29.11.21

Recensione: "E' stata la mano di Dio"

 

"Sorrentino abbandona le sue non narrazioni, le sue "non trame" per tornare ad un cinema lineare, dritto come una spada, senza flash back, senza deviazioni, senza sottostorie.
Ed è commovente come per raccontare la sua vita Sorrentino abbia appunto abbandonato quella che ormai è riconosciuta come la "sorrentinità".
E' commovente se pensiamo specialmente ad una delle scene più belle del film, quella dove Capuano urla a Fabietto:

"Non ti disunire!!"

E cosa è stato il cinema del secondo Sorrentino, quello più famoso, se non un cinema disunito?
Ed ecco allora che, invece, per raccontare sè stesso, Sorrentino ascolta quel vecchio consiglio, "non ti disunire". E lui allora non si disunisce, racconta un anno della sua vita in modo "intero", senza parzialmente scremarsi, senza orpelli, senza rapsodie, senza parentesi che si aprono e chiudono, senza divagazioni, senza perdersi.
Un gesto di umiltà, un (apparente) passo indietro artistico che Sorrentino fa per non camuffare la realtà, per non rendere manipolata la verità, per non rendere sorrentiniana la sua vera vita.
Perchè è questo il paradosso de sto film, ovvero di come questo autore spesso odiato come uomo e artista quando poi fa un film in cui fonde le due cose tra loro, quando oltre a Sorrentino riesce a raccontare tanto anche del Paolo, si ritrova davanti l'amore sconfinato di tutti."

Finale de La Grande Bellezza.
Una bellissima ragazza bionda si gira verso quello che sappiamo essere il giovane protagonista.
Un'istantanea.
E' lei probabilmente quella grande bellezza che Jep poi ricercherà per tutta la vita, è lei quell'attimo cristallizzato per sempre nella sua testa.
E' stata la mano di Dio.
L'avvenente e problematica zia di Fabio ad un certo punto si ferma lungo il vialetto.
Fabio la guarda, la vede scostarsi i capelli.
Un'altra istantanea.
Un altro attimo cristallizzato nel tempo, un attimo che accompagnerà per sempre Fabietto.
Due scene minime, di quelle che se provi a raccontarle sono già finite, identiche.
E tutte e due mostrate da Sorrentino in modo tale che siano LA scena, che siano il momento in cui qualcosa che era prima adesso più non è e qualcosa che verrà dopo deve ancora arrivare.
La vita di due diciassettenni (sia ne La Grande Bellezza che qua), anzi, di un solo diciassettenne (perchè in quella scena a questo punto è facile immaginare che Jep fosse Paolo), la vita di due diciassettenni che hanno come momento di crocevia quello in cui una donna li guarda, un momento eterno in cui ci sono solo loro, solo lui e "lei".




E' stata la mano di Dio, per me, non è grande come Le Conseguenze dell'amore o La Grande Bellezza.
Perchè il primo è un film piccolo e perfetto e il secondo un film immenso e imperfetto (e nell'immensità ci deve essere l'imperfezione, non si può dare un limite all'immensità).
Questo non è nè piccolo nè immenso, nè perfetto nè imperfetto, questo è un film vero, verissimo, che ambisce ad essere tanto (quasi tutto) ma senza l'arroganza e la magniloquenza de LGB.
Sorrentino abbandona le sue non narrazioni, le sue non trame per tornare ad un cinema lineare, dritto come una spada, senza flash back, senza deviazioni, senza sottostorie.
Ed è commovente come per raccontare la sua vita Sorrentino abbia appunto abbandonato la quella che ormai è riconosciuta come la "sorrentinità".
E' commovente se pensiamo specialmente ad una delle scene più belle del film, quella dove Capuano urla a Fabietto:

"Non ti disunire!!"

E cosa è stato il cinema del secondo Sorrentino, quello più famoso, se non un cinema disunito?
Ed ecco allora che, invece, per raccontare sè stesso, Sorrentino ascolta quel vecchio consiglio, "non ti disunire". E lui allora non si disunisce, racconta un anno della sua vita in modo "intero", senza parzialmente scremarsi, senza orpelli, senza rapsodie, senza parentesi che si aprono e chiudono, senza divagazioni, senza perdersi.
Un gesto di umiltà, un (apparente) passo indietro artistico che Sorrentino fa per non camuffare la realtà, per non rendere manipolata la verità, per non rendere sorrentiniana la sua vera vita.
Perchè è questo il paradosso de sto film, ovvero di come questo autore spesso odiato come uomo e artista quando poi fa un film in cui fonde le due cose tra loro, quando oltre a Sorrentino riesce a raccontare tanto anche del Paolo, si ritrova davanti l'amore sconfinato di tutti.
Forse anche perchè questo è un film coraggioso, un film dove ci viene mostrato un ragazzo debole (anche se sembra forte quando non piange,) senza una strada anche se convinto di quale dovrà essere la sua, timido, spaesato, completamente fuori dal consesso femminile, costretto a diventare uomo aiutato da una vecchia (scena che parte ridicola e finisce lirica, con quel "Voglio solo darti una mano a guardare il futuro" che è frase di una bellezza e verità infinite, è la frase che ogni depresso (come sono stato anche io), che ogni persona "ferma" vorrebbe sentirsi dire, questa è la verità, trovare persone che sanno darti e dirti che ci sarà un futuro, e che magari ti danno le armi per farlo).
La figura di quella baronessa, fino a quel momento una delle più deboli del film, diventa così gigantesca, diventa probabilmente quella che, meglio di tutte, capisce cos'è che tiene ancorato Fabietto, cos'è che non riesce a fare o superare.
E chissà se per Sorrentino l'inizio al sesso fu così.
Ma fu così o non fu così poco ci cambia, lui nel film della sua vita l'ha raccontato così.
Lui, quello che viene considerato l'arrogante di turno, il piacione.
Voi l'avreste fatto?


Nella prima parte ho riso tanto, ho riso per questo sguardo dolce e ironico del film, ho riso del fidanzato "reduce di guerra" che parla attraverso un apparecchio, ho riso più volte durante la scena del pranzo di famiglia (può mancare in un film di ricordi un pranzo di famiglia?) dove quella mamma con le arance sembra Maradona (già, Maradona...), ho riso della zia misantropa che mangia la mozzarella di bufala, ho riso vedendo quei fenomeni da baraccone nella sala d'attesa di Fellini (in una scena, questa sì sorrentiniana, che ricorda tantissimo quella dal chirurgo estetico ne LGB), ho riso per quelle persone che guardano tutte da una parte e quella parte cui tutti guardano è una parte dove se ne sta, completamente nuda, una bellissima donna che ha deciso da un pezzo di non appartenere più a questo mondo. E di mostrarsi quindi nuda, fisicamente e mentalmente, con tutte le conseguenze che ne verranno.
E che personaggio meraviglioso è la madre di Fabietto, una donna 55enne che crede ancora nel gioco, che fa scherzi telefonici, che fa travestire amici per impaurire il marito, una donna che attraverso lo scherzo sa esaltare la sua intelligenza e sensibilità. 
E non è un caso che nel suo momento più difficile lei faccia di nuovo la giocoliera con le arance, lacrime e arance che volteggiano, una meraviglia.
Il gioco per lei è un modo per affrontare il mondo, per combatterlo, per esorcizzarlo.
E un fischio diventa la voce per dirsi ti voglio bene.
L'ho amata, tanto.

Ma ho amato tanti personaggi, quasi tutti, quel padre affettuoso, quel vicino che sembra SuperMario (non ho controllato ma dovrebbe essere il professore di Favolacce, grande attore), quella zia procace che diventa il personaggio più tragico del film, l'unico a cui la felicità è stata preclusa sia oggi che domani, quel fratello che si gode la vita senza dimenticare un solo attimo l'affetto, quella sorella che non vedremo mai, se non alla fine, perchè - come in un tempo eterno - se ne sta sempre al bagno.
Solo quando Napoli impazzirà per lo scudetto, solo quando la casa sarà vuota perchè tutti fuori sono felici, lei per la prima volta potrà uscire.
E Sorrentino, così, ci racconta probabilmente anche di una depressione in famiglia, con un garbo, una delicatezza e una sensibilità rare.
Ma quanti rimandi poi ad altri film, suoi e non, con quella prima scena di Patrizia e San Gennaro che pare La Grande Bellezza trasportata a Napoli (che sì, grande, grandissima bellezza lo è di suo, e quel drone iniziale silenzioso ce lo mostra), con quelle centinaia di foto di donna da Fellini che paiono il bunker di Rush ne La Migliore Offerta, con quel fischio di uccelli che ci rimanda a Youth, con quello sfogo della zia misantropa che pare il finale de E' stato il figlio, con quei due genitori che si tengono la testa nel divano (poco prima di morire) che pare di essere in una delle scene più belle e commoventi del cinema di Sorrentino (quella di Andreotti e la moglie ne Il Divo), con quella videocassetta de C'era una volta in America che alla fine non si vedrà mai come fosse un pranzo bunueliano.
Ma il rimando per me più emozionante è quando l'amico "delinquente" racconta a Fabietto il rumore che fanno gli offshore. E la mente mi è andata ad una delle scene e dei finali più belli e struggenti del cinema degli anni 2000, quello di Biutiful, quando un padre, nello stesso identico modo, buffo e sussurrato, provava a spiegare al figlio il rumore che fanno le onde giganti del mare o quello del vento.
Tutti gli attori, al solito, sono eccellenti ed è impossibile non ricordare lo splendido protagonista Filippo Scotti.
In realtà non ho amato tutto però.
La prima scena è sì esagerata, simbolica e cartolina di Napoli come poche (quella di San Gennaro, del monaciello e dell'affidarsi a queste credenze popolari) ma mi è sembrata un filo oltre. Come davvero malfatta ed evitabile ho trovato quella che si completa con questa, ovvero il secondo monaciello che vede Fabietto dal treno per Roma (molto coerente, chiude il cerchio con la prima ed è simbolo di buon auspicio - ricordiamo che lei rimase incinta davvero - ).
Ma la scena che ho trovato davvero come una pessima caduta di stile è quella dove la zia odiata da tutti viene pestata. Scena non ironica, del comico peggiore, e che non rispetta un personaggio sì grottesco ma anche complesso ed affascinante.
Tra l'altro mentre nella tv intanto Maradona slalomeggia per quello che sarà il goal del secolo, nella stessa partita in cui segnò, poco prima, quello della mano di Dio che dà titolo al film.
Eh, Maradona, inutile dire che c'è sempre, prima come un Godot e poi come un'apparizione.
E Fabietto dice che preferirebbe l'arrivo di Maradona ad un incontro di sesso con Patrizia. 
Eppure è una bugia a sè stesso perchè per quanto divinizzato potrà essere il primo (per lui come per tutti i napoletani) non gli cambierà mai la vita come vedere sua zia che si discosta i capelli davanti a lui.
Ma è strano che un amante e conoscitore del calcio come me alla fine parli così poco di Maradona in questo film.
E' che mi è sembrato il personaggio secondario sempre presente ma mai quello che, realmente, muove le cose.
Mi è sembrato il pretesto per essere felici e per essere infelici, per sperare e per disperare.

C'è un altro personaggio che rimane più addosso, quello di Antonio Capuano.
Quei pochi minuti con Fabietto sono enormi.
Lui prima diffidente e che poi, piano piano, in quel ragazzo così imbranato e sincero vede però qualcosa, probabilmente quella verità che è merce rara.
Lui che gli consiglierà di non andare a Roma, consiglio che Fabietto (Sorrentino) non coglierà.
Ma che gli farà capire che forse per far cinema serve solo una cosa.
Avere qualcosa da raccontare, anche se sia solo una.
Quel:

"La tieni una cosa da dicere?" mi ha aperto il cuore.

E quel:

"E allora dimmèlla"

con quell'accento sulla "e" che per i napoletani è normale ma per quasi tutti gli altri provoca una sensazione strana, come se appartenesse ad una lingua sconosciuta.

E alla fine Fabietto la trova una cosa che ha da dire.

"Non me li hanno fatti vedere"

Forse sarà questo il motivo per cui Sorrentino ha cominciato a far cinema, a raccontare cose. Per curare quel trauma.
Questo è il cinema, questo è il film, di un uomo che non ha potuto vedere i genitori andati via per sempre.
E di un uomo che non riesce a togliersi da davanti agli occhi una ragazza che scosta i capelli.



24 commenti:

  1. Ti leggo dopo il 15 dicembre. Dopo aver visto su Netflix. ;)

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  2. Concordo in gran parte con il tuo commento all'Amarcord Sorrentiniano, c'è moltissimo di Fellini, forse il nostro caro regista si sente un po' il suo erede designato, e lo dimostra citandolo più e più volte. Tutti i personaggi sono perfetti, tutta la prima parte riappacifica con la capacità, innata, di noi italiani di manipolare la commedia, di mostrare al mondo (il film venderà parecchio all'estero) lo stereotipo dell'italianità che è ancora percepita cosi e ben venga. Qualche, seppur piccola, differenza di giudizio tra il travolgente inizio (primissima parte molto sorrentiniana), e la seconda parte drammatica con happy end, una seconda parte veloce, che poggia sulla voglia di far cinema di un ragazzo che ha visto solo 4 film, e colto da luce divina si propone di diventare regista. Capuano strepitoso, un po' meno la scena della sorella che, piangente, finalmente esce dal bagno, in un momento che ho trovato staccato da tutto il resto.
    Un film che comunque si fa vedere, piace e piacerà, un Sorrentino che non sembra lui che lascia da parte ogni orpello estetico per raccontare una storia e ci riesce come nella nostra miglior tradizione.

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    1. Io sono forse l'unico a non aver citato Fellini ma perchè... ho visto un solo Fellini, quindi a farmi bello facendo finta di cogliere riferimenti o apparire un vero cinefilo anche no ;)

      Hai ragione, il film gioca sugli stereotipi e il fatto che sia diretto da un italiano e per giunta un grande autore e per giunta autobiografico secondo me alla fine fa capire che tanto stereotipi non sono ;)

      sì, i 10 minuti con Capuano straordinari, per me i più emozionanti

      capisco benissimo il tuo appunto sulla scena della sorella (scena, per ripeterci, molto sorrentiniana) ma io l'ho trovata perfetta (ci doveva essere un epilogo a tutte quelle volte che abbiamo visto o sentito di lei in bagno)

      perfettamente d'accordo sulla chiusa finale ;)

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  3. secondo me Fabietto farà strada, qualcosa da raccontare ce l'ha, e Diego lo accompagnerà sempre

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    1. beh, a occhio direi che fabietto (paolo) ne strada ne ha fatta ;)

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  4. Grande Giusè, come sempre hai già detto tutto. Io l'ho recuperato solo ieri, ma sono ben felice di averlo fatto. Non sono un grande fan di Sorrentino, nel senso che mi mancano molti suoi film (anche la Grande Bellezza, argh!), però ti posso dire che in un paio di momenti mi son (quasi) commosso. Non so se sia dovuto al momento un po' del cazzo, ma non succedeva da un po'.
    P.S.: sono d'accordissimo sulla scena del pestaggio della zia. Detto questo, quanto sono stronzo per averci riso di gusto, lì sul momento? :-D

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    1. ma certo che ci si commuove!

      le conseguenze dell'amore visto? immenso per me

      al p.s rispondo

      sei stronzissimo, vergognate

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  5. È stato commovente,devo dirti la verità. Non la storia in se,che comunque tocca specialmente nel salutare la prima parte e quindi una parte della famiglia di Fabietto,ma bensì della sensibilità mostruosa che Sorrentino adopera dopo anni di cinema costruito sul suo stile e penna. Apre e chiude una parentesi che ci è servita a conoscerlo a fondo,a capire quanto sia stato necessario chiudere questo cerchio per ritornare all'inizio,a quel suo non disunirsi (ma sarà giusta la chiave che ho interpretato del fatto che come primo film Sorrentino abbia creato una storia con un unico nome e cognome e due persone diverse?) Sorprendente,come sempre,ma non come il suo cinema...ma come se stesso.

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    1. secondo me Sorrentino ha sempre avuto una grandissima sensibilità, anche quando la copriva d'estetica

      secondo me i suoi film hanno dentro tanto amore, sono gonfi d'amore (l'ho appena sentita sta frase davanti a me, sto vedendo Magnolia, l'hanno pronunciata mentre scrivevo) ma il suo stile con tante persone l'ha penalizzato

      esatto, si è mostrato nudo, anche raccontando cose coraggiose, e secondo me ha avvicinato a lui tante più persone

      bello il tuo riferimento al disunirsi e L'uomo in più!

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    2. Estremamente sensibile, assolutamente d'accordo con te. Penso non l'abbia mai persa la sua sensibilità: Quando si è stati migliori amici una volta lo si è per tutta la vita (Le conseguenze dell'amore) - sono l'uomo meno affascinante sulla terra (L'amico di famiglia) - il silenzio durante I migliori anni della nostra vita (Il divo) - perché gli amici hanno il dovere di fare sentire l'altro come se ritornasse bambino (La grande bellezza).........
      Ogni suo racconto è intriso di sensibilità,soltanto che è un regista geniale,e quando mai può essere capito da tutti quel genio?
      L'uomo in più ad esempio tocca quelle corde durante la simbiosi tra i due Antonio Pisapia (o forse uno solo)

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    3. P.s,volevo scrivere un post da zero come mi avevi consigliato ieri ma non so da dove di inizia....help me? :)

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    4. perfettamente d'accordo a tutta la risposta due commenti qua sopra

      tra l'altro voglio rivedere L'uomo in più e Le conseguenze dell'amore, che non ho mi visto

      diego, te lo sto scrivendo ovunque ma me sa non te becco mai,l per post intendevo non qui nel blog ma sul guardaroba!

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    5. Ahahhaha scusami ma ero concentrato sulla visione di molti film,in questi giorni da malato di Covid 🤗 hai perfettamente ragione.
      Scriverò sul guardaroba domani stesso,e inserirò due righe in più

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    6. Le conseguenze dell'amore fu il mio film preferito,anche dopo l'uscita de La grande bellezza,che dopo aver visto 5 volte è diventato ufficialmente la punta di lancia di Paolo Sorrentino.....ma di certo è un film che non lascia indifferenti. L'uomo in più è un esordio,ma forse quello a cui sono più affezionato

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Paolo Sorrentino a nudo.
    Nudo come non lo avevamo mai visto
    (E parlando di nudo, una Luisa Ranieri in forma STREPITOSA).
    Un film autobiografico che a tratti lascia il fiato spezzato, come la mente, il corpo, l'anima
    Solo lo spirito si salva
    Ed é uno spirito bellissimo.
    La quintessenza di Sorrentino su schermo.
    Come se per anni avesse cercato di trovare una quadra parlando di altri o di altro (i due toni pisapia, titta di girolamo, jep gambardella, cheyenne, ecc) per poi capire che l'avrebbe trovata solo parlando di se stesso.
    E lo fa. La trova. Ed é bellissima

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    1. Grandissimo film che descrivi benissimo.
      Resto ancora più legato ad altri 2/3 suoi (forse perchè quelli mi hanno topo annichilito, questo è stato un viaggio dentro Sorrentino, più intimo)

      E' molto bello quando un regista fa un tipo di film del genere tardi, dopo che ne ha fatti già tanti

      Perchè è un ritorno alle origini dopo tante avventure ed esperienze fuori, sia spazialmente che cinematograficamente

      un pò quello che era successo ad Almodovar con Dolor Y Gloria (ma quell'anno mi ricordo 4 registi fecero operazioni simili, uno se vogliamo è anche Trier con La casa di Jack, anche se quello è un autobiografico che viaggia su tematiche e simboli,non diretto come Sorrentino o Almodovar)

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  8. Posso dire di preferire solo il divo e il doppio young pop/new pope dei suoi. Terzo è questo. A te quali sono gli altri che ti hanno colpito piu dentro?
    Dolor y gloria purtroppo non l'ho ancora recuperato mentre la casa di Jack lo vidi in sala e fu una cosa clamorosa, veramente la summa di tutto Von Trier. Per lavoro mi é pure capitato di ritrovarmi faccia a faccia con Dillon che andava al bagno ma questa é un'altra storia.

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    1. Direi primi due La grande bellezza e Le conseguenze dell'amore, sono abbastanza sicuro

      ahahah, la cosa di Dillon fantastica però ;)

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  9. con questo film e' tornato sorrentino

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    1. Capisco che intendi ma per me non se ne è mai andato ;)

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due cose

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3 ciao