14.8.22

Recensione: "Nope"

 

Terzo film di Peele e terza conferma di trovarsi davanti un grandissimo autore, uno di quelli per cui la definizione di genio non è così arrischiata.
Se Get Out era un film praticamente perfetto ma che (oltre alla tematica razziale) non cercava chissà quanti sottotesti, se Us era invece un film già ambiziosissimo, se possibile, con Nope, il regista americano è andato ancora più su, creando un'opera dagli infiniti sottotesti ma che sa mantenere una sua spiccata spettacolarità, da vera e propria fantascienza blockbuster.
Film davvero unico, al tempo stesso atto d'amore verso il "primo" cinema ma anche grido d'accusa contro i nostri tempi, quelli ricerca del successo, della fama e dei soldi facili, quelli dell'uso strumentale delle tragedie, quelli del voler rendere tutto spettacolo.
Anche andando contro leggi di natura che, se infrante, si dimostrano devastanti per l'essere umano.
Uno dei film dell'anno.

  Come al solito mi ritrovo a scrivere a giorni dalla visione.
Eppure stavolta l'aver aspettato era, per certi versi, una cosa voluta.
Appena finito Nope, infatti, avevo la sensazione che avrei percepito la portata del film solo dandomi un pò di tempo per pensarci.
E così è stato.
Non so dire quale sia dei magnifici 3 film d'esordio di Peele il mio favorito.
Forse quello "più perfetto" resta Get Out anche se, bisogna dirlo, è di gran lunga il meno ambizioso dei tre (e si sa che ambizione e perfezione sono due cose quasi impossibili da portare avanti insieme).
Us era invece un gigantesco film metafora (soprattutto politico) che mirava tanto in alto e, anche nella struttura stessa, era molto più difficile da "tenere su" insieme alla perfezione.
Nope è un film che, come il cielo di cui parla, va ancora più su, probabilmente così in alto che noi, da quaggiù, oltre le poche cose che percepiamo poco possiamo dire.

Ed è difficilissimo trovare un lato dove prenderlo, uno dei tanti.
Credo che quello più evidente, e forse anche quello più emozionante, sia l'immenso amore per il cinema che questo film ha dentro.
Quando Em va negli Studios per candidarsi racconta di un serie di fotografie in movimento che, a detta sua, sono il primo esempio di cinema nella storia.
In quelle foto c'è un fantino nero a cavallo, due galoppate, niente di più.
Questa scena, in quel momento poco significativa, a fine film diventerà invece probabilmente l'anima dell'intero film.
Ovvero un film che omaggia il cinema nelle sue vesti più povere, autentiche, sincere.
Nel prologo, se non mi sbaglio, vediamo questo fotogramma del fantino nero in fondo ad uno strano tunnel, tunnel che, scopriremo poi, è la "pancia" del mostro.
Quasi un immagine simbolo di tutto quello che il film mostrerà, ovvero un percorso avvincente, spettacolare, simbolico che alla fine vuole raggiungere quel fotogramma, quella sincerità, l'essenziale.
Non è un caso che i nostri protagonisti si ritroveranno a voler filmare l'Ufo (AKA la creatura) dapprima con un armamentario tecnologico e digitale da far invidia alla Nasa, poi, non riuscendoci, con una macchina da presa meccanica con pellicola (e ci sarebbero anche riusciti) per poi, però, avere l'unica immagine reale del mostro attraverso una singola, semplice, foto, peraltro realizzata tramite un'attrazione di un luna park (e la cittadina parco dei divertimenti ritorna dopo Us)
Una foto che viene poi dal fondo di un pozzo, da un luogo oscuro e nascosto che nessuno usa più.


Questo passaggio dalle mille telecamerine e device a quella singola foto originata dal fondo di un pozzo è, credo, la metafora più bella di un film che questo vuole raccontare, un ritorno alle origini, a quello che eravamo, allo scoprire che tornare all'essenza del cinema e del suo ruolo primigenio può e deve avere ancora un senso.
In questa cornice ho trovato bellissima anche la scena in cui il regista Holst va a morire pur di raggiungere l'inquadratura perfetta, la scena perfetta.
Non solo quindi riprendere la creatura vista dal di fuori ma anche dal di dentro.
Essere uccisi dal cinema per amore del cinema.
Non è un caso che prenda questa decisione dopo aver detto che "La luce è magica", frase iconica nel mondo del cinema usata quando - la cosa può durare davvero anche soli pochi minuti - si capisce che solo e soltanto in quel momento c'è la luce perfetta per girare una scena.
Luce solare, qualcosa di primordiale, non creata dall'uomo, una luce che arriva non preventivata.
Quella scena di "suicidio" credo sia la summa di tutto il discorso intrapreso da Nope riguardo questo aspetto, l'amore per il cinema e il "morire" per esso per regalare al pubblico qualcosa di indimenticabile e autentico.
Mentre gli altri 3 protagonisti, in realtà, pur essendo personaggi amabilissimi e assolutamente positivi, sono un pò la nuova generazione, quella della ricerca del successo, della fama, dei soldi, da raggiungere attraverso l'immagine (in questo caso le immagini del mostro).
E, come spesso accade, questo lo si fa usando tragedie, drammi, qualsiasi cosa possa sconvolgere il pubblico.
Vedere quella famiglia che per 3-4 giorni consecutivi accetta di poter morire (senza andare via da quel luogo e senza dire a nessuno quello che sta accadendo) pur di catturare un'immagine dell'Ufo è un pò simbolo di miliardi di cose che accadono oggi, da chi continua a riprendere col telefonino mentre assiste a delle tragedie (non ultimo il pestaggio a morte di Macerata) ai ragazzini che vanno in cima a grandi edifici e saltano da uno all'altro.
Si rischia la propria vita o si filma il rischio di vita altrui perchè tutto questo, più che "documento" (come magari era per il regista, non a caso filmato a casa mentre guarda degli assurdi documentari in super 8 di animali) è uno spettacolo che possiamo far vedere agli altri e, magari, anche farci parecchi soldi (nel film spessissimo si fa riferimento ad Oprah, il personaggio simbolo del successo ormai raggiunto).
Chissà se in questo senso quel mostro possa essere anche metafora di come questa "corsa all'oro del successo" (il riferimento alla Gold Rush non l'ho fatto casualmente, vedere il film) alla fine porti solo alla distruzione. 
Se quel gigantesco spettacolo che tutti anelano alla fine non solo non porti a nulla, ma gli si rivolti contro.
Tutti guardano in su, tutti vogliono filmare e vedere quello show, quasi tutti ne moriranno.
Tornando a quanto ho detto sopra ecco che la contrapposizione è ancora più evidente, forse invece che guardare in alto (ambizione, successo facile, tecnologia, tragedia e dramma usati strumentalmente, sprezzo della vita in cambio di uno scoop e tanto altro), ecco, forse invece che guardare in alto sarebbe meglio non solo guardare in basso, ma addirittura nel fondo di un pozzo, laddove ritrovare la nostra autenticità e quella semplicità che, se ben usata, può comunque portarti a degli obiettivi (non a caso il film finisce con Em che, alla fine, una prova dell'Ufo ce l'ha).
H già scritto tantissimo ed ho parlato di un solo aspetto, peraltro non dicendo tutto quello che volevo dire.
Asciugare!


Ci provo.
Gordy, lo scimpanzè.
Innanzitutto - perchè alla fine in un film visivamente così maestoso anche di scene bisognerà parlare - voglio dire che i 5 minuti del massacro di Gordy sono straordinari, vero cinema dell'orrore, della tensione, della pietà, dello sconcerto.
(anche il prologo non scherza)
Peele è straordinario nel raccontare queste due vicende, quella di Gordy nel passato e questa apocalittica della creatura nel presente in un montaggio alternato in cui le due cose si sfiorano migliaia di volte - sia in maniera fattuale (il personaggio del cinese sopravvissuto e il suo "museo") sia simbolica (il discorso dei predatori ad esempio) - senza però mai unirsi del tutto, senza però mai darci una spiegazione certa e univoca.
Eppure, a pensarci bene, i punti di contatto ci sono, e non pochi.
Innanzitutto, per chiudere finalmente (forse) il discorso principale, la vicenda di Gordy dimostra ancora una volta come in nome del successo e della spettacolarizzazione (lo scimpanzè era protagonista di una Sit Com), magari superando i limiti normali della natura, possa portare solo a sventura e tragedia.
E morte.
Alla fine tutte le persone morte per mano della creatura Ufo sono come gli attori morti di quella Sit Com, esseri umani che stavano assistendo ad uno spettacolo "non naturale" o cercando di produrne uno.
Eppure bisognerebbe ricordare che la Natura non sottostà ai nostri vizi.
Nè al nostro controllo.
E così sia Gordy che il mostro ce lo ricorderanno.
In realtà, se ci pensate bene, già all'inizio del film con quel cavallo che scalcia per nervosismo (lo stanno sfruttando e gli stanno togliendo la serenità) avevamo già la lettura di quello che vedremo fare da Gordy e da Jean Jacket.
E non è un caso che anche lì il cavallo venga guardato negli occhi.
Ecco, l'essere umano non può avere sempre il controllo delle cose, specie di quelle che, per natura, non gli appartengono.
Alla fine Nope, da questo punto di vista, è solo la favola della Rana e dello Scorpione in formato 1000 volte più grande.
E non è un caso che il secondo punto di contatto (oltre quello della spettacolarizzazione) tra la vicende di Gordy e quella dell'Ufo è quello del predatore, ovvero di quegli animali che per vivere cacciano e uccidono altri animali.
Gordy in realtà predatore non lo sarebbe ma in certe circostanze la sua natura, che è comunque di un essere più forte di quello umano, può venir fuori. Specialmente se stressato.
Come è un predatore Jean Jacket del resto.
Alla fine l'essere vivente più predatore resterà sempre l'uomo, ma solo perchè ha l'intelletto per costruire armi o metodi per sopraffare animali molto più forti di lui.
Non Jean Jacket però che, da buon Ufo (si dice sempre che gli Ufo siano più evoluti di noi) è sicuramente un animale in grado di sopraffarci senza difficoltà.
Eppure anche questa volta l'uomo, grazie alla sua intelligenza, riuscirà a farcela.
Ma avrà imparato la lezione?
Di sicuro non l'aveva imparata Ricky, il bambino sopravvissuto all'attacco di Gordy.
L'aver assistito a quel massacro (davvero terribile) non sarà per lui una lezione, anzi, da quella vicenda cercherà ancora di più di cercare soldi e fama.
Ma stavolta la creatura con cui vorrà farlo non avrà pietà di lui, come successe in passato.
A proposito, trovo che quella scena in cui Gordy porge il pugno a Ricky sia bellissima.
Ormai il massacro c'è stato, la psiche di Gordy sta tornando quella di prima, e quella povera scimmia, adesso, torna quella che è sempre stata.
Davvero commovente e bellissima visivamente quell'immagine dei due pugni.
Ma, a ben pensarci, anche Jean Jacket fa lo stesso davanti OJ (incredibile, 200 righe e non avevo mai nominato il protagonista...).
Quando, ormai mastodontica, gli si avvicina, i due si guardano ma lei non lo uccide, ci porta irrimediabilmente alla sequenza che ho appena citato di Gordy.
Alla fine qualsiasi animale, se rispettato e trattato nel modo giusto, è capace di reprimere il suo istinto omicida o, addirittura, andare in sintonia ed empatia con noi.

Ma Nope è anche un qualcosa di quasi mai visto prima.
Ovvero un magnifico film di fantascienza che, a ben vederlo, è quasi una parodia dei film di fantascienza.
Intendiamoci, il film ha sequenze terribili, terrificanti, violentissime.
Quella ad esempio del massacro di tutti gli spettatori del ranch con tutte quelle urla (anche dentro il mostro, una volta mangiate) e la successiva colata di sangue nella casa degli Haywood è gigantesca, 5-6 minuti in cui stiamo a bocca aperta, inquietati ed affascinati.
Già che ci sono impossibile non ricordare la potenza visiva di questo film, con questo deserto, le sue notti, la minaccia nel cielo, stupenda.
Ma, tornando a sopra, questo è un film in cui per uccidere il mostro si pianifica un...piano in cui vengono usati dei gonfiabili ridicoli (resi immortali da una pubblicità nei Griffin)


e dove, per dargli il colpo di grazia, viene usato un altro gonfiabile gigante (quello del ranch).
Un film da Guerra dei Mondi che poi diventa invece sfida tra predatore e preda per poi nel finale (che coraggio Peele, ma del resto i geni possono permetterselo) diventare ancora una cosa diversa, ovvero scontro tra un medusone gigante (che a volte sembra "finto", fatto si stoffa o tela) e il gonfiabile di un bambinone (che, tra l'altro, ha uno sguardo ammiccante, ti guarda negli occhi, per mantenere il fil rouge del mostro che attacca chi lo osserva).
Ecco, voi ditemi se un film serio e spaventoso di horror sci-fi può concludersi così.
Sì, e la cosa regge, e la cosa visivamente è superba, e la cosa emoziona persino.
Eppure Nope c'aveva messo tanto (per me troppo) prima di avere un cambio di ritmo, con una prima ora e un quarto secondo me molto "sfoltibile".
L'atmosfera c'era, la curiosità anche, ma tutto andava avanti in maniera abbastanza ripetitiva e con pochissimi guizzi (giusto quella vicenda di Gordy, sempre più emersa, mi teneva su).
Ecco, questo è un film dove accade una cosa che di solito, con me, funziona all'opposto, ovvero che più un film diventa "spettacolare" più mi allontano.
Qui no, qui le scene (Gordy a parte) più emozionanti sono proprio quelle "grandi", quelle degli attacchi della creatura, quella del prologo col padre, quella del massacro, quella di Jean Jacket evoluto e completamente "aperto", quella della sfida finale.
Eppure Nope non sembra mai un blockbuster (nel senso negativo del termine), anche nelle scene più maestose si respira sempre un'atmosfera opposta a quella di alcuni giocattoloni. Anche grazie a una colonna sonora (dentro ci metto anche i versi dell' "animale" e le urla umane) più inquietante che coinvolgente.
Buffo che un film "contro" la spettacolarizzazione alla fine risulti straordinario proprio in quell'aspetto, ancor più che nelle scene "intime" che di solito tanto amo (ma, attenzione, anche di quelle non ne mancano di belle qui eh).



(nel frattempo sono andato a mangiare una pizza, quindi adesso riprendere il filo del discorso è impossibile, la chiudo dai)

Quello che è certo è che Peele è riuscito a scrivere e girare 3 film unici, con delle idee dentro pazzesche, spesso ai confini del ridicolo (ma lui è un comico) eppure svolte in maniera talmente convincente che i suoi film, che a raccontarli possono sembrare stupidotti, non solo funzionano alla grande ma diventano opere dagli infiniti sottotesti, dall'incredibile profondità.
E così mi ritrovo a fine film con la sensazione di aver visto un grande film che ha bisogno di crescere dentro di noi.
E mentre pensavo questo parte come titoli di coda un pezzo western.
Lì per lì mi sembrava strano.
Poi mi son detto che è vero
Nope è un western
Un deserto.
Due sfidanti a duello.
Occhi che si guardano.
E' un western.
E' un fantascienza.
E' un horror.
E' un film metafora.
E tanto altro.
Che bello

8.5

35 commenti:

  1. Che pizza hai mangiato?

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    1. Ed è qui che il colpo di scena che non c'è nel film avviene nella vita reale

      Sono andato alla pizzeria ma ho preso un primo!

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    2. (nel frattempo sono andato a mangiare una pizza, quindi adesso riprendere il filo del discorso è impossibile, la chiudo dai) perché non hai scritto un primo? Scriverò una recensione su questo. Ahah

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    3. E' molto interessante la cosa, perchè q1uella frase non è tanto su quello che è successo ma sulle intenzioni.

      Io ho interrotto di scrivere per andare a mangiare una pizza con un amico (lui ha preso la pizza veramente).
      Quindi niente, l'interruzione era per andare in pizzeria a mangiare una pizza e io ho mantenuto quell'idea

      "interrompo per andare a mangiare una pizza"

      a quel punto qualsiasi cosa avessi mangiato non cambiava niente

      è come se avessi scritto "poi ho interrotto per andare a pagare una bolletta" ma poi le poste fossero state chiuse e non l'ho pagata, mi sono limitato a dire l'intenzione e non quello che poi è successo realmente, sono stato poco documentaristico

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    4. Sei un pazo

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  2. Uscita dalla sala un paio d'ore fa, per cui come te sto ancora metabolizzando le scene e la storia del film. Trovo magistrale la fotografia di ogni singola sequenza, quella luce notturna che rimbalza sugli occhi del protagonista (occhi che avranno un importanza cruciale soprattutto durante le ultime scene) e sul dorso del cavallo Ghost mi è rimasta particolarmente impressa. Meravigliosi i panorami e tutte le riprese della vallata sconfinata di "agua dolce" (esisterà poi, questo lembo di terra "invisibile addirittura a Google e parecchio isolato"?)). Ma al di là di ogni considerazione sul film in sé, volevo sottoporre alla tua attenzione una vicenda che ha sicuramente avuto un forte impatto sul regista e sulla platea americana (e su di me of couse!). Non ricordo dove (Connecticut forse) era arrivata alle cronache la vicenda di Travis, uno scimpanzé dalla straordinaria intelligenza, ammaestrato ed impiegato fondamentalmente in diversi spot pubblicitari nonché protagonista di alcune puntate di qualche telenovela simpatica americana. La storia della sua coppia adottiva è molto triste, nel senso che l'uomo che lo aveva adottato era morto, e la sua compagna aveva anche perso la loro unica figlia, per cui Travis diventa una sorta di unico membro della famiglia a cui la donna ha finito per voler bene al punto tale di considerarlo come un figlio. Per farla breve, un brutto giorno un'amica di questa donna decide di andarli a trovare, ma Travis (anche sotto effetto di Xanax somministrato dalla sua padrona) perde la testa completamente, si accanisce sulla povera amica della sua padrona, e le sbriciola letteralmente la faccia. Esiste una registrazione della telefonata che la sua padrona fa al 911 che è qualcosa di agghiacciante (la trovi su YouTube). Dopo diversi interventi plastici la donna riesce a ricostruire molto superficialmente il viso (ma resterà per sempre cieca e sfigurata) e la cosa interessante è che la sua primissima apparizione avverrà, indovinate in quale trasmissione? Esatto, quella di Optah Winfrey. E si mostra solamente con un cappello con attaccato un velo che le copre quasi del tutto il volto... Proprio come la spettatrice sfigurata a cui fa riferimento del cinese sopravvissuto alla mattanza di Gordy). Cercatevi la storia su internet, per me il riferimento a questa vicenda è totale.

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    1. Ciao Elisa!

      sono contento perchè hai portato in commento due cose importanti sulle quali avevo glissato

      uno la fotografia, sulla quale hai detto veramente tutto

      l'altra Travis ;)

      bravissima ad avere portato questa storia qua. Storia che conoscevo a menadito (seguo 5 canali crime sul tubo e ben due questi anni ne avevano parlato) e che ho anche pensato (anzi, ne ero sicuro, il giorno prima ne parlavo con amici) di inserire in rece, dimenticandomi poi totalmente

      però due cose non sapevo (o non ricordavo)

      che Travis avesse partecipato a show televisivi

      e che la donna sfigurata (ricordo le immagini del suo viso come fosse ora) fosse andata da Oprah, perlopiù "vestita" come vediamo nel film quella povera ragazza

      quindi grazie di queste informazioni!

      e sì, alla luce di questi due aspetti direi che il riferimento è super preciso ;)

      un abbraccio

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  3. Non mi ha convinto...in primis non è chiaro perché il padre di OJ sia stato ucciso dai detriti e non "mangiato"...poi perché l'alieno mangi solo umani e non i cavalli...e poi l'alieno è fatto davvero male: prima sembra una classica astronave e poi, quando si apre, una specie di pallone aerostatico...non fa nessuna paura. Infine il film andrebbe tagliato di una buona mezz'ora. Un 6 stiracchiato, molto meglio i primi 2 film. Ciao

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    1. ciao!

      fermo restando che il tuo giudizio è insindacabile volevo però dirti che nelle 3 cose che chiedi ci sono 3 errori ;)

      1 Semplicemente perchè il mostro dopo che ingoia sputa le cose che non può digerire. Quindi aveva mangiato qualcun altro e, semplicemente, il padre del protagonista muore per il "rigurgito". Rigurgito che 'è almeno altre due volte durante il film e che rischia di uccidere anche gli altri protagonisti. Probabilmente quel rigurgito iniziale era dopo aver mangiato degli escursioniti (a inizio film un telegiornale dice che si sono perse le tracce appunto di alcuni escursionisti)

      2 Non è vero, mangia assolutamente i cavalli. Anzi, per 6 mesi in cinese americano gli offre dei cavalli in pasto per fare le "prove" dello spettacolo che poi farà col pubblico. L0unico cavallo che non mangia è quello finto ;)

      3 Non è un'astronava ma un animale, qualcosa di vivo, di organico. E per questo mutaforme. Quindi, anche qui, tutto perfettamente coerente (e per me bellissimo, anzi, una delle cose più belle del film)

      insomma, può non piacere la cosa (e il film in generale) ma ci tenevo a chiarirti questi tuoi 3 dubbi

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  4. è impossobile restare indifferenti davanti a Nope

    Jordan Peele ha solo 43 anni e una grande testa, il dio del cinema ce lo conservi

    https://markx7.blogspot.com/2022/08/nope-jordan-peele.html

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  5. Si potrebbero scrivere interi saggi su Nope e lo stesso si faticherebbe ad esaurirne le interpretazioni possibili: forse è questo il vero valore dell'opera, l'essere un contenitore inesauribile di tematiche più o meno sommerse in base al bagaglio culturale e alla sensibilità dello spettatore.

    È un lavoro intriso di cinema, confezionato come un bel western sci-fi con venature horror, che omaggia una moltitudine di pellicole passate e moderne (Incontri ravvicinati del terzo tipo, Tremors, lo squalo, E.T., Cowboys VS Aliens,...), le interseca con la televisione (la sitcom con Gordy, Saturday Night Live, the Oprah Winfrey Show) e le immerge nella storia e nell'ecosistema hollywoodiani (fun-fact: l'attore che interpreta il regista sul set all'inizio è Oz Perkins, autore di February e Gretel & Hansel).
    È un lungometraggio divertente e divertito che gioca disinvolto con le aspettative dello spettatore (l'UAP - UFO non va più di moda - che sembra il più classico dei dischi volanti), tanto solido da permettersi di riuscire a soddisfare sia il pubblico in cerca di un divertissement senza troppe pretese sia chi è alla ricerca di materiale su cui riflettere.
    Da modesto appassionato dei lavori di Peele (inclusi gli sketch con Keegan-Michael Key) mi inserisco chiaramente in quest'ultima audience, e vorrei occupare i prossimi caratteri per presentare in modo schematico le tre interpretazioni su cui mi sto arrovellando da una settimana a questa parte, tutte plausibili e supportate da indizi, circoscritte sul ruolo dell'alieno.

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    1. ALIENO=SPETTACOLO
      L'alieno è uno spettacolo in attesa di essere visto e di assorbire l'attenzione del pubblico, e se non lo si guarda non si viene catturati. E' un messaggio di critica al circolo vizioso alimentato dal desiderio di shock e di violenza degli spettatori, che informa direttamente l'industria sul tipo di spettacolo richiesto e spinge gli autori e i creatori a mettere qualsiasi cosa a repentaglio pur di ottenere uno show unico, con rischi e incidenti non percepiti dall'audience assuefatta.
      Indizi:
      - la citazione biblica in introduzione, Naum 3:6;
      - l'alieno e le sue interiora sono realizzati con materiali che richiamano quelli fotografici usati nei set (gel, pellicole, teli diffusori, ecc.);
      - quando l'alieno si trasforma lo fa espandendosi con dei movimenti che sembrano richiamare lo scatto dell'otturatore di una cinepresa;
      - il motociclista di TMZ.

      ALIENO=PUBBLICO
      L'alieno è il pubblico, siamo noi, una bestia insaziabile che attraverso gli schermi fagocita tutto ciò che gli viene propinato, spazzatura inclusa, e porta a spremere la macchina produttiva fino ai limiti estremi (la morte stessa degli autori), incapace di saziare questa massa sempre più esigente. Una massa ingorda che ingurgita tutto fino a scoppiare, letteralmente.
      Indizi:
      - Jupe chiama l'alieno "osservatori";
      - l'apertura del ventre dell'alieno è squadrata come se fosse uno schermo, e nei titoli di testa si sovrappone alla cornice della proiezione in sala: siamo noi che osserviamo;
      - Antlers che muore per ottenere il fotogramma perfetto;
      - all'inizio l'alieno fa piovere, anche mortalmente, soldi.

      ALIENO=SUCCESSO
      L'alieno è il successo, il desidero umano di ottenere fama anche a discapito degli altri e di se stessi, qui declinata nell'ambito dello spettacolo e della televisione (l'Oprah Winfrey Show, dove venne mostrato per la prima volta in diretta il volto tumefatto di Charla Nash, vittima di un incidente con uno scimpanzé che probabilmente è stato di ispirazione per la storia di Gordy), l'incuranza dei rischi quando c'è in gioco la possibilità di catturare quell'attimo che promette celebrità e ricchezza. Questa interpretazione può essere letta anche come autocritica, non è forse Peele stesso che ha costruito il suo successo (anche) pescando a piene mani sulle tragedie che hanno segnato la storia degli afroamericani (e di conseguenza se stesso, in questo senso Jupe è un alter ego del regista)?
      Indizi:
      - tutti i protagonisti cercano di sfruttare l'alieno per fama o denaro: Emerald e OJ, Jupe, Antlers, il motociclista di TMZ,...;
      - la ricchezza è mortale, il padre di OJ muore trafitto da una moneta piovuta dal cielo;
      - gli show di successo nominati (SNL, Oprah).

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    2. prima di risponderti e leggere Matteo volevo chiederti se sono cose tue o raccolte in altri spazi

      a dopo!

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    3. Frutto di confronti post visione tra me e mio fratello, poi validati da ricerche in merito (es. il caso di Travis). ;)

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    4. perfetto, capisci che un commento così (non l'ho letto ma vista l'impostazione e la lunghezza presumo) se so che è tuo o che riporti da altrove lo leggo in maniera diversa, anche solo per il fatto che possano essere interpretazioni o fonti "sicure" di cose altrettanto sicure e dichiarate
      a posto, appena posso arrivo

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    5. Eccoci! quasi un mese, ahah

      leggo a tappe e rispondo

      1 è Oz Perkins? maddai! devo rivedere la scena. Vero, bellissimo sto intersecarsi tra grandi classici del cinema e cult televisivi (con le loro ossessioni) dei nostri tempi

      2 Io non l'ho percepito come divertente ma ho capito e approvo la tua definizione, intesa come proprio film molto complesso e pieno di cose ma anche di puro intrattenimento. Si può vedere anche solo come secondo aspetto, anche se che spreco...

      3 La prima lettura è molto bella e, credo, non troppo lontana da quello che ho scritto io. E anche vicina al titolo del film, a quel Nope che, ho letto, dovrebbe significare invece il saper rinunciare a guardare a tutti i costi. In ogni caso sì, l'ufo è sia simbolo del successo sia mezzo per arrivarci (nella trama del film, fuor di metafora)

      4 La seconda lettura mi pare un controcampo della prima. Anche questa molto bella ma non so, secondo me una può includere l'altra. Nel senso che lo spettacolo e gli spettatori sono una bestia che si mangia a vicenda, loro hanno bisogno di noi, noi di loro. Ne verrà fuori una creatura ibrida che ha dentro lo spettacolo, chi lo guarda, chi lo produce, tutti. Citandoti modificando siamo noi che osserviamo noi

      5 Ah, no, leggendo l'ultimo punto allora è questo quello dove mi ritrovo di più. Però, non per incasinarti di più o non saper vedere le differenze che citi, nojn ti sembra che i tre punti possano, come dicevo qua sopra, coesistere? Lo spettacolo è il successo, lo spettacolo è il pubblico, il pubblico vuole il successo, è tutta una macchina ingorda in cui si mangia, si vuole essere mangiati, si vende l'anima al diavolo, si accetta il rischio di morire.
      La vita come un grandissimo show dove osserviamo, dove vogliamo essere protagonisti, dove vogliamo spettacolo anche a scapito della tragedia, dove chi lo spettacolo lo gestisce ha bisogno di noi, di metterci dentro.
      E' una grande creatura di domanda e offerta che combaciano, un perverso e inarrestabile mostro che su autoalimenta.
      Impossibile tornare indietro ma forse possiamo ancora restare umani (il più possibile) se accettiamo di fare passi indietro, tecnologici e non.
      Se accettiamo di girare una manovella.

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    6. Direi che il tuo ultimo paragrafo va a chiudere perfettamente la mia analisi (e di mio fratello) creando una convergenza logica tra le varie letture. Credo che Peele sarebbe soddisfatto nel leggere questa pagina di blog e relativi commenti ;)

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    7. C'ho messo un mese ma me so concentrato al massimo per dare una chiusa "globale" al tuo bellissimo commento, ahah

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  6. Visto ieri sera ,poi ho mangiato greco e da ieri sera ,dopo la visione mi rieccheggia in testa la scarpa della bambina.Prima la vediamo nel micro museo dell'horror e successivamente,dopo il massacro ,dritta in verticale di fronte a Ricky.Mai vista una ciabatta o scarpa ,che soprattutto dopo un massacro,rimanga dritta in verticale fa' molto strano.(cosa impossibile da fare)
    Che Peele voglia dirci qualcosa ? Detto a modo mio : che simi-cazzo di metafora è ?
    Scusate per gli errori ma film+ cena greca lo sconsiglio proprio mentre il film si.
    P.s. la prima parte è più intrigante per il vedo non vedo ,mentre ora siamo abituati al tutto e subito.
    Un salutone ,presto ,se non ti scoccia , torno.

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    1. Vado spessissimo al greco

      Bravissimo, quel dettaglio è veramente bello. Credo sia semplicemente un mix tra "ironia" (in un massacro avviene una cosa così inconsueta e curiosa) e iconicità

      sono quei piccoli dettagli che in una cosa gigantesca poi ti restano in testa a vita

      qui però anche quando appare il vedo il film non perde, anzi, diventa forse pure più bello

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  7. (Parte 1)
    Arrivo solo ora sotto questa (al solito) stupenda recensione, dopo aver perso a suo tempo il film in sala e averlo recuperato in extremis per il sondaggione 2022 (ahimé con grande dispiacere perché in sala sarebbe stata un'esperienza a dir poco fenomenale). Come sempre le tue parole magnifiche in recensione (insieme a tutte quelle presenti nei commenti) alimentano ancora più riflessioni, soprattutto per titoli come questo da esplorare a tempo indeterminato. Che meraviglia tutte le scene che hai analizzato, che meraviglia i tuoi riferimenti (quello ai Griffin memorabile) e per concludere che meraviglia di film. Anch'io arrivo a scriverne dopo alcuni giorni dalla visione, perché a primo impatto Nope sembra contenere tanto, tantissimo (ma mai troppo, come invece mi era sembrato Us) e più i giorni passano più contiene ancora di più.

    Forse è il film più maturo di Peele (anche se, come dici anche tu, non per forza il più "perfetto"), proprio perché condensa aspirazioni e ambizioni, con una struttura tecnica impressionante (che immagino in sala emerga in maniera ancora più decisa e decisiva), che riesce a parlare in pratica un po’ a chiunque, conservando sempre però la sua essenza speciale e unica. Rappresenta forse quella fase in cui i grandi geni diventano finalmente patrimonio di tutti, vengono visti anche da chi è fuori da certe nicchie (quella dell'horror, quella del "cinema d'autore" e perché no anche quella del cinema in generale).
    Nope per me è una straordinaria opera sul guardare e sull’essere guardati. Di sguardi che uccidono proprio perché a loro volta guardati, soprattutto attraverso occhi meccanici di telecamere che in quell’ossessivo osservare artificiale consumano la vita di chi hanno davanti, senza pietà alcuna. Quelle telecamere rimuovono infatti strati di libertà, ingabbiano spazi ed emozioni di chi stanno inquadrando in uno sguardo consumistico e capitalistico in cui tutto diventa guadagno, spettacolo, prodotto, ma soprattutto, si pensa, diventi proprio (verso la fine del film OJ dice che “devono essere rapidi a riprendere l’alieno” prima che arrivi la gente a rivendicarlo come proprio). Come se guardare rappresentasse un certificato di proprietà. Guardo, quindi possiedo, quindi vendo. Così il piccolo testimone (e sopravvissuto) della strage di Gordy proprio per aver guardato diventa proprietario di tutti i cimeli di quel tragico massacro, tanto da farci un museo (appunto guadagno e prodotto). E di quello sguardo diventare dipendenti (il “Nope” del titolo, ripetuto più volte in voce nel film, risuona quasi come il tentativo disperato di un tossico che cerca di smettere di esserlo), perché la società d’oggi ci impedisce di distogliere lo sguardo, ne siamo assuefatti (dalla violenza, dalla sua spettacolarizzazione, dal desiderio di guadagnarci). E così per inseguire quello sguardo si può essere disposti a tutto, sacrificare la propria dignità e forse persino la propria vita (come il regista Holst inghiottito per inseguire la definitiva perfezione). Così uno scimpanzé diventa la perfetta mascotte travestita in un reality per famiglie, “umanizzata” per gli umani, e allo stesso modo un cavallo si trasforma in un pezzo addobbato della scenografia per l’ennesimo spot pubblicitario che di cavalli, ovviamente, non parla. Esseri viventi (come quelli nel documentario montato da Holst nel suo piccolo appartamento) consumati nell’essere guardati alla stregua di prodotti. Come in The Truman Show, insomma, la vita diventa spettacolo, ma ora i confini in cui muoversi, il recinto in cui correre e pascolare, sono più ristretti e si restringono ad ogni nuovo show, ad ogni puntata, ad ogni ripresa.

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    1. (Parte 2)
      Lo diceva anche Theo Anthony nel suo meraviglioso documentario “All Light Everywhere” (che proprio di telecamere e videosorveglianza parlava): quel guardare è come un’arma, perché “to shoot” in inglese è lo stesso verbo per tradurre “riprendere” e “sparare”. E con Theo Anthony c’entra anche il suo precedente documentario “Rat Film”, per il modo con cui rappresenta una savana desolante dove tornano ad esistere prede e predatori. In un mondo umano dove, come accade in Nope, i predatori si prova invece a domarli. Ma non è possibile, perché “con un predatore bisogna cercare di fare un accordo”. Tornare, cioè, proprio come in Rat Film, a quel mondo primordiale, alle origini di tutto, all’essenziale semplicità, quella di pochi fotogrammi (dove invece oggi è tutto eccesso strabordante di immagini), che si riducono a tal punto da diventare unica foto. Bastava un’istantanea per rappresentare il mostro, nulla di più.
      Eppure paradossalmente in quel mondo primordiale, quello degli albori del cinema più volte citato, non tutto era così perfetto, perché allora qualcosa non era invece mai guardato: le persone nere. Così, come viene detto da Em nel suo discorso di presentazione, tutti ricordano le prime sequenze di foto in movimento, il primo cavallo, il primo fotografo, ma nessuno si ricorda del fantino nero, vero protagonista, primo stuntman, artista, star, ma del tutto dimenticato nella storia del cinema. Insomma si è passati dal non guardare tutti a guardare tutto ma con occhi anestetizzati.

      In questo quadro sconfortante, in cui tutti guardano senza fare nulla, nascondendosi dietro un occhio artificiale per non lasciare che il proprio biologico porti azioni concrete, l’eccezione è rappresentata però da OJ, che ha a cuore i suoi cavalli, li sente, li ama, cerca di proteggerli. È costretto ad usarli perché non ha alternativa. Ma fin dalle prime scene, quando la sorella dice di volersene andare, di vendere il ranch, lui ripete che deve tornare, che ci sono i suoi cavalli ad aspettarlo, che devono essere sfamati al mattino seguente (e anche i cavalli venduti a Jupe vorrebbe riprenderseli). OJ conosce cioè lo sguardo dell’amore, più che del possesso. E non è infatti un caso che sia proprio lui a capire la “legge dello sguardo” che regola la creatura aliena, a proporre l’idea di un accordo con il mostro e poi sul finale ad essere così risparmiato.
      Mostro oltretutto caratterizzato egregiamente, in questo mondo di prede e predatori, dove di fatto è un animale come gli altri, territoriale e primordiale, ma solo più grande, più potente, più monumentale, un predatore cioè più difficile da gestire (ma comunque gestibile, come mostra OJ sul finale appunto), con quella corporeità quasi vellutata e leggiadra, che fluttua in mezzo ai cieli, ma che in un istante può aspirare intere case, per poi vomitare tutto il residuo coloratissimo che l’uomo produce in modo insignificante (coloratissime bandierine, gonfiabili, monetine ecc), che ovviamente non può digerire. Un mostro insomma fatto di fame animale di libertà che si fa largo in un mondo umano che ha invece sempre inseguito la sola fama.
      E in questi incontri/scontri viene quindi da chiedersi: chi è allora in gabbia? Chi guarda o chi è guardato? Lo straniero estraneo o chi invece ha vissuto lì da sempre, seppur isolato (o meglio segregato) nel recinto della sua fama?

      “Non meritiamo l’impossibile”.
      Ma a volte basta solo andare al di là, oltre. Oltre quell’istantanea che finalmente immortala il mostro (ma ora che esiste forse non ci interessa più), oltre la nebbia, oltre l’orizzonte, oltre quel cielo che prima non si poteva guardare. Ma ora si guarda con i propri occhi, non di chi consuma attraverso una telecamera, ma di chi si commuove con lacrime sincere.
      Senza distogliere lo sguardo.

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    2. Nope è un film bellissimo, che ho adorato per tante ragioni. Ho avuto modo di vederlo al cinema, in lingua originale, e sì, mio caro Riccardo, ti confermo che quella in sala è stata un'esperienza magnifica. Ciò detto, mi inserisco qui solo per dirti che le tue splendide riflessioni arricchiscono ancora di più le preziose osservazioni del nostro padrone di casa, che come sempre riesce a cogliere con la sua sensibilità dettagli che generano mondi e viceversa. Ci sono solo due o tre passaggi del tuo intrigante e suggestivo contributo che non mi sento di condividere appieno. Sini più che altro "parole" che evocano questioni decisamente più ampie, che mi rendo conto non possono essere che riassunte brutalmente nello spazio a disposizione su un blog. Avremo sicuramente modo di parlarne quando ci incontreremo (spero davvero presto!). Ancora grazie, Riccardo, perché inviti lo sguardo a restare fermo, e a non perdersi nella deriva dei giorni. Un abbraccio a te e a Giuseppe :)

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    3. Che piacere ritrovarti qua nei commenti, caro Roberto, e che dispiacere (ripeto) essermi perso invece Nope in sala. Immaginavo fosse così importante e significativa come esperienza. Confido magari in una futura retrospettiva su Peele nei cinema piemontesi, così da rivederlo con nuovi occhi, anche alla luce delle tue sempre illuminanti riflessioni.
      Seppur maturate in diversi giorni dalla visione, infatti, le mie parole sono scese sulla tastiera come un unico flusso di coscienza ininterrotto, quindi è sicuramente facile ci siano errori, contraddizioni o in misura ancora maggiore imprecisioni di linguaggio e ragionamento nel mio discorso, e me ne scuso. Sono sicuro che confrontarci sui punti che non ti trovano d’accordo, oltre che occasione preziosa per arricchire l’interpretazione di questo film così tanto pregno di significato, sia anche un modo per correggere i miei errori di espressione, di argomentazione e perché no anche rendere più profondo il mio modo di approcciare alla visione, come tu, caro Roberto, sai fare in modo unico con una sensibilità e poesia altrettanto speciali.
      Spero anch’io avremo presto occasione per farlo, nell’ambito di un altrettanto graditissimo primo incontro di persona. Grazie ancora per il tuo prezioso commento e la generosa attenzione che dedichi sempre a quello che scrivo. Un abbraccio grande

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    4. Vengo a leggere dopo più di un anno, ahaha

      (e mancano As Bestas e Beau ha paura)

      Il discorso dei grandi autori che escono da nicchie per diventare famosi ai più e realizzando film giocoforza più grandi, cinematografici e maestosi, chissà perchè innervosisce i più.
      Io sta cosa non la sopporto, quelli che odiano i piccoli registi che poi diventano grandi.
      Ma fa parte della cinefilia malata e autoreferenziale, la più diffusa del resto.

      Perfetta la tua disamina sul guardare e l'essere guardati e soprattutto sul concetto di "chi vede prima" ha possesso.
      In realtà, ma non in questo caso, il concetto potrebbe essere anche esistenzialmente bellissimo, del tipo che il primo uomo che vede una cosa nuova o incredibile o magnifica in qualche modo la fa sua, diventa il tramite per poi regalarla agli altri. Come un tesoro trovato in fondo al mare.
      Ma, appunto, questa eventuale lettura esistenziale non è quella del film che, anzi, verte quasi all'opposto,come dici

      Verissimo il discorso del testimone del massacro e ora possessore, anch'esso, di cosa ha visto per primo

      E' che più il mondo va avanti più occhi acquisisce.
      E non parlo soltanto di più tecnologia (soprattutto, però) ma anche che più occhi umani, reali, possono condividere con il resto dell'umanità ciò che hanno visto.
      E in questo nuovo Regno del vedere è normale che poi tutto possa diventare anche spettacolo e, di conseguenza, business

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    5. 2 Se ricordo bene di quel documentario parlasti anche qua, o comunque molto a me personalmente.
      La cosa di "to shoot" bellissima, credo di averla già colta in passato (son quelle cose ovvie che però son talmente ovvie che non le cogli) ma su sto film calza a pennello

      "Tornare, cioè, proprio come in Rat Film, a quel mondo primordiale, alle origini di tutto, all’essenziale semplicità, quella di pochi fotogrammi (dove invece oggi è tutto eccesso strabordante di immagini), che si riducono a tal punto da diventare unica foto. Bastava un’istantanea per rappresentare il mostro, nulla di più."

      bellissimo (anche di Rat Film parlasti qua, di questo son sicuro!)

      Riguardo la perfetta descrizione che fai di OJ, a quel suo essere diverso e, seppur immerso anch'esso in quel mondo, possedere comunque uno "scarto" d'amore, d'affetto e d'umanità, mi hai fatto venire in mente come alla fine questo personaggio somigli tanto a quello che ha fatto conoscere Kaluya (vado a memoria con la grafia del nome) al mondo, ovvero l'episodio (stupendo) che lo vide protatonista in Black Mirror

      Davvero tanti punti in comune

      "Mostro oltretutto caratterizzato egregiamente, in questo mondo di prede e predatori, dove di fatto è un animale come gli altri, territoriale e primordiale, ma solo più grande, più potente, più monumentale, un predatore cioè più difficile da gestire (ma comunque gestibile, come mostra OJ sul finale appunto), con quella corporeità quasi vellutata e leggiadra, che fluttua in mezzo ai cieli, ma che in un istante può aspirare intere case, per poi vomitare tutto il residuo coloratissimo che l’uomo produce in modo insignificante (coloratissime bandierine, gonfiabili, monetine ecc), che ovviamente non può digerire. Un mostro insomma fatto di fame animale di libertà che si fa largo in un mondo umano che ha invece sempre inseguito la sola fama."

      perfetto anche qua

      "Ma ora si guarda con i propri occhi, non di chi consuma attraverso una telecamera, ma di chi si commuove con lacrime sincere.
      Senza distogliere lo sguardo."

      cavolo, devo rivedere il finale per capire perfettamente queste parole. Ricordo la foto, certo, ma credo che tu alludi a qualche primo piano che, ora, ho dimenticato





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    6. 3 (roberto)

      ora però vogliamo sapere!

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    7. 4 Ah, era finito il tuo splendido commento, qui rispondevi a Roberto,ahah

      Eh, io il commento di Riccardo l'ho letto adesso e sono stato motlo preso, tanto da trovarmi d'accordo su tutto o, comunque, da trovare convincente ogni suo pensiero anche se (dovrei rileggere attentamente sia la recensione che questo commento) magari non in linea con me

      ma sì, capto che ci sono temi molto cari a Roberto, ahah, temi che ha studiato e che ama

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    8. Anch’io ho sempre mal sopportato quella gelosia cinefila tossica, un po’ si ricollega al discorso esistenziale che facevamo del “guardo per primo, quindi possiedo”, solo che nel caso di quei cinefili manca proprio l’ultimo tassello umano, fondamentale, prezioso, della condivisione, che è poi una delle cose più belle del cinema (e di questo spazio appunto). A tenersi tutto per sé si perde in fondo il regalo più grande che l’arte (e il guardare) possa farci: incontrarci.

      Ricordi bene, parlai di entrambi sul blog: di Rat Film come primo film della rubrica su MUBI e di All Light Everywhere in uno dei vari resoconti del TFF (lo adocchiai proprio per aver amato l’opera prima su MUBI). Credo che le potenzialità distruttive dello sguardo e la sua documentaristica distorsione siano ormai proprio interesse stilistico di Theo Anthony.

      Bellissimo il riferimento a Black Mirror, puntata che tra l’altro rimane una delle mie preferite insieme a White Christmas e San Junipero. E torniamo lì, come un po’ in tutto Black Mirror (fin dal titolo evocativo), allo sguardo, agli schermi, al consumarli fino a distruggerli.

      Le lacrime a cui faccio riferimento alla fine sono di Em, un suo primo piano che anticipa di forse due inquadrature l'ultimissima con la foto del mostro. Lei piange, poi chiude gli occhi, li riapre, per una volta guarda dritta davanti a sé, non in alto, non in basso. C'è OJ a cavallo. Rispetto a questa tematica dello sguardo che ha un po’ guidato tutta la mia esperienza di visione quello scambio di occhi felici e commossi mi era rimasta impressa o comunque l’ho facilmente ricollegata al resto.

      Probabilmente anch’io se rivedessi Nope o rileggessi il mio commento ne troverei aspetti nuovi e contrastanti. Rimane un film così denso che suggerisce tantissimo lasciando aperte le discussioni (perlomeno sui temi trattati). Ascoltare Roberto in questo è (o meglio sarebbe - visto che non abbiamo ancora avuto modo di affrontare l’argomento) un’ulteriore evocazione di sguardo, come ogni volta che illumina i film con la sua poetica

      Un abbraccio grande

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    9. I veri esperti di cinema non li si vedono da quante cose sanno (paradossalmente poi uno che sa 5 può essere più compentente di uno che sa 8) ma di come restituiscono il loro sapere

      se lo restituiscono con gioia, umiltà, entusiasmo e voglia di darlo agli altri sono Maestri, se lo fanno con arroganza, superiorità e classismo sono teste di cazzo

      teste di cazzo che hanno visto tanti film, ma teste di cazzo

      ah, è vero, ho citato Black Mirror (e specie quell'episodio) dimenticando il rimando più grande, quello degli schermi ;)

      ah, non ricordavo questo sguardo, spero di rivederlo!

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    10. Condivido su tutto, e in quel caso appunto sempre teste di cazzo rimangono, potrebbero conoscere tantissimo sul cinema, sulle capitali del mondo, sulle battaglie risorgimentali, ma finché l’atteggiamento sarà quello non servirà a niente, cinema o meno, probabilmente nemmeno a loro stessi ;)

      Tematica degli schermi che peraltro purtroppo nelle ultime puntate e stagioni si è definitivamente persa, almeno nei suoi approfondimenti. Credo che Black Mirror sia a tutti gli effetti una delle serie che più ha subito un tracollo nel corso degli anni

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    11. amen :)

      mi mancano le ultime due stagioni!

      ma dicono tutti come dici te, ahimè

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