogita trappole come quella dell’albero che abbatte l’elicottero in due secondi, o trova locomotive in giro, così a caso. Ed era tutto facilmente evitabile, sarebbe bastato lasciare la ragazza in custodia a Zenigata, che qui non sospetta neanche per un secondo che un rapimento non sia nello stile del suo storico nemico.                                   
Non so, questo episodio mi dà particolarmente sui nervi; a trovare lati positivi direi l’inseguimento col treno in stile Laputa, con la locomotiva che perde sempre più pezzi mano a mano che prosegue su percorsi sempre più accidentati.
Andiamo molto meglio con l’episodio precedente, a mio parere un unicum in questa prima serie: l’unico dove si percepisce molto più il tocco di Takahata. Non so in cosa di preciso, forse per l’ambientazione rustica, il tono più frugale, come una puntata di Heidi con Lupin e il Giappone remoto al posto delle Alpi. Il titolo è pretestuoso, il furto della corona serve solo per innescare un conflitto tra Lupin, il nuovo e l’intuito, e un villaggio di simpatici ladroni che lo imitano, il vecchio e le regole generazionali. Tutto qui, un’avventura in piena regola, pacata, piena di bella musica (in alcuni accordi sembra già di sentire il tema di Clarisse, dal Castello di Cagliostro), e che fa sentire la mancanza del regista di Una Tomba per le Lucciole e tante altre opere d’arte.
“Yeah, Lupin the Third. Go, go man. You got to. Feel it.”

Lupin contro il computer

Un tono vagamente fatalista, per questo prefinale: da titolo, viene creata un’intelligenza elettronica capace di prevenire qualunque crimine, persino quelli geniali di Lupin. Per i ladri come lui, e i tutori della legge come Zenigata sta finendo un’epoca, quella del furto come rivoluzione anarchica e della legge come baluardo dell’ordine. Eppure Mr Gordon, il tecnico che si mette in prima fila per catturare il Re dei Ladri, non è un fanatico o un malvagio: solo un uomo che fa il suo lavoro, senza soffermarsi troppo sulle conseguenze del progresso. Questo scontro è una meravigliosa elegia del pensiero libero e creativo: pur di seguire i dettami della macchina, i poliziotti non arrestano Lupin anche quando è alla loro mercé, completamente circondato. E così il ladro la fa franca, con la sua geniale idiosincrasia, e rivolta la cieca obbedienza alla razionalità, contro lo stesso tecnico che di essa tanto si fidava.

L’isola dei sogni perduti

Titolo italiano parecchio romantico per l’inaspettato finale della serie, che a causa del basso riscontro di pubblico venne cancellata prima delle 26 puntate previste. Episodio parecchio “casalingo”, con la banda intenta in normali attività di copertura, prima di mettere in allerta il senso di ladro, causa il ritrovamento di antiche monete durante uno scavo.            
E parte la pianificazione con il gruppo al completo, la solita sarabanda di travestimenti, astuzie, inseguimenti (quello con la Mini, pieno zeppo di “camei”). Tutto come al solito, allora? Non proprio. Il tono è spensierato, come se queste rocambolesche avventure fossero solo una passeggiata per andare in ufficio, durante un giorno soleggiato. È forse la storia dall’umorismo più squisito, in almeno un paio di sequenze: il casino alla centrale di polizia con i segnalatori, Goemon che si becca una sonora botta in testa a causa della sua spada invincibile. Ma anche le litigate, spassosissime: quella in tv per il possesso delle monete, o la divergenza di strategia tra Zenigata e il suo capo, che demoliscono l’intera stanza mentre discutono. Non c’è motivo di essere malinconici, sarà anche finita la serie ma Lupin esisterà per sempre, in controluce sul tramonto, inseguito dall’eterno rivale come in un gioco.


Detto fatto: una volta chiusa baracca e burattini, la serie verrà svenduta a basso prezzo e replicata sui canali di seconda e terza fascia. Sarà lì, che nel giro di qualche anno diverrà leggendaria. Le avventure di Lupin III era davvero troppo avanti, ma appena la raggiunse il pubblico la premiò con un favore immenso, tanto che l’eco arrivò persino in Italia. E qui realizzo che ho a malapena parlato del doppiaggio, anche se mi piacerebbe trattarlo meglio con i film. Basti sapere che l’ho vista con il primo doppiaggio storico (quindi non il ridoppiaggio Mediaset di metà anni ’80), che ovviamente adoro. Forse metà del successo avuto da noi, oltre all’effettiva qualità, è dovuto alle indimenticabili voci, infatti nei paesi anglofoni, che non hanno una cultura del doppiaggio, Lupin III è praticamente sconosciuto. In particolare Roberto del Giudice, che è stato Lupin fin dall’inizio, ha praticamente scritto una versione del ladro più simpatico di sempre, con la sua risata fanciullesca e trascinante. Ma è giusto ricordare anche Piera Vidale, che ha donato la sua voce sensuale a Fujiko, Germano Longo come il rude tiratore Jigen, ed Enzo Consoli, che ha fatto un lavoro impressionante sia come Zenigata che Gaemon..                                                
Praticamente sono loro ad aver trascinato l’enorme successo, senza sigle riconoscibili o musica iconica. Già, perché se in Giappone hanno avuto la voce malinconica di Charlie Kosei, da noi l’apertura era “Planet O” di Daisy Daze and Bumble Bees. Se vi domandate chi sono, cosa centrino con Lupin, perché appioppargli una canzone da discoteca la risposta è: non lo so (e secondo me nemmeno chi l’ha scelta). Infatti la canzone parla di un fantomatico pianeta O, e delle avventure osé della ragazza imprigionata che vi è stata portata. Probabilmente è un riferimento al libro Histoire d’O, il cui adattamento cinematografico con Corinne Clery aveva fatto scalpore prima che la serie arrivasse in Italia, nel ’79. Come strana scelta funziona pure, anche se le motivazioni restano oscure.                                
Non bisogna aspettarsi nemmeno il famosissimo tema di Lupin, perché Yuji Ohno e la sua scatenata orchestra verranno solo dopo; per la giacca verde ci sono le musiche più calme ma già vagamente jazz di Takeo Yamashita, e canzoni come la “Nice Guy ho voluto inserire qua e là.                                                                                                     
Per un finale trionfante degno di Arsenio Lupin III, non resta dunque che concludere: “Yeah, Lupin. Yeah, Lupin. You’re great”

15 commenti:

  1. Davvero un lavoro eccellente, Enrico, i miei complimenti.

    Lupin è un personaggio che ho sempre amato, pensa che da piccolo uscivo correndo dall'asilo - e poi i primi anni di elementari - per tornare a casa e vedere gli episodi che andavano in onda su Italia 1 ("incorreggibile Lupin"), quanto mi piaceva. Negli anni non l'ho mai abbandonato, anche se l'appeal che aveva su di me è progressivamente scemato. Un lavoro così puntuale come il tuo, per molti aspetti, mi ha fatto in qualche modo rivivere le trepidanti emozioni che provavo da bambino di ritorno da scuola. E poi, vorrei aggiungere, è secondo me un lavoro - che spero abbia presto un seguito - imprescindibile per chi ama Lupin e il suo mondo.

    Ciao! :)

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    1. Grazie davvero per i complimenti.
      Come si può ancora vedere qui e là l'uscita di questo pezzo è stata alquanto travagliata, ho dato parecchi grattacapi a Giuseppe e lo staff prima di farlo uscire. Ma il tuo bel commento mi fa sperare di aver fatto comunque centro: non sono l'unico che ama Lupin III, un personaggio straordinario che si merita di essere ricordato con tutta la nostra passione.
      Bellissimi i tuoi ricordi di bambino riaffiorati. L'Incorreggibile Lupin era la terza serie, giusto? Quella con la giacca rosa, che non ho però mai visto ;) ho fatto il percorso opposto a te: da piccolo guardavo Lupin sporadicamente (soprattutto le repliche della giacca rossa), in questi ultimi anni che sto crescendo invece è scaturita da chissà quale sorgente una travolgente ammirazione, e quindi la voglia di saperne di più, parlarne, riscoprirlo.
      E onestamente, non vedo l'ora di farlo nuovamente in questo spazio, puntando in particolare i film e qualche speciale degno di nota.
      Grazie ancora per il tuo commento, ciao!

      -Enrico

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    2. Sì, sul gruppo ho letto delle difficoltà e del lavoro che il pezzo ha richiesto, ed ero molto curioso di leggerlo.

      Era la terza serie, sì, quella con la giacca rosa, indimenticabile (oltre che incorreggibile) - a (s)proposito: un colore di giacca che ho visto indossare soltanto a Lupin e a Paolo Bitta (camera cafè). A ogni modo, questo pezzo e i ricordi che mi ha evocato mi hanno fatto venire una voglia matta di rivederlo, credo proprio che oggi, appena avrò tempo libero, andrò a tuffarmi nelle sue mitiche avventure.

      Mi auguro di leggere ancora altri articoli dedicati al re dei ladri e al suo fantastico universo :)

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    3. Ah, ma allora sei Roberto :) ti leggo, magari commenterò pure quando parlerai di qualcosa che ho visto hehe.

      La "giacca" rosa la indossa pure Goemon, almeno nella quarta serie dove il suo yukata non è bianco per la prima volta ;) è perché i personaggi di Lupin non vedono in quel colore un rischio di fraintendimento della loro mascolinità (forse giusto Jigen senza il nero si sentirebbe perso), e dunque lo sfoggiano con fierezza. Una scelta dei creatori che ho sempre apprezzato.

      Ah, ma se dopo aver letto qualcosa di mio viene voglia di guardarsi un anime sono contentissimo, il mio obbiettivo è compiuto ;) buon divertimento allora, e ci risentiamo al prossimo pezzo (ora che ho cominciato non lo mollo più il Re dei Ladri hehe)

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  2. Che recensione magnifica, Enrico. Complimenti davvero! Così approfondita che le tue parole meriterebbero di essere incluse in un comodo booklet da allegare al cofanetto a cui fai anche tu riferimento.
    Quanti ricordi che hai riesumato: emozioni e tanti dubbi che, a suo tempo, da piccolo mi avevano assillato. Perché di certo (e tu qui lo fai ben emergere) Lupin III è qualcosa di complesso, unico ed inaspettato rispetto a qualsiasi altro cartone "classico". E per questo motivo, come dici, è importante riscoprirlo con gli occhi di oggi.
    Da sempre mi ha affascinato soprattutto il rapporto tra Lupin e Fujiko, tanto che più volte mi chiesi disperatamente perché quell'unione fosse così impossibile. E forse ora ne capisco un po' il motivo. Ma anche adesso comunque quel rapporto così tormentato non smette di suscitare in me un grande fascino, perché di nuovo supera qualsiasi nozionismo classico sul tema. Un amore in alcuni punti quasi impalpabile, ma tale da condurre il nostro amato protagonista a sentire fisicamente il valore del suo desiderio. Quel passaggio continuo tra violenza e magia. Quella poesia nell'azione che hai perfettamente e magistralmente descritto attraverso le tue accurate parole.
    Un altro degli aspetti che ricordo molto precisamente come te è proprio la sua dimensione grezza, materica, sporca e spesso grossolana, lontana forse dal perfezionismo estetico di altri cartoni, ma impossibile da non essere amata proprio per la sua natura. E proprio attraverso questo aspetto mi hai fatto tornare alla mente il videogioco per Playstation 2 proprio di Lupin III, così imperfetto nella sua giocabilità e programmazione, ma allo stesso tempo così fedele alla storia e allo stile della serie. Giocando ti sentivi realmente dentro al cartone (prima ancora che dentro al videogioco).

    Tornando invece alla tua recensione-saggio: bellissime, oltre alle precise e dettagliate analisi dei singoli episodi, le digressioni produttive, obbligatorie ed effettivamente spesso poco conosciute per chi come me ha vissuto Lupin soprattutto da giovanissimo. E bellissimi anche i continui confronti e parallelismi con il nuovo e con il vecchio (per esempio la tragedia greca). Con il conosciuto (il pluricitato James Bond) e con quelle piccole chicche nascoste che portano i meno esperti come me a segnarsi impulsivamente nomi e titoli per cercare di non rimanere troppo indietro.

    Insomma hai fatto un lavorone, che ben può essere descritto dall'espressione che ha usato Giuseppe per presentare questo pezzo: una Bibbia. E noi lettori non possiamo appunto che prenderla come tale, un luogo sicuro e affdaibile per scoprire, conoscere ed imparare cose nuove anche da ciò che ha segnato la nostra infanzia.
    Stai sicuro che quel videogioco che prima citavo uscirà presto fuori dai vecchi scatoloni in cui è stato riposto, e all'esperienza videoludica sarà sicuramente accompagnato un romantico rewatch della serie, cullato dalle tue sagge parole, che spero continuino a risuonare anche su questo argomento, proprio come la leggendaria e prolifica storia del nostro amato super-ladro.
    "Yeah, Enrico. Yeah, Enrico. You’re great"


    p.s. Anch'io non ho mai sopportato Jenny ahhaah

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    1. Anche i tuoi commenti sono sempre più "great" Riccardo, praticamente sono delle contro recensioni che aggiungono sempre qualcosa in più.

      Condivido la tua passione per il rapporto irripetibile tra Lupin e Fujiko, e se ti ha colpito tanto adoreresti l'episodio 9, Il documento segreto del calcolatore elettronico. Che non ho nascosto essere pure uno dei miei preferiti (e ottimo inizio per un rewatch) ;) lì si percepisce in pieno il lato disperato di questo rapporto, che rende a suo modo l'episodio davvero straziante.
      Sarà la base di partenza per un mio eventuale prossimo pezzo su Lupin, dove vorrei trattare uno dei miei film preferiti in assoluto. Ma si vedrà ;)
      Hai usato una espressione perfetta, "violenza e magia", che descrive perfettamente non solo l'incontro/scontro tra un uomo e una donna straordinari, ma oserei dire l'intera serie.
      Ed ecco spiegato perché, nonostante i traumi, Lupin ci ha cresciuti fin dall'infanzia: le sue storie sono magia, sono avventura, e anche paura, come quelle fiabe inquietanti che ci leggevano da piccoli e della cui truculenza, nonostante i brividi e gli occhi sbarrati non eravamo mai sazi.
      E sono ricordi, come quello molto personale del videogame. Nel caso ti servisse un sottofondo la colonna sonora della serie credo andrebbe benissimo. In particolare "Nice Guy Lupin", meravigliosa canzone, un simbolo così imprescindibile che non ho resistito ad inserire nella recensione haha.

      Sempre corretto per la sua "dimensione materica" (che affascinante espressione che hai usato): Lupin è un cartone che non si perde in ruffianate, posa davanti allo spettatore fiero di ogni suo limite, e gli dimostra che è bello lo stesso. Come, se non di più, quelle opere che convenzionalmente rientrano nel "bello".
      Ti ringrazio per i complimenti, ma ti assicuro che ricercare le ispirazioni di Lupin III è stata la cosa più facile di tutte: tra i miei appunti avrei avuto una pagina intera solo per gli ispiratori di Monkey Punch haha. Da Agatha Christie a Mission Impossible, dai western alle pin up di Playboy (per Fujiko ovviamente), la tv e i classici letterari giapponesi, addirittura il cinema di genere italiano, avevo solo l'imbarazzo. Ma quello a cui sono personalmente affezionato, e con il quale i parallelismi sono inevitabili, poteva essere solo 007. Molto più stimolanti e appassionanti le vicissitudini produttive, un luna park per me che sguazzo allegramente nelle dietrologie hehe.

      Sono contento che si abbia voglia di scoprire una seconda volta questi miti d'infanzia, per scoprirne nuovi e sorprendenti lati, anche solo leggendo il mio piccolo contributo, o sparlando di Jenny haha.
      Grazie ancora per il tuo bellissimo apporto.

      - Enrico

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    2. Grazie a te, Enrico: innanzitutto per la bellissima analisi (come già ho avuto modo di dirti precedentemente) e anche ora per questi ulteriori consigli molto precisi e specifici ;) Non vedo l'ora di portare nella pratica (come piccolo spettatore) tutte queste tue accurate argomentazioni. E nel frattempo attendo pazientemente una tua nuova fantastica recensione: che sia su Lupin o su altri unici personaggi plasmati da linee disegnate, di sicuro se ne vedranno (leggeranno) delle belle ;)

      -Riccardo

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  3. Planet O non c'entrava nulla con Lupin però aveva una forza pazzesca sui titoli di testa. Prima serie in assoluto la migliore.

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    1. Ciao Bobby, che piacere risentirti :) sì è vero, Planet O in qualche strana maniera sembrava adattarsi perfettamente all'apertura del cartone. Anche se come chissà quanti adoro "Hello Lupin" del mitico Giorgio Vanni, spiace che la prima sigla non sia riuscita a ritagliarsi una grande fetta di appassionati. Forse era troppo strana persino per Lupin III, che lo sa :)
      Ps giacca verde per sempre ;)

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  4. Quando ero piccolo pensavo che le sigle dei cartoni le cantassero i protagonisti 😀
    Quella di Planet 0 pensavo fosse cantata da Lupen e Fujiko vedi te..!
    Ma valeva anche per la sigla quella con il valzer , pensavo la cantasse Margot che poi è FuJiko no?

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    1. Sì esatto, è sempre Fujiko, che diventò Margot quando la seconda serie ce la passarono i cugini francesi ;) e penso che un pó tutti pensassimo così da piccoli. Curiosamente, non eravamo poi tanto lontani dalla verità: in Giappone non è affatto raro che i doppiatori siano anche cantanti, e che quindi interpretino i personaggi anche nelle sigle, di solito quella finale.

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  5. Non ti ho fatto i complimenti per la recensione Enrico.
    Credo ci sia poco da aggiungere a quello che ti hanno già scritto gli altri.
    Spiace solo che non sono mai stato un grande fan del ladro gentiluomo a cartoni animati.
    Ti dico che le animazioni delle prime serie , un po’ “ sporche “ a me non hanno mai dispiaciuto.
    Per certi versi le trovo molto vicine ai disegni dei personaggi di un altro anime che anche se so non piacerti perché della famiglia dei robotoni e che è Daitarn 3.
    Probabilmente gli autori si son ispirati pure ai personaggi di Lupin, chissà?
    Haran Banjo , ricalca un po’ i panni di James Bond , Beauty una delle sue assistenti è la tipica Bond girl.
    La presenza di belle ragazze e scene un po’ sexy ci sta pure la.
    Poi ti dirò che c’e una scena quella della tortura delle manine che fanno il solletico e strappano i vestiti a FuJiko che è identica su Banjo in Daitarn 3.
    Mah ..forse son solo coincidenze ma credo che Daitarn sia stato il primo anime a tema robotico ad introdurre dei siparietti comici oltre alle solite seriose scene abbastanza standardizzate tipiche dei vari Mazinga e Goldrake più o meno tutti contemporanei.
    Lupin è una pietra miliare ..e pure Dairtan ed entrambi hanno goduto dell’affetto del pubblico e continuano a godere visto le repliche delle loro serie.
    Certo Lupin è più longevo.
    Anche se non so e te lo chiedo qua a te che ne saprai più di me , ma editorialmente in Italia continuano a pubblicare serie regolari ( manga) di Lupin?
    Curiosità mia eh...perché ti dirò sinceramente che credo sia più forte il Brand del titolo più che le sue storie.
    Guarda penso alle stampe su maglietta del ladro dalla faccia da scimmia ad esempio e altri merchandising vari.
    Chiaro poi che è bello leggere di quanti hanno amato le sue storie ecc...di quanto sia riuscito ad entrare nel cuore di tanta gente.
    Tornando al cartone io ricordo solo FuJiko o Margot , se devo pensare a Lupin.
    I migliori episodi son quelli dove riesce a farcela su Lupin e allegra combriccola...insomma ho sempre fatto il tifo per lei.
    Ciao

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    1. Mi piace questo parere da non appassionato, e menomale che puoi tirare fuori tu queste interessanti similitudini con Daitarn, di cui probabilmente non parlerei mai.
      È vero che certi vecchi cartoni come questi rischiano di trascinare il brand perché amato e facilmente replicabile più che per l'effettiva voglia di nuove storie da raccontare. Lupin l'anime a mio parere ha spessissimo evitato questa trappola, Lupin il manga non saprei, visto che ho letto giusto due volumetti. Devo essere onesto, non mi piace moltissimo, la dimensione grezza dell'animazione sfiora la bruttezza del disegno su carta (parere personale e non certo da esperto di fumetti). Però la storia editoriale del manga è affascinante, anzi che tu ci creda o meno non solo è stato lungamente pubblicato in Italia, ma addirittura alcuni fumettisti italiani hanno ricevuto la benedizione di Monkey Punch per continuarlo con storie loro. Se ti interessa e ti va di aspettare qualche giorno potrei essere più specifico, a casa (dove ora non sono) ho un libro usato per documentarmi e che contiene anche notizie di queste pubblicazioni.

      Tornando a noi: grazie per i complimenti. È bello vedere poi questo grande amore, come Riccardo, per la bellissima Fujiko. A te allora consiglio di rivedere "Il mistero di volpe nera", o anche il film Il Castello di Cagliostro, dove il suo ruolo è però più marginale.
      Personalmente non ho mai avuto un vero membro favorito della combriccola, li adoro tutti a modo loro. Forse ho un posto speciale nel mio cuore per Jigen, un uomo d'onore integro, ma anche cupo, molto solo, lato con cui riesco facilmente a empatizzare :)
      Grazie ancora e ciao.

      - Enrico

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  6. Vorrei chiederti: dove si possono reperire le 23 puntate, senza censura? Si possono acquistare ?

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    1. Ciao! Come ho scritto nell'introduzione, esiste un cofanetto della Yamato Video, che recentemente sta redistribuendo tutto Lupin in dvd (ora sono arrivati alla seconda stagione). Esistono anche edizioni più vecchie della serie, ma io ti consiglio l'ultima che è di buona qualità, senza censure, con il doppiaggio originale, e nei contenuti speciali trovi anche il Pilot. Spero di essere stato esauriente!

      -Enrico

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