27.11.18

Recensioni "His Master's Voice", "In Fabric", "Mandy" e "Tyrel" - Torino Film Festival 2018

A differenza del ToHorror dove la mattina ero sempre libero e c'erano pochi film in programma al Tff le proiezioni non finiscono mai, da mattina a notte tardissima.
E' davvero per me quasi impossibile trovare spazi per recensire, specie perchè è ancora più impossibile portarsi dietro il computer.
Ho visto una decina di film per adesso.
E scrivo oggi con tutti e 10 i film nella testa, quasi impossibile tirar fuori cose buone.
Di alcuni, a questo punto, nemmeno scriverò, altri per fortuna magari sono capitati a Riccardo, degli altri ancora ci proverò.
In questo primo quartetto ci sono 3 film di registi che avevo amato tantissimo in passato, Palfi (Taxidermia), Cosmatos (Beyond the black rainbow) e Sebastian Silva (Magic Magic).
Nessuno dei 3 film presentati al festival raggiunge il livello dei precedenti.
Proviamo a scrivere due righe l'uno

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HIS MASTER'S VOICE

Cominciamo col film di venerdì sera.
Non posso nascondere che le aspettative erano davvero alte visto che alla regia c'è quel Palfi che mi strabiliò che Taxidermia, film unico, difficile, a tratti rivoltante, grottesco ma anche pieno di cose dentro.
Il passo indietro è notevole.
Sin dall'inizio capiamo che l'ambizione è forte, il film ha chiare velleità esistenziali. Siamo davanti ad una via di mezzo tra un mock e uno sci-fi. Due ragazzi ungheresi vogliono ritrovare loro padre, scienziato emigrato tanti anni prima negli Stati Uniti.
Uno dei due è in sedia a rotelle e resta a casa, l'altro, specie dopo aver visto un documentario su dei fatti incredibili negli anni 70 (gente che esplodeva) - documentario in cui è sicuro di aver riconosciuto il padre - , parte.
Un film sulla ricerca di qualcosa insomma (molto interessante quel volto strappato, bianco, che vedono i due fratelli), ma questa ricerca così "umana" e piccola scoperchierà un mondo molto più vasto, talmente vasto da abbracciare l'Universo intero.
Il film ha due grandi problemi per me. Il primo è la ripetitività, così marcata da non permettere alla pellicola di partire mai veramente. 
Il secondoè il suo essere terribilmente verboso, specie negli intermezzi (e ce ne sono tantissimi) scientifici. Si spiega tutto ma malgrado si spieghi tutto il film rimane molto complesso e difficile da decifrare perchè vola alto, molto in alto.
A quel punto, se tanto volevamo renderlo difficilmente decifrabile, io avrei detto tante meno cose.
Ogni tanto la pazzia di Palfi fa capolino, specie nella stupenda sequenza del Gigante o quella nel sesso di gruppo. Scene però difficili da unire al contesto.
La cosa paradossale è che più il film è lineare e privo di guizzi più si complica.
E alla fine diventa una specie di opera dal collasso temporale sul senso della vita e, forse, sull'incontro tra più mondi e pianeti.
E in questo senso ho trovato davvero straordinario il finale (cosa più bella dell'intero film) con quel figlio che dal tappeto cucito dal padre prova a ricavare un programma in codice binario.
Finale davvero potente sia per questa particolarissima "eredità" padre-figlio sia per come viene rappresentato un possibile Senso del Tutto.
Per certi versi questo finale, ma anche forse tutto il film, potrebbe richiamare il non troppo riuscito The Zero Theorem di Gilliam

6.5

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IN FABRIC

Anche qua attese non piccole visto che il regista, Strickland, aveva diretto in passato un film che tantissimi appassionati mi hanno consigliato di vedere, Berberian Sound Studio.
Beh, no, non ci siamo per me.
In Fabric è la storia di un vestito maledetto, un abito da sera rosso venduto in uno strano e mefistofelico negozio in cui tutti sembrano parlarti de Stocazzo solo per venderti cose.
Già la figura di questi guru dopo un pò diventa ridicola ma i problemi del film sono tanti.
Per prima cosa, come sopra, il film è tremendamente ripetitivo.
Di solito quando siamo davanti a film su "possessioni catena di Sant'Antonio" seguiamo la vicenda del primo per intero e poi, alla fine, ci viene fatto capire che "tutto ricomincerà come prima".
Qua invece muore la prima protagonista, poi il vestito viene nelle mani di un altro e niente, rivediamo per intero tutto quello che avevamo già visto prima.
Film metaforico (anche se la metafora vestito rosso = pulsione o risveglio sessuale è abbastanza basica) anche con idee interessanti (il marchio al seno, la possibile critica al capitalismo e al consumismo) e più di una scena buona (fantastica quella della lavatrice) ma che non fa paura, quando diventa sentenzioso rischia l'effetto ridicolo e ha un finale talmente pacchiano e arbitrario da non crederci (la scazzottata al negozio, da cinepanettone).
Tra l'altro vengono inseriti degli inserti abbastanza surreali come quegli uomini che parlano alla donna di colore di strette di mano o saluti o come il datore di lavoro del secondo protagonista.
Film girato sempre in ambienti notturni o scuri (c'è forse solo una scena alla luce, quella dell'attacco del cane) e che, come capiterà con Mandy (ma lì in maniera netta e non confusa) non sa mai cosa vuol essere da grande, se un horror serio e inquietante o una specie di divertissiment di genere.
Scena emblema quella del "sesso" con manichino, di suo molto suggestiva ma resa ridicola dalla masturbazione dell'altro proprietario.
Nel finale, però, in quella specie di montacarichi-ascensore c'è finalmente un'idea che merita, rivedere tutti i personaggi che tessono il vestito.
Probabilmente ci sarebbe da decifrare ma il film non mi ha messo la voglia di farlo, troppo tardi

5.5

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MANDY

Terzo film e, ancora una volta, grandi aspettative.
Perchè Cosmatos girò quella perla assoluta di Beyond the Black Rainbow, straordinaria opera estetizzante e dall'atmosfera unica.
E i primi 20 minuti di Mandy mi avevano fatto sperare di ritrovarmi in un altro mezzo capolavoro.
Assistiamo in una prima parte che, come solo i grandi film riescono a fare, è riuscita ad emozionarmi da morire senza praticamente raccontare nulla, solo attraverso le immagini, i visi e le musiche.
Loro due stesi sul letto e quella luce che cambia continuamente, lei che appare da fuori il pelo dell'acqua, l'infartuante sequenza dell'arrivo del caravan, con la "banda" che viene ripresa, uno ad uno, e poi l'incrocio con lei, sempre in questa superba fotografia rosso cremisi.
E poi quella carcassa di animale nel bosco, il racconto degli storni, mamma mia che film mi dico.
Poi, però, Mandy cambierà totalmente.
E sono sicuro che tanti avranno apprezzato questo cambio di direzione (che ne fa sicuramente un cult) ma io no, io mi ero perso in quei primi 20 minuti, sognante ed emozionato. E ci credevo davvero.
E invece Cosmatos "tradisce" sè stesso (se vedete Beyond the Black Rainbow capirete) e fa uscire la sua parte cazzona, notevole eh, ma fosse stato per me l'avrei tenuta nel cassetto.
E così Mandy diventa una specie di crasi tra Ghost Rider (per la presenza di Cage) ed Evil Dead (di cui riprende in maniera pedissequa alcuni momenti, vedi la "preparazione" alle armi), un film visivamente sempre bellissimo (Cosmatos sarebbe bello anche se girasse un documentario sulle penne) ma che annienta tutta l'atmosfera della prima parte. Tra l'altro, a mio parere, avviene anche una specie di errore "emotivo", ovvero quello di creare una profonda empatia per la coppia del film (empatia che Cosmatos crea non con fatti avvenuti ma con emozioni tutte nascoste nelle immagini e nei volti) poi distrutta da questa pazza vendetta cazzona di Cage.
Ci si diverte (divertimento più di grana grossa che altro però), assistiamo a tanti omicidi, i mostri stile Hellraiser funzionano alla grande, c'è qualche buon splatter e qualche momento cultissimo (lui disperato in bagno, la faccenda della maglietta, la pubblicità del Grana).
Mandy diventa insomma un godibilissimo cinema di genere.
Eppure io ero rimasto agli occhi di lei, a quella carcassa nel bosco, a quei silenzi.
E avrei voluto non andarmene di là

6.5 / 7


TYREL

E niente, questa è la giornata dei film visti con alte aspettative a causa di film precedenti dello stesso regista e tutti andati un pò così così.
Questo poi era di gran lunga quello che più volevo vedere visto che alla regia c'è Sebastian Silva, il regista di uno dei miei film preferiti di questi anni, Magic Magic.
E il problema di Tyrel - che rimane un bel film - è proprio quello di esser venuto dopo quel mezzo capolavoro.
Ma non è tanto il problema dell'esser scesi di livello (per forza direi) ma che Silva ha commesso l'evidente errore di voler fare un film sulla stessa tematica (o quasi).
Quando in un dato argomento raggiungi il top l'errore più banale che puoi commettere è tornare di nuovo là.
Intendiamoci, i due film hanno notevoli differenze (Magic Magic poi di tematiche o interpretazioni ne ha una decina, Tyrel un paio) ma sono più, e più evidenti, i punti in comune.
Ancora una volta un film basato sul disagio interiore di un ragazzo, ancora una volta questo disagio che si crea in mezzo ad amici, ancora una volta una casetta sparsa nella natura.
E ancora una volta un film sulla difficoltà del vivere e relazionarsi, anche se in questo caso sia le cause che gli effetti sono facilmente individuabili.
Eppure l'incipit prometteva davvero molto.
Questo ragazzo di colore in mezzo ad una decina di altri (tutti bianchi), piccole battute spiacevoli, piccole tensioni. Silva è stato bravissimo nel non metter dentro nessun personaggio apertamente razzista, anzi, se andiamo a vedere i comportamenti in sè di tutti non c'è nulla da eccepire, in una serata tra amici qualche piccola frase spiacevole c'è sempre.
Eppure piano piano Tyrel (il ragazzo di colore) inizia a sentirsi a disagio, a bere troppo, a perdere il controllo.
Siamo davanti ad uno di quei film che io chiamo "pentola a pressione", quelli in cui i protagonisti, in maniera lentissima, iniziano a non farcela più, ad andare in apnea, a scoppiare.
Ne ho appena visto e recensito uno sull'argomento, Respire. Citerei poi anche Krisha, come minimo.
Iniziano ad apparire simboli già visti in Magic Magic (il voodoo, il doversi tuffare, un cenno pure all'ipnosi, la natura intorno, Michael Cera :)  ) e Tyrel, specie per contrasti col personaggio interpretato dall'immenso Landry Jones, inizia davvero a non poterne più.
E sì, se è vero che la tensione a volte non manca, è anche vero che il film non riesce mai a decollare e, a differenza sempre di Magic Magic, non porta nessuna premessa a soluzioni drastiche.
In definitiva un bel film, tutto giocato sui dialoghi e i rapporti, benissimo recitato e con 3,4 sequenze davvero belle.
Però, ecco, la sensazione che manchi davvero qualcosa è forte

6.5/7

12 commenti:

  1. Su "Mandy" mi trovo totalmente d'accordo. Da quei primi venti minuti mi aspettavo davvero qualcosa di grande, e speravo anche superiore a BTBR. Mi chiedo perchè Cosmatos abbia poi capovolto in maniera così brusca e "cazzona" il seguito. E poi diciamocelo, Cage qui fa la copia-burattino di Campbell nei sequels di "Evil Dead" xD
    Del TFF mi sono appuntato qualcosa, tra cui proprio "In Fabric", sulla carta mi sembrava carino, ma probabilmente depenno ahaha... Invece, grande curiosità per il film di Claire Denis "High Rise", spero sia nella tua lista di visioni, così posso leggerne... Ciao Giusè, buona permanenza festivaliera :)

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    1. che peccato...

      sì sì, infatti l'ho scritto, tantissimo Evil Dead

      no Frank, te In Frantic lo odieresti

      Denis vista ieri, molto bello ;)

      high life però

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  2. Ahaha giusto, mi sa che abbiam fatto un pò di confusione entrambi.. "In Fabric" :)

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  3. His masters voice visto in anteprima europea al trieste science ficton festival, davvero bah! Deludente e del tutto insensato, molto bocciato

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    1. io non arrivo a questa bocciatura ma ti posso capire ;)

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  4. Col mio solito annetto di ritardo. :D

    Ho visto Magic Magic un paio di sere fa. E più lo vedevo e più pensavo "Ma a me questa storia ricorda terribilmente qualcosa... Ah sì ecco, Tyrel!" che ho visto anch'io al Festival di Torino. E poi alla fine del film viene fuori pure che il regista è Sebastian Silva, cioè proprio lo stesso regista di Tyrel.

    A Torino, inconsapevole di tutto, devo ammettere che non mi era dispiaciuto. Per certi versi è un film anche più "rotondo" di Magic Magic, più chiaro nella messa in scena, insomma forse persino più godibile. Però a questo punto sono attonito: ma perché un'operazione del genere? Usando anche di nuovo Michael Cera? Non so, mi lascia attonito.

    E' una cosa che qualche regista ha già fatto ovviamente (vedi "Funny Games" oppure Hitchcock con "L'uomo che sapeva troppo") ma erano proprio dei remake dichiarati, rifatti magari decenni dopo. Per carità, nel cinema tutto si può fare, in fondo poi quello che conta è l'opera in sé, ma per Tyrel ora vedo quel grosso punto di domanda che mi era apparso quando avevano passato per la prima volta alla radio "All summer long" di Kid Rock.

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    1. ah, ecco, anche te mi confermi che sono praticamente due copie di film...

      anche io sono rimasto deluso principalmente da questo, se mi rifai magi magic (con meno simbolismi e complessità) ti dai la zappa sui piedi da solo, o fai un film strordinario oppure bello o no si fa fatica a capire l'operazione

      te addirittura sei andato oltre, hai "riconosciuto" silva senza sapere che magic era il suo ;)

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  5. Sì ma tipo a metà film, non sapendo il regista, stavo pensando a cose tipo che allora quello di raccontare del disagio all'interno di un gruppo era evidentemente un sottogenere, come che so, l'home invasion per l'horror. Poi hai ragione, esiste l'ottimo Krisha, che in effetti ci si sarebbe collocato perfettamente. Mah, veramente uno strano caso cinematografico.

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    1. krisha, se possibile, è anche più coraggioso perchè quelle sensazioni provate a 60anni sono ancora più delicate e, in qualche modo, commoventi

      certo a 18 sono più importanti ma fanno parte di tanti di noi e dell'età

      vedere invece gente che ha vissuto gran parte della propria vita e si trova così sola e diversa dagli altri lascia una sensazione ancora più forte, più che di mal di vivere di mal di vivere e fallimento

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  6. Sto guardando ora Mandy, sono a poco più di metà e curioso del tuo giudizio cerco la recensione, non solo per il giudizio ma anche per capirci qualcosa.. premetto che ho visto il primo del regista e per questo ho comprato il dvd di Mandy(si sono un collezionista fin troppo direi), molto scettico per il fatto che ci fosse Cage (ormai da 10 anni una barzelletta nel mondo del cinema) ma convinto appunto dal regista e dalle ottime critiche dei vari festival.. non e il mio genere, decisamente, questi "horror" allucinogeni, psichedelici e molto auto referenziali (alcune scene e personaggi messi lì per fare vedere "guardate quanto sono bravo" dal regista a mio parere) li trovo spesso noiosi (per un'ora abbondante nel film succede davvero poco) e per nulla interessanti.. per me non arriva alla sufficenza questo Mandy

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    1. guarda, vedo adesso che misi 6.5/7

      in realtà il mio ricordo fu di una delusione abbastanza netta, sia perchè adorai Beyond the black rainbow sia perchè i primi 20 minuti di Mandy li trovai splendidi

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due cose

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3 ciao