Torna la rubrica dei film disancorati e sospesi dalla realtà di Romina (qui i precedenti). Non ho letto la rece perchè questo voglio davvero vederlo ma facendomi raccontare la trama da lei pare davvero un bellissimo film, un mix tra Picnic ad Hanging Rock e l'Angelo Sterminatore di Bunuel (ma sono cose che dico senza saper nulla, non vogliatemene).
(Scusate se
ho abusato della parola "donna" in questa rece ma della protagonista
non sappiamo il nome, sappiamo solo che ha un volto talmente espressivo che
pare parlarci con gli occhi. Che poi sono molto felice che per una volta la protagonista di un film che ho amato sia una donna visto che, di solito, mi identifico sempre coi personaggi maschili.)
Una
decapottabile rossa si sta dirigendo verso una baita in montagna. All'interno
c'è una coppia di mezza età, un cane e una donna dal volto malinconico, primo
piano sulla sua espressione insofferente, lo sguardo nervoso contro il paradiso
naturale che le scorre intorno. Musica vagamente anni 60 nell'autoradio. I tre
amici sono arrivati sulle montagne per una battuta di caccia. Quando arriva la
sera, marito e moglie scendono al villaggio per bere qualcosa in un pub,
lasciando la donna nel rifugio in compagnia solo del suo cane. La mattina dopo,
la donna si risveglia e scopre dai letti non sfatti che gli amici non sono
ancora tornati, decide quindi di andarli a cercare al villaggio, ma dopo pochi
metri a piedi con Lince, il cane, è costretta a bloccarsi perchè scopre davanti
a sè una barriera invisibile, come un muro di vetro che le impedisce di
proseguire. Inutile dirvi che quando arrivo a questa scena già comincio ad
esaltarmi, già mi piace parecchio e immagino che continuerà a piacermi.
Ma
continuiamo l'accenno di trama. Alla
donna non rimane che tornare indietro, torna alla baita cercando di capire il
da farsi. Altri passaggi, deve cercare altre uscite, ma disperata capisce che
non ce ne sono. La barriera è tutta intorno a sè, invisibile ma invalicabile,
cammina con le mani avanti per evitare lo schianto, non può ancora sapere quali
sono i confini. Non mi è ancora chiaro se il mondo fuori sia bloccato,
cristallizzato, in una scena la donna osserva col binocolo un cottage con una
coppia di anziani fermi immobili nel giardino come statuine di presepe. O è il
mondo esterno ad essersi fermato o è il suo microcosmo che non esiste o è
totalmente invisibile. In ogni caso adesso quel microcosmo è tutta la sua vita.
La donna fa presto a dimenticarsi nostalgie e vite precedenti perchè adesso c'è
il qui e ora, adesso c'è solo un presente e un futuro incerto e lei deve
sopravvivere in qualche modo. E' bellissimo vedere come la mente umana si
adatti, appunto seguendo l'istinto di sopravvivenza, anche alle situazioni più
assurde e difficili. Che fine ha fatto l'umanità al di fuori di quell'universo?
E fino a quando anche lei, in quel contesto resterà umana? Non ci è dato
saperlo. Questo film merita perchè funziona anche come una ricerca, un'indagine
sull'uomo e sul suo rapporto con la natura. Durante il film mi sono spesso
chiesta che cosa avrei fatto io, al posto di quella donna. E un profondo senso
di angoscia mi ha sovrastata, perchè ho pensato subito al dover uccidere
animali per mangiare, ad esempio. Ma la nostra protagonista non solo è
costretta a uccidere di tanto in tanto qualche cervo, ma impara anche a
coltivare e a mungere una mucca che si è presentata per caso vicino al suo
rifugio. Momenti di nulla e solitudine alternati a duro lavoro, quindi,
riscoprendo a poco a poco il senso dell'esistenza, universalmente parlando.
Non c'è
nessun altro essere vivente con cui parlare in quel mondo, e allora scrive,
scrive finchè non finisce la carta, scrive un lungo diario in cui annota tutto
ciò che le succede e che pensa, scrive alla natura e la natura attraverso
svariati segni risponde.
L'essere
umano comincia a fondersi con l'ambiente circostante ma non si trasforma mai in
puro istinto; l'essere umano si aggroviglia ai rami degli alberi, si riscalda
al sole e i suoi passi sono scanditi dal ritmo del canto degli uccelli e dal
sibilo del vento. Tutto questo ha un sapore molto antico, sa di preistoria.
Sola e isolata dalla società, senza più sovrastutture sociali, questa donna
dovrebbe dunque trasformarsi in bestia? Potrebbe, ma non è così, ed è proprio
questo il bello, ella conserva una profonda umanità, ciò che si agita in essa
non è solo bestialità primordiale ma poesia. La protagonista infatti, per non
sprofondare in un abisso senza fine, finisce col considerare questo eremitaggio
forzato come una specie di esperienza iniziatica, un viaggio, una tappa
importante per la sua crescita interiore, in questo viaggio ella non sembra mai
sola, sembra sempre seguita da personaggi invisibili, forse siamo noi i suoi
compagni, lei ci parla, attraverso una voce fuori campo lei ci parla. Qual'è la
realtà?
Oggi, un
mio amico mi ha detto che ama ascoltare. Non c'è cosa di più ''reale'' che
l'ascoltare. E' reale perchè ci mette in comunicazione col mondo esterno e
anche con quello interno. Il silenzio è un concetto strano e per me è pieno di
cose e parole e suoni, probabilmente non esiste un silenzio perfetto, ma mi
piacerebbe pensare che il silenzio inizia nel momento in cui ci mettiamo ad
ascoltare. Ecco perchè in questo film c'è tanto silenzio e tanto ascolto.
Quando ascoltiamo, registriamo avvenimenti ed esperienze e sensazioni al di
fuori di noi, le immagazziniamo come prudenti formichine per poi poter usare
tutto quel sapere accatastato nel momento del bisogno. La donna ascolta i ritmi
della natura che si ripetono e da essi trae movimento, nuove luce, un continuo
divenire.
Una delle
scene che mi hanno più colpito del film è sicuramente quella di un corvo, la
nostra eremita osserva i comportamenti di un corvo bianco in mezzo a uno stormo
di corvi neri, i suoi fratelli lo emarginano perchè diverso, non lo capiscono e
ne hanno paura e lo condannano a un destino di solitudine. E' proprio con
un'immagine monocromatica bianca che il film termina, un finale migliore non me
lo sarei mai aspettato, aperto a infinite possibilità e riflessioni. Questo
film mi ha entusiasmato non poco, mi ha ricordato per atmosfere e tema Pic nic
ad Hanging Rock di Peter Weir. The wall è scritto e diretto da Julian Polsler,
ed è tratto da un libro, ''La parete'' di Marlen Haushofer, non sono una gran
lettrice ma questo libro lo recupererò quanto prima.
Nient'altro
da dire, godetevelo!
il film è molto bello, il libro ancora di più
RispondiEliminahttp://markx7.blogspot.it/2014/05/die-wand-wall-julian-polsler.html
http://stanlec.blogspot.it/2014/02/la-parete-marlen-haushofer.html
Appena ultimato il libro ..,davvero originale la trama e il freddo sviluppo .. non penso guarderò il film , voglio rimanere con l’atmosfera personale che si è creata nella mia mente
EliminaMagari Ismaele si accorge della risposta, Romina (la ragazza che scriveva sta rubrica) impossibile, ahah
EliminaCiao Ismaele! Il libro già ordinato da amazon non vedo l'ora di leggerlo!
RispondiEliminaIo non ho letto il libro, ma posso dire che la recensione di Romina è molto, ma molto più bella del film ;)
RispondiEliminaComunque, anche se personalmente ho riscontrato una certa stanchezza nella parte centrale, resta un gran film. Hai delineato benissimo lo stato d'adattamento della protagonista all'improvvisa e assurda situazione nonchè, con la Natura circostante. È di certo l'aspetto più interessante, oltre alla genialata del muro invisibile, ovviamente... Ottimo pezzo, complimenti !
Maestro...grazie!! hai ragione sul fatto che poteva benissimo durare meno, diciamo anche la metà, e avrebbe sprigionato la stessa magia, anzi, ci avrebbe stimolato a ''completarlo'' con la mente. Non so se per via dei paesaggi meravigliosi, della poesia del muro come gabbia/limite, ma non riesco a togliermelo dalla mente da giorni! forse ci potrei riuscire con la versione di Wuthering Heights che ho trovato da te, ho assolutamente voglia di vederlo :D grazie ancora!!
EliminaEcco, mi hai portato a esempio perfetto un film che mi ha entusiasmato molto: credo che in questo caso "Wuthering Heights" sia un'ottimo curativo :D
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