28.11.24

Recensione: "The Beast" - Al Cinema 2024

 

The Beast è uno dei film più complessi, "importanti" e belli di quest'anno.
Siamo nel 2044 e Gabrielle, per trovare lavoro, affronta un colloquio in cui un'intelligenza artificiale (io la chiamerò Il Sistema) le dice che deve purificare la propria anima.
E questo significa eliminare tutte le emozioni, una specie di Atarassia del futuro che è condizione necessaria per fare sempre la cosa giusta, senza farsi condizionare dal proprio stato d'animo.
Per farlo Gabrielle deve "rivivere" le sue vite precedenti ed eliminare ogni fonte d'emozione.
In qualche modo, disconoscere quindi la sua stessa capacità di amare.
Gabrielle che ha vissuto tutte le sue vite sentendo sottotraccia la presenza di una Bestia, di un qualcosa o qualcuno che l'avrebbe portata alla tragedia.
Film che analizza tantissime cose, le possibili derive della nostra società, la spersonalizzazione, la realtà vera e quelle virtuale che ci costruiscono intorno.
E la forza  - che a volte è anche necessità - di difendere il proprio amore e la propria possibilità di emozionarsi ancora contro tutto e tutti, contro il Tempo, contro il Sistema, contro il non amore.


Tra le tante, tantissime, cose e suggestioni che ti lascia The Beast credo che la più interessante - e sulla quale non avevo mai riflettuto prima d'ora - sia lo "stato" in cui il Sistema vigente nel 2044 ti vuole portare, ossia quello di poter vivere sentimenti ma non emozioni.
Cristo, io che di sentimenti ed emozioni provo a interrogarmi e viverne da una vita non c'avevo mai pensato, non sono alla fine la stessa cosa?
Oddio, no, ovviamente no, ma, voglio dire, se è vero che un'emozione non nasconde per forza dentro di sè un sentimento (anzi, ce ne sono millemila staccate da esso) può esser vero il contrario?
Può il Louis del 2044 rispondere al "ti amo" di Gabrielle - un "ti amo" che era probabilmente in punta di labbra da 134 anni - può rispondergli "Anch'io" senza provare emozioni?
Perchè di film e libri distopici in cui le emozioni e/o i sentimenti vengono banditi o ripudiati nel futuro ne esiston tanti (voglio citare uno dei film in questo caso più sottovalutati, lo straordinario Non Lasciarmi) ma è la prima volta che mi ritrovo in questa situazione, sentimenti sì ma emozioni no.
Ecco, ovviamente quella di "The Beast" è una provocazione (come si fa ad amare senza che il cuore ti batta all'impazzata? senza che il solo pensiero di lei/lui non ti faccia sussultare? senza un occhio lucido, una mano che trema, un abbraccio che coccola?) ma - anche se forse non è il tema principale - potrebbe rappresentare una nemmeno troppo velata critica alla piega che sta prendendo il mondo, ovvero quella dove le emozioni "reali" sono sempre più rare o bypassate da quelle virtuali, dove ci si ama ma con poche lacrime e poco sudore, dove tante coppie vanno avanti in un modo non tanto "finto" (che di amori finti ne esistono dall'alba dei tempi) ma freddo, superficiale, calcolato, come freddo, superficiale e calcolato è il mondo dei computer e della rete che, per nostra fortuna e sfortuna, stiamo vivendo.
E questa lettura non è qualcosa di buttato là o metafora forzata eh, chè The Beast ha veramente dentro tutto il nuovo mondo, le intelligenze artificiali, le realtà virtuali e alternative, you tube, i vlog, i green screen, la rete, qualsiasi cosa.

Proprio con un green screen comincia il film, con Gabrielle (una sontuosa Lea Seydoux) che viene "istruita" su una scena da recitare, una scena che racconta di coltelli e bestie, qualcosa che ovviamente non possiamo per ora capire e che solo poi, ma tanto poi, potremo provare a darne un significato.
Eppure già in quei primi due minuti abbiamo un "motivo forte" del film, ovvero quello del concettò di realtà "vera" e virtuale.


Non è un caso che, a pensarci, possiamo immaginarci The Beast come un intero film in green screen, ovvero con una protagonista reale, Gabrielle, e tutto quello che le succede una realtà aggiunta in post produzione o, con tecnologia ancor più avanzata, come realtà "live" aumentata (ovvero vissuta in "diretta" da lei), virtuale.
Ma alla fine ci sono almeno altri due tipi di realtà virtuale nella nostra vita, i sogni e l'ipnosi, non a caso presenti entrambi nel film.
(ci sono un paio di scene stupende in voice off sotto una specie di ipnosi, mi hanno ricordato da morire Europa di Lars Von Trier o il finale di Oldboy).

E, attenzione, non sto mettendo tutti questi elementi a caso tipo a dire "inserisco tutto almeno qualcosa la prendo sicuro" ma The Beast è realmente un film sul collasso e sulla compresenza di tantissimi elementi tra loro.
E quindi se quello che Gabrielle vive sia una ipnosi regressiva, un sogno, una tecnologia avanzatissima che le permette di rivivere le sue varie incarnazioni o un visore di realtà aumentata, tutte restano in ogni caso, ognuna a suo modo, ipotesi valide.

Ovviamente la diegesi del film è abbastanza esplicitamente quella della sci-fi (sci fi che è quasi soltanto nel contesto e nell'ambientazione, The Beast è un film che si sradica dal genere o che comunque usa quello soltanto come mezzo) ma questo è un film talmente stratificato che qualsiasi lettura è possibile.
E, ripeto, non è un non riuscire a prendere una posizione chiara, è così.

La Gabrielle del 2044, un 2044 molto simile al nostro presente ma con - ovviamente - tecnologie avanzatissime, molti automi al posto degli esseri umani e una straziante e quasi imposta solitudine (le persone girano per strada sempre sole e con un visore che gli preclude qualsiasi interazione con gli altri) sta cercando un lavoro, mi pare non specificato.
Viene richiesto un solo requisito, ovvero quello di non essere sopraffatti dalle emozioni, non provarne più, perchè solo il nostro distacco da quelle (potremmo azzardare una specie di Atarassia) ci può permettere di rendere al meglio, di compiere sempre le scelte giuste, di affrontare le cose con la perfetta serenità.
Concetti in realtà "pericolosi" ma anche inquietantemente giusti potremmo dire, senza emozioni, passioni, paure ed entusiasmi le nostre scelte, come un freddo calcolatore, saranno sempre quelle giuste.
Per arrivare a questo stato bisogna ripercorrere le nostre vite precedenti (ovviamente il film mette alla base di tutto l'esistenza e veridicità di questo concetto) e "ripulire" la nostra anima, eliminando tutte le cose che in tutto il suo percorso l'hanno resa "viva", fragile, "umana".
Non è un caso che la primissima scena che vediamo della vita di Gabrielle (nella Parigi del 1910 che, di lì a poco, verrà sommersa dalla storica alluvione della Senna), primissima scena che per tecnica (piano sequenza) e ambientazione (palazzo signorile e tutti in costume) non può non rimandarci ad Arca Russa, dicevo non è un caso che una delle prime frasi che dirà Gabrielle sia "Io tengo alla mia anima".
Come se, in qualche modo, la Gabrielle che si sta sottoponendo a quel trattamento fosse già in "protezione" e in conflitto con il procedimento stesso.
"Sto facendo questo processo ma tengo alla mia anima, non voglio che scompaia"
(e il film poi confermerà quanto quella frase fosse sentita e profonda).

Ma c'è subito un altro caposaldo del film che viene fuori sin dalle primissime battute, ovvero quello che dà titolo al film, La Bestia.
Gabrielle vive la propria vita con la costante sensazione che stia succedendo qualcosa di terribile, una tragedia, una sciagura, un qualcosa che può annientarla.
Questo qualcosa è reificato in questa Bestia che però, a sua volta, sempre astratta rimane, (alla faccia della reificazione...), reificazione che, in qualche modo, è quindi soltanto semantica.
Ora...
Questa Bestia pare tanto, alla fine, un altissimo concetto alla Babadook, ovvero un "mostrificare" qualcosa di cui abbiamo paura, o un nostro trauma, o una nostra fobia, o una nostra condizione esistenziale.
Probabilmente nel film La Bestia è l'amore (mi pare venga anche esplicitato), quell'amore che, lo sappiamo, ci ucciderà.
La Bestia potrebbe quindi diventare Louis, ma ci torneremo.
Eppure pensateci, zoomiamo indietro, tanto indietro, allarghiamo più che possiamo questo concetto e ci renderemmo conto che forse The Beast altro non parla che della condizione esistenziale di ogni essere umano, ovvero quella di vivere costantemente nel terrore di morire.
La Bestia è la Morte e molto spesso non riusciamo a vivere completamente le nostre vite, o a non godere appieno delle cose belle che facciamo o che potremmo fare, perchè tanto quel velo nero di tristezza e di fine ineluttabile ci copre gli occhi, quella bestia è sempre lì dietro l'angolo, possiamo restare nella nostra stanza (vita) quanto tempo vogliamo ma prima o poi in quell'angolo dobbiamo passare.
Tornando invece a zoomare avanti questo terrore atavico potrebbe anche riguardare gli altri, ovvero vivere costantemente con la paura che possa perdere la vita qualcuno vicino a noi.
In ogni caso questa bestia è un terrore cieco (perchè ciechi siamo in qualche modo noi nel cercare di indentificarlo) che ci condiziona la vita, perchè qualcosa di brutto sta per accadere.



Non è un caso che Bonello inserisca nel film anche due disastri naturali, un'alluvione (reale, Parigi 1910) e un forte terremoto, come a dare una conseguenza e una deriva "non umana" ad una paura fottutamente umana.
Ricorda un pò le cose che accadevano intorno alla protagonista a causa delle sue emozioni nello splendido Thelma.
E, se ci pensate, le "due" Gabrielle moriranno proprio a causa dell'alluvione e, implicitamente, del terremoto (torneremo su queste morti/non morti).
In ogni caso il "Sistema" del 2044 molto probabilmente identifica la bestia che Gabrielle deve eliminare in Louis.
E' lui che deve uccidere, lui la fonte di quasi tutte le sue emozioni (che si porta avanti di vita in vita), lui quel "virus" che invade la purezza che le viene richiesta.
E allora - inutile dire che tutto quello che scrivo sono mie letture vero? posso sbagliare qualsiasi cosa - il Sistema (e qui torniamo finalmente alla primissima scena, quella del green screen) "istruisce" Gabrielle su come uccidere quella creatura (l'amore, Louis) e, per questo, la fornisce, in ognuna delle sue vite, di un coltello.
Gabrielle non ce la farà ad usarlo (il suo amore è troppo grande, il suo desiderio di restare umana, pur nelle sue debolezze e terrori, troppo grande lo stesso) ma non sa che, contemporaneamente, anche il suo amato, Louis, sta compiendo lo stesso processo....
Ci torneremo poi.
(scrivere "ci torneremo poi" in una recensione così lunga è tipo dire "smettete di leggere, fate bene")

Louis e Gabrielle si incrociano quindi (un quindi senza senso, scollegato a prima, inizio ad esser fuso) in almeno 3 temporalità, il 1910, il 2014 e il 2044.
Impossibile sapere se questo sia Destino o qualcos'altro, ma così è.
E impossibile non ripensare ad altri film dove due anime sembrano destinate a ritrovarsi sempre, come ad esempio in quei due capolavori che sono Eternal Sunshine of the spotless mind e Sole Alto .
Ognuno di questi 3 film, in realtà, racconta di cose diverse e di diverse gradazioni/sfumature di amore (o NON amore...) ma le suggestioni di somiglianza rimangono.
Eppure, vista anche la cornice tecnologica, The Beast sembra la perfetta crasi tra due degli episodi più belli di Black Mirror, ovvero lo splendido Hang the Dj e il meraviglioso San Junipero, probabilmente l'episodio più bello di sempre del franchise.
Io son sicuro che Bonello abbia visto entrambi, troppo forti i richiami, anche in alcuni dettagli.
Ad esempio a Gabrielle viene detto ad un certo punto che solo una piccolissima percentuale di persone riesce a "sconfiggere" il processo.
E Hang the dj proprio su questo faceva leva, ovvero su una coppia con un amore talmente forte da sconfiggere il Sistema, avvenimento che anche là accadeva con una percentuale vicinissima allo 0.
Di San Junipero se non bastasse il rivedersi di una coppia in epoche diverse, se non bastasse il farlo attraverso una tecnologia di realtà aumentata, Bonello inserisce anche le discoteche che, in The Beast, sono gli unici luoghi "franchi" dove gli esseri umani possono ancora essere sè stessi e interagire tra loro.
Il richiamo si fa ancora più forte perchè Gabrielle entrerà in 3 locali diversi, tutti con il nome, l'insegna, di un anno diverso, esattamente come in San Junipero (anni che nemmeno combaciano con quelli del film tra l'altro) e sarà proprio in una di queste entrate nei locali, l'ultima, che Gabrielle scoprirà una terribile verità.
Finale che rimando ancora, confidando che ancora un 1% di voi continuerà a leggere, che il vostro amore per finire di leggere una cosa ormai iniziata sconfigga Il Sistema (il rompimento di coglioni).

E' esplicito, se volete scontato, ma ugualmente affascinante (le cose, anche scontate, le puoi rendere bellissime) il parallelo che Bonello fa tra le bambole della fabbrica del primo marito di Gabrielle, gli automi-bambola del 2044 e l'obiettivo che ha il Sistema, ovvero rendere inespressivi gli stessi esseri umani.
Le bambole che venivano costruite "con un'unica espressione che vale per tutte" sono la perfetta metafora della condizione che viene richiesta a Gabrielle, ovvero quella di un essere umano privato della possibilità di emozionarsi, di aprire un sorriso, di far cadere una lacrima, di accennare una rabbia.
Una medesima espressione passepartout per ogni nostro stato d'animo.
Un pò come sono anche gli automi del 2044, automi che ormai stanno sostituendo gli esseri umani in ogni mansione e che sono "perfetti", dicono e fanno sempre la cosa giusta senza alcuna sovrastruttura emotiva a influenzarli.
Insomma, se noi vogliamo essere utili e avere l'arroganza di esserci ancora dobbiamo diventare come loro.
E' molto bello come in questo film così popolato da esseri (viventi e no) così "freddi" ci sia la figura di Gabrielle che se è vero che appare anch'essa molto spesso fredda (ma ricordiamo che sta affrontando un processo spietato e razionale che deve toglierle ogni emozione) ne percepiamo tutte le paure e i sussulti.

La cosa incredibile è che ci sarebbero molte altre cose da dire o temi da affrontare ma, fuor di sarcasmo, ho veramente paura di annoiare a morte.
Quindi, molto velocemente, inquietanti le figure dei piccioni che presagiscono un'imminente sciagura (impossibile non andare alla mente al Corvo di Poe), molto interessanti le figure delle veggenti (vero, abbiamo ancora un altro tipo di "visione" - oltre alla realtà aumentata, al sogno, all'ipnosi - ovvero quella delle persone che, con una sensibilità superiore, riescono a vedere cose - ah, abbiamo anche quella derivante dalle droghe sintetiche!), veggenti che in qualche modo ci viene il dubbio se facciano parte del Sistema o siano invece contro ad esso (nella scena post crediti avremo una risposta. Tra l'altro i crediti - genialata - li potete vedere solo con un QR code, in pendant con questo film che è commistione tra vita reale e tecnologia).

Bellissima la scena dell'allagamento nella fabbrica di bambole, acqua, fuoco e quella frase "se questa è l'unica via d'uscita dobbiamo andare sott'acqua", frase emblematica che potrebbe stare alla base di tante storie d'amore.
Tra l'altro l'incendio avviene perchè prende fuoco la celluloide (i film, il cinema), possibile altra metafora.

E per me è stato bello e "facile" capire solo dopo due minuti che la figura del Louis del 2014 fosse del tutto legata a quella di Elliot Rodger, figura che conosco benissimo sia per la mia passione per il true crime sia per la mia conoscenza (sempre attraverso you tube) del mondo "malato" degli Incel.
Louis è l'Incel per definizione, ogni sua frase ne è manifesto.
Tra l'altro anche Rodger era uno youtuber e anche lui annunciò la sua volontà di fare una strage (poi riuscita) attraverso un video.

E quel senso di tragedia imminente presente anche nella pubblicità che fa Gabrielle in green screen.
Anche qua abbiamo lei, vera, autentica, e una realtà virtuale che le "costruiscono" intorno che vuole farla morire.
"Sarai investita"
"Ora muori"
le dice una voce (e io brividi per il "Die" di Synecoche New York).

Da brividi la sequenza della veggente che le dice che c'è qualcuno dietro di lei, nell'ombra, perchè esattamente simbiotica col prologo, identica.

E altrettanto bella la scena del collasso del pc, che non è altro che metafora del collasso di tutto, di qualche "virus" che sta mandando tutto alla malora.
E infatti arriviamo così al finale.

Ci vuole un pò a capirlo ma poi tutto torna.
E' un finale in cui sono presenti tutti errori di sistema, glitch, malfunzionamenti.
Prima lei che fa sesso con Louis per poi scoprire che era il vicino (no, probabilmente era stato Louis veramente ma i due processi - quelli di lei e di lui - cominciano a sovrapporsi).
Poi una serie di cose che si ripetono, oppure che ogni volta sembrano diverse, una narrazione che non è più fluida.
E questo perchè The Beast inizia a mischiare la realtà di Gabrielle (quella in cui lotta strenuamente per preservare il suo amore e la sua anima) a quella di Louis (ormai invece deciso a completare il procedimento).



E così arriveremo ad avere due punti di vista degli stessi ricordi, alcuni puri e incondizionati (quelli di Gabrielle con loro che si amano) altri "distrutti" e modificati (quelli di Louis).
A Gabrielle viene mostrata un'immagine, Louis che la uccide.
La donna non riesce a non emozionarsi.
Il processo è fallito, lei stessa decide di interromperlo.
Eppure non può ancora capire cosa è realmente quello che ha visto.
Deciderà di incontrarsi con Louis, ormai decisa a portare avanti il suo amore a costo di vivere in un mondo che la ripudierà.
Sono senza visore, in una di quelle discoteche dove si può ancora "essere un essere umano".
La musica del locale parla di amori per sempre, evergreen.
Lei riesce finalmente a dirgli ti amo.
Lui contraccambia, senza alcuna emozione.
Lei urla, capisce.
Anche lui ha affrontato il processo.
Ma lui l'ha completato, lui l'arma per ucciderla l'ha usata, e quell'immagine che l'intelligenza artificiale le aveva mostrato non era altro che questo, la fine di ogni sua speranza, la fine del suo amore.
Ci viene un tremendo dubbio, ovvero che questo finale così cinico e spietato significhi una cosa, che lui non l'abbia mai veramente amata.
Che lei abbia portato avanti 134 anni un sentimento, che lei l'abbia difeso in ogni vita che ha vissuto e contro ogni intelligenza artificiale distopica che abbia provato a toglierglielo ma che l'abbia fatto per niente, per un uomo che, invece, l'ha serenamente dimenticata.
E che le dice ti amo, così, senza emozioni.
Ma è ovviamente una bugia, abbiamo finalmente la risposta al quesito posto sin dalla prima riga.
Non si può amare senza emozioni.
E ne abbiamo le prove, in un corpo morto in una piscina.
Quel corpo morto, quel cedere al Sistema, è il non amore per eccellenza.
Gabrielle è disperata, impazzita di dolore.
Eppure è restata viva, la sua anima è salva, la sua capacità di amare intatta.
Chissà se in questo mondo di bambole e senza sentimenti potrà ancora trovare qualcuno che, come avviene in tutto il film, possa ancora stringerle la mani.
L'unica vera connessione possibile tra due anime, altro che realtà aumentata.
Ma sapere di poterlo ancora fare, sapere di poter ancora piangere, sapere di poter sentire ancora il cuore battere, alla fine, è l'unica cosa per cui vale la pena esserci ancora.
Restare umani.
Resisti Gabrielle.
Resisti.

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