L'opera prima dei registi di Sicilian Ghost Story è un grande film.
La storia di un sicario di mafia sfuggito ad un agguato e del suo desiderio di vendetta che lo porterà a conoscere Rita, giovanissima ragazza cieca sorella del mandante dello stesso agguato.
Ne nascerà un film di silenzi, miracoli, sangue e catarsi.
Con una nuova dea della recitazione italiana, Sara Serraiocco, una cura nella scrittura maniacale e un notevole comparto tecnico, specie nell'uso straordinario del sonoro.
La conferma di due autori/registi di cui andare fieri
PRESENTI SPOILER
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Sul regista (che poi in realtà son due eh, c'è anche Fabio Grassadonia).
Ho avuto l'onore di conoscere Antonio Piazza e l'onore ancora più grande di presentare ad un festival il suo secondo film, lo splendido Sicilian Ghost Story.
Ricordo un bel pomeriggio con lui e una bella serata.
Persona umilissima, una di quelle a cui si arrossano ancora le gote.
Mi bacchettò di non avere ancora visto la sua opera prima, Salvo.
Rimedio dopo quasi un anno.
Su di lei.
Sempre in quel pomeriggio ricordo che Piazza mi nominò la Serraiocco.
Io con baldanza gli dissi che la conoscevo già, che l'avevo vista al suo debutto cinematografico, nel (bel) film Cloro.
Lui mi bacchettò per la seconda volta dicendomi che no, che la Serraiocco aveva debuttato al cinema con lui, proprio con Salvo.
Ovviamente aveva ragione lui.
E niente, figuraccia.
E me la ritrovo qua che sale le scale, che entra in camera a prendere i panni, e percepisce che c'è qualcuno dietro di lei, e inizia quasi a tremare, e prova a far finta di niente, e comincia a cantare i Modà sia per esorcizzare la paura che per dire a chi sta dietro di lei "Ti prego, vai via, sono una povera ragazza cieca, nient'altro", e continua ad aggirarsi tra le stanze, e la macchina da presa la segue, in piano sequenza, in una scena magistrale per emozione, recitazione e perizia tecnica, 2,3 stanze, una rampa di scale e un uso dei movimenti e degli spazi magistrale, e la vediamo in primissimo piano, con quegli occhi strabici che ogni tanto strabuzzano, e pensiamo che questa è una giovane attrice favolosa che ha il fuoco dentro, lei e questo viso scavato che mi ricorda la Swank.
La sequenza finisce poi, nel peggiore dei modi, con la seconda scena di sangue in un film che di due cose parla, di sangue e catarsi.
Sul film.
Un'opera prima bella, bellissima, probabilmente meno emozionante del successivo Sicilian Ghost Story, eppure più potente, "più perfetta", più interessante.
Piazza e Grassadonia raccontano ancora una volta (anche se, ovviamente, il mio ordine cronologico è inverso a quello reale) la loro terra, la Sicilia.
E ancora una volta decidono di non prescindere dalla materia criminale di cui quella regione è tristemente enfia ma lo fanno sempre a modo loro, inserendo in quelle terribili vicende quello che a questo punto potrebbe essere il loro marchio, ovvero un qualcosa di indefinibile, a metà tra la magia e il super potere umano.
Come la ragazzina di Sicilian Ghost Story, infatti, riusciva attraverso il sentimento a "vedere" oltre la semplice realtà, anche qua avviene un altro tipo di miracolo, se possibile ancora più potente e metaforico.
Ma ne parleremo poi.
Salvo è un killer, ha due occhi di ghiaccio (splendide le inquadrature degli sguardi in questo senso, roba che ho visto fare a questo livello in Amer) e un'anima ancora più fredda.
Sfugge ad un agguato di mafia.
Anzi, non solo sfugge ma uccide tutti quelli che avrebbero dovuto uccidere lui.
Scopre chi è stato il mandante, va a casa sua ma trova dentro solo la sorellina cieca, una ragazza tenerissima che vive nelle tenebre ed ascolta i Modà.
Riuscirà ad uccidere il fratello ma deciderà di risparmiare lei, portandola in una specie di cascinale-fabbrica abbandonato.
Prima, però, era successo qualcosa, un qualcosa di razionalmente non spiegabile...
Come dicevo prima raccontando la splendida sequenza di lei che si aggira per casa questo film a livello tecnico è qualcosa di veramente grande.
In realtà i virtuosismi, quando ci sono, sono ben nascosti, ma un occhio attento non può non notare quanta cura sia messa in ogni dettaglio.
L'aspetto che ho trovato più grandioso è uno che di solito nel cinema non viene mai nominato, ovvero quello del sonoro.
In Salvo c'è un uso dei rumori formidabile e, quasi sempre, creato per dar "fastidio" allo spettatore, anche se questo consciamente non se ne rende conto (penso a Ubriaco d'amore di P.T.Anderson in questo senso).
Il rumore del condizionatore, quel cane che abbaia per almeno un quarto d'ora prima di venire liberato, il clangore metallico di quella strana struttura che sta davanti al cascinale, sono tanti i rumori che il film ti mette sottotraccia, in maniera insistente, reiterata.
Ma è un film di piccolissimi dettagli, uno di quelle opere scritte con passione e anima.
Vedere ad esempio il perenne filo di sudore che hanno i protagonisti (il film è ambientato in giorni afosissimi) o alcune piccole perle di sceneggiatura che dimostrano che se uno un film lo scrive con attenzione anche le piccole cose fanno la differenza.
Penso ad esempio al contrasto tra la fluidità con la quale lei si muoveva dentro casa sua (che conosceva benissimo) e invece quel toccare ogni cm della sua nuova "cella", penso alla foto da bambina, elemento perfetto per farci capire (e, attenzione, la cosa è importante in vista di quello che succede) che lei fosse cieca dalla nascita, penso a quell'omicidio-esecuzione nell'incipit in cui Salvo appoggia il palmo della sua mano nella faccia della vittima prima di sparargli. Alla luce di quello che vedremo dopo anche questa è una notevole accortezza di script.
O, ancora, lui che rifiuta costantemente il cibo e solo in due casi, in una scena con Lo Cascio (a proposito, notevole questa sua piccola particina) e in una con Rita, decide di mangiare, e in entrambi i casi quel mangiare è quasi un dire "stiamo insieme, ora mi fido di voi e voi fidatevi di me".
Come detto per i rumori anche questo piccolo ruolo che ha il cibo dimostra come Salvo sia un film solo apparentemente basico quanto in realtà uno spartito di scrittura calibratissimo.
Vero, a volte ho avvertito un'assenza di ritmo e c'è almeno un personaggio, quello della donna della pensione, secondo me un pochino sopra le righe e non necessario.
E nel finale lui che esce per andare a morire, sentire tutti quegli spari e poi vederlo vivo con gli altri tutti morti è un'assurdità talmente grande che, paradossalmente, nemmeno lo è, nel senso che ci vuole venire raccontato l'ennesimo miracolo del film, l'ennesimo simbolismo, l'ennesima scena dove è inutile cercare una spiegazione razionale.
E anche il finale ha bisogno di un simile approccio, altrimenti che non si provi a salvare la vita di un giovane uomo che poteva essere tranquillamente salvato ha poco senso.
Come detto sopra la Serraiocco è straordinaria ma lui, Saleh Bakri, gli tiene testa, attore palestinese trovatosi a interpretare un killer siciliano.
Ottimo anche il bossanziano, protagonista di una sequenza memorabile, l'incontro in mezzo alla polvere.
Sono tutte recitazioni sotto le righe, sussurrate, in un film in cui i silenzi la fanno da padrone e quando si parla si ha sempre qualcosa da dire.
O.k, ho scritto tanto ma, faticando molto, ho sempre cercato di evitare di parlare de La Scena, quella che rende questo film qualcosa di più di un semplice mafia movie.
Salvo appoggia il palmo della sua mano sulla faccia di Rita. L'abbiamo già visto prima, è il gesto che fa prima di sparare in testa.
Il killer, però, stavolta si ferma.
Alla ragazza è successo qualcosa di strano.
Un miracolo.
La luce filtra tra le tenebre, Rita inizia a vedere dei contorni e delle ombre (ottimo il lavoro fotografico che fanno Piazza-Grassadonia con luci e sfocature in questo senso).
Sarà un processo molto lungo, faticoso e doloroso (la ragazza "rifiuterà" la luce per gran parte del film) ma quello che era impossibile è avvenuto, Rita ci vede.
Non c'è niente di razionale, non solo quello che è successo è largamente improbabile ma addirittura impossibile.
Eppure è accaduto.
Lo spettatore più il film andrà avanti più, forse, dimenticherà questa scena.
Ma Salvo è tutto qui, in questo gesto di morte (la mano sul viso prima di ucciderla) che diventa invece gesto di vita, di guarigione.
Ed è qui che i due registi mettono dentro sè stessi, è qui che, come avvenne in Sicilian Ghost Story, manifestano la loro umanità, la loro voglia che tutto sia diverso, la loro speranza.
In questo miracolo c'è la voglia di dire che tutto può essere diverso, che non per forza le cose devono andare come vanno.
E' una scena potentissima, e un'idea geniale.
E ne nasce un film che da lì procede in parallelo e racconta di due catarsi, due purificazioni.
Più Rita acuisce la vista più Salvo pulisce la propria anima, più la prima scopre il mondo più il secondo scopre sè stesso.
Sono due percorsi di luce, una fisica e l'altra metaforica.
E non è un caso che Salvo abbia quelle ferite alle mani che tanto alle stimmate somigliano.
Forse non c'è niente di religioso sotto ma la metafora è grande lo stesso, quello che gli è successo dovrebbe essere esempio per una salvezza collettiva, di tutti.
Ma, come nell'altro film, i due registi ci dicono che puoi mettere tutta la magia che vuoi nelle cose, puoi raccontare di ragazzine che hanno visioni da innamorate o sicari che tolgono cecità, ma alla fine la realtà nuda e cruda è sempre la stessa.
E anche stavolta avremo una morte.
Lì, seduti, mano nella mano, davanti all'immensità mare
8
gran film, da non perdere
RispondiEliminahttps://markx7.blogspot.com/2013/07/salvo-fabio-grassadonia-e-antonio-piazza.html
beh, qui ero sicuro fossi già passato, ero io in immenso ritardo...
Eliminaah! sapevo di quel corto ma non conoscevo la storia! molto bella come cosa. E sì, sembra proprio un prequel da come lo descrivi...
ecco "Rita":
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=D9C2LU_UdDQ
salvato nella mia cartellina dei corti ;)
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