22.5.21

Recensione: "Un altro giro" (Another Round)

 


Vinterberg, ancora una volta, ci regala un film magnifico.
Intanto voglio dire che Mikkelsen ha rotto le palle, è troppo troppo grande, vengono i brividi.
Quattro amici fanno un esperimento, tenere un tasso alcolemico costante (e non alto) per vivere meglio.
La cosa funziona e allora ogni volta decidono di salire un pò, fino all'inevitabile distruzione.
Ma Another Round è un film che ti fa star bene, è un abbraccio, è una carezza.
Non è un film, è un inno.
Ma solo alla fine, solo negli ultimi 5 minuti, questo film fa entrare un "ospite" che non avevamo mai visto prima.
E quell'ospite diventa non solo il vero protagonista del film, ma capiremo che tutto doveva portare a quel punto, a quell'insegnamento.
Non vi dico altro, sarà bellissimo per voi poterlo scoprire.


E così dopo Festen e Il Sospetto Vinterberg ne ha tirato fuori un altro di film magnifico.
A me piace il vino e piace la birra.
Ma non mi sono mai ubriacato.
Anzi, non ho nemmeno mai bevuto più del dovuto.
Credo inizierò a farlo.

Another Round non è un film, è un Inno.
E' un film di cui chiunque, una volta visto, sente il calore, sente l'insegnamento, sente l'abbraccio.
Sembra un inno alla vita, al perdere almeno momentaneamente la ragione per ritrovare sè stessi (e a me sto concetto di perdersi per ritrovarsi è sempre sembrato meraviglioso) ma solo alla fine, negli ultimi 5 minuti, diventerà un inno a qualcos'altro, a qualcosa che, incredibilmente, durante il film non era MAI venuto fuori.
E invece in quei 10 minuti finali da pelle d'oca capisci che questo film era un lungo percorso, strutturato, quasi scientifico, che voleva portare solo a quello.
Sembra un finale "posticcio", appiccicato, e invece scopri che Another Round era tutto lì.

Vinterberg prende gran parte del cast del capolavoro Il Sospetto, fa un incipit che proprio Il Sospetto ricorda (ma ci saranno altri riferimenti, vedi scena al supermercato, la messa o l'amicizia tra Mikkelsen e Bo Larsen, amicizia che fu talmente incredibile nel precedente film che il regista ha voluto esaltarla anche qua) ma a differenza dell'altro film, un film che ti uccideva dentro, qui senti una voglia di vita e di speranza che quando esci dal cinema hai bisogno veramente di ballare (e non dico questo a caso). Tra l'altro l'ho visto in dei giorni in cui questa voglia di vita ce l'avevo già forte di mio, sto film è stato l'ennesimo aiuto.

Degli amici, 4, decidono di fare un esperimento, ovvero dimostrare (lo aveva detto uno studioso) come un essere umano possa vivere meglio se riesce a mantenere in maniera costante un tasso alcolemico dello 0,5 (che, dicono, dovremmo avere di natura).
Si sta meglio, si rende meglio, si vive meglio, si è più felici, più concentrati, più vogliosi di fare.
E così è, i quattro amici stanno così bene che decidono di andare un passo oltre, ovvero passare ad un tasso superiore.
E va ancora meglio, la vita sia intima che sociale diventa ancora più bella, ci si sente vivi come mai.
E allora decidono di andare ancora oltre, ovvero al massimo raggiungibile.
E qui invece avverrà il disastro, ubriacarsi fino al limite concepibile (ad un certo punto il film sembrava quasi un La Grande Abbuffata ma sull'alcool invece che del cibo) porterà i quattro amici quasi alla distruzione, sia personale che di tutti i loro rapporti famigliari e sociali.
C'è da dire che qui possiamo subito cogliere una metafora, ovvero come per vivere la vita sia bellissimo e quasi necessario "perdere la testa" ma che comunque l'eccesso, come in tutte le cose, ti annienta.



Con Rocco si diceva che questo aspetto è anche metafora del confronto che potremmo fare se questo film, invece di Vinterberg, l'avesse girato il suo amico Trier.
Trier porta sempre tutto all'eccesso, il dolore, la ninfomania, la depressione, la violenza.
E di sicuro con questo soggetto il meraviglioso regista danese avrebbe creato un'opera di completa distruzione, un'opera a tasso alcolemico di 2 o oltre.
E invece Vinterberg, come scopriranno i suoi personaggi, gira un film che fa della misura uno dei suoi pregi maggiori. Un film che ti insegna come serve sì andare oltre, ma mai troppo. E meno male che pensa questo perchè sto film diventa così una carezza, un abbraccio, un'opera con dentro insegnamenti di grandissima positività.
Inutile dire che gran parte del film la fa quel mostro di Mikkelsen.
Ormai posso dirlo, Mikkelsen non è un attore ma è un nostro Privilegio che si mette davanti la macchina da presa.
Il suo viso, i mille colori deli suoi occhi e della sua anima, le centinaia di emozioni che riesce a dare, sono un qualcosa di cui noi, come spettatori, dovremmo solo ringraziare.
Ma tutti gli attori sono strepitosi, io ad esempio ho adorato la moglie di lui.
La regia è la solita della scuola danese, tanta camera a mano, tanto movimento, e un attaccamento ai personaggi micidiale.
Ma è la sceneggiatura la parte migliore de sto film.
Perchè il soggetto è veramente semplice ma la complessità che si è riuscita a dare a questa semplicità è assolutamente meravigliosa.
Another Round è un film che esci dalla sala e ne parli e parli tanti spunti ti dà, tanta vita racconta, tanti trucchi per vivere meglio ed errori ha dentro.
E' magnifico questo concetto per cui bisogna bere qualcosa per stare meglio, come se la vita ti risucchi così tanto che serve un piccolo aiuto, quello 0.5%, per tornare chi siamo, serve un liquido per tornare ad una condizione di serenità. Detta così sembra quasi una cosa brutta, un insegnamento sbagliato, eppure nel film questo concetto viene restituito con una tale grazia e "verità" da farcelo vedere come una cosa bellissima, come un dire "fatela una piccola pazzia, starete meglio".
Il personaggio di Mikkelsen ritrova l'amore per l'insegnamento, quello per la moglie, quello per la vita. Non è un'euforia "fittizia", artificiale (lo è semmai quando si arriva all'ubriacatura), ma completamente naturale, atavica, come se quel metodo ci riporti alla nostra vera natura.
Ci sono scene davvero davvero belle come quella delle "elezioni", come il magnifico canto al buio, come il bimbo con gli occhiali che scarta e segna, come loro che fanno l'amore dentro la tenda e lei piange ("Perchè piangi? Perchè mi sei mancato"), come quelle dell'ubriacatura, alcune comiche, altre distruttive, come la messa in cui Mikkelsen ha la stessa inquadratura de Il Sospetto ma purtroppo Theo dietro cui volgere lo sguardo non può esserci, perchè Theo è lì, davanti a lui, in una bara).


Ma la cosa più pazzesca de sto film è che scopriremo che un qualcosa di cui non si era mai parlato, un qualcosa mai nominato prima, diventa il vero protagonista del film, l'Amore.
Another Round rimarrà in questi anni come uno dei film che racconta meglio l'amore di tutti, pur parlandone solo 5 minuti.
Tutto, ma veramente tutto, era stato raccontato per arrivare a quel punto.

"Anche tu mi manchi"

Arriva questo sms mentre i tre amici rimasti sono a cena per ricordare Tommy.
"Anche tu" prima di "mi manchi"
Perchè Martin glielo disse a lei quel giorno, quel giorno che pensò di averla persa per sempre.
E il film in 5 minuti diventa tutt'altro.
Perchè è vero, l'alcool aiutava a stare meglio, dava euforia, rendeva migliore la vita.
A 0,5% o a 1%.
Ma alla fine vediamo che l'unica cosa nella vita che, veramente, ti può dare la felicità è amare e sentirsi amato.
Non ci sono discussioni, possiamo dire quello che vogliamo, ma è così.
Più volte abbiamo visto Martin felice nel film, rinato.
Ma solo alla fine lo vedremo ballare, lo vedremo ballare quel ballo che, ci avevano detto, faceva da giovane.
E non solo perchè l'amore fa tornare giovani (anche un 70enne torna 15enne) ma anche perchè nel massimo della nostra felicità è come se riuscissimo a riafferrare il nostro migliore io del passato, è come se tornassimo a vivere i nostri momenti più belli.
E, a differenza dell'alcool che se superi i 2 gradi invece che salvifico diventa distruttivo, l'amore può arrivare anche ad una gradazione folle, ma più è grande più stai meglio.
Ma, e questo ci ricordano quegli sms - quell' "anche io" - sta cosa non la si raggiunge se sei innamorato.
Bisogna cambiare una lettera.
Non bisogna essere innamorato, altrimenti potresti farti male come bere fino a morire.
Bisogna essere innamorati, con la "i".
Insieme.
"Anche io"
E' lì il segreto di tutto, in quell' "anche".
E' una condizione che troppo spesso non c'è, manca uno o manca l'altro.
Quando c'è si balla, si diventa folli.
Quando c'è ci si tuffa nel mare




37 commenti:

  1. Visto ieri, bellissimo film.
    E, finalmente, un gran film d'autore che parla di Amore, vita e speranza. Con un scena finale che è un inno alla vita.
    C'è n'èra davvero bisogno.
    Spesso il cinema (ma anche la letteratura) "d'autore" tende a fossilizzarsi su una visione del mondo "negativa".
    E mai mi sarai aspettato un tale approccio da Vinterberd, soprattutto con quello cha ha passato durante le riprese del film.
    Chapeau.

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    1. Ho letto solo adesso, non sapevo, non ho parole...

      allora sì che diventa un inno ancora più forte

      e sì, c'era bisogno, m'ha lasciato delle sensazioni talmente belle che è difficile dirlo

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  2. 4 persone che riscoprono il piacere di confrontarsi, di spendersi per un progetto comune, di riscoprire l'aspetto ludico della vita, di compatirsi nella buona e nella cattiva sorte. È il film definitivo sull'amicizia nella età adulta per me.

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    1. la tua lettura è molto bella

      ma io son "sicuro" che la tematica principale sia quella del finale

      non solo perchè è abbastanza evidente che in questo film il finale è anche il fine (scusa il gioco di parole) data la costruzione di tutta l'opera e quel punto d'arrivo concettuale a cui si arriva

      ma poi mio fratello mi ha fatto notare anche una cosa che avevo rimosso, ovvero la citazione iniziale del film, presa tra l'altro da quel Kierkegaard che poi viene anche citato nel film

      "Cos'è la giovinezza? un sogno
      Cos'è l'amore? il contenuto di quel sogno"

      capisci che un film che comincia con questa citazione e finisce con la dimostrazione empirica della stessa citazione è "matematicamente" un'opera che questo voleva raccontare

      poi dentro c'è tanto altro

      e sì, è un film stupendo sull'amicizia

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    2. L'ho rivisto con in mente la tua recensione ed è un film sull'amore, su tanti tipi di amore. C'è l'amore per la propria metà, per la famiglia, per i figli(anche non tuoi come il bambino piccolo nella squadra di calcio), l'amore per gli amici, per gli estranei, per l'alcool, l'amore per il proprio lavoro, per la libertà. Tanti tipi di amore, che rendono la nostra esistenza migliore. E il finale al funerale con quell'atto liberatorio di Martin che si lancia, l'ho visto come una specie di atto psicomagico, un tuffo verso il futuro che Vinterberg ha fatto per esorcizzare la morte della figlia ma anche per glorificarne la vita. Che film meraviglioso. Grande Giuse' per tutto quello che fai per la critica cinematografica.

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    3. no, grazie a te perchè questo commento mi ha commosso

      davvero, grazie

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    4. mi sono permesso di condividerti su facebook

      grazie ancora Mirko

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  3. Un film leggero ma mai superficiale, che ti rimane lì, come un groppo in gola, e ti scioglie in lacrime con quel finale liberatorio. Bravissimi tutti gli interpreti, bravissimo il regista; con tutto quello che ha passato è davvero un miracolo che abbia tirato fuori una pellicola simile.

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  4. Per una volta sono completamente contrario alla tua recensione, e sono felice di esserlo. Il film è un atto di denuncia assoluto verso l'alcool. E l'ultima scena che a te ha dato gioia, a me ha dato tanta tristezza. Il protagonista invece di correre dalla moglie rimane lì, a bere. Cioè la cosa che desiderava di più, la moglie, lo chiama e lui rimane lì? È la vittoria del demone, l'alcool. Alla fine ha vinto lui...

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    1. ahah, l'opposto proprio ;)

      ovviamente non concordo su niente di quello che hai scritto, e non mi hai fatto nemmeno venire il dubbio

      lui a quell'sms risponde anche "credo che (nome figlio) tifi per noi" e poi corre fuori ad esternare la sua infinita gioia, ballando come faceva da ragazzo

      Sta tranquillo, la sera andrà da lei, adesso c'erano 5 minuti per morire di felicità

      (nessun alcool ha vinto, tanto che fanno vedere appunto che si accontentano di una birretta)

      però bello essere così distanti, hai ragione :)

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  5. Una birretta per iniziare.... Poi il film finisce come era iniziato... L'assurda gara del vomito.

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    1. guarda, lungi da me convincerti a cambiare idea ma credo che raramente mi sia trovato davanti un finale più esplicitamente inno alla vita, all'amore e alla gioia di questo (lo stesso brano finale lo racconta)

      tra l'altro nella tua lettura allora, veramente, secondo me ci troveremmo davanti ad una sceneggiatura pessima (per dire, gli amici che per ricordare Tommy diventnao invece alcoolizzati e tutti i discorsi d'amore di Mikkelsen che in realtà erano falsi)

      io ho visto 3 amici lontanissimi dall'essere alcoolizzati, tutto l'opposto

      e anche la citazione iniziale del film, in questa lettura, sarebbe assolutamente senza senso

      detto questo Enrico (mi sembra che hcproduct sia enrico fagioli, sbaglio?) raramente in 12 anni mi sono ritrovato un parere non diverso, ma completamente opposto al mio, come in questo caso

      e la cosa è interessantissima, quindi grazie...

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    2. e sempre per restare alla sceneggiatura quel ballo che lui da anni non riusciva più a fare che sia simbolo dell'esser stato vinto dall'alcool, boh, me pare assurdo

      detto questo, ripeto, sentire letture così diverse è bellissimo per me

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  6. "in continuo equilibrio tra dramma e commedia, mescola saggezza a sventatezza. Tratta il tema dell'alcolismo e della depressioni con originalità. Ottimo il cast e l'idea alla base, buona la regia, ma la sceneggiatura accelera troppo ed esagera sviluppi e tempi, dimenticandosi tutti i personaggi femminili (poco approfonditi) e le famiglie dei 4 protagonisti. Bello il finale, in particolare l'ultimo fermo immagine che racconta molto di quanto abbiamo visto. Buon film ma non eccellente come immaginavo."

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    1. ecco ti ho letto. Come sempre riesci a far diventare più bello, anzi più emozionante, quanto già visto :-D
      grazie

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    2. sì, è vero, ci sono difetti (io come al solito quando inizio a scrivere poi a volte parto con l'entusiasmo e dimentico tutta l'analisi)

      anche quelli che hai detto tu lo sono, ma il film si concentra su di loro, secondo me a meraviglia

      e rende paradossalmente quel finale ancora più bello perchè proprio una vicenda trattata poco alla fine diventa l'anima del film

      so che il tuo è un complimento stefano (grazie...) ma in realtà a me piacerebbe parlare di cinema cercando un minimo di oggettività

      e che spesso rendo più "belli" i film che vedo alla fine non è una cosa che mi fa onore

      ma son fatto così, ormai dopo 12 anni ho capito che quando scrivo l'organizzazione e l'oggettività le perdo quasi sempre

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    3. guarda che il tuo essere "entusiasta" si percepisce e il non mettere filtri ti permette di avere una visione più spontanea; cosa che a me manca sempre (ops quasi sempre, quando guardo Star Wars torno fanciullo :-D )

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    4. ci vorrebbe un giusto mix Stefano...

      è vero, sono spontaneo, ma te non sai quante cose poi mi dico "cavolo, ma perchè non ho detto questo e questo?" e quasi sempre le cose che non dico sono o le uniche oggettive, o i difetti o qualche annotazione tecnica

      tra l'altro quando prendo appunti la metà riguardano ste cose, poi inizio a scrivere e arrivo alla fine senza nemmeno accorgermi, pubblico, e tutto quello che volevo dire fori dall'entusiasmo non l'ho detto

      magari un giorno migliorerò

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    5. per me c'è già troppa gente, che si focalizza principalmente su errori e critiche. La tua è una bella voce fuori dal coro. Va bene così

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  7. Visto in lingua originale (e dopo aver sentito il trailer in italiano, dico che è stato un bene...).
    Questo è davvero un film speciale; è come prendere 20 compresse di VITA, tanto è... energizzante, se posso permettermi il termine. E' un film dove si piange, si ride, dove gli spunti escono a vagonate, dove ti chiedi se un giorno, anche noi in Italia potremmo avere il coraggio di fare un film come questo, fatto bene come questo, e magari usando come pretesto l'alcol. Mi rispondo abbastanza sconsolato, ma certo, che non succederà.
    Quello di Vinterberg è un inno alla vita, alla rinascita; un film che fa bene a tutti a partire dal regista stesso: la IDA a cui è dedicato il film è sua figlia, scomparsa poco prima delle riprese.
    Se il trio de "Il sospetto" si ricompone qui (Vinterberg, Mikkelsen e Larsen), dando di nuovo una grandissima prova, non da meno sono tutti, ma proprio tutti gli altri attori. A me, per esempio, ha colpito Lars Ranthe (ora che ci penso, pure lui era me "Il sospetto"...) che nel film interpreta Peter, il professore che nel finale verrà lanciato festosamente in aria dai propri studenti promossi, e proprio in questa scena mi ha emozionato con la sua emozione.
    Complimenti a te per la recensione, profonda as usual, complimenti a Vinterberg per var confezionato forse il miglior finale degli ultimi 20 anni.

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    1. state facendo dei commenti bellissimi :)

      guarda, appena il film arriverà in piattaforme credo me lo rivedo almeno una volta al mese, fa talmente bene che è davvero una medicina (io poi lo vidi pochi giorni dopo aver deciso di cominciare a stare veramente bene, è stato un aiuto pazzesco)

      grazie per il commento, davvero bello

      sì sì, Ranthe se non sbaglio era il "padrino" ne Il Sospetto

      sì, un finale da pelle d'oca

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  8. Ciao

    Visto 2 giorni fa in compagnia di mia moglie....che bello che esiste ancora il cinema europeo :)

    Perchè è un film che solo in europa, o ancor più precisamente in Scandinavia poteva nascere.

    E' bello visivamente, la recitazione è fantastica, i personaggi sono caratterizzati, gli sguardi valgono mille volte qualsiasi spiegone che in un futuro remake sicuramente aggiungeranno, la storia è semplice ma non banale e soprattutto è...vero (tutto quello che succede nel film potrebbe succedere o essere successo a chiunque di noi).

    Ho anche io notato parallelismi con "Jagten" o quantomeno rimandi al precedente film e devo dire che li ho apprezzati....una sorta di continuità nella cosmologia dei sentimenti descritta dal regista....Un po alla Kieslowski

    Ho anche pensato a quella frase del piccolo Buddha in cui Siddharta dice che una corda di violino deve essere abbastanza tesa da poter suonare ma non troppo da potersi spezzare....il famoso "in medio stat virtus" che alla fine è per me il messaggio del film
    Per essere felici non bisogna castrarsi (critica alle società scandinave) ma nemmeno cadere nelle dipendenze (critirca a gran parte delle altre società consumiste di adesso), bisogna godere di questi pochi attimi che ci sono concessi su questa "tera" come direbbe "Quelo"; amando, bevendo, mangiando, osando, rischiando e perchè no fallendo, ma senza rimpianti per non averlo fatto.

    Un pò come nella musica "Allegro ma non troppo"....bisogna lasciarsi il tempo e la lucidità per gioire di ciò che si vive.....Largo e la Tua vita è un coma.....Prestissimo e sarai morto a breve :)

    Mandi Mandi




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    1. non sapete quanto so orgoglioso dei vostri commenti, ormai lo dico da anni ma voi resterete la vera grande eredità quando il blog chiuderà

      anche il tuo è bellissimo e la tua frase del piccolo Buddha meravigliosa, credo non migliorabile riguardo questo film :)

      quando hai scritto allegro non troppo ti riferivi solo all'andamento musicale, non al cartone di Bozzetto

      ma voglio ricordarlo perchè è forse la più grande opera di animazione italiana di sempre per me

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    2. ciao Giusè

      Ovviamente non facevo riferimento al film con Maurizio Nichetti, anche se è sempre bello ricordarlo :)

      So che non ti piace quando qualcuno ti dice "lo devi vedere" ma visto che anche Tu apprezzi le straordinarie doti di Mads come attore Ti consiglio vivamente di vedere il film "Artic" (incluso su Prime).
      Un fulgido esempio che quando il film è fatto bene non servono più di 50 parole in 2 ore

      Una piccola postilla sui messaggi alla fine del film....noi lo abbiamo visto sottotitolato in inglese, dove tutte le scritte del film erano quelle originali in Danese, e il riferimento a chi sta facendo il tifo per loro è "Tommy" e non il figlio.....
      Come se da un ipotetico aldilà il caro amico morto suicida cercasse di rendere possibile almeno la loro felicità, e fosse poi lui (il suo spirito) a convincerlo finalmente a ballare (cosa che non gli era riuscita da vivo).

      Come a dire "vai e divertiti, non negarti ciò che ti dava gioia"

      Riporto le frasi qui sotto:

      -Jeg tror Tommy hepper pa os to

      -Det or jeg oksa

      Mandi Mandi

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    3. cavolo, mai sentito quel titolo Giovanni, bellissimo suggerimento (adoro i suggerimenti di titoli che non ho mai sentito nominare da nessuno)

      no, ma non c'entra niente la lingua o la traduzione, ho preso proprio un abbaglio io, certo che Tommy era l'amico, mi sono semplicemente confuso :)

      questo non cambia niente sul discorso qua sopra (mi riferisco al dialogo con HcProducts) per cui io credo (ma anche te e quasi tutti) che quel finale sia positivissimo, la vera felicità in terra

      Anzi, che scriva che quello lo vorrebbe l'amico morto, se possibile, lo rende ancora più emblematico (perchè è ovvio che il figlio lo vorrebbe, infatti non mi tornava)

      grazie Giò

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  9. Ciao, premetto che condivido la tua bellissima lettura del film come inno all'amore,ma te ne vorrei fornire una diametralmente opposta,che, vista la tragedia che ha sconvolto la vita del regista proprio durante le riprese, non mi sentirei di escludere. E se il film fosse invece un inno all'accettazione della morte? Secondo Seneca tutta la nostra vita era appunto un imparare ad accettare la morte. I protagonisti, nel mezzo del cammin di loro vita, si preparano a questa tremenda accettazione per tutto il film autodistruggendosi, alla stregua dei personaggi di Trainspotting. Sanno benissimo a cosa vanno incontro, non ci credono neanche loro nelle teorie dello studio (che infatti liquidano in quattro e quattr'otto in una frase sul pc). A riprova della teoria della morte e' proprio, a mio parere, il finale: in una scena nell'osteria Mads in un clima di orgiastica autodistruzione si getta all'indietro dal bancone, e gli amici lo prendono al volo. Alla fine si getta in avanti nel mare, dove l'unico a prenderlo sarà l'amico morto. Il finale e' così un tributo alla morte della figlia, alla dolorosa lotta per l'accettazione di essa, un tremendo dolore da cui un genitore non esce mai, e le uniche armi sono autodistruttive, come in questo caso l'alcol. Questi due punti di vista totalmente antitetici, amore e morte per me rendono il film un capolavoro.

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    1. lettura bellissima...

      allora, c'è da dire che, credo, la sceneggiatura del film fosse assolutamente finita prima di quella tragedia. Quindi non so se la tragedia stessa possa essere presa come riferimento, anche solo magari per un finale cambiato o diverso

      però quello che mi sento di dire è che i due punti di vista che proponi, che dici antitetici, possono forse coesistere alla grande insieme

      perchè potrebbe essere un film sull'amore (e io non mi muovo da lì, quel finale con quella costruzione per me non è equivocabile, ma forse dipende anche dal periodo in cui l'ho visto, periodo in cui avrei dato la mia vita intera per ricevere un solo sms "mi manchi anche tu"), dicevo potrebbe essere un film sull'amore ma in questa consapevolezza di accettazione della morte

      cosa c'è di più bello e potente di amare se lo abbini al fatto di accettare la morte? se accetti che possiamo andarcene poi sentimenti come l'amore li vivi in modo ancora più intenso. E non sottovaluterei anche il concetto per cui amare, in qualche modo, è una "piccola morte", almeno di quella parte di te solitaria, per tirare fuori il te + lei, una nuova entità. Certo non snaturando quello che sei ma quell' 1 + 1 sarai comunque un nuovo te. In quel ballo, in quel finale, il Mads da solo è come se morisse per poter di nuovo, e stavolta probabilmente in modo magnifico, essere lui + lei

      so che te hai scritto cose diverse, quasi un cercare la morte, uno sfidarla. Che è un pò diverso da accettare che ci sia. Ecco, sull'accettazione sono completamente d'accordo. Del resto il finale loro son là per ricordare, con serenità, l'amico scomparso

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  10. Scusami, aggiungerei come postilla al tema della morte e autodistruzione nel rifugiarsi nell'alcol, nel clima di finta euforia e concreta sofferenza e male di vivere che pervade tutto il film si evita accuratamente qualsiasi riferimento a Dio e alla religione, non c'è un solo personaggio in tutto il film che accenni a Dio, che invece e' l'ancora di salvezza a cui solitamente ci si affida nei momenti peggiori della nostra vita per andare avanti senza autodistruggersi (anche il funerale e'volutamente liquidato in una scena dove non compare neanche il prete, cosa alquanto insolita nei film). Il preferire l'alcol fino alla fine come conforto rispetto a Dio mi fa pensare che non possa essere un inno alla vita, ma, forse, alla morte. L'illusorietà che per divertirsi fino a star male, per sentirsi più vivi, per lavorare meglio o addirittura per passare un esame si debba trovare conforto in un mezzo autodistruttivo come l'alcol, salvo invece ritrovarsi ancora più soli e disperati (uno seduce una sua allieva, Mads e' solo, uno viene lasciato dalla moglie pisciandosi addosso, e racconta agli amici di essersi riconciliato, ma non sapremo mai se e' solo una bugia da ubriaco, il regista lasciandoci volutamente nel dubbio, e l'ultimo amico addirittura muore) ne fa, per certi versi un film disperato e pervaso da finta euforia come Trainspotting. Scusami se mi sono dilungato e se ho buttato giù qualche spunto a casaccio, ma mi interesserebbe molto il tuo punto di vista.

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    1. no no, ma assolutamente

      però, ecco, il film ci mostra anche come quell'esperimento, finchè non arriva a livelli troppo alti, aiuti veramente a vivere meglio. Quindi per suffragare questa tua tesi dovremmo dedurre che un tale esperimento poi porti giocoforza all'eccesso, all'autodistruzione. E magari è vero eh, ma è anche vero che il film ci mostra (direi in modo quasi sicuro) come tutti i protagonisti (tranne l'amico morto) siano tornati indietro, abbiano avuto la forza e la lucidità di fermarsi. Secondo me il messaggio di (auto)distruzione (e quindi di sfida alla morte, di dire "come va va") è annullato da quel finale che, per me, rimane uno struggente momento di vita e d'amore, senza controindicazioni

      ma tutto quello che dici è assolutamente condivisile e interessantissimo :)

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  11. Ciao a tutti, è la prima volta che scrivo anche se seguo il blog da tempo ormai. Ieri ho visto finalmente Un altro giro e oggi sono corso a leggermi recensione e commenti. Il film mi è piaciuto davvero tanto, anche per le sensazioni contrastanti che mi ha lasciato alla fine. Ho trovato molto bella la recensione, mi ha emozionato leggerla...però continua a rimanermi in testa la battuta di Martin quando gli chiedono di ballare e lui risponde "Balleró all'inferno". E quando lo vediamo ballare? Alla fine...e questa cosa mi lascia un pò perplesso e un pò di amaro in bocca..sicuri che Martin e gli amici abbiano imparato la lezione? p.s. purtroppo l'ho visto doppiato, quindi non so se nella versione originale dica la stessa cosa o meno

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    1. ciao!

      grazie per i complimenti...

      cavolo, sta cosa che dici è interessantissima, anzi, bravissimo a coglierla. Ti direi che forse il finale a maggior ragione parla di questa nuova vita e consapevolezza, con quell'inferno che disse (disillusione) che adesso diventa una sorta di paradiso (sogno realizzato)

      ma ovviamente questo è il mio finale, anche riguardo l'altro fatto che dici (ne sono fuori? per me sì)

      però vedo che sto film lascia tante interpretazioni e, secondo me, è bellissima sta cosa

      complimenti per la cosa che hai notato

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  12. Concordo con te sulla lettura del finale, certo che quando parli parli della camera a mano, una menzione il leggendario Sturla se la meritava.
    Scherzo Giuse, recensione emozionante come al solito per questo inno all'alcool, all'amore, alla vita.

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    1. cioè, c'è Sturla in Another Round a riprendere? e chi lo sapeva!

      grazie...

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  13. (Parte 1)
    Recupero solo ora questo film meraviglioso e da tradizione anche l’altrettanto tua meravigliosa recensione, che in questo periodo particolarmente ispirato mi porta anche a tornare a commentarti dopo un'eternità.
    Another Round (nel suo essere inno alla vita e all’Amore) mi ha ricordato anche questo: di cosa nelle nostre vite si faccia inno di qualcosa, di cosa risvegli in noi forze ed energie sopite. In questo senso anche le tue recensioni (e questo spazio in generale) possono essere considerate un inno: al Cinema, alla scrittura più autentica, alle emozioni risultanti più profonde, per chi scrive e per chi legge. E a volte dimentico quanto proprio questo spazio, nella tua persona e nelle tue parole, mi abbia dato e regalato. Se sono quello che sono è anche grazie a te (o per colpa tua - a seconda di come la si voglia vedere ahaha). Quindi anche se non lo dico spesso: grazie per oggi e per tutti questi anni. Non sai quanto questo spazio valga per me. E lo dico sinceramente: nel 2020 in particolare è stato davvero un'ancora di salvezza.

    Ma tornando alla recensione: bellissima analisi e interessantissimi i vari punti in comune con gli altri film di Vinterberg, che invece non avevo colto (e che sono stati magnificamente amplificati anche nei commenti che mi hanno preceduto).
    Come dici è un film sull’Amore, infinito e senza confini, in grado di superare il limite dell’alcol nel farci sentire finalmente appagati (dove prima era invece tutto vuoto) rispetto a qualsiasi altra sostanza, farmaco o esperienza. Ed è un Amore che nel film (come tanti citavano nei commenti) si declina in altrettante infinite forme.
    Tra queste, quella che forse più mi è rimasta dentro è nel rapporto trans-generazionale: genitori e figli, studenti e professori. Non perché fosse predominante, ma per una mia percezione di visione legata da una parte alla tragedia della figlia 19enne di Vinterberg e dall’altra ad un mia idiosincrasia nei confronti dei film ambientati nelle scuole (che ho sempre percepito invece forzati, pretestuosi, artificialmente retorici – ma questo film ne è un’eccezione).
    Qui insomma c’è anche un inno a quel rapporto, alla risoluzione di quell’apparente disparità iniziale che vuole far sentire grandi i giovani (nel “giocare” quasi a fare gli adulti) e quegli adulti a sentirsi di nuovo giovani e liberi. E in questo voler essere altro da noi, nel guardare quell’altro per essere COME lui (o per esserne l’opposto estremo), ci sta l’opposizione, l’incomunicabilità, la sofferenza. Mentre nel guardare l’altro per essere INSIEME a lui, ci sta appunto tutto questo Amore.

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    1. (Parte 2)
      Quegli uomini di mezza età pensano come professori di non essere più in grado di parlare a giovani e adolescenti (“Questi ragazzetti mancano di rispetto. Gli andrebbe tirato un calcio in culo”). E così si chiudono nella loro bolla, nel loro corpo che sta invecchiando, nelle loro famiglie imperfette che non comunicano ormai più.

      Quegli uomini di mezza età sembrano insomma rimpiangere forse la giovinezza, incapaci di vedere brio in un corpo acciaccato che ormai sentono paralizzato e anestetizzato, dove è impossibile provare stimoli e relazionarsi alle persone attorno. Il loro viso grigio sembra trovare di nuovo senso solo nel rosso intenso del vino, dell’ambrato della birra o di quel trasparente denso della vodka. Più l’alcol sale, più l’euforia li pervade e più sono vicini a cadere nel profondo baratro.
      Decidono persino di fare un saggio psicologico su quell’esperimento, che più che il senso dell’alcol rivela la fallibilità delle loro vite, pronte a cadere rovinosamente per terra (come accade appunto quando sono ubriachi). Livello 1, Livello 2, Livello 3: l’alcol passa dal condiviso, al personalizzato fino all’oblio più totale.

      Eppure si può riuscire ancora, si può evitare quell’esperimento disastroso. E partire a cantare con una mano sul cuore (come fa il piccolo Quattrocchi che in quel rapporto trans-generazionale ha ritrovato un senso).
      È un inno, alla vita, a quella giovinezza che è sogno. E al sogno di una giovinezza che non c’è più. Ma si può ancora sognare lo stesso, con gli occhi lucidi. Bastano le piccole cose a fare la differenza. Basta vederle, con una mente altrettanto lucida.

      E così si può ripartire: Livello 1. Ma stavolta è la vita. Nessun saggio psicologico. Solo un sms. Semplicemente l’Amore.
      Un altro giro. Ma stavolta per ballare. Roteare. E festeggiare. Con quei vecchi passi di jazz che sembravano nascosti in un passato lontano.
      Tutti assieme. Noi. E i giovani.
      Vinterberg. E quella figlia strappata troppo presto alla vita.
      Quello che conta è l’Amore, nonostante tutto. Ne basta uno 0,05% costante, sempre. Ma lì si può anche salire, fino all’eccesso. Per citare PTA “Ubriaco d’Amore”.
      E ci si può buttare in un salto nel vuoto. In un mare in cui prima mettevamo il giubbotto di salvataggio. Perché l’Amore ti tiene a galla, mentre tutto attorno ti porta giù nell’abisso.

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    2. grazie per questo commento stupendo Riccardo, che si incentra quasi totalmente su un aspetto che abbiamo sfiorato ma non preso di petto (ed è giusto lo faccia un giovane)

      non è un caso che infatti si faccia riferimento alla giovinezza del personaggio di Mikkelsen

      anzi, nel finale riesce in una cosa che non riusciva NEANCHE da giovane (se ricordo il film)

      e forse come dici questo film ha dentro questo, un uomo di mezza età che si fonde con il sè giovane

      e due generazioni che fanno lo stesso

      proprio per omaggiare un padre e quella figlia andata via

      e sì, sta cosa la poi fa solo attraverso l'amore

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3 ciao