30.3.20

Recensione: "The Rider - Il Sogno di un cowboy"


Un film che è una storia vera, quella di Brady e del suo sogno (quasi) infranto di cavalcare ai rodei (a causa di un incidente quasi invalidante).
Regista donna (cavolo, mi sono accorto adesso che nella recensione non l'ho scritto!) per una storia lineare, classica, alla Eastwood.
Un film dalla fotografia impressionante (albe, tramonti, controluce) e di grande esattezza emotiva.
Forse questo suo essere cinema che sostituisce il documentario gli dà problemi di ritmo e sintesi.
Ma resta un gran film, un'opera che, più del Destino, sembra raccontare quello che ci si sente destinati ad essere.

presenti spoiler dopo prima foto

Mi sono salvato.
Come sapete odio, prima della recensione, conoscere cose sui film che vedrò/ho visto, informarmi, leggere pareri, anche minimi, scritti da altri.
Io amo scrivere soltanto per quello che vedo, a costo di prendere cantonate grandissime o omettere dati e informazioni decisive.
Insomma, succede che guardo questo film con MyMoviesLive e poi, appena finito, arrivano due commenti di amici del Guardaroba.
E quei commenti mi informano che tutto quello che ho visto è "reale", nel senso che ogni personaggio del film interpreta sè stesso e ha vissuto veramente quello che vediamo.
La mia percezione sul film cambia del tutto, sia in positivo, che in negativo (vedremo perchè).
Ma dicevo di essermi salvato perchè scrivere una recensione di un film come questo non sapendo (anche se l'avevo intuito, nei crediti finale i nomi di personaggi e attori erano i medesimi) che tutto quello che avevo visto fosse reale, mi avrebbe portato a un pasticcio.
E anche a figuracce epocali, come lodare la recitazione del ragazzo paraplegico (dio mio, lo è davvero).
Quindi grazie Fabrizio Milani e e Donatello Biancofiore.

Ci troviamo quindi davanti a uno strano essere cinematografico.
Di solito (vedi i Minervini e i Francesco Rosi) abbondano film documentari che rischiano di "sapere" troppo di cinema (sceneggiati, costruiti).
Qui abbiamo l'esempio opposto, quasi unico, ovvero di un film cinematografico con tutti i crismi (plot classico, fotografia, ruoli, evoluzione dei personaggi etc...) che invece è praticamente un documentario in tutto e per tutto reso poi film.

Il lato positivo è che la vicenda che vediamo, già molto intensa ed emotivamente forte, diventa "vera", ogni nostra emozione per quello che vediamo sarà per qualcosa successo realmente.
Il lato negativo è che i difetti del film (la sua staticità, il suo reiterare alcune scene, il suo indugiare in sequenze troppo lunghe) sarebbero stati perfetti in un documentario (penso a Honeyland, Behemoth, Sto Lyko e specialmente a un film che racconta lo stesso mondo di The Rider, ovvero Stop the pounding heart), meno in un film.

Ecco, in quei documentari stare 15 minuti a vedere "il nulla", la routine della vita, era affascinante, in un film cinematografico, invece, fa perdere ritmo perchè, te regista, l'opera non me la stai presentando, sia stilisticamente che narrativamente, come documentario.
Ne viene fuori un film classico come pochi (direi alla Eastwood), lineare come pochi, asciutto, monolitico, "perfetto".
Un film che è una strada dritta ed inesorabile, una highway dove allora le curve bisogna ricercarle non tanto in quello che succede ma nei moti d'animo del protagonista e, di conseguenza, nostri.
E' la storia di Brady, promettentissimo rider (direi "rodeista") che per un bruttissimo incidente in cui ha quasi perso la vita ha dovuto abbandonare il suo sogno, cavalcare nei rodei (e, forse, non può più nemmeno galoppare normalmente i suoi amati cavalli).
In testa ha un trauma tremendo e, ogni tanto, una specie di emiparesi (so che non è, ma per capirsi) alla mano destra.
Il suo sogno, anzi, il suo obiettivo, è tornare a cavalcare.



Ne nasce un film sul quale mi sento di fare una particolare distinzione linguistica.
Non tanto un film sul Destino, ma su quello che ci si sente destinati a fare.
Mi permetto questa personale distinzione perchè più che un film sul Destino assoluto (imponderabile per noi) qui ci troviamo davanti a persone che si sentono nate per fare qualcosa, che sentono che la loro vita ha senso solo in quella maniera.
Non quindi qualcosa di astratto e incalcolabile ma scelte personali forti e decise.


"Siamo cowboy, uomini destinati a cavalcare" dirà Brady
Ecco, in quel "destinati" in realtà c'è una convinzione personale, un'ossessione, un'autocertificazione (per restare a questi giorni).
Ma le persone intelligenti possono cambiarlo quel destino con la d minuscola, e questo accadrà nel meraviglioso finale.

The rider è un film dall'impressionante fotografia, una delle più belle viste ultimamente. 
Le albe, i tramonti, i controluce, il buio, ci sono almeno una decina di sequenze straordinarie.
(l'ultima galoppata all'alba col cavallo poi venduto è incredibile)

E' un film anche sull'handicap (quello parziale ma comunque invalidante di Brady, quello totale di Lane Scott  - realmente un ex campione -, quello mentale della sorella di Brady).
E' importante questo trittico di personaggi perchè nell'evoluzione di Brady, nella sua lentissima ricerca di consapevolezza, due figure come quella dell'amico e della sorella sono decisive.
Una rappresenta un vero e proprio monito (se rischierai ancora potresti fare la sua fine), l'altra un dolcissimo remind giornaliero di come la vita, la salute e la sanità mentale vengano prima di tutto, prima di un sogno, prima di un destino autodeterminato.
Il film gioca moltissimo sui primi piani, sui silenzi, sui dialoghi lenti ed essenziali, sui piccoli gesti che raccontano tanto (ho amato la scena della sella venduta, quel dialogo, quel riportarla indietro).
E' un film che racconta un mondo incredibile, un mondo basato su una folle e pericolosissima passione.
Tutti quei ragazzi conoscono i rischi dei rodei, ma non possono vivere senza di quello.
E' gente pronta a "cavalcare il dolore", gente di terra e ferite.
E, anche per questo, quel finale che sembra una resa e invece è un inno alla vita (o almeno per me) risulta ancora più potente, per la tremenda difficoltà che si porta dietro, per quella forza di sapersi spogliare dalle vesti che hai creduto avresti indossato per tutta la vita.
Per certi versi ci sembra di essere in The Wrestler (la fama di un tempo, l'impossibilità di tornare quelli di una volta, addirittura il lavoro in un market in entrambi i casi) con un finale però opposto, Randy The Ram entrò in quel ring e saltò da quelle corde, Brady non lo farà.
Rimangono in mente bellissime immagini, quelle dei cavalli, del loro addestramento (ma, torniamo a sopra, perfette per lunghezza in un documentario, alla lunga pesanti in un film), i dialoghi tra Brady e Lane, quella magnifica scena della riabilitazione sulla sella (forse la più commovente), l'uccisione di Apollo (lui che si gira, il fischio, lo sparo, terribile ma bellissimo).
Tra l'altro questa ultima scena porterà al dialogo più bello, quello della "differenza" tra uomini e animali, quella tra il paragone tra un uomo handicappato (Brady, la sorella, Lane) e un cavallo zoppo.
Il primo può, anzi, deve, trovare ancora un senso alla sua vita, il secondo andrebbe solo incontro alla sofferenza.



(prima che qualcuno mi attacchi ricordo che sto analizzando il film, non sto scrivendo quello che penso sull'argomento)

Ci sono anche scene minori (come quella del fan incontrato nel market) ma che sono perfetti esempi di come sia difficile accettare di essere quello che non si è più.
Il film non ha capacità di sintesi, è imprigionato in un soggetto reale e "già successo" che ha poco sfogo, maglie troppo strette, per diventare un lungo film.
Con un pò di fatica ma anche tanta bellezza negli occhi arriviamo al finale, finale anche questo "già successo", ma forse ancora più bello per questo.

Lo spettatore è in apnea, sa che sta per accadere qualcosa di bruttissimo.
Poi vede quel padre e quella sorella lì sulla recinzione, venuti per lui.
Il padre dà un segno di approvazione (brividi, mi ha ricordato lo stesso gesto degli ultimi 10 secondi di Whiplash), forse ha capito che per il figlio l'unica ragione di vita (e di morte) è quella.
Poi, però, Brady torna indietro, Brady capisce che niente vale più della vita.
Magari c'è ancora tempo per quel sogno, adesso è troppo presto.

Nel mondo degli uomini duri forse questo è un gesto di resa, vigliacco.
Nel mio mondo questa resa è il gesto più coraggioso che si potesse fare.

7.5

12 commenti:

  1. Ottima analisi Giuse', come sempre.
    Dopo averla letta comprendo forse ancora meglio perché il film non mi sia piaciuto.
    Fermo restando tutto quanto di buono il film può avere, per me durante la visione sono però prevalsi tutti quei difetti da te enunciati.
    Scoperto anche io a fine film, sui titoli di coda, 'sta cosa della parentela di protagonista, padre e sorella e nomi veri degli altri personaggi nel ruolo di sè stessi, non è comunque bastato a farmi diciamo "chiudere un occhio" su quel che non va.
    Non so, ho visto altre storie umane con cui pur non essendo io vicino a loro (qui effettivamente si descrive un mondo molto lontano da quello di praticamente quasi ognuno di noi) mi ci son sentito più coinvolto, qui ahimè non mi è scattato nulla.
    Citi Eastwood, che probabilmente oggi è forse rimasto uno dei pochi grandi vecchi che girano in "modo classico" ed è un bel paragone per la regista, però lui si che nelle sue storie umane ci ha praticamente quasi sempre trascinato dentro lo spettatore (penso a capolavori quali Gran Torino o Million Dollar Baby giusto per citarne due...). Qui, secondo me, resta però tutto a un livello molto più blando. Però appunto lui fa film, questo è una roba più strana: forse avrei gradito davvero di più la forma documentaristica che non questo strano ibrido.
    Ma assolutamente lieto di essere in minoranza, visto che alla maggior parte di chi l'ha visto The Rider è piaciuto molto.
    Un'altra cosa che non mi ha fatto impazzire è stato il doppiaggio italiano, ma qui la colpa non è certo di chi ha diretto o interpretato il film.
    Comunque sia bravi i protagonisti a mettersi in gioco nel raccontarsi, vista anche la difficoltà che probabilmente, anzi sicuramente, avranno avuto nell'interpretare i fatti reali accadutigli. Ciao.

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    1. grazie Rob

      1 più che parentela direi che sono proprio la vera famiglia che vediamo nel film ma forse hai ragione te, sono "solo" parenti e li hanno messi padre, figlio e figlia, non so

      2 anche io non ho empatizzato tanto, ma mi ha interessato molto il processo mentale del ragazzo

      3 sì, era un paragone più che altro per la scrittura del film, una storia di "crescita", umana, lineare e classica
      e molto americana

      4 doppiaggio in 2,3 personaggi terribile

      comunque se riesco ora che ho scritto voglio sapere più della storia, domani ci guardo

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  2. 1 No ma penso che hai ragione te, forse mi son espresso male io, nel senso che per "parentela" intendevo proprio famiglia, cioè gli stessi "ruoli" che hanno nel film e che dicevi te. :)

    2 Si, ma infatti l'hai analizzato bene eh... Non credo neppure che la regista volesse creare empatia col personaggio, forse, ma appunto come notavi forse più far "capire" anche a chi come noi non fa parte di quel mondo dei rodeo (o rodei? Me rode :) quando non so i plurali) le motivazioni interiori del protagonista, il "perché" nonostante tutto insistesse ancora senza rassegnarsi. E quello in effetti "l'ho capito" pur non condividendolo. E concordo con te nel finale (sia della tua recensione che del film): anche per come la vedo io è molto più coraggioso il suo gesto "da vigliacco" (da responsabile direi) che non se invece avesse fatto l'opposto.

    3 Si, avevo capito abbastanza. Ci sta in effetti su quel piano, sebbene appunto sia al contempo un tipo di cinema completamente diverso.

    4 Concordo. Doppiaggio piuttosto scarso.

    Ok, facci sapere. ;)

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    1. 1 ah, a posto :)

      2 io credo empatia la volesse creare ma comunque il lavoro psicologico sul personaggio semmai sopperisce alla mancanza di quella

      3,4 a posto :)

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  3. Peccato, avrei pensato che ti sarebbe piaciuto molto, invece sento che hai delle riserve.
    A me invece è piaciuto tanto, l'ho trovato intimo, una storia che nella sua lentezza mi ha permesso di vivere emotivamente la storia. Un ritmo più veloce avrebbe dato al film uno spessore diverso, forse più godibile ma meno introspettivo.
    Entriamo in un mondo che non ci appartiene, che anche il cinema recente ha quasi dimenticato ma tutta la storia dal rapporto col padre, con la sorella e quello bellissimo con i suoi amici mi ha fatto empatizzare con lui, i suoi dubbi, le sue lacerazioni. La sua gelosia e il suo affetto nei confronti di chi ancora poteva cavalcare, credo sia stato ben scandagliata questa sua lotta interna. Visto in sala a febbraio, uno degli ultimi film visti purtroppo, ma ricordo svariati momenti il più commovente il suo rapporto con Apollo, il momento della sua fine, le sue carezze e le sue parole credo resteranno impressi in tutti noi, il suo rapporto con l'amico, ti resta l'amaro in bocca....
    Mi è piaciuto entrare in quel mondo così solidale, quel cameratismo che solo tra uomini si riesce a creare, il suo amico tatuatore, il suo sguardo lo ricordo ancora. La natura è grande protagonista di questo film dove le inquadrature non sono mai banali e quel cielo incredibile che è sempre lì imperturbabile, quegli spazi sconfinati, credo l'ambiente migliore per entrare in sé stessi, le stelle sopra di te ti fanno entrare in una dimensione spirituale non dimentichiamo che lui vive in una riserva indiana.

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    1. per ritmo, lo spiegavo su uncut gems, non intendo vicende più frenetiche o più cose in un film o meno scene "lente"

      parlo di cali d'attenzione, ne ho avuti 3,4 per i motivi che dicevo in rece

      tutte le emozioni che hai provato sono "giuste" e ben descritte. Anche io ne ho provate ma senza che sia mai scattata la scintilla

      la natura e l'ambientazione sono incredibili, forse la cosa più bella del film e sì, i grandi spazi sconfinati sono spesso il teatro migliore per le ricerche interiori ;)

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  4. 2) Quello che ho letto in rete: La regista che ha vissuto per diverso tempo nella riserva Lakota di Pine Ridge ha conosciuto il protagonista mentre girava il suo primo film quando ancora lui non aveva avuto l'incidente. A conoscenza della storia volle girare questa storia dove dice il 65 è realtà e il 35 è finzione. Brady ci teneva a mantenere il riserbo sulla vera storia e ha protetto la sua immagine e la sua privacy. Gli attori sono i veri protagonisti, anche gli amici, il suo amico paraplegico fece l'incidente in auto e non in seguito a un rodeo.
    Ci sono risvolti politici e sociali in questa parte d'America, in rete ci sono molte informazioni, mi piacerebbe vedere il primo film di questa regista sempre girato in questa riserva "Songs my brothers taught me", questo mondo mi ha sempre affascinato.
    Altra notizia, il panorama è quasi sempre notturno o mattutino perché il protagonista non voleva lasciare il suo lavoro e girava solo quando era libero.
    Il finale del film non mi sento di giudicarlo, essendo una storia vera qualsiasi sua scelta anche se non condivisa credo l'avrei rispettata, ma sono contenta che ha optato per la vita. Ciao.

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    1. direi che non devo cercare più nulla, mi hai detto tutto te

      grazie :)

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  5. Ciao, nella visione del film anche a me certi momenti erano sembrati leggermente "lunghi" ma mi era piaciuto e mi aveva comunque coinvolto emotivamente per la sua sensibilita. Poi nei giorni seguenti ho letto nel Guardaroba che gli attori erano i personaggi reali e questo per qualche motivo me lo ha fatto apparire un po "freddo" e suoi difetti un po piu evidenti.
    un saluto e grazie sempre per le tue recensioni,
    Stefano Rimini

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    1. buffo come lo scoprire che sia una storia vera (praticamente l'abbiamo scoperto con gli stessi commenti allora ;) ) possa dare sensazioni così diverse, rendere più grande e bello il film oppure, come dici te, percepirlo più freddo

      io come hai letto sto a metà, sapere quelle cose mi è piaciuto perchè mi ero emozionato per qualcosa di vero ma al tempo stesso l'operazione ibrida fatta dal film mi ha lasciato qualche perplessità

      grazie a te

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  6. Ancora non l'ho visto, ma la tua recensione mi ha incuriosita; me lo segno ^_^

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