14.2.22

Recensione: "Annette"

 

C'ho messo 8 giorni a scrivere questa recensione.
Ogni giorno mi dicevo di farla ma poi Annette mi sembrava così grande da dover lasciar perdere.
Alla fine ce l'ho fatta, in maniera probabilmente incoerente, confusa, troppo lunga (pochi arriveranno alla fine).
Ma tanto l'unica cosa che conta è solo una, ovvero che mi sento di dire che Annette è l'unico vero e proprio capolavoro del 2021 e, personalmente, uno dei film più grandi di questo millennio.
Un'opera d'arte impressionante, un musical moderno carico di dolore, una regia pazzesca, una colonna sonora indimenticabile, attori straordinari e una storia che vi strapperà, almeno nel finale, il cuore di dosso.
La storia di un comico, Henry, della relazione con la soprano Ann e della nascita della loro bimba, Annette, una bimba che non sarà mai amata ma usata come macchina da soldi.
Siamo davanti a qualcosa di veramente gigantesco.


Il mio unico approccio a Carax fu con Holy Motors.
Successe una cosa particolare con quel film, ovvero che scrissi quasi tutta la recensione che il film non era ancora finito, in gran parte sui titoli di coda.
E' che ad un certo punto pensavo di aver colto il suo significato (resta un film complessissimo e sul quale è impossibile dare un'interpretazione univoca e sicuramente giusta) e allora niente, cominciai a scrivere di getto in preda all'emozione di quel significato che mi si era formato in testa.
Ritrovo dopo circa 10 anni Carax e quello che posso dire è che, ancora una volta, mi ritrovo davanti un film unico, uguale a nessun altro e, per quanto mi riguarda, un altro capolavoro.
L'anno scorso ho visto una quantità spropositata di grandi o grandissimi film al cinema.
Eppure Annette è qualcosa di diverso, non è solo un film, è un'immensa opera d'arte che, per me, non sta nemmeno al tavolo di tutti gli altri.
Gli altri sono film stupendi, qui andiamo oltre, qui andiamo incontro ad una di quelle opere che provano ad essere epocali, che sono talmente più grandi di quelle che a cui sei abituato che manco finisci di vederle e già ti sembrano conficcate nella storia del cinema, o almeno nella TUA storia del cinema.
Uno di quei film di cui, a parte percepire un'altezza forse non raggiungibile, ne vedi anche la grandezza oggettiva, ti dici quanto lavoro ci dev'essere stato, quanta cura, quanto sforzo, quanta volontà.
Quando vedi la Cappella Sistina (non sto paragonando le due cose, mi serve solo per il concetto) non resti solo abbagliato dalla bellezza e dalla maestosità, ma ti dici "come cazzo è stato possibile realizzarla?".
Ecco, Annette ha talmente tanto cinema, tanta scrittura e tanta messinscena dentro che rimani stordito.
Cioè, io i musical li odio.
Non mi piacciono e solo l'idea che la vita possa essere cantata mi dà il nervoso.
Eppure qua no.
Ma non tanto perchè Annette, a differenza della maggior parte dei musical, è perfettamente nelle mie corde per tematiche e genere, ma perchè il discorso che fa Carax è una cosa tutta sua, già partita con Holy Motors, ovvero questa riflessione su cosa sia il vero e cosa il rappresentato, su cosa sia vivere e cosa recitare, sull'essere e l'apparire.
Su attore e spettatore.
Su palco e platea.
Ed ecco così che il musical non diventa un genere, diventa metafora di una vita non autentica che viene raccontata come un grande spettacolo teatrale o televisivo.
Annette non è esteriormente un musical, ma lo è dentro. 
Annette è un musical perchè il suo protagonista, Henry (un sontuoso Driver), sta vivendo una vita come rappresentazione scenica, come finzione, come spettacolo.
Non è un caso che nell'infartuante finale (spoiler, uno dei più belli della mia vita) l'ultima cosa che Henry dice sia "Stop watching me".
E' l'ennesima rottura della quarta parete che fa Carax (tra l'altro una doppia rottura della quarta parete, ma ci arriveremo) ma questa volta per un motivo diverso.
Per tutto il film noi abbiamo visto lo spettacolo di Henry (non è un caso che prima che il film inizi ci venga detto di trattenere il respiro perchè lo spettacolo sta per cominciare) e solo alla fine, solo nell'ultima battuta, il nostro protagonista, piombato in maniera devastante nella vita vera (Annette vista finalmente come persona reale) si rende conto di tutto e ci chiede di smettere di guardarlo.
Lo spettacolo è finito, adesso sono io che devo fare i conti con l'esistenza reale.
E non voglio più che mi vediate.
Gigantesco.
Ecco quindi che la forma del musical e di tutte le altre rappresentazioni che sono dentro al film (che è una continua matrioska di medium artistici) non era un vestito del film ma un vestito dato dal suo protagonista, come assistessimo a un thriller psicologico visto da dentro la sua testa.


Io più volte guardando Annette ho ripesato ad uno dei capolavori di Trier, Dancer in the dark.
Ci sono un paio di brani in Annette che potevo quasi giurare di aver sentito o che comunque sarebbero stati perfetti nel magnifico film con Bjork.
Però c'è una differenza, nel film di Trier il musical era una scappatoia per la straordinaria protagonista per edulcorare, migliorare, rendere meno devastante la realtà che la circondava.
Quel musical era una medicina, se non salvifica almeno lenitiva.
In Annette invece il musical di Henry diventa una maschera, diventa finzione, diventa ipocrisia, diventa megalomania, diventa narcisistico spettacolo di un uomo mediocre.
Se Bjork voleva salvarsi attraverso la musica Henry vuole invece esaltarsi.
Ed assolversi.
Perchè sì, perchè tutte le colpe di cui quest'uomo si macchierà (la colpa quasi diretta della morte della moglie, l'omicidio del musicista, lo sfruttamento di Annette) saranno smorzate, giustificate, manipolate, attraverso la mente lo spettacolo teatrale di Henry, attraverso lo stesso film.
 Non sarà quindi un caso che in un film completamente cantato (metaforicamente quindi non autentico) gli unici due momenti di dialogo normali saranno quando Annette parlerà per la prima volta (allo stadio) e nel finale, all'inizio del confronto tra la stessa e il padre.
Quelli sono gli unici due momenti di "vera realtà", fuori dal musical, fuori dall'ipocrita rappresentazione di sè.
Gli unici due momenti in cui non c'è una verità raccontata (cantata) ma c'è la verità, tout court.
E che bello che questa verità sia nelle parole di quella bimba che, fino a quei due momenti, mai aveva proferito parola, una bimba il cui stesso canto era soltanto una melodica voce, senza all'interno nessuna parola.

Come dicevo prima sin dall'incipit entriamo in questo contesto in cui non si sa quale sia la realtà e quale la rappresentazione.
Carax, come detto sopra, rompe due volte la quarta parete. La rompe con noi spettatori del film più volte, ma la rompe spesso anche con gli spettatori dei vari spettacoli teatrali sparsi nel film, spettatori che sono sì in platea ma in realtà sono veri e propri attori, anche nel senso etimologico del termine, quello di agire.
E così Annette diventa un gigantesco flash mob tra i presunti attori principali (intesi sia in carne ed ossa - Driver, Cotillard e gli altri - sia in chi via via recita nei palchi), tra il pubblico dentro al film e tra noi stessi, il pubblico a casa.
Non si capiscono i ruoli, tutti partecipano allo spettacolo. E, nella lettura che ho dato io al film, questo è perfettamente coerente, visto che nel narcisismo di Henry ogni cosa che riguarda la sua vita è un aspetto di un suo gigantesco spettacolo.
Tutti guardano lui, tutti assistono a quello che gli accade, tutti vogliono interagire con lui. A volte questi spettatori - paganti e non - dello spettacolo della sua vita

( aspettate, mi fermo un momento.
A proposito di quello che ho appena scritto Annette va nella schiera di quei film che provano, riuscendoci o no - ad essere epocali, come Synecdoche New York, altro film dove veniva allestito lo spettacolo della propria vita.
Ma c'è una differenza abissale.
Nel capolavoro di Kaufman lo spettacolo della vita di Caden Cotard era - appunto come una sineddoche - la vita di uno per raccontare quella di tutti. Un film esistenzialista come nessuno probabilmente, "una vita con dentro un film" per citare un lettore.
In Annette invece quella rappresentazione della propria vita non ha nè fini universali nè esistenziali (anche se è ovvio che molte tematiche del film raggiungono profondità che riguardano tanti di noi), ma è un egocentrissimo spettacolo personale.
Caden Cotard siamo tutti noi.
Henry McHenry, invece, è semplicemente Henry McHenry e, de facto, lo stesso Carax, ma ci arriveremo).

Tutto è visto nella sua ottica. A volte potremmo pensare che personaggi, minori o no, a lui "ostili" siano quella parte della sua mente che prova a farlo ragionare, quella parte sana che ogni tanto riaffiora. Ma lui è più forte di tutto, il suo spettacolo andrà sempre avanti e la sua versione delle cose sarà sempre il canovaccio principale, incontestabile.
Un autore che ipocritamente ogni tanto prova a darsi colpe o a non glorificarsi ma lo fa solo per rendersi eticamente e moralmente più grande.

L'incipit (magnifico) è emblematico.
"So may we start" dicono i protagonisti, "possiamo cominciare".
Lo spettatore - noi - capiamo quindi da subito il gioco per cui quello che vedremo potrebbe non essere reale ma pura rappresentazione. Negli altri musical il musical "sostituisce" la vita, quasi mai (mai?) è dichiarato gioco di finzione o di manipolazione della realtà.
Qui invece ci viene detto da subito (in realtà era percepibile già nell'intro solo parlata).
A questo proposito citerò ora una parte che - ahimè - pochissimi di voi hanno visto.
Dopo i titoli di coda (addirittura dopo la partenza del "rullo" che, si sa, è da sempre simbolo di "non vedrete più nulla") c'è una scena che chiude il cerchio con l'incipit.
Tutti gli attori del film, in "borghese", ricompaiono e, camminando, ci cantano che "Questa è la fine", esatto opposto dell'incipit ("possiamo cominciare").
E' l'ennesimo maledetto gioco di Carax che proprio un attimo prima, nel sopracitato (ma per adesso non analizzato) finale ci aveva fatto fermare lo spettacolo con quel "stop watching me".
No, nei titoli Carax ci fa ripiombare nel suo gioco metafilmico, forse un'appendice che toglie potenza alla metafora appena svelata (Annette che diventa reale e la vicenda che, con lei, lo diventa anch'essa) ma che è perfettamente coerente con il disegno del film, e con questa ossessione di questo incredibile regista su cosa sia vero o no, o sul ruolo dell'attore.
Nello stesso incipit (piano sequenza da brividi dove parteciperanno anche i due grandissimi musicisti dietro a tutta la colonna sonora del film, anzi, gli stessi ideatori del film, gli Sparks), dicevo nello stesso incipit Drive si cambia d'abito in corsa come l'indimenticabile Lavant in Holy Motors.
L'attore che live cambia personaggio, che riceve le nuove vesti. Non c'è, come dicevo, nessuna parete, il dietro le quinte e il palco, l'attore e lo spettatore, la verità e la finzione.
Come se non bastasse Henry è un attore anche nella vita, un comico teatrale.
Un comico che però ci mette sempre a disagio, anche quando qualche sua battuta funziona.
Il personaggio di Driver è un personaggio che non ci fai mai ridere, che non ci rende mai sereni, che, in qualche modo, ci inquieta.
Del resto lui stesso dice che lui vuole far ridere per "far morire".
Ed è qui, un un brevissimo dialogo con la Cotillard, che viene fuori questo stupendo concetto.


Henry ("li ho uccisi") fa ridere la gente per farli morire (una specie di ossimoro).

Ann ("li ho salvati") muore continuamente sul palco per salvare gli spettatori (altro ossimoro)

Una risata assassina, una morte salvifica.
Del resto la comicità di Henry è una comicità che ha un solo fine, e viene fuori nello straordinario spezzone di "Why did you become a comedian?" (perchè sei diventato un comico?), quello di "disarmare la gente".
E per questo nei suoi spettacoli si permetterà di rappresentare sè stesso che schiaccia sul divano la figlia neonata oppure racconterà di come ha ucciso la moglie (due presagi).
La sua comicità è finalizzata a far ridere creando un groppo in gola, pericolosissimo.
Mentre invece Ann muore sul palco (anche questo un presagio di poi) ma la sua grazia, la sua bellezza, la sua autenticità, hanno un potere salvifico sulla gente, come da sempre ha potere salvifico quello dell'eroe o del martire.
Una risata quindi che è morte e dall'altra parte una morte che è vita.
Non è un caso che venga anche rappresentato un massacro (credo chiaro riferimento al Bataclan), gli spettacoli di Henry sono una fastidiosa dissacrazione di argomenti terribili.
Sono, e qui andremo al finale, la risata dell'abisso.

(ho visto il film una settimana fa e scritto tutto quello che avete letto qua sopra 3 giorni fa. Riprendo adesso, senza rileggere, magari creando confusione o perdendo coerenza. Ma tanto altrimenti non sarei io. E poi questo è un film di Carax, volete che scriverne sia normale?)

Avremo poi uno dei brani cardine del film, lo stupendo "We love each other so much" (ci amiamo così tanto)


Brano cardine per dei motivi che, però, scopriremo solo poi. Lì per lì mentre lo ascoltiamo, mentre li vediamo far sesso, coccolarsi e tutto il resto noi crediamo profondamente a quel loro amore. Eppure tutte le vicende successive ci parleranno di un amore malato, tossico, specie, al solito, per colpa di Henry. Ma non solo, quel brano che parla di un amore così intenso fu in realtà scritto dal musicista di Ann e celebrava il loro di amore, con la stessa Ann. Va da sè che cantare un amore che solo poco tempo prima era stato celebrato in scrittura con un altro rende quel nuovo amore, di per sè, crepato in partenza.
E i fatti lo dimostreranno.
Ma non solo, nel grandioso finale Annette, con la stessa melodia, cambierà, di poco, ma del tutto, il testo di questo brano, rendendolo devastante per il padre.
Per una volta ci spostiamo da Henry per vedere lo spettacolo di Ann, quel palco che si apre, quel bosco VERO che si spalanca, lei che lo percorre, lei che ritorna. Impossibile non collegare quel bosco dove si smarrisce alla successiva tempesta dove morirà, bosco e tempesta sono da sempre, se ne esistono due, metafore di condizioni esistenziali ben precise, a loro modo due intrichi che ci angosciano, avviluppano, due "luoghi" dai quali dover uscire per non rischiare di morire o perdersi per sempre.
Va da sè che immaginiamo quindi la testa di Ann in un certo modo (pazzia? depressione?) e di certo avere vicino quell'uomo che pensa solo a sè stesso non serve a niente, anzi.

E quando, se non qui, parlare finalmente di un film dalla regia maestosa, impressionante, un'opera dalla messinscena (mai termine è più esatto come in Annette) pazzesca, sicuramente indimenticabile per me.
I colori, i movimenti di macchina, i giochi grafici, l'uso degli spazi, le location, c'è una cura commovente in tutto, Annette tra la colonna sonora, i movimenti e la regia diventa opera d'arte completa, che quasi trascende il cinema.
O forse no, ne rappresenta l'essenza.

Carax - tanto i medium usati erano pochi... - in questa parte centrale usa molto anche la tv, una tv urlata che serve solo a dare scoop.
Loro che si conoscono, loro che si sposano, la nascita di Annette, la crisi lavorativa di lui, tutto diventa spettacolo. Anche un sogno di Ann (o almeno così ho inteso io) diventa tv dello scandalo, con quella parentesi da "me too" (molto coraggiosa, non si capisce se vada contro Henry o contro quelle donne) che rappresenta forse la paura più grande di Ann, quella di trovarsi vicino l'uomo sbagliato.
Ma intanto è successa una cosa che all'inizio sembra piccola ma che poi, ogni secondo di più, diventerà l'anima stessa del film, è nata Annette.
A mò di Pinocchio vediamo Annette come un piccolissimo burattino di legno, seppur molto realistico, tanto da inquietarci (a tal proposito ho visto un interessantissimo studio sui robot simili all'uomo, ma non ho tempo per parlarne ora).
Non capiamo, o almeno io non l'avevo capito, perchè Annette ci viene mostrata in questa maniera.
Lo capiremo, in maniera dolorosissima ed eclatante, solo poi.
Ma siamo nella parte centrale del film (quella con forse qualche scena più debole. E' anche vero che reggere un musical di due ore e un quarto è dura, e se quello che vediamo non è sempre troppo significativo a volte allentiamo la tensione).
E' la parte delle crisi, la crisi di Henry il cui pubblico non apprezza più il suo cinismo, è la crisi di Ann, perduta nei suoi boschi e vicina ad un uomo invidioso del suo successo, è la crisi del pianista (magistrale la sua scena con l'orchestra in cui ci racconta cose interrompendo ogni tanto per dirigere, magistrale), è la crisi di Annette, ma di questa non si interessa nessuno, Annette è un manichino a cui dicono cose e fanno far cose, se soffre nessuno si interessa.
Anche per noi spettatori quel burattino all'inizio quasi "fastidioso" più passa il tempo più proviamo empatia per lui, ogni secondo che passa e un cm di legno diventa un cm di pelle, lo iniziamo sempre di più a vedere come una vera bambina, con i suoi silenzi, i suoi dolori, le sue paure. Ci sono almeno un paio di momenti, in questo senso, struggenti.
Uno di questi è dopo una delle scene madri, quella della tempesta.


Mamma mia che sequenza, talmente finta da risultare proprio per questo impressionante.
Non riusciamo a vedere perchè e come cade Ann, ed è bellissimo così perchè sappiamo al tempo stesso che la colpa è di Henry ma pure che non è stato un omicidio.
E ci vengono così in mente tutte quelle persone perse in delle tempeste emotive e psicologiche che hanno vicino persone che invece di aiutarle le "aiutano" a perdersi ancora di più, le affondano.
Ann muore, comincia un altro film, comincia quello in cui la protagonista femminile cambia.
E diventa Annette.
Una lampada si accende, la bimba comincia a cantare.
Non vorrei sbagliarmi ma la melodia è la stessa che cantava la madre, quella della foresta nel suo spettacolo.
Annette è troppo piccola, il suo canto non ha parole.
Ma è bellissimo.
Il padre, quel padre (cor)reo della morte della madre e fallito nel suo lavoro vede in quel piccolo miracolo una possibile svolta.
Ed ecco che piano piano cominceremo a capire perchè Annette viene vista come un burattino.
Perchè quello è, un burattino, una marionetta (il mio amico Stefano mi suggeriva che lo stesso nome lo richiama - "marionette" -).
Comincia un film cinico e spietato, in cui vediamo questa bimba in giro per il mondo, acclamata da tutti. Quando la alzano con dei cavi sospesi mi sono sentito male, è l'immagine simbolo se ce n'è una di quanto lei sia un fantoccio nei fili di burattinai.
E Annette che suona al piccolo pianoforte "We love each other so much" stringe il cuore, per tutto il significato che c'è sotto.
Poi ci sarà un omicidio e quella bimba rimasta a letto, intuendo la mostruosità del padre, ci ammazza definitivamente.
No, ormai anche per noi Annette non è più un burattino, adesso ogni sua espressione ci fa male, adesso siamo in empatia con lei, adesso ci siamo dimenticati di come ci viene mostrata perchè sono talmente tante le cose che ha subito che questo diventa ai nostri occhi, un essere umano doloroso.
E poi l'ultimo spettacolo, quello dove una bimba di pochissimi anni diventa già una figura matura e tragica.
Annette si rifiuta di cantare.
Annette parla, per la prima volta, e le sue parole sono terribili.
Bellissime quelle persone che urlano contro Henry "Adesso chi morirà per noi?", quelle persone che vedevano nelle morti di Ann una propria salvezza, una propria sublimazione, e adesso vengono a sapere che non solo quella persona è morta davvero, ma è stata uccisa.
E poi il tribunale con il momento più alto in quel "Non possiamo stare entrambi dove dovremmo stare", con quell'impossibile unione di due persone ormai divise per sempre, col demone di Ann che promette persecuzione ad Henry.

Ma poi, ma poi arriviamo al finale, uno dei più grandi della mia vita

Ho scritto tanto, tantissimo, e niente di Driver, della Cotillard (Dea), del fantastico Helberg e dell'impressionante piccola Devyn McDowell. Beh, l'ho fatto adesso, inutile dire altro

Un finale impressionante che unisce tutti i fili, che chiude tutti i cerchi, che ci uccide.
E, come fosse uno spettacolo di Ann, ci uccide tante volte (io l'ho visto almeno in 40 occasioni).



Raramente un'idea apparentemente così didascalica (spiega tutto, anche l'ovvio) l'ho trovata così potente.
Ti vedo diverso, dice Annette al padre.
Anche io, risponde lui.
E la telecamera va su Annette.
E adesso la vediamo per quello che è sempre stata, una bimba in carne e ossa.
Adesso lo stesso Henry fuori dal suo spettacolo (non è un caso che quello sia l'unico dialogo inizialmente parlato) la vede per quello che è, sua figlia, una figlia meravigliosa che lui ha sempre e solo visto come un burattino nelle sue mani.
Ma Annette è forte, fortissima, Annette è stata zitta tutto questo tempo ma ha assorbito tutto, ha visto tutto.
Ed ora vomita sul padre qualsiasi cosa.
"Qui non puoi bere e uccidere"
"Tu e la mamma mi avete sempre trattato come una marionetta"

e poi, dopo I must be strong, lo struggente, DEVASTANTE

"You have nothing to love"

"Non hai più niente da amare"

Quel padre che poteva avere tutto, una donna magnifica e una figlia straordinaria ora non ha più niente da amare. E glielo dice la stessa figlia.
E in un dialogo che è già storia del cinema lei che gli ricorda tutto mentre lui, a metà tra la giustificazione e la lucidità analisi del passato, le racconta di come la sua vita sia stata caratterizzata sempre dal guardare nell'abisso, lontano dalla ragione, lontano dall'amore, lontano da tutto.
Un abisso profondissimo in cui è sprofondato sè stesso e ha fatto sprofondare tutte le persone intorno a lui.
Ma Annette è forte, Annette sarà forte e si salverà.
E lui l'ha persa.
Lo capisce e non può che cantarle un commovente e definitivo "Goodbye" e, come ultima frase:

"Never cast your eyes down the abyss"

e piango solo a scriverla questa frase, io che l'abisso l'ho visto (come tanti di noi) e so che significa.
Forse gli unici due minuti in cui quel padre merita di essere tale.
Accettare quello che si è perso e pregarla di non guardarlo mai quell'abisso.
L'emozione raggiunge vette impressionanti, in questa scena è stato firmato un assoluto capolavoro.

E questa scena, e questa recensione, sarebbe stata - ed è stata - quella che è stata. Eppure non posso aggiungere una piccola grande cosa che rende Annette ancora più grande, qualcosa ti gigantesco.

Nel finale Henry è identico a Carax (capelli corti brizzolati). E la dedica finale è a sua figlia.
E la moglie, se uno guarda le foto, è identica alla Cotillard (come adesso la stessa figlia).
E la moglie di Carax morì probabilmente suicida vittima delle depressione, vittima delle sue tempeste e dei suoi boschi.
Grazie Stefano per avermi dato queste informazioni.

E così un film che racconta un qualcosa di personale reso universale attraverso il cinema, attraverso lo spettacolo (potremmo quasi avere una doppia metafora, non solo con la carriera di Carax ma con questo unico film che, fino alla fine, è spettacolo di sè stesso come lo è quello di Henry dentro al film), dicevo un film intimo che era diventato spettacolo grandioso e universale, nel finale torna quello che è sempre stato, una piccola cosa personale ed intima.
Dal piccolo era passato per il grandissimo per tornare piccolissimo alla fine, in un ping pong tra arte e vita.
Henry ha concluso il suo spettacolo.
Ha perso tutto.
Ma almeno ha la forza di chiedere di non essere più guardato.
Forse, adesso, vuole essere un uomo.
In terra un burattino e un peluche abbandonati.
Vicino, se solo si potesse vedere, c'è anche il mio cuore

9,5

36 commenti:

  1. Complimenti per la recensione Giuseppe e per aver omaggiato questo immenso capolavoro: 8 giorni sono fin pochi per sedimentare e commentare un’opera così enorme… da vedere 100 volte!…Ho visto il film 4 volte (2 in sala)…mi mancano solo 96 visioni :-) ….e tra queste spero prima o poi di poterlo vedere su uno schermo all’altezza della sua magnificenza (tipo la Sala 3 del Reposi per intenderci). Da ossessionato fan degli Sparks (duo formato dai fratelli Ron e Russel Mael, due ragazzi di 76 e 73 anni che fanno musica da oltre 50 anni) volevo aggiungere qualche informazione nella speranza di far avvicinare alla loro arte chi non li conosce:
    - autori del soggetto e coautori (con Carax) della sceneggiatura di Annette, hanno lavorato sulla meravigliosa colonna sonora per 8 anni e qui trovate la versione unlimited di 62 pezzi: https://www.youtube.com/watch?v=OamLatA8t30...
    - nonostante l’età, continuano a sfornare musica freschissima con testi profondissimi….basti ascoltare i loro ultimi due (per me stupendi) album: “Hippopotamus” e “A Steady Drip, Drip, Drip”;
    - sempre nel 2021 è uscito il documentario “The Sparks brothers” del mitico Edgar Wright (anche lui superfan dei fratelli Mael) che rende bene l’idea dell’importanza degli Sparks nella storia della musica pop/rock e non solo;
    - nel 2008 hanno compiuto un’impresa che non ha eguali nella storia della musica: hanno suonato dal vivo per 21 sere di seguito a Londra i 21 album che fino ad allora avevano pubblicato…per in totale di 256 pezzi: impresa che ha dell’incredibile!
    Lunga vita a LEOS CARAX e agli SPARKS !!

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    1. sai perchè non ho scritto praticamente niente su de loro?

      perchè sapevo che un amico di torino avrebbe fatto sta cosa qua

      grazie!


      stupendo legge ste cose

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  2. uno di quei film che resterà.

    nella sala (una delle poche) dove l'ho visto quattro persone se ne sono andate a metà, così va il mondo.

    la tua è un'ottima recensione (ma non avevo dubbi)

    https://markx7.blogspot.com/2021/11/annette-leos-carax.html

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    1. grazie amico...

      il mondo va così ma noi siamo contenti lo stesso ;)

      (letta e condivido tutto ovviamente)

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  3. Ne me quitte pas Jacques brel-Gigi Proietti

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    1. non afferro il nesso ma sempre bello leggere certi nomi ;)

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  4. Che bella recensione giusè! Questa è la magia di un film del genere, quello di creare infinite micro storie diverse con intesità emotive da pelle d'oca e occhi lucidi all'interno di una macro storia avente una trama e quindi idealmente UN punto di vista. Un film come Annette è talmente immenso da andare oltre la realizzazione del film stesso, oltre al musical tradizionale, generando un autentico cosmo che ti rende bramoso di entrare ma con la paura di perderti non appena ci entri. Storie d'amore, storie di famiglia, amori idilliaci, amore per il proprio lavoro, dedizione, passione, ma anche amori tossici, sfruttamento, omicidi verbali e fisici, predizioni, spremere fino all'orlo la figlia (il Cinema) da parte dei genitori in particolare il padre (le piattaforme streaming) e il personaggio di Heldberg (un ultimo grido di amore da parte di una nicchia sempre più in estinzione che ama il cinema nella sua essenza e non nella sua pecunia, come lui amava Annette come FIGLIA in tutti i sensi ma che finisce soffocato da un sistema ineluttabile che ha preso il sopravvento). Possono esserci così tanti aspetti e sfumature in un film? Soprattutto se parliamo di un Musical? Probabilmente no, ma Leos Carax è riuscito a cacciare l'ennesimo coniglio dal cilindro che, dopo Holy Motors, ha sputato in faccia tutta la verità e la rabbia di un amante raro del cinema verso un sistema che ha trasformato la passione in carriera e la bellezza delle immagini e dei significati in share televisivo e apatia di sentimento.
    Quanto distrugge l'ultima scena (non ero minimamente a conoscenza della storia di Carax) il momento che ti rendi conto di aver raschiato il fondo del barile e che ormai è impossibile recuperare, chissà se capiterà la stessa cosa nel mercato cinematografico.
    Tante visioni, tutte immense, perchè da un film così esci diverso, non puoi fare altro. Un film che a parer mio va visto solo al cinema (almeno alla prima visione dovrebbe essere un autentico dogma).
    Dopo tutto film del genere possono essere ritenuti irrealizzabili per qualunque artista, ma qui stiamo parlando di Carax e con un genio così, adoratore di un mondo che non esiste più e incazzato più che mai con questo morbo cavalcante, possiamo solo ritenerci onorati e fortunati di goderci queste perle uniche.
    Si dice spesso che è dalla sofferenza che nasce l'Arte migliore, forse qui, dal 2012 ad oggi, ne abbiamo avuto la dimostrazione e la conferma.

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    1. grande Lorenzo!

      bellissima sta metafora! ma è tutta tua o l'hai letta e rielaborata?

      a me non era venuta per niente in mente malgrado invece in Holy Motors (che so che hai letto) la trovai come unica (almeno per me) possibile chiave di lettura

      a me la storia di Carax l'ha detto un amico (grazie stefano, e mortacci tua!), ha reso il film ancora più incredibile e doloroso (io poi l'ho letto molto più semplicemente di te, senza metafore, solo umano)

      purtroppo ha sto difetto che dici, va visto al cinema mannaggia...

      sì, nessun altro regista poteva realizzarlo e dobbiamo essere solo onorati quando qualcuno ci regala opere d'arte così immense e "diverse", o le fa un genio o niente


      "Si dice spesso che è dalla sofferenza che nasce l'Arte migliore, forse qui, dal 2012 ad oggi, ne abbiamo avuto la dimostrazione e la conferma."

      piango

      grazie di aver commentato nel blog!

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    2. Riguardo la metafora cinematografica l'avevo letta per Holy Motors e rivedendolo con quella chiave di lettura divenne (per me) un film gigantesco, poi poco prima di andare a vedere Annette spuntavano articoli clickbait che mettevano più o meno la stessa metafora e l'ho osservato con questa ottica. se avessi avuto un osservazione senza un minimo di spunti andrei al Corriere della Sera come recensore a Venezia :').
      Sull'ultima frase grande! mi fa piacere che ti piaccia!! poi quando un film è di tale intensità e potenza penso sia naturale provare tutto questo, basta scriverlo da qualche parte.

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  5. Che lavoro Giuseppe!!! c'è dentro tutto il tuo amore folle per questo film, che poi chiamarlo film è riduttivo, come dici te, io preferisco il termine opera, maestosa opera filmica.
    Dalla prima all'ultimissima scena - quella sui titoli di coda è stata un'inondarsi di sensazioni emozioni musica poesia dolore estasi bellezza.
    Non mi ci metto a scriverci qualcosa, le tue 3854 parole è come fossero le mie!
    Grandissimo Carax, artista pazzesco, visionario, compiuto unico!

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    1. sono davvero 3854?? dopo controllo, ahhaha

      grazie Angela!!

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    2. ahahah certo! e 22.637 caratteri (spazi inclusi); lo dice Microsoft, mica io...

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    3. forse nelle 10 più lunghe de sempre


      o forse no :)

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    4. e boh? forse si. sono andata a vedere Synecdoche NY "solo" 1186 parole. Me ne aspettavo di più...
      mo' ti faccio la classifica 😂😂😂

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    5. scherzi a parte Angela, volevo proprio contattarti per una cosa di cui me ver4gogno....

      siccome (ti ricordi bene...) 3 anni fa ho rimesso a posto, anche molto grazie a te, tutte le immagini del blog sarebbe bello se dopo tutto questo tempo, PIANO PIANO, si ricontrollassero tutti i post (in ordine cronologico,basta partire dal primo e cliccare in basso "post più recente" ogni volta)

      perchè comunque ho visto che questi 3 anni di immagini (ovviamente quelle che non misi a posto 3 anni fa perchè presenti) se ne sono perse altre

      e secondo me se già con quel mega lavoro l'80% sarà a posto per sempre con un secondo passaggio andiamo veramente al 95%

      anche perchè tra tutte quelle messe a posto la prima volta, quelle messe a posto la seconda (eventuale) e quelle che in tutti questi 13 anni non si sono cancellate (e quindi credo siano al sicuro) veramente poi ne sparirebbe una ogni morte de papa, ahah

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    6. la scorsa vlta ho controllato tramite "tutti i film recensiti" seguendo l'ordine alfabetico. Immagino nella sostanza sia lo stesso, giusto?

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    7. No Angela

      perchè seguendo tutti i post ci sono anche tutte le liste, i racconti, post altrui che non sono archiviati e tante altre mcose che non sono in "tutti i film recensiti"

      ora te me dirai

      ma guarda questo, già fare "tutti i film recensiti" è un lavoro da cani, addirittura mi dice di vedere TUTTI i post

      ma, in realtà, andando cronologicamente cono molto MENO cose visto che dal 2018 io salvavo le immagini, quindi dal 2018 i9n poi ci sono tutte sicuro

      se fai con l'ordione alfabetico controlleresti centinaia di film che non possono aver perso immagini, perchè dopo il 2018

      insomma, semmai va fatto cronologico, ma solo se te "diverte", ahaha

      se noti bene sotto l'area commenti di ogni post c'è a sinistra "post più recente"

      ecco, basta cliccà quello ogni volta, e impossibile perdersi qualcosa senza nemmeno appuntarsi dove si era arrivati ;)

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    8. insomma, col mio metodo oltre a non perdersi niente poi arrivait al 2018 ci si ferma, si evitano di controllare proprio centinaia di post, questo dicevo

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    9. Ok, capo! capito... proverò a divertirmi allora. ;-)
      Ti faccio sapere... Un abbraccio

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  6. Che poi, non mi ci metto perchè pur volendo temo di non trovarle le parole per dirlo. A volte mi succede, ci sono film che continuano a vivere in me, in silenzioso tumulto e di cui non posso né, forse, voglio dire se non a chi sento potrà fare a meno di quelle parole che ancora non trovo.
    Tornerei in sala ancora e ancora, sino a potermi dire sazia. Pazza d'amore per un film e non so che dirlo così.

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    1. sono 9 giorni che ascolto pezzi, che sogno di rivederli, che spero di poter rivedere l'intero film

      e, ti dirò, "durante" lo trovavo stupendo ma "niente di più" (oddio,niente di più di stupendo è sempre tanto eh) ma appena finito, dopo quel finale, ecco, l'ho visto gigantesco

      e son sicuro che lo sia

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  7. Mi accade raramente di sentire il bisogno di scrivere di un film - un prurito in pancia che non si placa finché non è esternato nella forma digitalizzata di caratteri a schermo (in luoghi preziosi come questo blog) - e il più delle volte è associato a film enormi, che mi ritrovo ad amare, contemplare e studiare. Quasi mai per film che non ho apprezzato, non ci dedicherei ulteriore tempo. "Annette" non l'ho amato, non l'ho odiato. Ma mi ha lasciato questa prurigine da grattare.

    Ho percepito "Annette" come un'opera che avrebbe avuto il potenziale per diventare grandiosa, al pari di Synecdoche New York o Holy Motors per citare due lavori affini, ma non ci riesce per una serie di limiti, attribuibili sia alla mia sensibilità ed esperienza filmica sia al film in sé. Proverò ad essere analitico e ad espandere questi ultimi.

    NON E' UN FILM DI CARAX
    Il limite più ingombrante è la natura del film, ovvero la forma di musical: per sua struttura la direzione principale è dettata dagli autori delle musiche, che in questo caso sono pure gli ideatori e gli sceneggiatori. Il regista ha una possibilità di interpretazione e movimento molto limitata in questo genere di film, e la mia sensazione è che la libertà espressiva di Carax sia stata schiacciata sia dai fratelli Mael che da Adam Driver, che con la sua fisicità ingombrante, anche come caratura attoriale, si mangia la scena su tutti, pur con una performance canora tutt'altro che memorabile (prova attoriale notevole ma non ai livelli di "Marriage Story", "Paterson" o del recente "The Last Duel").
    Poi, entrando più nella soggettività dei gusti personali, ho trovato le canzoni poco interessanti, ripetitive e noiose; i testi scarni ripetuti incessantemente hanno anche il difetto di stirare eccessivamente il minutaggio.

    ANNETTE : HENRY = PINOCCHIO : GEPPETTO
    Si scrive "Annette" ma si legge "Henry"; sarebbe stato perfetto, e più accattivante, intitolarlo "Ape of God". Il titolo "Annette" mi sembra più un pretesto per far emergere la connessione meta-testuale con la vita privata di Carax (vedi anche la dedica alla figlia Nastya sui credits), o un trucchetto per depistare lo spettatore. E' come se Pinocchio raccontasse la storia di Geppetto.

    SQUILIBRIO DI SAPORI
    Ho subìto una mancanza di equilibrio nei toni: si passa in modo erratico dal surreale al melodrammatico, dal teatrale al noir, con vette di trash e dark humor inaspettate. Anche gli effetti visivi sono altalenanti, alcuni molto ricercati e rifiniti, altri assolutamente grezzi.
    Ho osservato un'opera sbilenca, non raffinata, che abbozza tante cose senza avere una visione di insieme solida, forse per la moltitudine degli autori presenti. E questa struttura multiforme porta ad avere l'impressione di poter leggere innumerevoli significati tra le righe, dal più immediato al più meta-testuale, ma credo sia più l'effetto collaterale di un pastiche di menti creative che un risultato voluto.
    Mi faccio aiutare da una similitudine culinaria.
    "Annette" è nell'anima una pasta al pomodoro, presentata come un'intera degustazione da ristorante stellato durante la quale si è invitati dal maître a mangiare in apnea (e senza scorreggiare), a cui si è voluto aggiungere del peperoncino per infuocare il palato, della menta per dare un'idea di freschezza, del ketchup per portare lo street-food a livello gourmet, del tartufo bianco per elevare il sapore, il prestigio e il costo, una musica orchestrale come accompagnamento sovrastata dal canto del sous-chef stonato. Si esce con un senso di indigestione, visiva, uditiva ed esistenziale.

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    1. NOTE SPARSE
      - Scene notevoli: il piano sequenza iniziale ("so may we start"), lo spezzone "why did you become a comedian", le sequenze in moto, la scena della foresta nel teatro, il finale spezzacuore.
      - Elementi/scene tecnicamente pessimi: la passeggiata nel bosco (il primo "we love each other so much"), le lacrime posticce di Davyn McDowell sul finale, i viaggi di Annette ("bon voyage"), l'annegamento del conductor, il costume del demone di Ann, gli spezzoni TV, l'intro sottoesposto con le onde sonore rosse.
      - Battuta più trash e divertente del film: "baby-sitting".
      - Dubbi: la voglia che si ingrandisce sul volto di Henry cosa rappresenta? E' il suo senso di colpa, il suo demone che emerge? E gli effetti visivi delle onde sonore rosse all'inizio cosa significano?
      - Musical 2021: il mio musical preferito dello scorso anno resta Bo Burnham's Inside, quello sì un lavoro tecnico epico con mezzi e budget minimi (casalinghi, letteralmente), e un'opera di commento alla società moderna estremamente stratificata.

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    2. Che bella cosa che ci sia un commento da contraltare a questa pagina che è diventata l'esaltazione (per i 4-5 che hanno scritto) di uno - per "noi" - dei più bei film di questi anni

      e scrivo ste prime righe senza ancora aver letto, dai discorsi su telegram

      ora leggo pezzo per pezzo e rispondo...pezzo per pezzo

      1 beh, solo il fatto che ti ha spinto a scrivere (cosa che come dici ti accade raramente e solo con filmoni) significa che comunque, come dici, ne hai percepito la grandezza, almeno quella nelle intenzioni, ahah

      2 Molto interessante. Però vedi, c'è un paradosso. E' vero che - me l'hanno detto - la genesi di questo film è stata quasi su commissione ma alla fine questo è forse il film più intimo del regista. Un film dove ha messo dentro sè stesso come padre, sua figlia, sua moglie e tutte le loro dinamiche (compreso il suicidio di cui si sentirà sicuramente in parte colpevole). Insomma, dire che non è un film suo sul film, da un punto di vista, più intimo e personale è strano. Ma ho capito che dici

      Driver secondo me non si mangia tutti, se lo fa è solo perchè c'è sempre ;)
      Come dici è una grande interpretazione, forse non memorabile.
      Io ho amato quasi tutti i pezzi, proprio per la loro semplicità, proprio perchè narrativi. Anche in Dancer in the dark erano molto semplici.Non sono un espero di musical ma credo che in generale sia spesso così

      3 Però quante volte vediamo cose del genere? io adoro invece questo. Pensa a Coco allora, il titolo è su un personaggio che vediamo 5 minuti. Ma è questa la bellezza della cosa, si dal titolo far capire che il personaggio principale, l'anima del film, il motivo dello stesso, non sono nel eprsonaggio principale, ma in un altro.
      Io questi titoli depistanti o "illuminanti" li trovi bellissimi

      4 ahah, su questo punto non posso controbatte, è davvero "gustoso" (per restare in tema) e troppo personale come sensazione. Quindi non ho materiale semioggettivo per dire niente, ci sta ;)

      5 cavolo, non ho citato MAI la moto in una recensione così lunga, ahah
      Credo che le scene che hai citato possano essere anche le mie preferite

      Non me so accorto delle lacrime posticce, peccato
      In genere direi che sì, non sono certo i momenti migliori quelli che dici (a me è piaciuto tutto tutto ma mi ci ritrovo)

      ahah, sì, bella e terribile

      cazzoooooooooooo

      mi sono dimenticato di parlare della voglia cristo. E volevo anche scriverci tanto. E avrei scritto quello che hai scritto anche te, un senso di colpa che aumenta sempre di più, una "macchia" nella sua anima sempre più grande. Ma come ho fatto a dimenticarmi...

      eh, se hai visto nelal media punti era addirittura primo o secondo questo che citi ;)

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    3. Sul punto 2 sono piuttosto convinto della mia critica, anche se sicuramente Carax l'avrà sentito come "suo" durante la realizzazione e avrà spinto quanto più possibile verso la sua visione. Resta il fatto che è la musica a dettare il ritmo e la direzione di un musical, è un binario matematico.

      Il paragone con Dancer in The Dark lo trovo forzato, sia per la qualità tecnica, vocale, coreografica (l'opera di Bjork e Sjon è monumentale come lavoro di sound design, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport) che per l'intervento diretto del regista nei testi (Lars Von Trier ha partecipato come autore ai testi di tutti i brani, soggetto e sceneggiatura sono suoi). Per redimerti quest'anno avrai ben due opere di Sjon da contemplare al buio della sala.

      Posso concordare con te sul titolo, in realtà non è un difetto di per sé ma semplicemente l'avrei trovato più originale e intrigante se chiamato "Ape of God".

      Invece non mi hai aiutato a decifrare gli effetti visivi delle onde sonore rosse all'inizio, per me restano un mistero, pure brutto da vedere :D

      "Inside" di Bo Burnham è di Netflix, un'ora e mezza scarsa che scorre velocissima.

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    4. ma secondo me diciamo la stessa cosa. E' ovvio che questo è uin progetto esterno e dettato dalle musiche. Ma poi forse cucirselo addosso, e in maniera così dolorosa e famigliare, lo rende un film ancora più personale, proprio per l'operazione che è stato costretto a fare per renderlo suo

      sono punti di vista, entrambi assolutamente incontestabili

      sai, mi odierai ma per me Annette è tranquillamente al pari di Dancer in the dark, che per me è un capolavoro, uno dei 3-4 più grandi di Trier
      poi che Bjork è Bjork non ci piove, a livello musicale sono duie pianeti diversi

      eh, me sa che ho glissato su quella cosa perchè non me la ricordo, ahahah

      quindi inutile arrampicarmi ;)

      ottimo se è su Netflix!

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    5. Vi esorto a non commettete l'errore di sottovalutare gli SPARKS.....punto di riferimento per moltissimi artisti, a cominciare dalla bravissima Bjork e proseguire con Queen, Joy Division, New Order, Smiths, Duran Duran, ecc. ecc. In ogni caso secondo me la musica di Annette è strepitosa sotto tutti i punti di vista (composizione, produzione, testi). Ho ascoltato i demo di alcuni brani di Annette in cui canta Russell Mael (voce degli Sparks) invece di Driver: ovviamente il livello è superiore ma ci mancherebbe, canta da oltre 50 anni. In ogni caso ritengo che Driver e la Cotillard abbiano fatto un ottimo lavoro e non era affatto scontato.

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    6. Ciao Stefano! Su tuo spunto sono andato su YouTube a cercare i brani demo che citi, ne ho ascoltato tre e...Cavoli! Non so se è "solo" l'interpretazione di Russell Mael, e/o una base sonora più scarna a pulita, ma la resa è di molto superiore a quanto ho percepito durante la visione. Per me è una conferma che qualcosa non sia funzionato nell'unione di forze tra i fratelli e Carax, ed entrambi ne abbiano perso in potenza espressiva. E' un po' come il Dune di Jodorowsky, l'ambizione che la fusione dei talenti di artisti diversi porti a risultati pari o superiori alla loro somma pende come la proverbiale spada di Damocle sul capo di chi osa provarci.

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    7. Ciao Matteo! Per me in quel contesto a fare la differenza è solo la voce di RM che però a livello interpretativo è stata compensata da un grande Driver, almeno questa è stata la mia percezione. Considera, peraltro che il film ha richiesto un lungo processo creativo (8 anni) e durante questo periodo Carax è intervenuto spesso sulla sceneggiatura. Per farti un esempio su tutti, la canzone della celeberrima ultima scena non era prevista nella prima stesura che i fratelli Mael avevano inviato a Carax che ha chiesto loro specificatamente di aggiungerla secondo le sue direttive. Considera poi che i tre si conoscono da moltissimo tempo (Carax è loro fan da quando era ragazzino) e hanno già collaborato artisticamente (un pezzo degli Sparks compare anche in Holy Motors e Carax ha cantato in una loro canzone - When you're a French director) e hanno sempre dichiarato di condividere una certa poetica e sensibilità espressiva. Da non dimenticare poi l'importanza della musica nei film di Carax e la sua abitudine e girare scene come in un musical (vedi le sequenze di "Gli amanti del Pont-Neuf" e "Mauvais Sang"). A tal proposito, la scena delle fisarmoniche con i pezzo "Let my baby ride" in Holy motors ricorda molto la scena iniziale con "So may we start" in Annette). E sono proprio queste "affinità elettive" e il lungo (e minuzioso: sono tutti e tre maniaci della perfezione) lavoro di revisione del soggetto originale che secondo me hanno contribuito a creare quella che a mio parere rappresenta un'opera incredibile e potentissima.

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  8. Ciao Matteo, non dirò tanto se non farti sapere che ho apprezzato la tua analisi, il giusto contrappeso al mio sfegatato entusiasmo.
    Non cambia l'emozione che ho provato e di cui ho scritto ma ho trovato tanti spunti e osservazioni interessanti; la questione Geppetto-Pinocchio, a me ha fatto pensare anche alla madre/fata turchina con quella smania di perfezione che, diversamente dal personaggio di Collodi, non serve a proteggere o alla evoluzione della marionetta/bimba che nasce e rimane tale sino a che lei stessa non reciderà i fili)
    Avrei detto, usando una similitudine alla mia portata che Annette è una esagerata, raffinata, sontuosa “soupe de végétale” (no, minestrone non lo chiamo!): ora sento la consistenza di una verdura, ora il sapore preciso di un’altra, poi esplode il sentore aromatico del timo e la dolcezza del cubetto di parmigiano che si squaglia in bocca. Ne esco frastornata dai sapori, forse, ma sazia e compiaciuta.

    E grazie della dritta su “Inside” 😉

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    1. Grazie Angela! Questo blog è un prezioso spazio di confronto e condivisione.
      E con il tuo commento propongo di inaugurare una rubrica di recensioni cinematografiche tramite metafore culinarie, Giuseppe aveva già coniato "Il buio in salsa" in passato (di verdure).

      A presto!

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    2. non me ce fa pensà...

      tutto gasato io e trip che me rimanda insieme la recensione tre volte, anche quando la cambiavo un pochino per loro

      è durato poco ;)

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  9. Ho trovato interessantissima e illuminante questa recensione e intelligenti e costruttivi i commenti.
    Adoro gli Sparks e non vedevo l'ora che Annette uscisse e l'ho trovato un film decisamente maturo, riflessivo e trasgressivo. L'impressione che forse può dare di macchinoso, di non completamente fuso tra le parti è probabilmente l'ispirazione che io sento prepotentemente come pirandelliana. Il musical che non vuol essere catalogato come musical, il cinema che continuamente cerca di sfuggire dalle sue regole diventando un teatro che non riconosce più la divisione tra attore e spettatore. Adam Driver si mangia forse un po' di Cotillard, tuttavia per me ha compreso a fondo la stanza della tortura, sempre di pirandelliana memoria, e ne resta genialmente prigioniero. Lunga vita a Carax!

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    1. grazie Alice!

      e complimenti per le tue parole che descrivono perfettamente Annette ;)

      credo che tu abbia visto Holy motors, dalle tue righe forse si percepisce, ma in caso contrario vedilo ;)

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao