20.7.16

Recensione "La Donna del Ritratto" (The Woman in the Window, 1944) - Il Bar dei Nottambuli, Viaggio nella storia del Noir Americano - 3 - di Fulvio Pazzaglia


Torna il nostro grande Fulvio con la sua rubrica sui grandi classici noir americani.
E dopo John Huston e Billy Wilder abbiamo nientepopodimeno che Fritz Lang.
Godetevi la lettura.

Noir onirico dalle profonde implicazioni psicanalitiche, La donna del ritratto è un raffinato gioco di specchi che coinvolge lo spettatore e lo accompagna in una realtà sospesa tra il mondo della veglia e quello del sogno e dell’inconscio. Con eleganza e maestria, Fritz Lang imprime le ansie, i desideri e le ambiguità dell’uomo comune, del borghese, in una pellicola che rievoca i fantasmi e le ossessioni dell’espressionismo tedesco.
La donna del ritratto affronta temi cari al regista austriaco quali l’ambivalenza morale, il fragile confine tra colpa e innocenza, il delitto e la punizione.
Lang sceglie il sogno, il viaggio onirico che il criminologo Richard Wanley (Edgar G. Robinson) compie dando voce alle sue paure e ai suoi desideri incoffessati.


Mite e cortese, Richard Wanley è il grigio borghese osservante delle regole e delle consuetudini sociali, inquadrato perfettamente nella società dalla quale teme da un momento all’altro di essere escluso ed emarginato. Un giorno, di ritorno dal lavoro, si ritrova ad ammirare il ritratto esposto in vetrina di una giovane e affascinante donna. Questo dipinto diventa occasione di discussioni spiritose tra Wanley e i suoi amici del club, ma anche una riflessione sulle loro pulsioni recondite.
Dopo aver accompagnato alla stazione la moglie e i figli per una vacanza, Wanley resta solo in città. Le sue intenzioni sono le più tranquille possibili: una cena al club in compagnia di amici e una tranquilla serata in pantofole a casa. Uscendo dal locale, Wanley si sofferma ancora davanti alla vetrina a rimirare il famoso ritratto. Sul vetro, improvvisamente, appare proprio il riflesso della donna che, divertita, ha osservato il criminologo contemplare il proprio ritratto. La giovane Alice (Joan Bennett) e Richard, dopo aver scherzato ed essersi presentati, decidono di andare a casa della donna con l’innocente pretesto di vedere gli schizzi preparatori del ritratto. Malgrado l’ambiguità della situazione Richard accetta, attratto sempre più dalla bella Alice. 
Una volta a casa, i due vengono sorpresi dall’irruzione del ricco amante di lei che, in preda alla furia, si scaglia contro Wanley cercando di strangolarlo. Il criminologo è costretto a difendersi e finisce per uccidere l'aggressore con un paio di forbici. Consapevoli delle conseguenze della loro azione, Richard e Alice decidono di non chiamare la polizia e di sbarazzarsi del cadavere. Inizia così la discesa inesorabile nella fatalità: Wanley, pur essendo un professore di psicologia criminale, non è un assassino a sangue freddo e finisce per disseminare di indizi il proprio cammino.

Inoltre, il criminologo commette l'errore di voler eliminare a sangue freddo la guardia del corpo della vittima (Dan Duryea), l'unico ad aver intuito la verità e a ricattare la coppia.
La situazione precipita sempre di più, fino a che non si scopre che l'intera vicenda è stata solo un sogno di Wanley, il frutto del proprio inconscio. In uno splendido piano sequenza finale, Richard incontra tutti i personaggi del proprio dramma nei panni del personale del club.
"Quando girai La donna del ritratto fui rimproverato dai critici di averlo concluso con la rivelazione che si trattava di un sogno... se avessi continuato la storia fino alla sua logica conclusione, un uomo sarebbe stato giustiziato per omicidio poiché per un solo momento non era stato in guardia. Io respinsi questa conclusione perché mi sembrava fatalistica, una tragedia inutile provocata da un fato implacabile". Con queste parole, Fritz Lang rivendica la sua scelta, abbandonando un epilogo prevedibilmente tragico per un finale ad effetto e distaccandosi dalla visione dell'uomo intrappolato nel suo destino, che tanta parte aveva avuto nelle sue prime pellicole americane (Furia del 1936 e Sono innocente! del 1938).
Lo spettatore ha viaggiato nell'inconscio del povero Wanley, vivendone l'angoscia e partecipando nello stesso tempo alla perdizione del protagonista. Con il calmo criminologo che mano a mano rinnega le sue convinzioni morali e sociali, il regista ci mostra come sia estremamente facile scivolare da uno stato di innocenza ad uno di colpevolezza, e allo stesso tempo come sia labile il confine tra ciò che è reale e ciò che è illusorio.


Ritratti, immagini riflesse, specchi... sono artefici che Lang utilizza per distorcere la nostra percezione, nella migliore tradizione del cinema espressionista tedesco. Innegabili sono i richiami a pellicole come Il gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene, dove incerti sono i confini fra realtà e illusione, sanità mentale e pazzia. 
Tra le interpretazioni dei personaggi merita di essere ricordata quella di Dan Duryea nella parte del ricattatore Heidt. Elegante e raffinato nel suo cinismo, con una vena di sadica perfidia, Duryea ci regala la figura di un meraviglioso villain. Da brividi la scena in cui Heidt, muovendosi con calma e sicurezza nell'appartamento di Alice, ripercorre le tappe  dell'intero delitto davanti agli occhi attoniti di una spaventata Alice, come un gatto che gioca con il topo...

2 commenti:

  1. Non avevo mai visto questo film, né si trovava sulla lista di quelli da vedere, perciò il mio primo commento è: grazie! A chi gestisce questo forum e a te che curi questa rubrica, perché mi "costringete" a visioni come la perla di Lang.
    Un film dove ogni inquadratura, ogni parola, ogni smorfia è un frammento prezioso e imperdibile.
    Su tutto, ho trovato ottimamente scritta e magistralmente diretta la scena in cui Wanley è costretto ad accompagnare l'amico procuratore sulla scena del crimine. Mancava poco che il cuore palpitasse anche a me, per la paura di essere scoperto!

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  2. Sono contento che la mia recensione ti abbia spinto a vedere questo capolavoro. Grazie per il tuo interesse e il tuo sostegno. La scena di cui parli è veramente mozzafiato, prova del talento di Lang di tenere lo spettatore con il fiato sospeso.
    Continua a seguirci e a presto.

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao