2.2.24

Recensione: "Yannick - La rivincita dello spettatore" - Cinema 2024

 

Siamo a teatro.
Uno spettatore interrompe la commedia che si sta svolgendo sul palco perchè noiosissima, deprimente, e lui che si è ritagliato per una volta due ore di relax in una vita solitaria e triste questo non può accettarlo.
Yannick - questo il nome dello spettatore - fa sul serio e tira fuori anche una pistola, costringendo tutti gli spettatori e gli attori ad aspettarlo mentre lui, sul palco, con un pc, scrive una nuova sceneggiatura.
Il geniale Dupieux tira fuori un altro film assurdo (anche se, paradossalmente, il meno assurdo suo), divertentissimo, satirico, caustico.
Si ride tanto in questo film cortissimo (un'ora!) con un personaggio principale che forse inizialmente risulta odioso ma poi, piano piano, svela la sua vera anima.
Forse Yannick è il contraltare leggero di Interruption, il film greco capolavoro che aveva un soggetto iniziale praticamente identico.
Eppure questo è anche il film di Dupieux più umano, quello dove il regista francese, in modo quasi nascosto ma potente, sa regalarci anche emozioni.
Il coma è una malattia.
E quella malattia è l'amore.
O, la mancanza di esso.


Siamo a teatro.
Sul palco una commedia che vede protagonista una coppia con lui che ha scoperto il tradimento di lei e lei che non solo non può più nasconderlo ma, anzi, gioca talmente a carte scoperte che l'amante, un triste signore dell'aspetto impiegatizio, è lì in casa della coppia.
Il marito cornuto lo invita a mangiare con loro.
La gente sulla platea, poca e generalmente annoiaticcia, ridacchia ogni tanto.
Ad un certo punto, però, si alza uno spettatore.
Si chiama Yannick, dice, e protesta platealmente (beh, dalla platea solo platealmente si può protestare) perchè quella commedia non fa ridere per niente, perchè lui lavora come un mulo tutti i giorni, perchè per una volta si è ritagliato un piccolo spazio per divertirsi, si è fatto anche un'ora di strada per esser là, e quello spettacolo invece di divertirlo lo deprime.
La protesta è lunga e seria ma, alla fine, Yannick accetta d'andar via, costretto dai commedianti sul palco.
Alla biglietteria, però, sente soffusamente la gente ridere e, tornando dentro, si accorge che le risate erano dovute agli attori che appena lui se ne era andato lo stavano deridendo.
Yannick tira fuori una pistola e decide che no, non va via, resta lì e, anzi, ora scrive lui la commedia da recitare.



Il genio Dupieux (che oramai è una vera e propria macchina da due film l'anno, della qual cosa tutto sommato siamo contenti, anche se presenta dei contro, come quello di ritrovarci davanti dei piccoli divertissement e non opere più complesse) realizza con Yannick il suo film più "umano", quello più empatico, quello meno assurdo (pur restando assurdo!) e quello dove, oltre alla sua solita satira e attacco al mondo artistico (nella sua carriera troviamo film che perculano l'industria discografica, quella cinematografica e tanti altri ambiti dove si contrappongono produttore, artista e pubblico, cosa che non manca, anzi, esplode letteralmente anche qui in Yannick), dicevo, oltre a mandare le solite stilettate al mondo artistico per una volta, in una maniera nascosta, piccola ed esplicita solo nel finale, rende protagonista del suo film le emozioni, l'amore, la solitudine, il disperato bisogno d'affetto.
E' un film di quelli che piacciono a me, ovvero quelli che negli ultimi minuti ti fanno rileggere, o comunque ti danno una chiave di lettura, a tutto quello che hai visto prima.
Yannick ha scritto la sua commedia, in un modo lentissimo, con sintassi sbagliate, ripetizioni continue ed errori grammaticali.
E' un testo brutto, noioso, infantile.
Eppure in quel suo essere sbagliato quel testo non solo sa far ridere gli spettatori (molto di più che con la commedia originale) ma arriva anche al loro cuore.
E anche al mio.
E in soli due minuti emoziona di più di film che per tutta la loro durata trattano certi argomenti.
Quel corpo in coma può essere risvegliato con un bacio, un semplice bacio.
Perchè la malattia di cui soffre è l'amore e quel coma è semplicemente la mancanza d'amore, d'affetto.
E così quel piccolo bacio che risveglia il morente è, come una sineddoche, l'intera commedia che Yannick ha scritto, gli applausi del pubblico, la rappresentazione sul palco, che risvegliano la sua anima in coma.
Perchè Yannick, ce l'aveva detto, è orfano di genitori, perchè Yannick è solo, cosmicamente solo.
Perchè Yannick è un ragazzo che ha solo un desiderio, piccolissimo ma, almeno per qualche momento, salvifico, ricevere attenzione, ricevere affetto, sentirsi vivo.
Esattamente come quel corpo là sul palco, il suo corpo.

Intendiamoci, questa emozionante e profondissima epifania che arriva alla fine del film non è il film.
O meglio, volendo possiamo rileggerlo tutto in questa chiave, ma l'atmosfera è un'altra.
Ed è a metà tra il divertentissimo (ho riso da morire) e il satirico.
Quante letture, ad esempio, possiamo dare a quello che accade nel film?
Tantissime.
Dalla critica al mondo del teatro che porta in scena sempre le stesse cose a quella agli spettatori passivi che accettano (pagando) qualsiasi cosa - anche cose che non amano -.
Da - al contrario - il "potere" che possono avere gli spettatori, se si fanno sentire, di condizionare l'arte a loro piacimento (il gusto della distribuzione fa il pubblico o il pubblico fa il gusto della distribuzione?) agli attori diventati ormai "impiegati dell'arte" che fanno cose in cui non credono nemmeno loro.
Dall'invidia degli stessi attori per il successo altrui alla critica ai testi teatrali (e, mutati mutandis, alla sceneggiature) che mettono dentro tante cose senza arrivare alla gente quando basterebbero cose scritte anche peggio ma capaci di colpire lo spettatore.

Sono veramente tante le suggestioni che regala Yannick sul ruolo dell'artista, del pubblico, di chi vende un prodotto e di chi lo compra.
Con quella pistola che passa di mano che diventa simbolo di "comando" e, all'opposto, di "ostaggi" dall'altra parte.
Attori ostaggi del pubblico, pubblico ostaggio degli attori (e dell'Arte), è un continuo cambiare prospettiva con la sensazione, quasi miracolosa, che siano veri entrambi gli assunti.


Impossibile non farmi tornare alla memoria l'immenso Interruption (il film più bello che vidi l'anno in cui lo vidi) dove, anche là, uno spettacolo teatrale veniva interrotto da qualcuno armato che, in qualche modo, cambiava le regole.
Sono due film completamente diversi ma sovrapponibili, ed entrambi, nel loro mondo, capaci di stimolarci.
Yannick è, ovviamente, un Interruption "dupieuxiano", ovvero divertente, innocuo, surreale.
Eppure non banale, per niente.

Quanto ho riso.
Quanto ho riso alla password "vaginale" e a lui che deve farne anche lo spelling, quanto al "Signor Soggettivo", quanto a lui che scrive al PC una lettera per volta, fregandosene di tutti e tutto (con una colonna sonora tipo lento thriller sotto, fantastica), quanto alla battuta su Macron (le differenze d'età delle coppie), quanto a quello che fa pipì sul corridoio, al dialogo sul kebab, a quello tra le due amiche che cercano di mandarlo ognuna a casa dell'altra, o alla bigliettaia che invece di chiamare la polizia va davvero a prendere l'immensa stampante, o all'inizio della commedia finale scritta da Yannick, con quella ripetizione della parola test...ripetuta 7-8 volte.
E questa sensazione, fortissima, che quel rompicoglioni di Yannick in realtà aveva dentro un'anima grande e che quello che stava facendo, come abbiamo detto sopra, era solo una disperata ricerca d'affetto, due ore "belle" nella su vita solitaria e triste.
Yannick che è perfettamente conscio della sua condizione ("lo so" risponde all'attore quando questo, con la pistola, gli dice che adesso nessuno lo considera più) e che ha solo il desiderio di far conoscere agli altri il suo grido d'aiuto.
Ed è qui che, paradossalmente, Yannick si dimostra un Artista eccelso perchè affida questo grido all'Arte, ad un testo teatrale, lui che mai durante i suoi innumerevoli monologhi aveva elemosinato niente, se non divertirsi una serata, adesso attraverso la sublimazione dell'arte fa conoscere quello che prova.
E vederlo lì con gli occhi lucidi che vede la gente ridere, che percepisce la gente emozionarsi per quel testo, per "lui", è un finale di film eccezionale, è Dupieux che per soli due minuti sembra essersi detto "ok, mostriamo quello che ho dentro anche io, senza veli".

Ma arriva la polizia antisommossa (impossibile che il film non richiami anche il Bataclan) e non sappiamo cosa succederà a Yannick.
E' solo uno stupidissimo film, è solo uno stupidissimo personaggio.
Eppure viene quasi il magone a pensare a cosa ci sarà stato dopo i titoli di coda.
E se ti è andata male amico Yannick avrai una consolazione.
Esserti sentito veramente amato un attimo prima della fine

8

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