12.3.24

Recensione: "Estranei" - Cinema 2024

 

Estranei è un film meraviglioso, di sicuro una delle migliori cose potrete vedere quest'anno in sala.
Io ho avuto bisogno di due visioni, cosa che, se riuscite, consiglio a tutti.
Un film di solitudini "perfette", di vuoti incolmabili, di vite non vissute, di necessità di essere capiti e perdonati, di amori mai vissuti perchè mai conosciuti, di fantasmi, di scrittura salvifica, di mondi e dimensioni che si intersecano tra di loro.
Auguro a chiunque di voi di essere guardati almeno una volta nella vita come Andrew Scott guarda i suoi genitori, ormai perduti, e il suo amore, amore probabilmente non reale ma talmente indispensabile e bello da diventare, probabilmente, l'unica ragione di vita.


SPOILER GIGANTESCHI SIN DA SUBITO

Un ragazzo alla porta.
Vorrebbe entrare per bere o "qualsiasi altra cosa tu voglia".
La dichiarazione è palese.
L'uomo che abita in quella casa sussulta, vorrebbe con tutto il suo cuore far entrare quel ragazzo, ma non ci riesce.
Dietro ci sono 40 anni interi di "non riuscirci", e non si può cambiare una vita intera in due minuti.
E' una scena "minima", che pare solo un incipit narrativo.
In realtà quella è, ma lo spettatore non può ancora saperlo in quel momento, LA scena.
Perchè il ragazzo alla porta si lascerà morire quella sera stessa.
E perchè l'uomo che su quella porta non ha trovato il coraggio di cambiare dalla mattina seguente si inventerà una nuova vita, una vita senza più blocchi, senza più paure, una vita che finalmente può essere vissuta.
Estranei è un film meraviglioso, probabilmente la cosa più bella che potrete vedere quest'anno.
Mi sto rendendo conto che più divento grande, più il cinema diventa tecnologico, più la realtà è difficilmente distinguibile dagli effetti speciali o da quella virtuale, più ho bisogno, e più amo, questi film.
Come se mentre il mondo si disumanizza (non da vedere per forza in senso negativo, ma proprio di virtualità che sostituisce la realtà) ci sia l'assoluto bisogno di film con dentro persone e sentimenti come questo, che diventa universale, che diventa un pezzo di ognuno di noi, che è cinema del "vero".
Sì, Estranei sarà per me quello che l'anno scorso è stato Aftersun, film con il quale ha più di un commovente rimando.
Io l'ho dovuto (e voluto) vedere due volte, tanto avevo il bisogno di capire e tanto mi aveva emozionato.
E sì, credo che due visioni siano obbligatorie.
Ma Estranei ha un merito, ovvero quello per cui anche se non ne afferri l'interpretazione, anche se ti lascia dubbi, anche se non lo capisci, niente cambia.
Perchè quello che racconta, le emozioni che dà, i temi che affronta, gli insegnamenti ce lascia, restano gli stessi.
Se sia o no un film di fantasmi, se sia un film sulla scrittura salvifica, se quella scena sia reale o no niente cambia, Estranei resta grandioso lo stesso.


Ora, se avete voglia, vi porto nel mio particolare percorso, fatto di due visioni del film e decine di cose appuntate.
Diversamente da quanto faccio di solito userò molte frasi del film, sia perchè ho amato i dialoghi che ha dentro come poche altre volte sia perchè quasi ogni tematica del film può essere racchiusa in qualche frase che viene detta.

Adam è un uomo solo che vive in un mega palazzo praticamente disabitato.
E' uno scrittore in crisi e un uomo in crisi ancora più grande.
Lo vediamo davanti al pc, pagina bianca (importantissimo).
Poi ci sarà la scena descritta all'inizio, quella del rifiuto a far entrare Harry.
La mattina dopo Adam comincia a scrivere una sceneggiatura, quella pagina bianca comincia finalmente a riempirsi.
Questo è essenzialmente Estranei.
Ovvero la storia di un uomo che si ritrova completamente bloccato (lo è da sempre), incapace di amare (e mai amato prima), un uomo incapace di vivere la propria omosessualità e che allora decide di cominciare a scrivere una nuova vita, una vita finalmente vissuta, che lo possa "curare".
Sono due essenzialmente i bisogni che ha Adam.
Uno è quello di rivelare ai propri genitori di esser gay e l'altra, di conseguenza, quella di poter frequentare Harry.
E nasce così un film che sembra un film di fantasmi (e, in qualche modo, lo è) ma che è piuttosto una cosa diversa, ovvero la creazione "letteraria" (ad un certo punto Adam dirà anche ad Harry che "sto scrivendo dei miei genitori") di un mondo "parallelo" in realtà inesistente, quello che ha dentro il dialogo l'affetto con i propri genitori e quello della storia d'amore con Harry.
Ma la realtà è spietata, Adam quelle scene con i genitori non le ha mai vissute e non le sta probabilmente nemmeno vivendo in un mondo "di mezzo" (quello dei vivi e dei morti) e tutti i meravigliosi momenti con Harry stessa cosa, non sono mai avvenuti perchè il ragazzo è morto quella stessa prima sera.
Ora, la differenza tra questa mia lettura e quella dei "fantasmi" è al tempo stesso molto simile (perchè entrambe sono, in qualche modo, immaginazione di Adam) ma sostanzialmente molto diversa.
Perchè una cosa è scriverle le vicende della tua vita, crearle appositamente per te stesso, come una specie di "terapia" artistica, un'altra viverle in un'altra dimensione, dimensione trascendentale ma pur sempre "reale" (perchè se altra dimensione esiste è comunque una dimensione).
E vorrei tanto che fosse questa seconda la lettura giusta ma tutti gli elementi mi portano alla prima.
Ed Estranei diventa così un film su una solitudine gigantesca, "perfetta", devastante.
Adam probabilmente nemmeno è mai uscito da quella sua stanza nel palazzo.
Ma ha affidato alla scrittura la cura per ogni sua malattia e ferita.



Il messaggio che lancia il film è così struggente.
Ed è quello di un uomo che fu un bambino mai amato e capito sai suoi genitori, genitori morti ai suoi 12 anni.
E rimasto così tutta la vita bloccato in quel dolore, in quel mancato dialogo, in quel mancato capirsi, senza aver avuto il tempo di essere accettato, senza aver avuto il tempo di non sentirsi un estraneo.
Probabilmente fino alla sera in cui ha conosciuto Harry, Adam ha "accettato" questa sua non vita, restando nel suo guscio di dolore e di non agire, completamente inerme e incapace di reagire.
Ma quella sera è scattato qualcosa, ha sentito che è arrivato il momento di uscire da "quel groviglio che sente nel cuore".
E allora Adam crea/scrive questo mondo alternativo dove, finalmente, può parlare con sua madre e sua padre.
Un mondo dove dichiara all'istante e senza alcuna difficoltà la propria omosessualità ai suoi genitori e dove loro - perchè è appunto Adam che li fa parlare - lo capiscono subito, mostrandogli un affetto infinito, completamente all'opposto di quello che sarebbe successo nella realtà.
E Adam aveva bisogno di questo, aveva bisogno di dichiararsi ai suoi, aveva bisogno di essere accettato, per poter poi vivere l'altra vita alternativa, quella con Harry.
E aveva anche bisogno di sentirsi amato, per poter amare a sua volta.
Non è un caso che il film cominci con lui che, quando Harry suona alla porta, sta ascoltando "The pover of love" e poi finisce con lo stesso pezzo.
Come se tutto quello che abbiamo visto, alla fine, durasse il tempo di una canzone, una canzone sul disperato bisogno di amare ed essere amato.
Il pezzo accompagna quindi tutto l'arco narrativo della nuova vita di Adam, quella che lui avrebbe sempre voluto vivere.
Le due vicende, quella dei genitori e quella di Harry, andranno sempre di pari passo.
Più Adam si riavvicina ai suoi genitori più fa passi avanti con Harry.
Il primo bacio, il sesso orale, quello completo, il vivere insieme in casa, il poter uscire insieme davanti a tutti, sono in ordine crescente tutti i desideri che probabilmente Adam ha avuto per tutta la vita e che solo adesso, in questo mondo immaginario in cui i suoi lo hanno finalmente accettato, può vivere.
Era talmente gigantesco il suo blocco che potremmo anche immaginare che Adam non abbia mai avuto alcuna relazione (tanto è impacciato nel baciare, tanto è ancora "impaurito" dall'Aids, come se fosse rimasto ai suoi 12 anni).
Un uomo rimasto fermo a quei 12 anni, al bambino non accettato, bullizzato, non amato, desideroso solo di scappar via.


Non è un caso che queste immagini da "bambino" ricorrano più volte nel film, in questa specie di collasso temporale che diventa Estranei, un film che ad un certo punto mischia realtà, immaginazione (la scrittura) e forse davvero una terza dimensione, quella trascendentale dove magicamente i due mondi reali e immaginari si intersecano, perchè Adam alla fine "vive" con tale intensità quella realtà che si è creato da mischiarla davvero con la sua vita reale.
Tanto che ad un certo punto viene detto:

"Ti sembra reale?"
"Sì"
"Allora hai la risposta"

E questo è uno dei tanti dialoghi chiave del film, uno scambio che manda a puttane qualsiasi interpretazione.
Perchè se ad Adam quelle cose sembrano reali, quelle emozioni autentiche, quei perdoni concreti, quel sesso tangibile allora il resto non conta.

Tra le tante scene indimenticabili del film c'è quella del Natale.
Con Adam che, come era venuto fuori in un precedente dialogo, mette la fata in cima all'albero.
Tutto questo mentre la madre gli canta "You are always on my mind" (sarai sempre nei miei pensieri).
Poi quella foto.
Nel momento del flash vediamo la foto autentica del Natale dei suoi 12 anni.
E in quella foto Adam è un bimbo profondamente triste, che anche in quel giorno gioioso, il più bello di tutti per chi è bambino, sembra avere la morte dentro.
In questo mondo alternativo invece è, adulto, in mezzo ai suoi genitori, commosso, sorridente, felice.
La differenza tra la foto originale e questo momento ricreato adesso da Adam è devastante, è la differenza che c'è tra il sentirsi non amato, completamente estraneo nella propria famiglia (che bello il dialogo con Harry che dà titolo al film, quel sentirsi "oltre l'argine" della famiglia, sul ciglio di essa) e, al contrario, vivere nell'affetto e nella comprensione dei suoi genitori.
E questo figlio adulto - addirittura più grande per età dei suoi genitori ma nella testa ancora e soltanto il loro bambino - è qualcosa di commovente.
E gran parte del merito ce l'ha Andrew Scott, autore di una prova da pelle d'oca.
Auguro a tutti nella propria vita di essere guardati come Scott guarda ai suoi genitori ed Harry.
Uno sguardo indimenticabile colmo d'amore, di sofferenza, di bisogno, di necessità d'esser capito.
Dopo 30 anni quest'uomo rivive le emozioni che avrebbe voluto vivere da bambino coi suoi genitori, ma le vive sapendo comunque come ha passato questi, probabilmente terribili, 30 anni seguenti.
E allora quello sguardo diventa ancora più importante, ancora più colmo di significato.
Il vuoto che la scomparsa dei due genitori hanno lasciato è incolmabile e devastante.
Tanto che in un altro magistrale dialogo con la madre Adam racconta tutte le storie che negli anni si è inventato (nello stesso modo in cui adesso sta scrivendo questa nuova di storia) per "essere insieme" a loro.
Momenti di vita, locali, gite, anche litigi.
E la madre gli chiede:
"Ma poi in questa tuoi momenti immaginari facevamo pace?"
E lui:
"No, non facevamo pace. Ma eravamo insieme. Ed è l'unica cosa che conta"

Questo è quello che accade ripensando a chi non è più con noi.
Semplicemente sperare che ci sia ancora, fanculo i litigi, fanculo tutto, voglio che tu sia ancora qua.
Soltanto questo.


Più il film va avanti più Adam ha, però, dei momenti di vuoto e terrore.
Perchè ogni tanto la sua mente cosciente, pur cercando di vivere ogni cosa come reale, si rende conto che di reale non c'è nulla.
E Adam piomba in quello stato di "vuoto e terrore" con cui ha vissuto tutta la vita, stato per certi versi addirittura acuito adesso che, invece, sta "vivendo" tante cose belle.
Più volte le diverse realtà/dimensioni/mondi collassano, mandando nella disperazione Adam (che in questi momenti ci viene mostrato spesso come bambino, perchè, alla fine, il suo mondo reale è fermo a quel tempo).
Ma Adam resiste e, adesso, riesce ormai del tutto a sostituire la realtà (quella del viver solo, senza più genitori e con l'unica persona che poteva amare morta da giorni nella proprio appartamento) con questa alternativa.
Una realtà di personaggi veri e letterari, autentici e costruiti, reali e fantasmi.
In un palazzo silenzioso e senza inquilini che sembra di per sè già un luogo trascendentale, un limbo, un inferno.
(tra l'altro il film è pieno di treni e specchi, entrambi simboli di passaggio tra due mondi. E non è neppure escluso che sia lo stesso Adam ad essere morto, anzi, alla prima visione avevo questa impressione. Ci sarebbe da dire molto anche su questo ma la recensione diventerebbe troppo lunga....)
E come un inferno lo viveva soprattutto così Harry, un ragazzo, se possibile, ancora più solo di Adam.
Lui quel silenzio lo odiava, gli faceva paura.
La sua incredibile solitudine unita al luogo in cui la viveva lo avevano mandato in una depressione cosmica, gigantesca, depressione che quella sera, presentandosi a casa di Adam, aveva cercato per l'ultima volta di sconfiggere.
E diventa per me incredibile che questo personaggio lo interpreti il Mescal di Aftersun, film che ho amato come pochi altri.
E' lo stesso personaggio, ormai irrimediabilmente depresso e pronto ad un estremo gesto.
E quel corpo che vediamo alla fine è il corpo che non avevamo mai visto in Aftersun, come se i due film, in uno stesso personaggio, collassassero tra di loro.

(E non dimentichiamo di Jamie Bell che interpreta il padre di Adam, un padre che all'epoca odiava i gay e non avrebbe mai accettato la sessualità di suo figlio.
E Jamie Bell chi interpretò da bambino?
Billy Elliot, il film simbolo sull'omosessualità infantile non accettata.
E Billy Elliot (e quindi lo stesso Jamie Bell) avevano 12 anni nel film, l'età di Adam quando i suoi morirono.
Il rimando è pazzesco.)

E' davvero bellissimo come nel finale Harry trovi che lo stesso silenzio che aveva sempre odiato e che l'aveva "aiutato" ad arrivare alla morte (quel luogo lo ha definitivamente distrutto) adesso simboleggi invece pace, serenità.
Perchè è lui che, ahimè, adesso è finalmente sereno, senza più dolori e sofferenze.
E in qualche modo in questo emozionantissimo finale ci sono due persone, una probabilmente ancora viva e una sicuramente già morta, che si ritrovano "per sempre insieme" in questo mondo di mezzo, che sia un mondo scritto da Adam, inventato da Adam nella sua testa o realmente esistente in due dimensioni collassate poco importa.
Perchè, e anche Adam lo dice ad Harry, "sei qui", questa è l'unica cosa che conta.
Ed è il fil rouge dell'intero film, ovvero quello per cui quello che viene vissuto prescinde dalle condizioni nelle quali viene vissuto.
Ma Adam per vivere questo amore eterno con Harry, questo amore così assoluto ed universale da trasformarsi in una stella (brividi) aveva prima bisogno di "togliere" dalla "sceneggiatura" o dal quel mondo di mezzo i suoi genitori.
Perchè adesso si sono finalmente capiti e perdonati, quel "tempo immaginario vissuto insieme" (mi viene in mente un pezzo capolavoro di Umberto Maria Giardini, non a caso dedicato alla madre morta, che dice esattamente "Ora inventa un tempo in cui ci siamo io e te", praticamente una frase che riassume tutto Estranei) ha raggiunto il suo scopo, il bambino-adulto Adam è adesso libero, senza più grovigli, senza più blocchi, senza più lacci, anzi, con la sua stessa famiglia che gli dice di vivere l'amore con Harry (e nella mia lettura di "storia scritta per sè" questa cosa diventa ancora più struggente, Adam si deve immaginare questo finale atto d'amore dei suoi genitori per potere andare avanti).


Questo dialogo alla tavola calda è da brividi in più occasioni, come ad esempio quando il padre dice "Adam è più grande di noi, lui deve insegnarci cose", quando loro gli dicono di esser fieri di lui, quando Adam (quegli occhi di Andrew Scott, quegli occhi...) li guarda commossi mentre loro si dichiarano amore.
Perchè anche questo è probabilmente mancato all'Adam bambino, vedere i suoi innamorati, tra loro intendo.
E adesso in questo "tempo inventato" ogni ferita viene rimarginata, ogni realtà piegata allo struggente bisogno di felicità di Adam.

"Non è durato abbastanza"
"Lo so, ma sarà mai abbastanza?" 

Si dicono padre e figlio.
Questo tempo insieme è finito, è stato bellissimo, salvifico, probabilmente finto ma più reale del reale (l'intero film, se volete, può essere visto come guarigione psicologica di Adam, e le guarigioni psicologiche hanno effetti reali a prescindere dal metodo usato).
Adesso resta un Adam probabilmente ai confini della lucidità, che al tempo stesso sa della morte del fidanzato ma proverà disperatamente a vivere il loro amore.
E noi non siamo nessuno per dirgli che quello non è reale, perchè magari lo è più di alcune nostre vite che sono reali sì, ma non autentiche.

Ma io ho bisogno di tornare al dialogo col padre, forse perchè non ho potuto non pensare al mio di padre,
E' un dialogo bellissimo:

"Perchè non venivi da me?"
"E tu perchè non parlavi con me?"
"Prima rispondi tu"
"Non lo so, forse perchè anche io ti avrei preso in giro come gli altri bulli"
"Sì, lo so, ed è per questo che non parlavo con te"

Dialogo che finisce con la richiesta più grande, difficile, salvifica e importante che due esseri umani a volte possano dirsi.

Richiesta che, in realtà, a scriverla sembra la più semplice:

"Posso abbracciarti?"

Forse non solo questo film, ma intere nostre vite in cui sentiamo di avere un vuoto troppo forte e ormai incolmabile possono essere sintetizzate in questa frase:

"Posso abbracciarti?"

"Posso abbracciarti babbo?"

18 commenti:

  1. Grande Giusè.
    Bellissima lettura. Io non la condivido al 100% (resto più vicino ai fantasmi, a quella specie di universo parallelo se non reale, quantomeno tangibile), ma hai pienamente ragione quando dici che nell’economia del film non cambia una mazza.
    Credo che “universale” sia la parola più importante della recensione. Ho trovato l’approccio del film magnifico proprio per questo. La sua abilità nel riuscire a toccare ricordi, dolori e rimpianti in grado di trascendere con enorme facilità il contesto del film. Credo che nessuno sia immune dal riconoscersi in almeno un paio di scene (‘tacci a Haigh per tutta la sequenza del Natale e che pezzo di Cristo Alway On My Mind). Se così non fosse, beato lui! Personalmente l’ho trovato un film splendido anche per la quantità di argomenti che riesce a toccare. Senza mai esagerare, a volte soltanto accennandoli. Amore, solitudine, depressione, alienazione, il non sentirsi mai all’altezza e senza un posto nel mondo, il rapporto con i propri genitori. Uno potrebbe dire: facile però così, non si approfondisce niente. Credo stia proprio lì la forza del film, cioè di risultare credibile e profondo anche quando certe situazioni sono soltanto accennate, fornendo una base solidissima per arrivare alle proprie conclusioni e letture. Anche la sottile vena “politica” l’ho trovata davvero interessante. Quando Andrew Scott parla con la madre e finiscono con il realizzare che l’essere gay porta inevitabilmente a delle esclusioni, se non addirittura a discriminazioni e solitudine. Anche qui, si parla di omosessualità ma si può facilmente estendere il discorso a non so quante altre situazioni anche non prettamente “personali”. Brillante il parallelo tra il passato e questo presente dove, ahimè, molto spesso le cose non sono poi così diverse come ci piace credere.
    L’ho trovato anch’io un film magnifico e mi sento anche di rispedire al mittente le accuse che lo vogliono a tratti melenso o paraculo. Anzi, dialoghi e interazioni tra i personaggi per me sono incredibilmente veritieri e coerenti. Andrew Scott davvero bellissimo e bravissimo. Vorrei chiedergli lumi sulla mia, a questo punto presunta, eterosessualità.

    P.S.: Cazzo, il padre era Billy Elliot. Passato tutto il film a chiedermi “dove l'ho visto questo?”.
    Abbraccione.

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    1. Sì sì, alla fine quello che il film ti racconta resta lo stesso al di là delle interpretazioni. La faccenda fantasmi o no però cambia molto quel preciso aspetto, davvero le "anime" dei genitori sono migliori di quando erano in vita e "pentite" o è lui ad averle generate?

      Esatto Marco, il film parla di tantissime cose riuscendo ad avere un'armonia eccezionale, trattandole tutte, non sbandierandola nessuna ma, al contempo, non depotenziandone alcuna.
      Penso proprio che questa armonia (anche nella faccenda sogno, realtà, immaginazione) sia miracolosa, non c'è mai la sensazione di uno squilibrio narrativo e nemmeno tematico

      Davvero bellissimo quel dialogo che mette in confronto il mondo degli anni 80 (più discriminatorio e con la paura dell'Aids) con quello di adesso (più aperto e senza paura di morire).
      Eppure Adam è solo lo stesso. Ma non perchè ha paura del mondo, ma di sè stesso, dei suoi fantasmi e dei suoi blocchi.
      Di non aver superato la paura di dirlo ai genitori a 12 anni.

      Boh, riguardo il retorico non so, anche io non capisco.
      Che poi, ripeto, quando lo è lo è perchè quelle sono le cose che Adam vuole sentirsi dire, in quella maniera.
      Quella parole non sono retoriche ma le sole di cui si ha bisogno per andare avanti

      scusa per il ritardo!

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  2. Ho letto solo la prima parte. Avevo deciso di non vederlo , forse perché inconsapevolmente prevenuto. Ma ho cambiato idea sentendo il tuo entusiasmo. Lo vedrò.

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  3. Non mi ero firmato
    Giovanni Perano

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  4. In senso positivo, con la tua recensione mi hai massacrato tanto che ora mi sento di non potere sfuggire a questo film, a questa storia. E a proposito di rimandi, associazioni, nel corso della lettura mi è tornata in mente una serie tv The Terror ,la seconda stagione, dal titolo "The Terror Infamy"ambientata nel periodo 41-44 e la deportazione dei cittadini statunitensi di origine nipponica, per scoprire in seguito che di quest' opera da te recensita c'è una versione giapponese. Prima di guardarlo mi concederò un ripasso della tradizione sui fantasmi di quella terra e di quel popolo. Recensione davvero sentita. Non hai paura di affrontare i fantasmi. U

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    1. Da "vecchio" lettore sapevi che leggendo ti saresti spoilerato TUTTO. Ma hai letto ugualmente, quindi non mi sento in colpa, ahah, sarà un tuo metodo.

      Oddio, come penso sai non mi informo di niente ma mi è arrivato alle orecchie che sì, dallo stesso libro fu tratta una versione giapponese. Ora mi informo.
      Però non ho capito il collegamento con The Terror!

      grazie amico

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  5. U non so da dove sia uscito. Un abbraccio. Paolo.

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  6. hai ragione, se ci sono film che necessitano la doppia visione, questo è uno di quelli, la prima volta per farsi raccontare tutta la storia, la seconda per vederlo sapendo cosa c'è dietro e pesare meglio tutte le parole.

    https://markx7.blogspot.com/2024/03/estranei-andrew-haigh.html

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    1. Anche te hai optato per la soluzione più "pesante"

      Purtroppo credo anche io sia così

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  7. Sono a dir poco innamorato di questo blog ormai da qualche anno e sono felice di aver trovato una recensione anche a questo film che sono corso qui a cercare appena finito. Ti prego non smettere mai! Non ho mai lasciato un commento ma sei la ragione per cui mi sono appassionato in questo modo ai film, ne ho visti davvero molti grazie alle tue recensioni / consigli / commenti, e nonostante questo non rientri nel mio genere (principalmente horror e thriller, specialmente i famosi loop temporali) secondo me merita. Ps: anche io voglio credere alla versione dei fantasmi!
    - Stefano

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    1. Grazie infinite Stefano per le tue parole.
      E' sempre bellissimo quando uno trova la forza del "primo commento"

      Sì, l'interpretazione del "mondo di mezzo" è sicuramente più consolante. Metti solo per il fatto che tutte le bellissime parole che gli dicono i genitori gliele dicono appunto i genitori, anche se morti. Purtroppo ho la sensazione però, come ho scritto, che questo film racconti realtà alternative create dal protagonista per sopravvivere e "salvarsi", ma tutte solo nella sua testa e/o scrittura

      l'importante, quello insegna il film, è che tutto quello che vive lo percepisca come reale

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  8. recensione devastante che mi ha colpito e affondato. è così bella che mi ha fatto piangere al pari del film.

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  9. Adoro quando ti innamori di un film. Quando un'opera ti emoziona e ti fa vibrare qualcosa dentro, a cui magari non sai dare subito un nome, e poi lo tiri fuori, lo elabori, in riflessioni come questa.

    Il film è emotivamente potente, mi ha coinvolto a tutti i livelli. Il racconto di una solitudine, di un amore, di un senso di colpa, di un silenzio, di una strenua resistenza agli assalti della vita, mostro dai denti aguzzi. Quel dialogo sulla porta all'inizio, con quel finale che è morte e genesi insieme, mi hanno fatto battere il cuore. E poi, in mezzo, ma anche intorno e ovunque, tentativi su tentativi di ingannare il mondo, gli altri e sé stessi. Per non precipitare nel baratro del senso di colpa, di inadeguatezza, di impostura (ancoraggi a un passato alternativo, a un presente che non so capire, a un futuro che può essere solo immaginato); per non cedere alla corte dei fantasmi (con qualunque volto riesco a partorirli).

    Mi piace pensare che quell'incontro sulla soglia, in una inaspettata notte di un inverno metafisico, sia stato una scintilla che ha innescato in lui, ormai condannatosi all'oblio, un processo di elaborazione del lutto, un meccanismo di disinnesco della colpa, qualcosa che gli ha permesso di domare il vuoto, e trasformare il buio di una vita nella luce di una stella.

    Questo abbraccio così intimo, potente, viscerale, resterà a lungo nel mio cuore.

    Condivido alcune mie divagazioni al riguardo:
    https://www.filmamo.it/robertoflauto/recensione/all-of-us-strangers


    Un abbraccio :)

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  10. Ciao Caden
    Questa volta l'ho letta prima di fare i miei micro commenti, grazie per la tua recensione davvero un dono prezioso.

    Tanto emozionante stò film ed il dolore che lascia, ricorda quello di quando sogni una persona cara che non c'è più e ti risvegli con il cuore colmo ma con un senso di vuoto.
    Non riesco a dire di più, hai già detto benissimo tu, ma devo aggiungere la scena stupenda del abbraccio che come per la foto, inizia con lui adulto ma poi si vede la schiena del padre stretta da lui bambino. Bellissima.

    La parte reale è solo quella iniziale dove vive apatico, come un fantasma per il resto del mondo, non ha più nessuno e si lascia vivere lontano da tutto, come la vista delle sue finestre dove c'è Londra ai suoi piedi ma è lì fuori, lontana.

    "sò come ci vuole niente per trascurarsi" dice Harry

    Dopo l'incontro, un evento che rompe la suo routine, parte l'altra dimensione e quì il film proprio si contrappone all'inerzia iniziale, le riprese ci avvicinano ai soggetti, diventa tutto molto fisico, abbracci e sguardi di affetto che sono puro balsamo per certe profonde ferite.
    Lui se la racconta, corregge il destino creando dialoghi immaginari, colma le lacune affettive per liberare quel groviglio di paure che lo tiene legato al passato e forse finalmente vivere.

    Da un'altra canzone sempre italiana degli Afterhours
    "ma non c'è niente che sia per sempre
    perciò se è da un po' che stai così male".
    Le cose finiscono anche quelle dolorose.
    France Basil

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    1. Ops
      La frase giusta di Harry.
      Sò quanto può essere facile smettere di prendersi cura di se stessi.
      France basil

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    2. Ecco, brava, ho parlato di scrittura (di noi vediamo le immagini), di immaginazione o di altra dimensione ma in effetti anche l'ipotesi sogno non è da scartare.
      Siamo sempre nel mondo del non reale in cui riportiamo il nostro reale, comunque la giriamo

      ma cavolo, l'ho vista due volte quella scena stupenda e non ricordo che si vede da bambino? assurdo, o l'ho rimosso o boh

      rivedo terza volta, ahah

      Sì, esatto, diciamo che l'unica parte reale che sappiamo per certo è quella. Magari ce ne sono anche altre ma l'unica di cui abbiamo certezza è quella

      "Lui se la racconta, corregge il destino creando dialoghi immaginari, colma le lacune affettive per liberare quel groviglio di paure che lo tiene legato al passato e forse finalmente vivere."

      perfetto

      vabbeh, hai citato il brano più bello contro la depressione di sempre, ho poco da dire ;)

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao