14.2.23

Recensione: "Gli spiriti dell'isola - The Banshees of Inisherin" - Cinema 2023 - 4

 

Un film sulle guerre civili, che siano di due popoli o solo di due persone, un film sulla noia e sull'impossibilità di evaderne, un film sull'intelligenza e sulla stupidità, sull'egoismo, sulla necessità di staccare, sul desolamento e isolamento dell'individuo in una cornice di desolazione e isolazione dei luoghi, un film sulla rassegnazione, sull'atavico analfabetismo e inconsapevolezza dell'esistenza di cose al di fuori dallo status quo che viene vissuto e, all'inverso, sulla "sensazione" che un altro mondo e un'altra vita siano possibili, un film sul senso della vita o sulle cose che almeno possano darle un senso ma, soprattutto, un film che in maniera radicale, tragica, tremenda e inarrestabile racconta di come a volte le cose debbano raggiungere le loro estreme conseguenze per poter avere termine, di come una palla di neve lanciata in cima alla montagna potrebbe facilmente essere subito fermata ma, in qualche modo, per masochismo, orgoglio, inerzia e maldestra curiosità, si ha la invece voglia e la "necessità" di vederla rotolare fino in fondo e solo poi, davanti al disastro che quella valanga ha procurato, avere la lucidità di capire quello che è successo.
Quando i danni ormai sono enormi e forse non più recuperabili.


PRESENTI SPOILER SIN DA SUBITO

Il corpo del ragazzo viene recuperato nel lago.
Viene tirato fuori con un bastone.
Sembra una scena sì importantissima, sì dolorosissima, sì significativa (quel ragazzo si è ucciso per tante ragioni, le vedremo) ma pare comunque "solo" una scena narrativa, come avrebbe potuto scriverla chiunque.
E invece no.
E invece un'ora prima quel terribile padre poliziotto era entrato in una drogheria.
E all'insopportabile droghiera (basta spostare una "i") che voleva assolutamente avere delle "notizie" dal paese (in una scena al tempo stesso irritante e divertentissima, come tante nel film) quel poliziotto, molto probabilmente inventandosi le cose, aveva detto, anche con disprezzo, che avevano ritrovato un 29enne suicida nel lago.
Esattamente quello che accadrà poi con suo figlio.
E quel figlio, ragazzo sottilmente ritardato e dall'animo puro come spesso i ritardi possono aiutarti a mantenere (più capisci della vita, più comprendi le cose, più vivi il mondo più perdi purezza, è inevitabile), a inizio film si era chiesto "A cosa potrà mai servire un bastone del genere? Forse a prendere cose lontane come questo bastone".
Ecco, ora voi capite la differenza che c'è se a scrivere film ci sono quelli bravi oppure uno come McDonagh, che non è fa parte di quelli bravi, ma degli illuminati.
Una scena di pochi secondi che, se lo spettatore riesce a incastrare le cose, rimanda a due dialoghi ascoltati distrattamente un'ora prima, e lo fa in un modo nascosto e al tempo stesso struggente.
Come se non bastasse non solo i due collegamenti sono splendidi ma riescono ad acquisire anche significato, il massimo che si può chiedere alla scrittura.
Perchè quel padre abominevole, per larga parte causa dei disagi del figlio, con quella notizia inventata e detta con sarcasmo (e attenzione, il sarcasmo fa diventare tutto ancora più doloroso) preannuncia come morirà il proprio figlio. E in un film fortemente realistico ma con mille aspetti simbolici quella frase diventa straordinaria, la frase di un uomo che senza rendersene conto sta uccidendo il proprio figlio e, inconsciamente, lo capisce a tal punto persino da preannunciarlo, in una specie di senso di colpa "anticipato".
E, all'opposto, quel ragazzo dal destino segnato sembra già "immaginare" o presagire il modo in cui sarà recuperato il suo corpo.
Come quindi il padre preannuncia la sua colpevolezza il ragazzo preannuncia il suo martirio.
Capite che se ho preso questa piccola scena del film è perchè, a mio parere, emblema dell'intera opera, un'opera eccezionale, dai mille rimandi e che, in una cornice fortemente realistica, è in realtà uno straordinario testo simbolico, quasi un Mito greco se vogliamo, che richiama altri grandi pellicole del recente passato, come ad esempio Il Sacrificio del Cervo Sacro, Athena ma anche l'appena visto Speak no evil.

Forse "Gli spiriti dell'isola" non sarà il miglior film di McDonagh (ma forse sì...) ma di sicuro è la sua opera più malinconica (anche se malinconiche, in qualche modo o in quale personaggio, lo sono tutte), cupa ed "importante".
Un film che a differenza dei precedenti più che farti riflettere sulle cose della vita ti porta a farlo con quelle dell'esistenza, sempre che io possa concedermi questa distinzione.

Padraic e Colm sono due eccezionali amici, così vicini e legati che i paesani, talmente abituati a vederli sempre insieme, si preoccupano e sconcertano sin dal primo istante che vedono Padraic solo alla locanda.
Perchè quel giorno, senza alcun motivo (o meglio, senza alcun motivo ma con un grande Motivo) Colm non ha più voglia di stare insieme a lui.
Ha bisogno di star solo, ha bisogno di comporre la propria musica, e le ore passate con quel sempliciotto di Padraic lo annoiano.
Padraic non riesce a capacitarsene e proprio l'assenza di un motivo banale e scatenante lo mette ancora più in crisi.


Gli spiriti dell'isola è uno dei film semplici più complessi che io ricordi.
Un'opera che parla di tutto mettendo davanti la faccia di chi non vuole parlare di niente (così che il film diventa anche una specie di "sineddoche semantica" con lo spettatore, visto che come nel film si parla di banalità in contrasto a cose interessanti così lo spettatore sta assistendo a cose banali che nascondono cose interessantissime, una specie quindi di "contenuto per contenitore" tra diegesi e significato).
Un film sulle guerre civili, che siano di due popoli o solo di due persone, un film sulla noia esistenziale e sull'impossibilità di evaderla, un film sull'intelligenza e sulla stupidità, sull'egoismo, sul desolamento e isolamento dell'individuo messo in una cornice di desolazione e isolazione dei luoghi; un film sulla rassegnazione, sull'atavico analfabetismo e inconsapevolezza della possibile esistenza di cose al di fuori dallo status quo e, all'inverso, sulla "sensazione" che un altro mondo e un'altra vita siano possibili; un film sul senso della vita o sulle cose che almeno possano darglielo quel senso ma, soprattutto, un film che in maniera radicale, tragica, tremenda e inarrestabile racconta di come a volte le cose debbano raggiungere le loro estreme conseguenze per poter avere termine, di come una palla di neve lanciata in cima alla montagna potrebbe facilmente subito essere fermata ma, in qualche modo, per masochismo, orgoglio, inerzia o maldestra curiosità, si ha la invece voglia e la "necessità" di vederla rotolare fino in fondo e solo poi, davanti al disastro che quella valanga ha procurato, avere la lucidità di capire quello che è successo.
Quando i danni ormai sono enormi e forse non più recuperabili.

Siamo in una minuscola isola irlandese, nel 1923.
Sulla terraferma, ben visibile dalla costa, sta imperversando una guerra civile, in una terra che anche nel secolo successivo non avrà mai pace.
La comunità di Inisherin è minuscola, poche decine di persone, perlopiù tutti uomini.
Talmente piccola che la faccenda di due amici che non si parlano più diventa una tragedia collettiva, una cosa impossibile da non notare e da non ritenere" importante".
Sin da subito c'è questo (non)senso grottesco che ci fa capire quanto tutto quello che vedremo sarà al tempo stesso reale e simbolico, come se ogni personaggio oltre al proprio corpo possedesse un ruolo e una funzione.
Il luogo è bellissimo ma tremendamente desolato (e già per alcuni film ambientati nella meravigliosa Islanda avevamo detto come molto spesso la desolazione dei luoghi porti sì ad una esaltazione della Natura ma anche alla desolazione di chi li abita. Molti di noi restano affascinati da luoghi simili ma poi, alla fine, non resisterebbero più di due settimane).
In più qui siamo in un'isola e quindi l'isolamento, effettivo e dell'anima, è ancora più marcato.
Il tempo scorre lento, niente succede, la vita è solo un continuo ripetersi.
Colm ad un certo punto se ne rende conto e, di punto in bianco, sente la necessità di allontanarsi da quel banale scorrere del tempo (perlopiù passato banalmente col suo banale amico) e, in là con gli anni, dedicarsi quindi alla Musica, cosa che a differenza dei rapporti interpersonali è poi capace di eternizzarsi e restare.
Padraic, uomo privo di cultura e senza l'intelligenza per avere ambizioni, non riesce a capire questo allontanamento, non ha nemmeno le armi culturali per farlo (perchè quella di Colm è una scelta profonda ed esistenziale, e in quell'isola il profondo e l'esistenziale attecchiscono malissimo) e allora, maldestramente, prova continuamente a recuperare ma, più lo fa, più le peggiora le cose, portando tutto a conseguenze terribili.

Innanzitutto è stato bellissimo ritrovare tante cose di McDonagh, specie del suo ultimo grande film, Tre manifesti a Ebbing.
Ogni personaggio visto in "Banshee" in qualche modo sembra ricalcare uno del precedente film.
Farrell (a proposito, McDonagh ricompone la coppia Farrell-Gleeson, straordinaria nel suo In Bruges) sembra lo stupidotto che in Tre Manifesti interpretava Rockwell, Gleeson sembra l'uomo stanco, saggio e riflessivo sul fine-vita che fu Harrelson nell'altro, la Kondon (la sorella di Farrell) è quasi identica al personaggio triste, intelligente in mezzo agli stupidi, imprigionato in qualcosa che non la fa andare avanti e che lotta per uscire da tutto che fu la McDormand (e facendo un crossover secondo me lo stesso personaggio, sempre della McDormand, era quello di Fargo). Se vogliamo il personaggio di Rockwell è addirittura la perfetta crasi tra quello, già nominato, di Farrell (la "stupidità" e la celata bontà d'animo) e quello del poliziotto (anche Rockwell poi lo era) dell'isola, cinico, cattivo, violento.
Come se quel personaggio del vecchio film (personaggio che "cambiava" radicalmente nel secondo tempo) ne avesse generati adesso due diversi e distinti.
Ma sono tanti anche gli aspetti narrativi che ho ritrovato, come le lettere che vengono lette (lette poi quando ormai chi l'ha spedite non c'è più), come quel fuoco vendicativo (quello che appiccò la McDormand e quello che appicca Farrell, tra l'altro due incendi che porteranno ad una reazione assurda e sorprendente comune tra i due film, ovvero avvicinare l'aggressore e l'aggredito), come Farrell che ad un certo punto si trova davanti ad un bivio/scelta (andare a bruciare davvero la casa dell'amico o no) che richiama tantissimo lo straordinario finale sospeso di Tre Manifesti, come la vicenda intima e personale che diventa faccenda dell'intera comunità.
E, in tutto questo, la stessa atmosfera, gli stessi personaggi malinconici, o troppo stupidi per avere ambizioni, o troppo stanchi e vecchi per averle ancora o troppo consapevoli della vita e dei suoi dolori.

Ed ecco che in questo film di esseri umani stupidi, stanchi o ormai assuefatti alla secolare vita dell'isola spicca quello di Siobhan (la sorella di Padraic), personaggio tragico e bellissimo.
Lei è l'intelligenza, lei è la cultura, lei è la consapevolezza che la vita può esistere anche fuori da lì, anzi, soprattutto fuori di lì.
 Ed è bellissimo questo messaggio sul come sapere le cose, impararle, studiare, avere curiosità, leggere, allenare la propria testa sia a volte l'unica strada per rendersi conto della mediocrità di quello che si vive, "sentire" che si può ambire a qualcosa in più, capire che la vita può regalare altro.
E questo tipo di condizione dell'aver "senno tra gli stolti" è difficilissima, specie quando a quegli stolti vuoi un bene dell'anima, specie quando il tuo altruismo e il tuo amore vanno oltre i tuoi bisogni, il suo sentire, le tue necessità.
Siobhan sa tutto questo ma è comunque imprigionata, troppo forte il legame con il fratello e troppo radicata in lei la vita che comunque ha vissuto lì.
Sarà proprio l'orgoglio (caratteristica che alla fine muove tutti i personaggi, anche se nel caso di Siobhan è orgoglio "positivo") a farla finalmente andar via.
Quel suo sentirsi dire "Ecco perchè non piaci a nessuno" da parte del poliziotto la porterà a quel pianto notturno di dolore che, però, sarà per lei salvifico perchè alla sensazione di sentirsi fuori posto e troppo più "in alto" di quello che sta vivendo si affiancherà anche quella, quasi paradossale, di essere ritenuta inferiore dagli altri. Una condizione che poteva portare solo a due strade, o farla finita o reagire.
Reagirà.


Ecco quindi che in un film in cui, come si diceva, si raccontano cose (la guerra civile, la fine dell'amicizia tra i due protagonisti, la vicenda del poliziotto e del figlio) che pur potendo essere bloccate sin da subito saranno invece portate fino alle conseguenze estreme (la guerra distruttiva tra due popoli che "fino a ieri si volevano bene", la storia delle dita mozzate e la morte del ragazzo) il personaggio di Siobhan, l'unico veramente intelligente del film (lo sarebbe anche Colm ma non è del tutto intelligente chi ha comportamenti stupidi), è anche l'unico che sa reagire prima dell'inevitabile, che sa scegliere il bene, che ragiona, che sa risolvere la cosa con razionalità prima che questa degeneri.
Ecco che questa magnifica donna (prigioniera di un mondo maschile vizioso e non stimolante, "Siete tutti noiosi" dice a Padraic) diventa quindi anche simbolo di tutta l'intelligenza che ognuno di noi dovrebbe usare a volte nel ragionare un attimo, nel capire in che direzione stanno andando le cose e nel risolvere problemi invece di - orgogliosamente - non saperci fermare e renderli sempre più grandi.
Noi che spesso stiamo lì, stupidi, orgogliosi e masochisti, ad aspettare che le nostre guerre arrivino a distruzione, ad aspettare di tagliarci le dita prima di rendersi conto che si poteva evitare, ad aspettare che qualcuno muoia prima di intervenire, a fare del male a chi, solo poi, ci rendiamo conto di volere un mondo di bene.
La scelta della ragazza non è egoismo, al contrario è puro altruismo, ovvero una scelta coraggiosa e difficile che, se capita e appoggiata dall'altro, migliorerebbe entrambe le vite (quello che due nazioni in guerra non capiranno mai, come non lo hanno capito quei due amici o quel padre col figlio).
Lei è quindi l'unica lucida e capace di capire le cose.
Anzi, lei e, paradossalmente, gli animali, animali che sanno voler bene (le scene dell'asinella sono bellissime ed emozionanti, certo molto più di EO...) e che, e anche qui NON è un caso, provano addirittura ad intervenire, ragionando meglio degli esseri umani.
Mi riferisco alla stupenda scena del cane di Colm che, presagendo quello che sta per accadere, prova a portare via le forbici da casa.
Siobhan e gli animali sono gli unici personaggi che ragionano e provano a fermare tutto, far ragionare, trasmettere lucidità, empatia ed amore.
Mentre, come dicevo, tutti gli altri personaggi (in metafora con la guerra) sono ormai ciechi e disposti anche a farsi male, mutilarsi o uccidere piuttosto che fermarsi e capire quello che sta accadendo.
Perchè se è vero che il personaggio di Colm raggiunge punti esistenziali molto alti è anche vero che è così stupido da voler mostrare che la sua intelligenza e il suo senso delle cose sono così importanti e "superiori" da farsi del male e, inevitabilmente, fare del male al suo migliore amico.
Vero, Colm è un personaggio anch'esso tragico a "alto", in cui la noia del vivere e la consapevolezza sulla finitezza della vita lo hanno portato a provare a dare un ultimo senso al suo ultimo tempo, ovvero isolarsi e comporre la sua musica, sperando che questa gli sopravviva.
Ma non può questo alto sentire venire poi accompagnato dalla decisione di Colm di tagliar fuori l'amico e, soprattutto, da quella scelta insensata e teatrale di tagliarsi le dita.
Tutto diventa ancora più metaforico, l'automutilarsi come simbolo di "darsi la zappa sui piedi da solo" a costo di seguire fino in fondo un punto preso. Due fratelli (o due fazioni nella terraferma) che preferiscono farsi male ed uccidersi anzichè razionalizzare (non a caso anche in questa vicenda la sorella di Siobhan, l'unica razionale, proverà più volte a far ragionare Colm).
Ma, tenendo fede al suo nome (in italiano) Colm(o) deve raggiungere la traboccatura del vaso prima di tornar lucido.
E il magnifico finale, come in Tre Manifesti apparentemente aperto ma nel quale, in realtà, riusciamo a intravedere molto bene quale sarà il 50% a prevalere, dimostra come solo adesso, adesso che si sono tagliate 5 dita, adesso che un'asinella è morta, adesso che una casa non esiste più, solo adesso si capisce che non ha senso andare oltre, che la valanga è ormai a valle.
Ecco quindi che tutte le spinte esistenziali di Colm (legittime, alte e comprensibili) si dimostrano esser state poi perseguite con stupidità, una specie di "fine che giustifica i mezzi" ma al contrario, non necessario, masochista, controproducente a chi quel fine cercava.
E, in questo finale, la grande scrittura di McDonagh ci regala una sola frase che ha dentro un mondo.
"Quando vuoi" dice Padraic.
"Quando vuoi", come a dire che adesso, solo adesso che il dolore è arrivato al massimo dove poteva arrivare, solo adesso, se l'altro vorrà, si può ricominciare.
Come fummo sicuri che Rockwell-McDormand sarebbero indietro con quell'auto così siamo sicuri che dopo i titoli di coda Gleeson-Farrell saranno al bar a bere insieme.
Ma a che prezzo...


Riprendo in mano questa recensione accorgendomi di aver scritto già tantissimo senza essere arrivato nemmeno a metà delle cose che avevo da dire.
Quindi, per non appesantirvi andrò molto più spedito.
Dirò poco e niente della figura della "vecchiaccia" al tempo stesso comica ed insopportabile.
E' ovvio, anzi, praticamente lo dicono in maniera esplicita, che quella vecchia sia l'unico personaggio assimilabile alle "Banshee" del titolo originale. Ma come sapete io non parlo mai di cose che uno può tranquillamente cercarsi in rete.
Certo questo personaggio è l'unico, ma davvero sottilmente, a dare al film una possibile sfumatura trascendentale che, se invece che sfumatura fosse stata pennellata l'avrebbe secondo me rovinato. Va benissimo così, va benissimo questa ambiguità tra l'essere semplicemente una vecchia che caca er cazzo e una strega.
Però, e anche qui c'è grande scrittura, è davvero suggestiva quella sua premonizione "morirà una o forse due persone". 
E noi che siamo sicuri che accadrà ad uno dei due protagonisti o forse a entrambi ci stupiremo che invece così non sarà, a morire sarà solo il giovane Dominic.
E, se ci pensate, quel "uno, forse due persone" è importante perchè in quel "forse" c'è probabilmente nascosto il finale del film, ovvero "riuscirete finalmente a fermarvi o arriverete ad uccidere?". E' come se quindi la vecchia dica a Padraic "guarda, potete ancora fermarvi, altrimenti ci sarà una morte in più."
Morte che, come dicevamo, sarà solo per Dominic, ultimo protagonista di cui voglio dire due righe.
Intanto sono sicuro che McDonagh ha scelto di prendere Keoghan e affiancarlo a Farrell dopo aver visto Il sacrificio del Cervo Sacro (film che tra l'altro, come dicevo all'inizio, gioca col reale e col simbolico allo stesso modo).
Ma darà al grande Keoghan un ruolo completamente diverso, un'anima completamente diversa.
Puro, apparentemente stolto ma con uscite di grezza intelligenza e praticità, siamo davvero davanti al martire per eccellenza, un ragazzo che subisce cose terribili quasi col sorriso sulle labbra e che preferirà perdere l'amicizia con Padraic (l'unica che ha) solo perchè questo ha detto una bugia "cattiva" ad un ragazzo.
Siamo davvero davanti al non plus ultra della purezza d'animo. Ed è normale che solo in lui possa albergare anche l'amore, amore che prova per Siobhan ma che, una volta saputo che non potrà mai essere corrisposto, lo porterà alla morte.
In un certo senso Dominic è paragonabile agli animali del film, buoni, empatici, premurosi e pure vittime collaterali di odi e cattiverie altrui (tra l'altro terribile quando il prete dice che l'asinella non è una creatura di Dio).

Uscendo (finalmente!) dalle tematiche inutile dire quanto il film sia ben girato, quanto la fotografia rapisca (ma con quei luoghi se trovi le luci giuste hai già vinto), quanto gli attori, come sempre in McDonagh, siano straordinari.
A differenza di suoi film precedenti forse qui si ride un pò meno ma la sua sottile ironia è ben presente e più volte io e i miei amici ci siamo ritrovati un sorriso stampato in faccia (su tutti la scena - che sembra quasi una barzelletta - della storia del furgone del latte, ma anche 2/3 dialoghi in taverna, le tre cose che Padraic odia - tra cui i violinisti panciuti - e altre battute qua e là).
E' un film che a volte sembra leggero ma con un'aura pesantissima sopra e spesso sembra drammatico ma con un'aura leggera appena dietro che non lo fa mai diventare solo cupo e tragico.

Adesso ci sono due uomini sulla spiaggia.
Hanno perso tutto, sorella, asinella, casa, dita.
C'è però ancora un cane capace di difendere il proprio padrone.
E ci sono ancora loro, quasi degli ossi di seppia spiaggiati nella riva.
Ma che hanno ancora la possibilità di tornare a vivere.
Di darsi qualcosa.
Di darsi tanto.
Anche perchè quando non hai più niente l'unica salvezza per l'essere umano è sempre e solo una.
Un altro essere umano.

15 commenti:

  1. Un film che vorrei rivedere per tutto quello che racconta, che nasconde e che consente di scoprire a poco a poco, ma anche un film che, probabilmente, non rivedrò una seconda volta, perché mi ha letteralmente annientata. Io, su Inisherin, ci avrei buttato una bomba, salvando solo gli animali e la povera Siobhan, ché tanta "piccineria" e tristezza concentrate non meritano davvero di esistere. Tanto la vecchia sarebbe sopravvissuta comunque, me lo sento.

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    1. Ahah

      però non ho capito se sei contenta dell'eventuale sopravvivenza della vecchia

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  2. Il Cinema può far riflettere, può, con le sue storie e le sue immagini, lavorando per metafore, sensibilizzare spettatori, crescere coscienze e opinioni. Io adoro il Cinema capace di andare oltre alla proiezione, quello che ti costringe ad interrogarti. Ma è anche vero che durante la visione, c'è una storia da seguire e non è sufficiente il dopo, il messaggio, ma anche (e soprattutto) il "Mentre". Gli "Spiriti dell'Isola" è una metafora, ci racconta le origini, i danni, le vittime, le conseguenze, delle guerre civili o peggio delle guerre tra popoli fraterni fino al giorno primo (nello SPOILER qui sotto mi spiegherò meglio); su questo aspetto è eccellente, ma il piano di lettura superficiale è un "inno alla Noia".
    La "Noia" può destabilizzare, può spingere all'irrazionalità, al disagio mentale, fino a conseguenze estreme. Il film è in tal senso un trattato su questa patologia. C'è chi stufo della "Noia" è disposto a rinnegare il passato, chi assuefatto dalla stessa ci convive senza alcuna capacità di riflessione, chi consapevole coglie la prima occasione per fuggire, chi più debole, nella sua presa di coscienza non è in grado di reggerne il peso. Ma tolti i 4 protagonisti, anche tutti gli abitanti del villaggio vivono la noia, chi in cerca di notizie, pettegolezzi, chi con la "pinta" pronta da versare, chi condividendo quel poco di socialità che la musica può dare. "Gli Spiriti dell'Isola" è una seduta di psicanalisi collettiva, che avendo al centro, appunto, la "noia", rischia di portare lo spettatore al colpo di sonno, a provare a sua volta tale patologia.
    Ecco l'ho detto, durante la visione mi sono annoiato e il mio giudizio nell'immediato è stato molto critico. Non sono bastate le buone interpretazioni, la crepuscolare, ops albeggiante fotografia di paesaggi belli, quanto malinconici e silenziosi. Non è bastata la costruzione dell'assurda "faida" tra amici, delicatamente accompagnata da un motivo musicale denso di tristezza. Il film durante la visione l'ho proprio subito. Ho subito il non sense delle azioni, dettate dall'ignoranza, dalla genuina stupidità, dalla ineluttabilità delle conseguenze.
    Film che potrebbe vincere quantità fuori luogo di riconoscimenti, ma che non mi sento di consigliare.
    Attenzione, ma davvero qualcuno si è divertito o riso? il film è di una tristezza assoluta, chi ha riso non ci ha capito NULLA.

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    1. SPOILER

      La guerra civile è di là dello stretto lembo di mare, sulla terraferma.
      Non è un caso che si sia scelto quel contesto, perchè quello che accade nell'isola di INISHERIN è manifesto di quello che accade quando 2 popoli/etnie abituati a convivere (perchè si dividono, spesso senza volerlo, lo stesso territorio) entrano in conflitto (2 amici che sono amici, forse perchè non c'è un altro con il quale condividere la "pinta" quotidiana).
      Il motivo del conflitto? non sempre è chiaro ai contendenti, soprattutto ai popoli che si combattono, ma di certo l'obiettivo da raggiungere si perde nell'orrore della guerra.
      Così al fine di raggiungere l'obiettivo, ci si fa così tanto del male, da sconfinare nel tafazziano autolesionismo.
      L'invasione porta a distruggere il territorio, le risorse le infrastrutture che si voleva conquistare, porta il proprio popolo a soffrire, a morire, rendendo vana la guerra, anzi inutile, deleteria.
      Al pari di chi si taglia le dita (non potendo più suonare), per dimostrare quanto fosse alta l'esigenza di suonare.
      E come in ogni guerra, benchè ci siano limiti invalicabili, gli innocenti (i bambini), le vittime sono anche e soprattutto questi (l'asinella, il ragazzo innamorato e debole). E non bastano gli avvertimenti, l'esperienza passata, anzi questi vengono visti come maledizioni, presagi folkoristici e fastidiosi; così ecco nel villaggio la "Banshee" del titolo originario, la strega, che è sempre presente, la quale sa già come andrà a finire, ma di fatto ha il ruolo di avvertire di mettere in guardia, senza ascolto alcuno. Non c'è qualcuno che si salva, si forse solo chi se ne va via, ma per chi resta nulla sarà come prima. Le macerie della guerra rimangono nei sopravvissuti, costretti anche a prendersi cura degli affetti di chi si è combattuto.

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    2. letta la tua rece,
      ho apprezzato un paio di collegamenti riferimenti che mi ero perso (tipo la notizia rilevata dal poliziotto alla droghiera pettogola) e la tua solita interessante rilettura dei fatti con collegamenti ad altre opere.
      Su molti aspetti ci troviamo d'accordo, ma a me il film NELLA visione non è piaciuto.
      Credo che il Cinema per essere "finito", non deve esaurirsi dopo lo spettacolo, ma nemmeno deve dare soddisfazione solo dopo i titoli di coda.

      Spesso, da "amici", vengo criticato perchè in me il film "cresce" dopo che l'ho lasciato decantare.
      Spesso, da "amici" (altri), vengo criticato perchè il (non) piacere della visione a caldo, influisce nel mio giudizio.

      ritengo che il film "perfetto" è quello che di cui si gode nel MENTRE e si apprezza del DOPO.
      "Gli Spiriti...." è eccellente nel DOPO, molto meno durante la visione

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    3. Allora, sulla tua recensione poco posso dire se non che mi trovi molto d'accordo quando parli di tematiche (tra l'altro secondo me analizzi e scrivi sempre meglio, mi piace pensare che quel tuo piombare 4 anni fa in un mondo diverso da quello che frequentavi ti abbia stimolato e migliorato), molto meno quando parli della noia tua e del giudizio a caldo sul film (io l'ho adorato sempre, anche se è vero che nel primo tempo faticava a prendere il volo)

      Secondo commento. Il parallelo con la guerra civile enunciato perfettamente. Diciamo la verità, alcune guerre un fine ce l'hanno (terribile eh, ma conquisti territori, ti liberi di invasori etc..) ma il film parla proprio di quelle guerra fratricide senza senso che sono puro autolesionismo

      in questo caso la metafora coi due amici è perfetta

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    4. "L'invasione porta a distruggere il territorio, le risorse le infrastrutture che si voleva conquistare, porta il proprio popolo a soffrire, a morire, rendendo vana la guerra, anzi inutile, deleteria.
      Al pari di chi si taglia le dita (non potendo più suonare), per dimostrare quanto fosse alta l'esigenza di suonare.
      E come in ogni guerra, benchè ci siano limiti invalicabili, gli innocenti (i bambini), le vittime sono anche e soprattutto questi (l'asinella, il ragazzo innamorato e debole). E non bastano gli avvertimenti, l'esperienza passata, anzi questi vengono visti come maledizioni, presagi folkoristici e fastidiosi; così ecco nel villaggio la "Banshee" del titolo originario, la strega, che è sempre presente, la quale sa già come andrà a finire, ma di fatto ha il ruolo di avvertire di mettere in guardia, senza ascolto alcuno. Non c'è qualcuno che si salva, si forse solo chi se ne va via, ma per chi resta nulla sarà come prima. Le macerie della guerra rimangono nei sopravvissuti, costretti anche a prendersi cura degli affetti di chi si è combattuto."

      perfetto!

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    5. E assolutamente d'accordo sulle frasi finali. Ci sono film bellissimi subito ma te ne dimentichi, altri che non ti paion belli ma poi salgono, altri ancora, e quelli sono i film che vorremmo sempre, quelli che li ami sempre ;)

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  3. Vorrei rivederlo in inglese, certe battute sono convinta fossero più riuscite in inglese. Personaggio più riuscito è il ragazzo, bravissimo attore, quasi non si prendesse sul serio. Mi ha dato l'idea di essere intelligente, il numero ritardato. Luce splendida lungo tutto il film.

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    1. Peccato non scrivere il proprio nome! ;)

      Sì, ci sta quello che dici riguardo la lingua originale.
      Riguardo il ragazzo (l'attore seguilo anche altrove, è eccezionale, prova ad esempio Il Sacrificio del Cervo Sacro) purtroppo credo sia proprio ritardato.
      Nel senso "scientifico" del termine, ha sicuramente un Q.I bassissimo. Ma questo non lo prova di avere un'intelligenza pratica ed emotiva altissima, come ad esempio hanno le persone down. In qualche modo sono più intelligenti di "noi"

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  4. Voglio dire che non mi sembrava ritardato.

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  5. Mi sono approcciato a questo film con diffidenza a causa di un trailer che lo mostrava per come non era e per certe definizioni di "divertente" che sentivo essere fuori luogo.
    È difatti tutt'altro che divertente, ma ti appassiona sapere come andrà avanti quella faccenda dell'amicizia interrotta senza motivo.
    E, preso com'ero dalle vicende dei due, non avevo notato il collegamento fra la balla raccontata alla negoziante, il ragazzo e il bastone.
    E invece c'è e pare quasi un salto avanti e indietro nel tempo.
    Comunque sono soddisfatto di averlo visto.

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    1. Non ho visto il trailer, ora mi incuriosisci ;)

      No, non è divertente ma i dialoghi di McDonagh, almeno per me, hanno sempre una sottile ironia e brillantezza che qualche volta, anche qua, mi ha fatto sorridere (una volta ridere pure)

      bene allora!

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  6. Ciao Giusè

    secondo me "quella scelta insensata e teatrale di tagliarsi le dita" non è ne insensata ne teatrale ma un rimando ad una pratica tribale in una certa area africana dove le donne si tagliano un dito per ogni perdita/lutto subito...perdere qualcuno che ami per loro è come perdere un pezzo di se stessi. Pezzo di cui si liberano per poter andare avanti.
    In questo caso è l'inverso, ma con lo stesso fine: essere disposti a perdere un pezzo di se per allontanare qualcuno che si è amato (anche gli amici si amano) quando è giunto il momento di farlo. Per liberare se stessi e l'altra persona.
    La libertà ha un prezzo e questo prezzo si chiama sacrificio

    Non so se il concetto si capisce.....ma i fatti mi cosano :D

    Mandi Mandi

    P.S. il Tuo blog è sempre fantastico!

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    1. Interessante!

      Stavo però per chiederti "però qui è completamente diverso" ma poi spieghi benissimo te come sia all'inverso

      e un certo senso ce l'ha!
      comunque quando parlo di insensato e teatrale mi riferisco a quello che sembra in superficie eh, non quello che è sembrato a me ;)

      grazie!

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