3.12.18

Recensioni "High Life" - "The Guilty - Il Colpevole" - "Pity" - Torino Film Festival 2018

Ho visto 14 film al Tff.
Ero riuscito, ad oggi, a scriverne solo sette.
Su 4 ho rinunciato, troppo tempo passato, non sarei riuscito a infilare 3 righe messe in fila.
Però ci tenevo a salutare questa bellissima esperienza recensendo gli ultimi 3 film, probabilmente pure i più belli che ho visto.

presenti spoiler

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HIGH LIFE

La fantascienza intimista è una delle mie materie preferite di quella magnifica scuola che è il cinema.
Buffo come adori questo (sotto)genere con la stessa forza con cui evito la fantascienza tout court.
Questi anni di film che attraverso lo sci-fi cercano di raccontare l'uomo, il senso della vita e quello dell'esistenza ce ne sono stati tanti.
Così tanti che iniziano spesso a somigliarsi l'un l'altro.
Tanto che un filmone come High Life perde un pochino di potenza dopo che uno ha visto tanta roba simile.
Però sticazzi, fatene quanti volete e io li vedrò.
High Life è un film ambiziosissimo (uno dei più ambiziosi visti questi anni nello sci-fi) che trasla nella cornice fantascientifica concetti primordiali e assoluti come quello della maternità (vita) e del senso dell'esistenza.
Ambientazione alla Moon, richiami di The Martian (vedi l'orto), pennellate di Wall-E (con quelle immagini malinconiche della Terra e di quello che eravamo) e, come detto, un sottotesto autoriale fortissimo. Non scomoderei Kubrick ma il tentativo (nelle intenzioni) è simile.
Grande incipit in cui vediamo un astronauta (grandissimo Pattinson) vivere in un'astronave con la sola compagnia di una neonata. I gesti di Monte (il personaggio) sono quelli di un padre. Solo poi (il film è quasi tutto flash back) capiremo se è veramente figlia sua.
Prima di tuffarci sul flashback vediamo Monte liberarsi di 5,6 corpi, corpi ibernati che in una scena davvero forte vengono gettati letteralmente fuori, nello spazio.
Tutti morti.

Andiamo indietro nel tempo, comincia il film.
Scopriamo che quell'equipaggio è formato da tutti galeotti che hanno commutato la loro condanna a vita (o a morte) in un viaggio spaziale di cui non è assicurato il ritorno.
Un viaggio alla scoperta dei buchi neri, lo spazio ignoto per eccellenza.
Film sui misteri quindi, su quello della vita, su quello dell'universo.
A bordo c'è infatti una dottoressa, a sua volta omicida (una splendida Binoche), ossessionata dal voler far nascere la vita all'interno della nave spaziale.
Dopo tanti tentativi falliti alla fine riuscirà nel suo intento.
Film ipnotico, di gran classe, suggestionante, scarno e complesso High Life ha semmai il difetto di affrontare tanti temi senza dare loro una perfetta coesione.
Lo spettatore è un pochino confuso, non capisce quale sia l'obiettivo ultimo (se ce n'è uno) del film e rischia di perdersi in più sottotrame.
Ma il film è affascinante, stimola la vista e la mente, ha grandi interpreti e due personaggi, quello di Monte e quello della dottoressa, davvero notevoli.
Tante scene che rimangono impresse, su tutte l'autofecondazione della Binoche, una specie di rito tribale con provette e sperma. Scena al limite del sostenibile e del ridicolo ma per me straordinaria.
Ma i sopracitati corpi gettati nello spazio, la bimba che muove i suoi primi passi, la bellissima e inquietante sequenza della Goth che entra con la navicella nel buco nero, l'arrivo nella base spaziale gemella, il film è pieno di momenti altissimi.
Tutto è permeato da un'atmosfera di angoscia, di speranza perduta, di tensioni e, soprattutto, è fortissima la componente sessuale che, in questo universo grande e sconosciuto, risulta davvero incisiva per questa sensazione che proviamo di Origine, un cortocircuito di origini anzi, quella della vita umana e quella della vita dell'Universo.
E poi lei crescerà e il rapporto tra i due (vero capolavoro del film) sarà sempre bello e forte.
Fino ad un finale che mi ha ricordato Synecdoche New York e Biutiful.

Qual'è il titolo dello spettacolo?
Cosa c'è oltre il bosco?

Cosa si nasconde in quel buco nero?

7.5/8

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THE GUILTY - IL COLPEVOLE

Il mio film del festival.
Per quanto mi riguarda un'opera perfetta, di sicuro il miglior thriller del 2018.
Il fatto è che dentro questo film c'è quasi tutto quello che amo.
Intanto una sceneggiatura sontuosa, intoccabile.
Poi il coraggio di girare il film tutto in un'unica location.
Poi, se non bastasse, affidare tutto a sole conversazioni telefoniche (solo Locke e Buried, a memoria, hanno fatto lo stesso).
Poi ha un attore devastante per bravura.
Poi è teso, tesissimo, più di qualsiasi thriller in cui vengono mostrate cose.
E, ciliegina sulla torta, è un film dall'umanità impressionante, tanto da doverlo classificare, come fu già con Locke, in quelli che io amo definire thriller "etici", ovvero film dove la componente della tensione va di pari passo con quella dei comportamenti umani, del tentativo di essere Uomini (penso anche al sottovalutato A Most Violent Year).

Siamo nella sede operativa del 112 ( o 911) danese.
Quella delle emergenze insomma.
Asger è un operatore integerrimo. C'è però la sensazione che questo potrebbe essere il suo ultimo giorno di lavoro visto che l'indomani è atteso in tribunale, non sappiamo per cosa.
Dopo alcune chiamate di preparazione Asger riceve quella di una donna. Non può parlare, c'è un uomo violento lì con lei.
Asger la tranquillizza. Di lì in poi succederà di tutto, in quella che è una sceneggiatura magistrale dove anche i colpi di scena arrivano senza esser furbi ma, al contrario, sono quasi colpi di scena "emotivi", di lenta empatia.
In questo perfetto script lo spettatore sa poi che le due vicende (la chiamata della donna, la storia del tribunale) dovranno convergere nel finale.
E sì, lo faranno, in modo quasi commovente. E quel titolo acquisirà un profondo significato.
Unità di luogo quindi, ma anche unità di tempo.
Anzi, The Guilty va anche "oltre" l'unità di tempo (24 ore) svolgendosi tutto in tempo reale (un "piano sequenza montato" per capirsi).
Tutto il film è sulle spalle del fantastico Jakob Cedergren (non a caso ha vinto miglior attore a questo festival), attore capace di regalare emozioni a non finire senza mai andare una singola volta sopra le righe. Anzi, il suo personaggio appare quasi freddo, incapace di emozionarsi (del resto in quel lavoro è obbligo) ma al tempo stesso viene fuori tantissimo tutta la sua umanità, tutto il suo dolore, tutto il suo terrore, tutta la sua voglia di riscattarsi come uomo.
La vicenda va avanti, si fa sempre più tesa, la telefonata con la piccola Mathilde mi ha messo a dura prova.
Piano piano la situazione si fa sempre più tragica, terribilmente tragica.
Fino ad arrivare al colpo di scena (io intuito zero, molti sì) che fa correre un brivido freddo lungo la schiena ma rende tutto ancora più doloroso.
Quel delirio sui "serpenti in pancia" invece di farti odiare la donna rendono ogni personaggio ancora più empatizzante, sia la stessa donna sia Asger, uomo che stava facendo di tutto per salvarla e si trova invece adesso con una situazione completamente ribaltata.
E il film è terribile nel descrivere l'incredibile sforzo di questo uomo per salvare tutti e tutto che, invece, si rende conto di aver commento solo danni irreparabili (far vedere il fratellino a Mathilde, non permettere che Iben venisse portata in clinica).
No, non è giusto, pensa lo spettatore.
Ma l'emozione è troppo forte e quel titolo, The Guilty, il colpevole, fa finalmente capolino in tutta la sua terribile bellezza.
Asger che pochi giorni prima aveva ucciso un uomo.
Asger che adesso per redimersi e salvare vite umane ha commesso errori madornali.
Sempre più colpevole.
E poi la telefonata struggente in cui si parla di pesci ed acquari.
E poi un ponte.
E poi una linea che cade.
Asger finisce nell'inferno più cupo possibile, è come se avesse ucciso di nuovo, adesso che invece aveva fatto di tutto per dimostrarsi uomo.

"E' con noi"
gli dice una voce

E scende l'ultima lacrima.
Perchè è giusto così cazzo

8.5/9


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PITY

Cristo, il cinema greco non sbaglia mai.
Quando ho saputo che a scrivere Pity c'era in mezzo lo storico sceneggiatore di Lanthimos ero già a posto, sapevo di trovarmi davanti al 100% ad un film geniale, probabilmente glaciale e che mi aprisse la mente.
E così è stato.
Dico la verità, senza il - per me - grandissimo finale Pity sarebbe stato "solo" un bel film, probabilmente una/due spanne sotto i greci più belli.
Ma il finale, oltre a portare i presupposti a limiti inimmaginabili, lo "completa", in una sceneggiatura in cui tutti gli elementi alla fine (appunto) convergono.
Pity (compassione) è la storia di un uomo che ha la fissa di voler essere compatito.
Sua moglie è in coma ma lui sembra non soffrire per niente della cosa.
A lui interessa soltanto che gli altri gli porgano le loro condoglianze, lo facciano sentire importante, gli mostrino il loro dolore e il loro affetto.
Anzi, quasi a mò di Pirandello, l'uomo diventa un acuto osservatore e quasi "saggista" della tristezza e della pietà, di cui codifica comportamenti, atteggiamenti, effetti (vedi capelli bianchi) e mimica facciale.
Il suo diventa uno studio sulla compassione che ha sè stesso e chi gli sta intorno come personaggi principali.
A me ad un certo punto è venuta in mente la scena della Grande Bellezza in cui Servillo spiega come fingersi tristi al funerale (anche se qualche dubbio che quelle lacrime fossero vere ce l'avrò sempre).
Pity diventa un film capace di trasformarsi più volte. All'inizio è un surreale drammatico molto compassato, poi diventa un film dall'irresistibile humour nero (la scena delle urla con registratore acceso è uno dei momenti comici dell'anno per me) poi alla fine si tramuterà in una tragedia senza pari.
Ho adorato questo trasformismo (che in altri film del festival avevo mal sopportato) perchè è tutto giocato sulle sfumature, non c'è mai un cambio di rotta netto e pacchiano.
Ci sono tanti elementi geniali come lui che rompe il pianoforte per non permettere al figlio di suonare musiche allegre ("potrai suonarle solo se la mamma di risveglia"), come quell'assurdo caso di omicidio di un suo assistito (lui è un avvocato) dove c'è una biciclettina vicino al corpo (dettaglio che verrà usato in modo meraviglioso nel finale), come i siparietti con la vicina e le sue torte (il non ricevere più torte lo fa decadere dal suo ruolo di essere umano da compatire), come la surreale canzone che ha preparato per la moglie in coma, come la sequenza della mammografia (devi aver qualcosa per forza, non può essere che stai bene, io ho bisogno di essere compatito!), o la scena dei lacrimogeni.
Scena assurda sì, ma importantissima per questa sottotematica del film, ovvero quella dell'incapacità di saper piangere (che vedemmo, con risultati grandiosi, in Synecdoche New York).
Perchè se è vero che l'uomo vuole essere compatito è anche vero che al tempo stesso lui compie esercizi su sè stesso per essere anch'egli in grado di compatire o, quantomeno, dimostrar tristezza per le cose.
Verso il finale l'uomo compie un gesto simbolico, ovvero togliere il quadro di quel mare placido e calmo (la serenità) per sostituirlo con uno di mare in tempesta (il dolore, il tormento).
Ma ormai nessuno ha più voglia di dimostrarli vicinanza, nemmeno quando finge di aver perso il cane.
E il film era già buono così.
Ma il finale è qualcosa di sontuoso, perchè unisce tutti i punti.
C'è un solo modo per essere ancora compatito, sterminare tutta la famiglia.
L'uomo ricorda l'omicidio del padre del suo assistito, ricorda l'affetto che la gente riversava sui figli del morto.
E allora ricostruisce lo stesso omicidio. E la sua mente è talmente fuori di sè che mette vicino al corpo la stessa biciclettina di quell'omicidio (se già in un omicidio era elemento senza alcun senso, ridicolo e quasi grottesco figuriamoci in due).
Poi continua il suo sterminio, e ancora biciclette.
Come se tutto l'universo di quell'uomo fosse lo stesso piccolo universo che lo spettatore aveva scoperto con il film, la compassione, un omicidio, una bicicletta.
L'uomo ha solo quegli elementi per raggiungere il suo scopo. Anche se niente ha senso di quello che sta facendo.
E alla fine, in uno script perfetto, abbiamo anche i capelli bianchi.
E abbiamo anche, finalmente, le lacrime, probabilmente vere.
Lacrime che fanno da colonna sonora ad un mare placido e sereno

7.5 / 8

18 commenti:

  1. 14 film non male! ma in quanti giorni??
    Io al TOHorror in 2 giorni ne avevo visti 8, al TFF sono riuscito a malapena a vederne 5, per via degli incastri, dei due cinema non proprio vicini, e i biglietti blu, quelli bianchi, le rush line... Poi quando ho capito come funzionava, era già Sabato sera :D
    Questi comunque li recupero, sopratutto The Guilty non me lo posso perdere. Le tue recensioni le leggo dopo, as usual.

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    1. in 5 giorni e mezzo amico...

      pochissimi, nemmeno 3 al giorno. Pensa che ho amici che nello stesso periodo ne hanno visti più di 30...

      al TOHorror io e il mio amico che mi accompagnava siamo gli UNICI ad averli visti 13 su 13 (ufficiale eh)

      eh, alla fine quando ti insegnano il Tff è facile capirlo ma io avevo tante guide ;)

      se non capisci come muoverti è un casino...

      ti aspetto!

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  2. Dopo aver citato Locke (film superbo) The Guilty gia messo in lista!

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  3. Ma te non eri quelli che odiava i festival e le competizioni? :D :D
    Scherzo!!! Anzi, sono felice della tua "conversione", perché, credo, ti sarai convinto che l'atmosfera dei festival per un cinefilo è la cosa più bella che c'è!

    p.s. Torino mi "intriga" tantissimo… il problema è che a questo punto dell'anno ho già finito le ferie :(

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    1. ahah, io non sopporto gli Oscar e tutte le competizioni non meritocratiche ;)

      i festival son bellissimi, ma dei premi frega niente. Ho citato quello dell'attore perchè mi sembrava giusto ;)

      sì sì, davvero bella l'atmosfera. Però, ti dirò, soprattutto per gli amici e per vivere la città, se fossi solo non andrei mai ad un festival

      ciao!

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  4. Gran belle recensioni Giuseppe per quelle per me insieme a MARCHE OU CRÈVE e LA DISPARITION DES LUCIOLES sono state le vere perle di questa edizione del festival, i film che mi hanno emozionato più di tutti ….purtroppo è mancato il capolavoro horror….in tale ambito ci siamo dovuti accontentare della splendida prima parte di MANDY.
    Sono rimasto estasiato da HIGH LIFE fino ad eleggerlo il mio film del cuore del TFF36, e spero tanto di poterlo rivedere al cinema prima o poi…
    Piaciuto tantissimo anche THE GUILTY, peccato solo aver previsto il twist per i motivi che ti dicevo e ciò mi ha privato della botta di adrenalina che avevo avuto, ad esempio, con CONTRATIEMPO e EL CUERPO.
    PITY, disarmante…..ennesima genialata greca…..durante la scena finale quando il cane torna sulla spiaggia molti in sala hanno riso…ma c’era veramente poco da ridere…..
    Al prossimo Festival Giusè

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    1. ovviamente tengo appuntati quei due titoli ;)

      beh, Mandy primi 20 minuti sontuosi ma se fosse stato tutto in quella maniera non era manco un horror, ahah

      il motivo per cui hai previsto il colpo di scena di The Guilty è geniale, curiosissimo

      eh, sai che non so chi preferisco tra questo e i due spagnoli? di certo il più impeccabile è questo, i più sorprendenti gli altri (anche se in alcuni casi con errori o forzature)

      anche io sono rimasto basito dalle risate all'apparizione del cane, non commento

      al prossimo ;)

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  5. Ma che bello scoprire che un film che ti ho consigliato un paio di settimane fa,THE GUILTY,con un po' di titubanza visto che non ami seguire i consigli,sia il film che hai forse apprezzato di più al TFF. MA LO SAPEVOOO CHE TI SAREBBE PIACIUTO! ;)

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    1. no, ma dai, incredibile ;)

      non mi sarei mai ricordato sta cosa (anche perchè mi avevi scritto il titolo originale)

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  6. Sono Elsa, ma con nuovo pc ho pubblicato come Unknown: Sigh:(

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  7. Elsa10 novembre 2018 22:00

    Ora lo guardo, anche se ancora devo smaltire la suspense che mi ha provocato per un'ora e trenta la visione del bel DEN SKYLDIGE, finito 5 minuti fa.So che detesti i consigli, ma se ti capita...leggerei volentieri la tua recensione, favorevole o meno.;)

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  8. un gioiellino, The Guilty...grazie per avermelo fatto scoprire. Curiosità : nella versione subbata che ho visto i serpenti sono vermi ( sempre nella pancia cmq ), qualcuno ha un dizionario danese da prestare ???

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    1. prego!

      molto interessante...

      eh, ma il problema è capire dal labiale che parola dicono in danese ;)

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  9. Visto The Guilty, molto bello. Sottoscrivo tutto quello che dici, in particolare sui Thriller "etici" (e sì, A Most Violent Year molto sottovalutato, mi ha ricordato anche vagamente Sully, in quanto tutti e due film su figure professionali che si trovano a operare scelte rischiose e a fare i conti con le conseguenze "morali" di queste scelte) e sul colpo di scena, che avevo previsto ma che ha un significato emotivo superiore a quello che ci avrebbe dato una sorpresa fine a sé stessa; ho anche apprezzato che il film sapesse esattamente cosa voleva essere, senza sbavature. Unica cosa che non ho capito sono le motivazioni del marito: perché non dice nulla al poliziotto anche quando ne ha occasione? Se il suo obiettivo è portare la donna in una clinica comunque dovrebbe darne un motivo e coinvolgere per forza la polizia, quindi pure con le attenuanti del caso (lo shock, la confusione ecc) mi sembra una cosa piuttosto inspiegabile, anche se ovviamente non abbassa per me il valore del film.

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    1. te invece la classica settimana di ritardo :)

      al solito perfetto il tuo riferimento, dico quello di Sully

      anzi, per alcuni versi anche molto più pertinente di A most violent year

      anche te avevi previsto il colpo di scena, mi sento coglione, ahah

      interessante il tuo dubbio...

      ora non vorrei sbagliarmi ma credo che il marito non dica niente perchè non vuole fare capire nemmeno alla stessa moglie dove la sta portando

      non so, dovrei rivederlo alla luce di quello che dici

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  10. Ecco... Di High life, oltre le bellissime scene che citi, ho colto solo il senso di ridicolo... Ma credo sia un limite mio.

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    1. no no, ti capisco, è uno di quei film in bilico tra capolavoro e pippone insopportabile :)

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao