Spider è l'ennesimo film gioiello di un regista immenso.
Apparentemente pare un drammatico poverissimo, dallo svolgimento, anche se in due temporalità, molto lineare ed inequivocabile.
In realtà questo è un thriller psicologico di finezza unica, un lento rimettere insieme i pezzi, un lento ricostruire, un lento risalire alla genesi di quelle ragnatele, di quelle trame, che "spider" Dennis ha sempre costruito.
E la verità, quando finalmente appare, è ancora più terribile dei terribili ricordi che l'avevano sostituita.
Presenti numerosi spoiler e interpretazioni del film alla luce del finale, si invita a leggere previa visione
Quando il piccolo Dennis Cleg si affaccia dalla finestra vede il padre mettere la madre al muro e amoreggiarci.
E' una scena piccola, apparentemente inutile, di un film che, invece, di scene che sembran importantissime ne ha davvero tante.
Eppure Spider, tutto Spider, è là dentro, se quel bambino non avesse guardato fuori dalla finestra la sua vita sarebbe stata completamente diversa.
Spider è l'ennesimo, grandissimo, film di un regista impressionante, quel Cronenberg di cui -accidenti a me- ho visto solo metà filmografia, quanto basta per trovarci dentro capolavori come Videodrome e La Mosca e altri grandissimi film come Existenz, La Zona Morta, A History of Violence e Il Pasto Nudo.
Cronenberg, regista delle mutazioni, dei cancri (intellettivi o materici) porta al cinema uno dei romanzi dello scrittore della malattia psichica per eccellenza, quel McGrath di cui vent'anni fa lessi due suoi bellissimi romanzi (consiglio a tutti Follia).
Sarà lo stesso McGrath a scrivere l'intera sceneggiatura del film, e menomale, perchè questo qua è un testo molto difficile, tutto giocato sui simboli, sui ricordi e sulle sfumature psicologiche, se l'avesse scritta qualcun altro avremmo rischiato il disastro.
E invece no, e invece ne viene fuori uno script perfetto che sarà base di un film stupendo, un drammatico dal vestito poverissimo che ha dentro le stimmate del thriller psicologico urlante e debordante.
Un film in cui funziona praticamente tutto.
Per prima cosa impossibile non citare le due interpretazioni principali, quella del talentuosissimo Ralph Fiennes e quella della straordinaria Miranda Richardson che in Spider si sdoppierà (anzi, ad un certo punto si triplicherà) in due ruoli opposti tra loro.
Altro punto di forza sono i luoghi.
Lo sgarruppato, fatiscente, scrostato e smorto albergo di quart'ordine dove Dennis viene ospitato dopo il manicomio è talmente iconico e così ben restituito da Cronenberg che dopo 15 anni dalla prima visione me lo ricordavo ancora perfettamente.
E poi la strada lungo il canale, e poi il grandissimo silos, e poi gli "orti", la Londra raccontata da Spider è una città ambigua, infida, sporca, ferrosa e industriale, a suo modo bellissima.
Guardate il prologo con quelle finestre "finte" disegnate nei muri, c'è già tanto della scenografia del film e del suo significato, quello dell'impossibilità di avere una via di fuga, quello di una prigione fisica e mentale dalla quale è impossibile uscire.
Ma la più grande metafora sta forse proprio nelle ragnatele che Dennis (sia da bambino che da adulto) costruisce, questi ghirigori di spaghi e funi, queste trame di fili che altro non sono se non il suo disperato tentativo di trovarlo davvero il filo, quello della ragione, quello del ricordo, quello di sè stesso.
Spider è una grandissima ragnatela mentale di cui solo nello splendido finale riusciremo a trovare genesi e direzione.
Dennis ci prova, Dennis che va indietro coi ricordi e si appunta tutto -nel presente- in quel taccuino.
Dennis che alcune cose se le ricorda come fosse adesso e altre invece se le immagina per come, secondo lui, sono potute andare.
E Cronenberg che ci mostra questo adulto che "vive" letteralmente il suo passato, a fianco del bambino che era, dei suoi genitori e del mondo di allora.
Alcune volte il Dennis adulto anticipa le parole di quello che venne detto nel passato (2,3 scene da brividi in tal senso). Ma se lo spettatore è attento si accorge che questo avviene anche in alcune sequenze in cui il giovane Dennis non c'era, non poteva essere presente. Questa è una grande spia di quello che piano piano scopriremo, ovvero che questo film forse non racconta solo dei terribili ricordi di bambino di un uomo impazzito per una tragedia gigantesca.
No, questo film racconta di qualcos'altro...
Spider è pura psicologia, un esperto o uno studente della materia si troverà davanti un film in cui tutto, ma veramente tutto, ha matrici psicologiche fortissime, nascoste nel rapporto tra Dennis e la madre.
(i miti greci si sprecano)
Dennis la adora mentre ha un rapporto un pò più freddo (ma comunque non disastroso) con quel padre assente ma a suo modo anche affettuoso, che però ama starsene troppo al bar.
Bar dove conosce una procace, sboccata e vogliosa prostituta.
Dennis inizia a star male della cosa. La madre scopre il tradimento e per lei sarà la fine.
Tutto avviene in maniera velocissima, quasi irreale.
E sarà ancora più irreale vedere che quella prostituta si piazza in casa come niente fosse, a sostituire la madre.
Dennis decide di ucciderla.
Questa è la storia che ci viene mostrata, molto facile, lineare, non equivocabile.
Eppure la verità è tutta un'altra.
E qui torniamo al mio incipit.
Tantissime infanzie, e di conseguenza tantissime vite, vengono rovinate o comunque modificate da qualcosa che si è visto, qualcosa che, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ci devasta dentro.
Molto spesso questi traumi hanno radici sessuali.
Quando Dennis ha visto suo padre e sua madre amoreggiare nella sua psiche è successo qualcosa.
E quella madre che per lui era perfetta è diventata una prostituta.
O meglio, una parte della sua testa vedeva ancora sua madre come una volta, ma ormai si era formato un "cancro" che aveva generato quell'altro figura, quella della puttana (e bellissimo che entrambe siano interpretate dalla stessa attrice).
La puttana è la figura che mette in pericolo lo status quo che Dennis amava, quel mondo ovattato, senza sesso, sobrio e rassicurante.
In realtà niente è realmente successo, tutto quello che vediamo sono invenzioni del Dennis bambino che poi si sono radicate e sono addirittura diventati ricordi del Dennis adulto.
Quindi il lento affiorare di questi ricordi di bambino non sono altro che il rivivere quelle orribili sensazioni di allora e il creare gli stessi mostri di allora.
Tanto che Dennis diventa così convinto della cosa e talmente ossessionato che adesso rivede Yvonne, la prostituta, anche nella signora che gestisce il suo albergo (ed è qui che la Richardson interpreta il suo terzo ruolo).
Le ruba le chiavi, le entra nello stanzino, trova il vestito di allora, decide di ucciderla.
Per capirsi la sua fantasia, il suo demone, non ha modificato solo la realtà contingente di allora ma è così assoluta e devastante che agisce anche nel tempo. Non solo si inventò quella prostituta ma ancora adesso, 30 anni dopo, la rivede ancora.
Spider diventa uno straziante film sui propri demoni, demoni talmente forti da farti creare mondi paralleli che assolutamente non esistono.
E allora ripensiamo a quei momenti di difficoltà quando il Dennis adulto vede cose che gli richiamano il gas (col gas uccise la madre) ma sono tutte sensazioni che non l'aiutano a ricordare quello che è veramente successo.
Se ci pensate questo film somiglia molto a Shutter Island, almeno nel finale, finale in cui i nostri protagonisti escono dal mondo immaginario che si erano creati (mondo creato anche dai sensi di colpa e dal rifiuto per quello che è successo) e piombano nei veri ricordi, scoprendosi mostri o comunque primi artefici delle proprie tragedie.
Ma mentre nel film di Scorsese questo processo è lunghissimo e anche (troppo) spiegato, in Spider abbiamo solo un corpo a terra. E quel corpo a terra mostra la madre, non la prostituta.
Se prima la grandissima empatia che avevamo per Dennis era di natura prettamente umana e "meccanica" (quella per un uomo che fu bambino infelice e impazzito per l'omicidio della madre) adesso questo affetto si fa diverso, molto più complesso, se possibile anche con matrici più devastanti.
Un bimbo che ha visto una piccola e normalissima scena di vita e da quel momento ha superato la sottile linea rossa. Un bimbo e un uomo che potevano vivere felici, che avevano affetti, cui non era successo niente di brutto.
E che invece creano un mondo parallelo che li porterà a un gesto terribile e al non riuscire mai nè a metabolizzarlo nè a capirlo.
Anzi, si vive ancora pensando che tutto quello che sia accaduto fosse vero.
Il Dennis che se ne va via in macchina somiglia al Di Caprio che sceglie di farsi lobotomizzare, un ritorno alla pazzia completa dopo aver vissuto per un attimo la sensazione della lucidità estrema.
Quel capire per un attimo quello che era realmente successo è stato mettere l'ultimo pezzo di quel puzzle che ad un certo punto Dennis distrugge.
E' stato mettere l'ultimo pezzo di vetro in quello specchio frantumato.
Ma una volta messo l'ultimo pezzo, una volta che Dennis ha potuto finalmente specchiarsi nel proprio ricordo, quello che ha visto era ancora più terribile dei terribili ricordi che aveva creato a sostituirlo.
Forse era meglio non specchiarsi, forse era meglio non guardarsi in faccia.
Ma poco cambia, qualsiasi fosse stata la vita fatta da Dennis sarebbe stata una non vita.
Una volta affacciato a quella finestra era già tutto finito
Apparentemente pare un drammatico poverissimo, dallo svolgimento, anche se in due temporalità, molto lineare ed inequivocabile.
In realtà questo è un thriller psicologico di finezza unica, un lento rimettere insieme i pezzi, un lento ricostruire, un lento risalire alla genesi di quelle ragnatele, di quelle trame, che "spider" Dennis ha sempre costruito.
E la verità, quando finalmente appare, è ancora più terribile dei terribili ricordi che l'avevano sostituita.
Presenti numerosi spoiler e interpretazioni del film alla luce del finale, si invita a leggere previa visione
Quando il piccolo Dennis Cleg si affaccia dalla finestra vede il padre mettere la madre al muro e amoreggiarci.
E' una scena piccola, apparentemente inutile, di un film che, invece, di scene che sembran importantissime ne ha davvero tante.
Eppure Spider, tutto Spider, è là dentro, se quel bambino non avesse guardato fuori dalla finestra la sua vita sarebbe stata completamente diversa.
Spider è l'ennesimo, grandissimo, film di un regista impressionante, quel Cronenberg di cui -accidenti a me- ho visto solo metà filmografia, quanto basta per trovarci dentro capolavori come Videodrome e La Mosca e altri grandissimi film come Existenz, La Zona Morta, A History of Violence e Il Pasto Nudo.
Cronenberg, regista delle mutazioni, dei cancri (intellettivi o materici) porta al cinema uno dei romanzi dello scrittore della malattia psichica per eccellenza, quel McGrath di cui vent'anni fa lessi due suoi bellissimi romanzi (consiglio a tutti Follia).
Sarà lo stesso McGrath a scrivere l'intera sceneggiatura del film, e menomale, perchè questo qua è un testo molto difficile, tutto giocato sui simboli, sui ricordi e sulle sfumature psicologiche, se l'avesse scritta qualcun altro avremmo rischiato il disastro.
E invece no, e invece ne viene fuori uno script perfetto che sarà base di un film stupendo, un drammatico dal vestito poverissimo che ha dentro le stimmate del thriller psicologico urlante e debordante.
Un film in cui funziona praticamente tutto.
Per prima cosa impossibile non citare le due interpretazioni principali, quella del talentuosissimo Ralph Fiennes e quella della straordinaria Miranda Richardson che in Spider si sdoppierà (anzi, ad un certo punto si triplicherà) in due ruoli opposti tra loro.
Altro punto di forza sono i luoghi.
Lo sgarruppato, fatiscente, scrostato e smorto albergo di quart'ordine dove Dennis viene ospitato dopo il manicomio è talmente iconico e così ben restituito da Cronenberg che dopo 15 anni dalla prima visione me lo ricordavo ancora perfettamente.
E poi la strada lungo il canale, e poi il grandissimo silos, e poi gli "orti", la Londra raccontata da Spider è una città ambigua, infida, sporca, ferrosa e industriale, a suo modo bellissima.
Guardate il prologo con quelle finestre "finte" disegnate nei muri, c'è già tanto della scenografia del film e del suo significato, quello dell'impossibilità di avere una via di fuga, quello di una prigione fisica e mentale dalla quale è impossibile uscire.
Ma la più grande metafora sta forse proprio nelle ragnatele che Dennis (sia da bambino che da adulto) costruisce, questi ghirigori di spaghi e funi, queste trame di fili che altro non sono se non il suo disperato tentativo di trovarlo davvero il filo, quello della ragione, quello del ricordo, quello di sè stesso.
Spider è una grandissima ragnatela mentale di cui solo nello splendido finale riusciremo a trovare genesi e direzione.
Dennis ci prova, Dennis che va indietro coi ricordi e si appunta tutto -nel presente- in quel taccuino.
Dennis che alcune cose se le ricorda come fosse adesso e altre invece se le immagina per come, secondo lui, sono potute andare.
E Cronenberg che ci mostra questo adulto che "vive" letteralmente il suo passato, a fianco del bambino che era, dei suoi genitori e del mondo di allora.
Alcune volte il Dennis adulto anticipa le parole di quello che venne detto nel passato (2,3 scene da brividi in tal senso). Ma se lo spettatore è attento si accorge che questo avviene anche in alcune sequenze in cui il giovane Dennis non c'era, non poteva essere presente. Questa è una grande spia di quello che piano piano scopriremo, ovvero che questo film forse non racconta solo dei terribili ricordi di bambino di un uomo impazzito per una tragedia gigantesca.
No, questo film racconta di qualcos'altro...
Spider è pura psicologia, un esperto o uno studente della materia si troverà davanti un film in cui tutto, ma veramente tutto, ha matrici psicologiche fortissime, nascoste nel rapporto tra Dennis e la madre.
(i miti greci si sprecano)
Dennis la adora mentre ha un rapporto un pò più freddo (ma comunque non disastroso) con quel padre assente ma a suo modo anche affettuoso, che però ama starsene troppo al bar.
Bar dove conosce una procace, sboccata e vogliosa prostituta.
Dennis inizia a star male della cosa. La madre scopre il tradimento e per lei sarà la fine.
Tutto avviene in maniera velocissima, quasi irreale.
E sarà ancora più irreale vedere che quella prostituta si piazza in casa come niente fosse, a sostituire la madre.
Dennis decide di ucciderla.
Questa è la storia che ci viene mostrata, molto facile, lineare, non equivocabile.
Eppure la verità è tutta un'altra.
E qui torniamo al mio incipit.
Tantissime infanzie, e di conseguenza tantissime vite, vengono rovinate o comunque modificate da qualcosa che si è visto, qualcosa che, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ci devasta dentro.
Molto spesso questi traumi hanno radici sessuali.
Quando Dennis ha visto suo padre e sua madre amoreggiare nella sua psiche è successo qualcosa.
E quella madre che per lui era perfetta è diventata una prostituta.
O meglio, una parte della sua testa vedeva ancora sua madre come una volta, ma ormai si era formato un "cancro" che aveva generato quell'altro figura, quella della puttana (e bellissimo che entrambe siano interpretate dalla stessa attrice).
La puttana è la figura che mette in pericolo lo status quo che Dennis amava, quel mondo ovattato, senza sesso, sobrio e rassicurante.
In realtà niente è realmente successo, tutto quello che vediamo sono invenzioni del Dennis bambino che poi si sono radicate e sono addirittura diventati ricordi del Dennis adulto.
Quindi il lento affiorare di questi ricordi di bambino non sono altro che il rivivere quelle orribili sensazioni di allora e il creare gli stessi mostri di allora.
Tanto che Dennis diventa così convinto della cosa e talmente ossessionato che adesso rivede Yvonne, la prostituta, anche nella signora che gestisce il suo albergo (ed è qui che la Richardson interpreta il suo terzo ruolo).
Le ruba le chiavi, le entra nello stanzino, trova il vestito di allora, decide di ucciderla.
Per capirsi la sua fantasia, il suo demone, non ha modificato solo la realtà contingente di allora ma è così assoluta e devastante che agisce anche nel tempo. Non solo si inventò quella prostituta ma ancora adesso, 30 anni dopo, la rivede ancora.
Spider diventa uno straziante film sui propri demoni, demoni talmente forti da farti creare mondi paralleli che assolutamente non esistono.
E allora ripensiamo a quei momenti di difficoltà quando il Dennis adulto vede cose che gli richiamano il gas (col gas uccise la madre) ma sono tutte sensazioni che non l'aiutano a ricordare quello che è veramente successo.
Se ci pensate questo film somiglia molto a Shutter Island, almeno nel finale, finale in cui i nostri protagonisti escono dal mondo immaginario che si erano creati (mondo creato anche dai sensi di colpa e dal rifiuto per quello che è successo) e piombano nei veri ricordi, scoprendosi mostri o comunque primi artefici delle proprie tragedie.
Ma mentre nel film di Scorsese questo processo è lunghissimo e anche (troppo) spiegato, in Spider abbiamo solo un corpo a terra. E quel corpo a terra mostra la madre, non la prostituta.
Se prima la grandissima empatia che avevamo per Dennis era di natura prettamente umana e "meccanica" (quella per un uomo che fu bambino infelice e impazzito per l'omicidio della madre) adesso questo affetto si fa diverso, molto più complesso, se possibile anche con matrici più devastanti.
Un bimbo che ha visto una piccola e normalissima scena di vita e da quel momento ha superato la sottile linea rossa. Un bimbo e un uomo che potevano vivere felici, che avevano affetti, cui non era successo niente di brutto.
E che invece creano un mondo parallelo che li porterà a un gesto terribile e al non riuscire mai nè a metabolizzarlo nè a capirlo.
Anzi, si vive ancora pensando che tutto quello che sia accaduto fosse vero.
Il Dennis che se ne va via in macchina somiglia al Di Caprio che sceglie di farsi lobotomizzare, un ritorno alla pazzia completa dopo aver vissuto per un attimo la sensazione della lucidità estrema.
Quel capire per un attimo quello che era realmente successo è stato mettere l'ultimo pezzo di quel puzzle che ad un certo punto Dennis distrugge.
E' stato mettere l'ultimo pezzo di vetro in quello specchio frantumato.
Ma una volta messo l'ultimo pezzo, una volta che Dennis ha potuto finalmente specchiarsi nel proprio ricordo, quello che ha visto era ancora più terribile dei terribili ricordi che aveva creato a sostituirlo.
Forse era meglio non specchiarsi, forse era meglio non guardarsi in faccia.
Ma poco cambia, qualsiasi fosse stata la vita fatta da Dennis sarebbe stata una non vita.
Una volta affacciato a quella finestra era già tutto finito
Bellissima recensione, condivido tutto. Vorrei solo aggiungere il pezzo sui titoli di testa di Howar Shore - Love will find out the way è struggente e commovente, quasi anticipa tutto quello che poi ci mostreranno le immagini...
RispondiEliminacaspita, avrei voluto notarla io sta cosa... :)
Eliminacomplimenti a te
Accidenti, mi ha fatto venir voglia di rivedere questo film!
RispondiEliminaE' scritto, sceneggiato e girato talmente bene che leggendo le tue parole mi sono tornate in mente tutte le scene e anche lo stupore che provai quando lo vidi.
Adesso me lo riguardo anch'io.
molto bene ;)
Eliminaricordiamo che le prime due cose che hai scritto le ha fatta McGrath da solo, Cronenberg è intervenuto solo in fase di ripresa
ma era "materia" perfetta per lui e c'ha messo tantissimo del suo ;)
devi recuperà the brood(vero cult) e rabid assolutamente e pure il suo un po rozzo esordio il demone sotto la pelle.Il trittico canadese.
RispondiEliminaQuello che ha fatto co 2 lire è davvero tanta roba. C'era gia tutto il Cronenberg che conosciamo.
N.C.
devo devo devo
Eliminaassolutamente
L'ho rivisto in tv tempo fa. Bellissimo! Fu il film che a 15 anni mi fece innamorare del cinema di Cronenberg - co scrissi pure un tema scolastico sopra.
RispondiEliminagrande
Eliminaio credo invece che quello fu il periodo (grazie a lui e mulholland drive) in cui mi appassionai ad un cinema più difficile, da ricostruire, non lineare e basato sull'inconscio
RispondiEliminaMa lui uccide veramente la madre o è la sua immaginazione anche lì? Lui "crea" la prostituta dopo che scopre la mamma che amoreggia con il padre e alla fine uccide la madre con il gas pensando fosse la prostituta?
aveva ucciso la madre ;)
Eliminanei suoi ricordi malati però scinde la figura della madre in due, una quella amorevole che tanto amava, l'altra una prostituta (se ricordo proprio perchè la vede amoreggiare col padre, che considera suo rivale)
in realtà la prostituta non c'è mai stata, o meglio se ricordo c'era una prostituta nel suo passato che gli fece vedere il seno. Ecco, lei nel presente l'abbina alla madre, o almeno ad una parte di essa
la verità è che uccise la madre