10.9.21

Festival del Cinema di Venezia 2021 - Giornate 1 - 7 settembre

 

Fortuna che avevamo detto che avremmo fatto post giornalieri!
In realtà per una serie incredibile di problemi (e chi è a Venezia alcuni di questi problemi li conosce bene...) e siccome io in questi giorni non ho avuto mai un secondo di tempo (sia per progetti virtuali che per vita fuori) alla fine ci ritroviamo oggi a pubblicare questo primo post da Venezia.
Vi lascio ai ragazzi con queste loro brevi (o meno brevi) impressioni su 12 film visti alla Mostra


TOMMASO FERRERO

Non metterò voti. Non ne sono capace né ne no ha la competenza. Quelle che seguono sono le impressioni che ho avuto in sala, leggermente rielaborate, pensate ed edulcorate per essere adatte al grande pubblico. Ho visto molto meno film, non per le grandi difficoltà a trovare posti, ma solamente e perché sono rimasto a Venezia meno del solito. Non leggo mai le trame, per arrivare in sala, quindi non so mai cosa aspettarmi. Detto questo, vi porto qualche impressione su questa Venezia 78. Leggetemi, ignoratemi, insultatemi, sono a vostra disposizione.


MIRACOL di Bogdan George Apetri (Romania)



Primo film alla mostra di quest’anno è un film romeno che dribbla con grande maestria fra i generi. Una giovane suora si reca in ospedale di nascosto per abortire un figlio non voluto. Il padre è un poliziotto sposato, che non risponde alle chiamate ed è irreperibile. La ragazza, dopo varie indecisioni, decide di tenere il bambino, ma nel viaggio di ritorno viene brutalmente stuprata e colpita ripetutamente al cranio con un sasso dal taxista che la stava accompagnando al monastero. Qui c’è il primo switch, sia di genere che di personaggio. Ora seguiamo il poliziotto, padre del bambino, a cui, per coincidenza, è stato affidato il caso. Ma ecco il miracolo, lei è viva, e anche il bambino che porta in grembo. Questa consapevolezza cambierà profondamente le azioni del nuovo protagonista.
Il film ha delle scelte registiche davvero interessanti, permettendoci di ripercorrere gli stessi luoghi tramite il punto di vista di due personaggi diversi. La camera gira con piani sequenza puliti e profondi, soprattutto quello finale che riesce a inserire interessanti salti temporali dentro un unico take. Belli anche i dialoghi, peccato solo che la trama fosse, a mio avviso, insipida e poco sentita, nonostante sia strutturata molto bene. Interessante soprattutto il protagonista maschile, narratore inattendibile di se stesso.


IL BUCO di Michelangelo Frammartino (Italia)



Il buco è lungo, lento, fermo. Esattamente ciò che mi sarei aspettato da un film di Frammartino. Trama, oserei dire, inesistente. Un gruppo di speleologi si spinge nell’abisso del Bifurto, in Calabria, nei primi anni 60. La violazione della terra natia viene, però, sofferta da un vecchio bovaro, che si ammala rapidamente.
Il Buco è cinema. Ha riprese stupende, sensazioni, suoni. La profondità di campo la fa da padrona in una scelta registica al limite del docufilm. Non ci sono parole, solo suoni ed immagini. C’è da dire che oltre alle belle immagini, però, sarebbe stato bello avere altro. Il film non mi è arrivato, auna certa ho sentito i colpi del sonno, ma giustamente non vai a vedere un film del genere aspettandoti di vedere sparatorie e grandi colpi di scena. Tipico esempio di film amato dalla critica, odiato dal pubblico, da me accettato nella sua esistenza come un elogio del buio e un viaggio verso la morte.


MONA LISA AND THE BLOOD MOON di Ana Lily Amirpour (USA)



Questo film mi è piaciuto tanto, è come se i due film precedenti della regista avessero unito i loro punti positivi in qualcosa di nuovo ed esplosivo. Al cinema ci sono le regole e poi ci sono le emozioni, le sensazioni e tutto ciò che ne deriva. Questo è un film estetico, bellissimo ed enorme nonostante la sua semplicità narrativa. Il pop fa da sovrano, la techno vive per le strade, il blues è l’anima di un film sul trovare il proprio luogo. New Orleans viene riletta in chiave american fantasy dalla regista, che crea un universo unico, colorato, con nuove regole e comportamenti. Una giovane con poteri paranormali fugge da un manicomio, per poi essere accolta e sfruttata da una spogliarellista. Ne segue una storia sull’amicizia e l’amore.
Che bello seguire la protagonista attraverso una linea narrativa minuscola, se non esigua, ma con tutto lo shock del neon e la forza di un’atmosfera folle, sospesa e che vola fra i generi. Un film che mostra i fianchi con orgoglio, rendendo le sue debolezze punti di forza di cui innamorarsi, dove personaggi da cult vivono in un mondo alternativo, colorato, in cui perdersi è un piacere per gli occhi e per l’anima.


LA SCUOLA CATTOLICA di Stefano Mordini (Italia)


Ammetto la mia totale ignoranza per quanto riguarda gli avvenimenti del massacro del Circeo, prima di questo film non avevo idea di cosa fosse successo e dell’orrore avvenuto. Certo che scoprirlo con questo film è stato altrettanto traumatizzante.
In una scuola maschile le vite degli studenti scoprono fra angherie e soprusi, formando persone dalla mente deviata in una società dove la mascolinità tossica e il branco contano più delle scoperte amorose che l’adolescenza concede. E poi c’è il massacro del Circeo.
La scuola cattolica è un film confuso, superficiale a tratti, che usa la materia cinematografica in maniera duttile ma non coerente. A metà il film cambia totalmente, come se vi fossero due pellicole di media durata uno dopo l’altra, con cambio di protagonisti, narratori e toni. Per intenderci è la versione cattiva di Notte prima degli esami che viene collegata a Dogville, senza ovviamente toccare gli ottimi livelli di Trier, ma avvicinandosi spesso al livello del film di Brizzi. Ci tengo a specificare, entrambe le parti sono di cattivo gusto e fattura. In tutto ciò le discussioni che sono messe in bocca ai personaggi sono a tratti imbarazzanti. In tutto ciò si salvano alcuni interpreti e le scelte di scenografia, che valorizzano parti di Roma meno gettonate nell’audiovisivo italiano, che di Roma ne vede comunque troppa.


ARIAFERMA di Leonardo di Costanzo (Italia)



Una prigione in mezzo al nulla deve chiudere, ma una questione legale tiene bloccati alcuni detenuti nella struttura fino a nuovo ordine. Personale diminuito al minimo e solo 15 detenuti. Le condizioni sono quelle di restare in attesa: pochi giorni, poi verranno tutti trasferiti. Metà del carcere viene chiuso, gli spazi si fanno stretti. L’ansia sale, la possibilità di una rivolta fa capolino nelle menti. Però, in quel poco spazio, anche i rapporti fra prigionieri e guardie si fa più stretto, o, perlomeno, diverso.
Ariaferma è un film talmente ben scritto da farmi dubitare che sia italiano. Non mi fraintendiate, ma di buone sceneggiature in patria, purtroppo, se ne vedono poche. E tutto, dalla regia al suono, dalla fotografia agli interpreti concorrono nel creare un film magistrale, dal respiro ampissimo nonostante i suoi piccoli spazi. Con degli echi alla Buzzati si alternano scambi di ottime battute e scene che continuano a instillare il seme del dubbio nei rapporti fra i personaggi, rivelando i lati umani di personaggi spesso stereotipati nella storia del cinema.
L’ambiente diventa un protagonista, in una prigione sospesa in spazio e tempo. C’è tanta bellezza e tanta letteratura in questo testo, c’è un’oscura tedio minuzioso dei personaggi, che risultano interessanti e completi già con pochi gesti. Incredibile finale, dal gusto dolcissimo ed elegante, che trasforma tutta l’esperienza sotto una nuova e agrodolce luce.


OLD HENRY di Potsy Ponciroli (USA)



Okhlaoma, primi del ‘900. Henry è un contadino e gestisce con suo figlio una piccola fattoria.
Lavora la terra e tiene il figlio lontano da armi e pistole, per proteggerlo da una vita che non vorrebbe per lui. L’arrivo di un cavallo senza il suo padrone, però, sconvolge la vita della fattoria, rivelando un passato che Henry voleva nascondere.
Old Henry è un bel western con ritmi interessanti e delle sparatorie di gran classe. Un colpo di scena finale conferma la generale sensazione da “avete rotto il cazzo alla persona sbagliata”, rendendolo un bel omaggio al genere e un film dall’altissima godibilità. Da sottolineare la forza dell’interprete principale Tim Blake Nelson (il nostro amato Buster Scruggs) che accompagna un film dai grandi silenzi e grandi spazi, ma dall’ottimo ritmo e grande capacità di camera.


MA NUIT di Antoinette Boulat (Francia)



Ma Nuit è un brutto film, ma davvero brutto, insipido e senza bellezza. Marion ha perso sua sorella5 anni prima. Dopo un litigio con la madre decide di passare la notte fuori. Parigi fa paura, ma un ragazzo le farà compagnia attraverso la serata.
Questo film sembra essere uscito da uno studente di una scuola di cinema, mi ricorda i dialoghi pieni di retorica e citazioni alla nouvelle vague che scrivevo durante gli esercizi in classe per sentirmi più intelligente. Un mappazzone esistenziale in una città confusa, dove legare con la protagonista è difficile e a tratti impossibile. Ne avrei fatto volentieri a meno.


DESERTO PARTICULAR di Aly Muritiba (Brasile)


Un poliziotto viene sospeso per un grave atto di violenza nei confronti di un subordinato. Perscappare dalla colpa e da una condizione familiare non piacevole, viaggia attraverso il Brasile pertrovare una donna di cui si è innamorato chattando.
Deserto Particular sarebbe potuto durare 40 minuti in meno, sicuramente non gli avrebbe fatto male, anche perché il colpo di stato scena diventa intuibile fin da subito. Il film però riflette in maniera dolce sul tema dell’amore, senza limiti o generi. Un film piacevole, dal finale agrodolce.


LORENZO BRINCI

È STATA LA MANO DI DIO di Paolo Sorrentino (Italia)


“È stata la mano di Dio” è un film di formazione con una forte matrice autobiografica.
Nonostante la filmografia di Sorrentino sia costellata da momenti intimi, questa è indubbiamente la sua opera più personale ed allo stesso tempo equilibrata.
Il film è permeato dalla presenza costante dei suoi due punti di riferimento, due figure connotate da un’aurea divina: Maradona e Fellini. Quest’ultimo viene anche omaggiato da Sorrentino in diverse sequenze.
I personaggi, ricchi di sfumature, sono molto umani e dunque vengono rappresentati con le loro debolezze. Su tutti spiccano le figure dei suoi genitori legati da un amore incondizionato, nonostante i problemi coniugali che tutte le coppie vivono (più o meno grandi che siano).
C’è una dicotomia costante tra il disinteresse per la realtà decadente e la continua ricerca della meraviglia, dello straordinario e della bellezza.
L’opera rappresenta la massima espressione del concetto di cinema di Sorrentino, ovvero come evasione da una realtà, per l’appunto, spesso deludente. 
Il mezzo è utilizzato per rivivere i ricordi e, laddove questi non arrivano, per creare attraverso l’immaginazione.
Nonostante la giovinezza del protagonista sia stata spezzata troppo presto, le emozioni tipiche del passaggio dall’adolescenza all’età adulta sono narrate in modo universale. In questo periodo così particolare  i sogni sembrano talmente grandi che sono difficili anche da raccontare.
Ma, come insegna Maradona, per tirarli fuori dal cassetto e realizzarli occorre “solo” una cosa: la perseveranza.


SPENCER di Pablo Larraín


Spencer si concentra su tre giorni della vita di Lady D., nello specifico dalla vigilia di Natale al Boxing Day.
Diana è un’anima fragile e viene mostrata in tutte le sue debolezze. Soffre la pressione del ruolo che ricopre ed a Corte si sente più prigioniera che principessa. Non riesce ad esprimere la sua personalità, viviamo tutto il malessere che si prova nel sentirsi fuori luogo e, al contempo, la liberazione nello scoprire la bellezza delle piccole cose.
Talvolta il film risulta ripetitivo soprattutto a causa di una sceneggiatura poco incisiva, ma la messa in scena e la colonna sonora elevano l’opera tutta.


ALEX ISH

TRANCHÈES di Loup Bureau

Documentario; Fuori concorso Venezia78

Il giornalista francese Loup Bureau ha trascorso mesi sul campo a documentare i soldati ucraini che combattono contro i separatisti sostenuti dalla Russia, filmando la vita al fronte di questa lunga guerra.
 Girato quasi completamente in bianco e nero, il documentario/reportage ci mostra attraverso gli occhi, oramai spenti, di alcuni soldati, il conflitto russo-ucraino nella regione orientale del Donbas. Bureau che diventa piuttosto intimo con questo piccolo plotone, fa loro esporre, candidamente, le loro paure e difficoltà.
La vita nelle trincee è molto dura. I soldati usano pala e piccone per scavare il terreno, così che possano creare dei rifugi per ripararsi da futuri bombardamenti. La narrazione si concentra proprio su questo aspetto, sulla vita in trincea di questa guerra, che per modi e tempi è paragonabile al primo conflitto mondiale. A pochi chilometri di distanza, i diplomatici cercano di negoziare una tregua, che però sembra non arrivare mai.
Bureau dirige un documentario dallo stile asciutto, dove oltre ai brevi titoli di testa e di coda, fornisce allo spettatore poche informazioni, chiedendo invece semplicemente di guardare e imparare.


LAST NIGHT IN SOHO di Edgar Wright 

Last Night in Soho riporta dietro la macchina da presa, dopo ben quattro anni, Edgar Wright. Da uno sperduto paesino della Cornovaglia, Ellie si trasferisce a Londra per studiare moda e coronare il suo sogno di diventare stilista. La vita studentesca nella metropoli non comincia nel migliore dei modi, decide quindi di trasferirsi in una stanza singola a Soho, dove fin da subito, durante la notte, comincia a rivivere i ricordi di Sandy, un’aspirante cantante della Londra anni ’60. Solo che questo sogno, si trasformerà presto in un incubo…
La prima parte del film viene rappresentata come un sogno da cui non vorresti svegliarti, un po’ come in Midnight in Paris, in cui il protagonista sogna e prova una nostalgia per un’epoca mai vissuta. La seconda parte si presenta invece come una visione mostruosa, piena di momenti dolorosi e paurosi. Il film è una tenebrosa lettera d’amore a Londra, in particolare al quartiere di SoHo; e anche un avvertimento a tutti quei sognatori che si lasciano trasportare troppo dalle proprie fantasie, che si spingono verso mondi “lontani”, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. La fotografia di Chung Chung-hoo ci trasporta in questo mondo, strizzando l’occhio alle atmosfere refniane di “The Neon Demon”, un turbine di luci allucinogene blu, rosse e viola. Eccellenti le performance delle due attrici, legate da una profonda alchimia, che incarnano due personaggi femminili agli antipodi, ma che in qualche modo si completano a vicenda, risultando diverse e allo stesso tempo simili…
Meravigliosi sono i costumi che si accompagnano alla bellissima musica anni ’60 - da segnalare la bella performance di “Downtown” interpretata dal personaggio di Taylor-Joy.

11 commenti:

  1. La scuola cattolica è il film italiano più brutto che mi sia capitato di vedere da almeno dieci anni a questa parte...

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    1. Non l'ho visto e semmai te risponde Tommaso ma solo che ci sia un film sul Circeo (forse la pagina di cronaca nera che conosco meglio in assoluto, e te lo dice uno che le conosce tutte ste cose) mi dà fastidio

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    2. Io ammetto di averlo trovato offensivo. Per nulla piacevole né alla visione né di concetto. Dopo aver visto Ariaferma e Freaks Out confermo che l'Italia non ha più bisogno di film del genere.

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  2. Complimenti a tutti per le mini recensioni molto ben fatte.
    @Tommaso scrivi bene e posso solo omaggiare la tua competenza cinematografia intesa come conoscenza della “macchina cinematografica “.
    Se non ricordo male la tua firma era in calce ad un corto presentato qua nel Buio un po’ di tempo fa.
    Competenza e anima .
    Competenza rispetto a me, chiaro che non faccio confronti con nessun altro.
    Il mio giudizio è semplicistico da spettatore che vive il cinema da fuori .
    Te lo conosci anche da dentro .
    Mi spiace leggere finora sti commenti negativi su La scuola cattolica …è veramente così brutto?
    Se si perché?
    Sul resto che dire? Oltre a confessare le aspettative che avevo per il film di Mordini trovo molto interessante Miracol e credo possa piacermi pure Ariaferma.
    Il buco , il titolo mi ha fatto ricordare El Hoyo ma solo quello , da come ne parli mi verrebbe da considerarlo un film alla Grandieux , cinema sensoriale dove parlano solo le immagini.
    @Lorenzo , la tua lettura del film di Sorrentino , il tuo entusiasmo nel raccontarlo ha contagiato anche me tanto che se dovessi scegliere solo un film da vedere ( di quelli proposti oggi)la mia scelta cadrebbe su È stata la mano di Dio.
    Al contrario l’unico film che non mi dice niente è invece quello su Lady D.
    Non so cosa potrebbe aggiungere di più a quello che già si sa di un personaggio così “inflazionato” dai media come lo è quello della principessa triste .
    @Alex i documentari come quello che hai presentato oggi mi piacciono ..e come dici servono solo ad imparare.
    Magari a non commettere più gli stessi errori , si spera.
    Midnight in Paris non l’ho visto e di Refn conosco solo Drive che mi è piaciuto un sacco , soprattutto la colonna sonora.
    Se questo Last Night ci assomiglia anche solo un pochino deve essere un bel film.

    Ancora complimenti a tutti-:)

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    1. Ciao Max, grazie per esserti messo a leggere tutto e soprattutto per ricordarti Teresa, il mio corto. Prima di tutto grazie per i complimenti, spero ti fosse piaciuto il corto presentato.
      Per quanto riguarda Mordini è dispiaciuto anche a me. Odio essere così drastico e a volte mi rendo conto di esserlo. Però La scuola Cattolica risulta essere un film davvero confuso nella prima parte e di cattivo gusto, a mio parere, nella seconda.
      Da autore so quanto sia difficile portare una visione coerente, vera ed efficace al cinema e spero sinceramente che l'autore possa essere soddisfatto. È un mezzo complesso e dalla lunga realizzazione che incontra necessità e problemi produttivi. Ammetto che la mia visione sia influenzata dal mio lavoro, però cerco sempre di mettermi nei panni dello spettatore. La Scuola Cattolica pecca di coerenza narrativa, l'inizio butta gli spettatori in un mondo pieno di personaggi non subito riconoscibili, dove i salti temporali lanciano avanti e indietro senza alcuna leggibilità. Successivamente si entra in un'ottica vouyeristica, dove la violenza viene mostrata crudamente ma con un certo pudore ipocrita, senza voler spaventare o dare forza alle immagini. In più ho avuto l'impressione (che da spettatore non romano non amo) che fosse l'ennesimo film di Roma per Roma, dove i romani potessero riconoscere la loro esperienza passata, cosí da eliminare un'empatia universale che sarebbe passata molto bene se presentata meglio. Avrei voluto che questo film mi arrivasse, ammetto che sono uscito dalla sala con una certa amarezza. Spero sempre che i film possano andare bene in sala e ti consiglio di guardarlo per farti una tua idea da spettatore, che sarà le più sincera e giusta. Ho trovato comunque che questo film non volesse parlare al pubblico, ma che usasse l'avvenimento come pretesto narrativo per creare un altro teatrino romano di personaggi, senza utilità e senza vero valore.
      Per il resto Ariaferma è un film stupendo, ti auguro di vederlo perché è una sceneggiatura che merita di essere goduta e assaporata da tutti.
      Il buco, come il precedente film del regista (le quattro volte), è un film metaforico, complesso, a-narrativo, ma dalla grandissima forza di immagine. Se sei nel mood di qualcosa di davvero diverso e intellettualoide ma che parli tramite il cinema, allora il buco fa per te.
      Grazie ancora e a presto

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    2. avevo detto ai ragazzi di rispondere ad eventuali commenti (credo arriveranno anche gli altri) ma Tommaso è andato oltre ogni aspettativa, ahah (grande)

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    3. Ciao Max, innanzitutto ti ringrazio di cuore.
      Il film di Sorrentino è imperdibile, anche a fine Mostra rimane il più bello visto.
      Spencer nonostante all’inizio possa sembrare abbastanza ripetitivo sul tema, offre spunti narrativi originali che lo rendono interessante. Probabilmente è mancata una sceneggiatura intensa come nei film precedenti di Larrain, ma rimane comunque un film degno di nota. Devo dire che, nonostante i limiti, è uno dei film che più mi ha colpito e che mi è rimasto più impresso

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    4. Grazie a te per la risposta-:)
      Sì aldilà di quello che scrivi che è giusto , sbaglio io ad avere dei pregiudizi a priori.
      Grazie per avermelo ricordato

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  3. Forse perché se trovato un “signor commento “?
    Ahaha!!!
    Vabbè basta già che abbia risposto lui.
    Comunque sì avevo visto il corto di Tommaso e ricordo mi era piaciuto .
    Forse ho avuto da ridire su un arcobaleno ma son cazzate neanche da tener conto.
    Se ne ha fatti altri magari li pubblicasse qua..
    Sul film sul Circeo ci ritorno perché non mi son chiare alcune cose ( vabbè che bisognerebbe vederlo …ma così a freddo da quello che ho letto qua c’ho parecchi dubbi)

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  4. Grazie mille Max!

    Spero tu poss vedere questi film al più presto :)

    Per quanto riguarda la fotografia, last night riprende molto da the neon demon (te lo consiglio, è un film che lascia perplessi, molto perplessi)

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  5. Seguirò il consiglio , grazie pure a te per la risposta-:)

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