Una vita fa sono stato barelliere.
E' successo durante il Servizio Civile.
Prima 4 o 5 mesi nella neve di Gualdo Tadino a lavorare in una casa di riposo (proprio davanti la Rocca che vedete nell'etichetta dell'acqua Rocchetta), poi circa 5,6 mesi a fare il barelliere alla Misericordia di Castiglion del Lago.
La storia che voglio raccontarvi è molto bella ed emozionante ma già che sono sull'argomento prima ve ne dico una che a voi, forse, farà ridere ma che io ricordo come uno dei momenti di maggior disagio e umiliazione della mia vita.
Andiamo a prendere un anziano all'ospedale. Lo riportiamo a casa con l'autoambulanza.
Quando arriviamo a casa sua, aperta campagna, ci troviamo davanti uno spettacolo incredibile.
Tipo 20,25 persone messe su due lati, come tifosi del Giro D'Italia, che ci aspettano.
Noi scendiamo con la nostra barella, tipo questa
e chiediamo dove portare l'anziano (che, a questo punto, doveva essere uno importante, forse il patriarca di tutta quella frazione).
Entriamo in una grandissima casa colonica, un salone immenso.
Tutte le 20 persone ci seguono e osservano.
Dobbiamo portarlo di sopra, il che vuol dire mandare la barella a terra e alzarla DI PESO per tutte le scale.
Io mi metto da un lato, il mio collega, un coglione di prima categoria ma con vent'anni di esperienza, dall'altro.
Io sgancio il mio lato senza problemi e mi metto lì pronto a far calare dolcemente la barella. Ma a lui niente, non si sgancia.
Mi chiama per aiutarlo.
Io gli dico che devo restar al mio lato, che si faccia aiutare da altri. Ma lui insiste.
Vado là.
Il coglione nel mentre che stavo andando da lui, giusto due metri, la sblocca.
La barella, non avendo me dall'altro lato, va già di peso in una maniera che non potete capire, un corpo di 100 kg che cade da un metro e mezzo.
Davanti a 20 persone.
Morale, il vecchio torna all'ospedale.
In quella misericordia lavorava (credo ancora) un ragazzo dagli evidenti deficit mentali.
Un ragazzo dalla bontà struggente, senza ombra di dubbio la persona più irrimediabilmente buona che io abbia mai conosciuto.
A volte mi chiedo come è possibile che a quelli a cui manca qualche rotella siano spesso i più buoni.
Sembra quasi che la cattiveria sia il pezzo mancante, che per essere uomini pieni di vizi, egoismi, cattiverie e sovrastrutture si necessiti di un cervello completo.
Buffo.
Sta di fatto che un giorno lo vedo col suo piccolo diario.
Mi avvicino a lui.
"Davide (nome inventato), che fai, che scrivi?"
"Niente Giù" fa lui timido e schivo
"Dai, fammi vedere"
Lui si scansa e mi fa vedere la pagina.
C'è scritto semplicemente, sotto una data
compleanno di (giulia)
così, col nome messo tra parentesi
"Chi è Giulia, una tua amica?"
"Sì" dice lui tutto orgoglioso
"Dì la verità Davide, ti piace Giulia vero?"
lui strabuzza i suoi magnifici occhi verdi e mi dice tutto contento di sì
"E perchè non me la fai conoscere?"
"Eh no Giù...no...non posso...scusa"
fa lui iniziando a grattarsi nervosamente la testa
"Ma dai, non lo dico a nessuno, sta tranquillo"
Ad un certo punto mi fa un segno strano con le mani, tipo quello che si fa quando qualcosa è finito, quando non c'è più niente.
Unisco quel gesto al suo volto.
Capisco.
Giulia è morta a nemmeno vent'anni.
Ora, quello che è successo dopo tra me e Davide non è importante, resta tra noi.
La cosa straordinaria è un'altra.
compleanno di (giulia)
vedete, a volte le maggiori profondità le trovi nell'essenziale.
Davide è un ragazzo che a malapena sa scrivere.
Eppure fu capace di quella cosa che io, dopo 15 anni, ancora non riesco a dimenticare.
Il nome di Giulia tra parentesi.
Cos'è una parentesi?
Un qualcosa che tiene dentro informazioni che al tempo stesso possono esserci e non possono esserci. Specificazioni, chiarimenti, aggiunte importanti ma che senza parentesi magari appesentirebbero il discorso.
Noi mettiamo tra parentesi qualcosa che non vogliamo far star dentro ma al tempo stesso non riusciamo a far star fuori.
E quel nome tra parentesi scritto da Davide lo trovai struggente.
Giulia per lui era ancora tutto, una ragazza che non poteva eliminare. Ma, al tempo stesso, non essendo più in vita, non poteva uscire da quelle parentesi, esser lì con noi, festeggiarlo davvero quel compleanno.
Io ho letto tanti libri, ho parlato con persone intelligentissime ma quel
compleanno di (giulia)
scritto da Davide resta ancora una delle cose più grandi e profonde che abbia mai letto.
E da quel giorno ho scoperto che tutto quello che è tra parentesi, che sia una frase, che sia una persona, che sia un accadimento, ha un'importanza incredibile.
Perchè se quelle cose che sono tra parentesi le togli perdi completamente il senso.
Che sia di una frase o della vita stessa
(fine)
Si dice, sente dire, che se la gente non avesse il cervello e la logica, saremmo presi dai nostri istinti più beceri.
RispondiEliminaQuanto spesso invece silenziamo sentimenti buoni, altruismo, compassione e comprensione degli altri perchè quel fottuto cervello ti dice che non ti conviene? Che non è il caso? Che forse non se lo merita? Che tu hai dei figli famiglia altri a cui badare e che non ti devi intromettere?
Quante volte la logica, che non può essere altro che spietata, porta noialtri a silenziare i nostri istinti?
A nascondere dei sentimenti perchè magari sono ingenui?
Perchè sai che devi fare così, quella è la via giusta.
Tutto te stesso ti urla che è sbagliata, ma ragioni, vedi il vantaggio, quanto è sensato e oplà.
è così...
Eliminail cervello umano è il più grande serial killer che si possa conoscere
uccide tutto quello che potremmo essere
e quel potremmo essere è quasi sempre qualcosa di migliore, qualcosa che ha a che fare con la natura, con l'istinto, con la nostra parte bambina
il cervello è la protesi della società in cui viviamo e più ce l'hai potente più rischi di avere un braccio armato che tutto distrugge
basterebbe guardare 3 minuti negli occhi verdi di Davide
Difficile commentare un'esperienza del genere, mi viene solo da dire che mi ci ritrovo completamente.
RispondiEliminaDa ormsi unidici anni lavoro nel mondo della disabilità nelle scuole e nei centri di recupero, ho fondato un'associazione per insegnare musica e teatro e ad oggi contiamo più di 50 ragazzi, da mettere ogni anno sul palco di un teatro.
Un avventura, spesso un'impresa titanica.
Ma sempre, irrimediabilmente speciale.
Tra le tante esperienze che mi hanno fatto riflettere in questi anni e che mi hanno fatto giungere alla stessa conclusione che hai tratto tu (Sembra quasi che la cattiveria sia il pezzo mancante, che per essere uomini pieni di vizi, egoismi, cattiverie e sovrastrutture si necessiti di un cervello completo), ce n'è una che non potrò mai dimenticare:
un ragazzo di questo mio gruppo, poco più piccolo di me, ha questa malattia degenerativa che ogni giorno lo paralizza sempre di più; è pieno di protesi, usa le stampelle e quant'altro, non può mai stare da solo.
Come se non bastasse soffre anche di dissociazione della personalità, in breve ha personalità multiple (ed è drammatico, mica Split e Split) e la più preponderante lo fa immedesimare in un cantante lirico, mi parla sempre delle sue cene con Al Bano, con il maestro Muti, le scappatelle con le soprane russe, il porno d'antan, le domande sul sesso che si sente di rivolgere solo a me; mi chiede di dargli un sol maggiore e inizia a fare i suoi vocalizzi, la nota non la becca mai, ma non importa; mi chiama il poeta, mi dice che se fossi vissuto all'epoca di Leopardi lui non sarebbe mai finito sui libri, ma io sì.
C'è un rapporto speciale, intimo e amichevole, libero da ogni preconcetto, mi viene da definirlo con una parola anacronistica: puro.
Poi a un certo punto inizia a non venire più alle prove e agli incontri, agli spettacoli neanche si presenta e la sua famiglia rimane nel proprio silenzio, non si sono mai neanche presentati con me.
Dalla scuola vengo a sapere che ultimamente le sue condizioni si sono aggravate, non riesce a camminare se non per pochi minuti e a 16 anni vivere la depressione è asfissiante.
Mi preoccupo, ma non ho modo di sapere nulla di più.
Un mercoledì viene alle prove accompagnato dallo zio, è triste, sconsolato, parliamo a malapena; prima di andare via una richiesta: "scrivimi una poesia, tu sei l'unico poeta che conosco e l'unica persona di cui mi interessa avere un ricordo".
In dieci minuti scrivo una poesia, non la ricorda neanche ad essere sincero, so che quelle parole sono totalmente rivolte a lui e uso delle figure retoriche e delle immagini che possano piacergli; non mi impagno un granchè, volevo essere svelto, doveva andare a casa.
La legge, me la fa firmare, si commuove e mi fa dei complimenti incredibili; poi mi abbraccia, mi saluta e se ne va.
RispondiEliminaNon sapevo che sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrei visto, l'avrei vissuta con molta più importanza.
Un giorno, pochi mesi fa, mi arriva un messaggio, da un numero che non conosco: contiene solo una foto, nient'altro. E in quella foto c'è una camera, forse da letto, completamente spoglia, se non per un particolare: c'è un piccolo quadretto, non si vede benissimo, ma è abbastanza; è la mia poesia, idealmente appesa sopra quella che un tempo doveva essere la testata di un letto.
Provo a chiamare il numero, non risponde nessuno, scrivo e non ottengo risposte.
Parlo con chi, da scuola, potrebbe darmi una spiegazione e l'unica che mi dice qualcosa è la preside, la mia preside, una donna con due palle grosse come carrarmati, una donna incredibile per fermezza e volontà.
Mi dice che lui, il ragazzo e i suoi familiari, si sono dovuti trasferire, lasciare la scuola e indebitarsi fino al collo per le cure mediche, hanno venduto qualsiasi cosa avessero in casa; la preside li ha aiutati con qualche soldo, di tasca sua, ma non è bastato. Ovviamente nessuno sapeva nulla.
Ora non sono più rintracciabili, non si sa dove vivano, il cognome non da risultati di alcun tipo e io ogni giorno penso a quel ragazzo, la mia mente non sa se sia vivo o no, il mio cuore pensa solamente a quella stanza vuota e a quel quadretto per molti senza significato, per me simbolo di un vuoto incolmabile.
Non so neanche se queste parole abbiano un senso e un ordine, le ho messe giù come un fiume in piena, ma il tuo post Giuseppe mi ha dato la possibilità di ritirare fuori questa storia e scriverne mi ha fatto stare meglio e ricordare dei bei momenti e in qualche modo esorcizzarne di brutti.
Non so se ci sia una morale in tutto questo, ma penso sempre che l'essenziale, come da sempre Il Piccolo Principe insegna a generazioni di uomini, sia da cogliere in ogni situazione, soprattutto dove non si vede o dove non si pensa che sia.
Grazie
è la cosa più bella che abbia mai letto in 8 anni di blog
Eliminagrazie
Anch'io facevo il barelliere una vita fa , però fortunatamente non mi è mai successo na cosa come quella capitata a te.
RispondiEliminaAl massimo facevo le impennate con la barella (con il paziente sopra) perchè il più delle volte le ruote anteriori non si aprivano subito quando tiravo fuori la barella dall'ambulanza.
Paziente a mezzaria in equilibrio precario ahahha!!
Di quello che penso di persone come il tuo Davide e di quanto siano speciali e quanto è difficile per me rapportarmi con loro te l'ho già scritto tempo fa commentando un tuo racconto nella sezione dei "Tipi da videoteca" dedicato a Bartolo (l'ameba e il cane).
Le persone come Alex non posso far altro che ammirarle perchè capaci di fare naturalmente quello che a me non viene mai così spontaneamente.
Ti posso raccontare di Michele per farti capire.
Una vita fa ho fatto del volontariato.
Un mio amico mi aveva intortato convicendomi a frequentare una piscina dove secondo lui avrei dovuto aiutare dei ragazzi vittime di incidenti stradali a recuperare la loro funzionalità motoriain acqua.
Invece mi son trovato a fare del volontariato in una piscina che accoglieva soprattutto disabili mentali.
Ormai c'ero dentro , non potevo tirarmi indietro.
Le responsabili dell'associazione mi han dato una ragazza down di età indefinita da seguire.
Devo dire che mi son anche divertito con lei solo che le befane dopo un pò han deciso di togliermela perchè secondo loro c'era il rischio (?) che si innamorasse di me ,bho?
E mi han affibiato Michele.
Un ragazzone di 14 anni autistico.
Michele non parlava mai , seguiva tutto quello che gli dicevo di fare .
Nuotavamo assieme con la tavoletta galleggiante o con lui appeso alle mie braccia .
Mi fissava in continuazione con i suoi grandi occhi chiari e non diceva mai una parola.
Quarantacinque minuti interminabili , pesanti e quando una cosa comincia a diventare pesante è meglio smettere.
Dopo due anni ho lasciato l'attività senza rimpianti, quel mio amico mi ha detto che il primo giorno del nuovo corso quello in cui io non c'ero ,Michele mi cercava e aveva chiamato il mio nome.
Non so che fine abbia fatto , ogni tanto ci penso mi spiace di non esserci stato , mi spiace di esser fatto così.
legittimo quello che scrivi e fa anche onore dire che con certe cose non ce la si fa
Eliminaho avuto a che fare più volte coi disabili, anche a tennis, sempre andata molto bene (per un pelo invece che la videoteca rischiai che diventasse il mio lavoro) ma ho sempre pensato che senza predisposizione mentale quella cosa fosse non solo pesante ma anche difficilissima
e pretendere che qualcuno quella predisposizione ce l'abbia è ridicolo
e chi non ce l'ha non è stronzo o insensibile, anzi, potrebbe essere anche il contrario
mai come in questi casi il professionistmo e l'indole sono importanti
BELLISSIMO
RispondiElimina(grazie)
un abbraccio Bianca
Elimina