10.3.23

Recensione: "Holy Spider" - Cinema 2023 - 6 -

 

Dopo Border, film molto bello (ed anche a tratti fastidioso) torna Abbasi.
E passa da una favola nera con creature ibride uomini-troll (ambientato in Svezia, sua seconda patria) a questo film invece molto secco, lineare, realistico (ambientato invece in Iran, sua terra natale).
La storia super vera di un assassino iraniano che nei primi anni 2000 uccise 16 prostitute in nome di una "pulizia" morale e religiosa (per questo motivo anche dopo la cattura molti lo considerarono un eroe invece che un assassino).
Un film molto bello da vedere, recitato benissimo, capace di restituire la condizione femminile iraniana in modo perfetto (anche nell'aspetto, poche volte battuto, della prostituzione) ma che forse pecca un pò per una sceneggiatura troppo povera, senza tanti guizzi e molto lineare.
In ogni caso un grande film che vi farà star male (c'è una forte empatia per quelle donne vittime) e arrabbiare.
E che ha dentro una figura straordinaria di donna, Rahimi, simbolo di intelligenza, ribellione, voglia di verità e giustizia.
E di libertà.
La amerete

Ali Abbasi ha 42 anni e ha fatto "solo" 3 lungometraggi.
Mi manca il suo primo, Shelley, ho visto il secondo, Border.
Ecco, forse memore di quel film sono rimasto un pò spiazzato da Holy Spider, film sì basato su una storia verissima (direi proprio basato più che ispirato) ma che, visto il precedente film, non mi sarei mai aspettato così lineare e secco.
Passare da una favola nera con tanto di creature ibride tra umani e troll ad una storia quasi neorealistica dritta come una spada è molto particolare.
Di certo posso dire che, se non l'avessi saputo, mai avrei detto che questi due film fossero stati girati dallo stesso regista.
Abbasi è iraniano naturalizzato svedese e se nel film precedente ci racconta una storia di lassù, della sua seconda patria (non solo nell'ambientazione, ma anche nelle credenze popolari) adesso torna nella sua terra natia per raccontare la storia di Saaed Hanaei, un serial killer che nei primissimi anni 2000 uccise (almeno) 16 donne - tutte prostitute - in nome di una "pulizia" morale dovuta al suo credo religioso (tra l'altro tutta la vicenda si svolge a Mashhad, città conosciuta proprio per il suo integralismo e luogo di culto).
C'è una differenza molto grande e molto particolare con la reale vicenda, ovvero quella che nel film il nostro killer non fa mai sesso con le donne che uccide mentre nella realtà, almeno da quanto ho letto, accadeva spesso.
E' molto particolare la scelta di Abbasi perchè scegliendo in un modo (quello reale) o in un altro (quello del film) ci saremmo trovati davanti ad un personaggio profondamente diverso.
Se è vero che in entrambi i casi la matrice religiosa e la forma mentis dell'uomo sono la causa principale di tutto, nella vicenda reale trovarsi poi a far sesso con quelle donne "impure" e "sporche" dava a quell'assassino un'ambiguità e un'ipocrisia veramente molto interessanti. Si sa, ad esempio, che molto spesso gli omofobi più violenti sono persone latentemente omosessuali (che quindi, rifiutando quella loro condizione, esprimono con violenza e pubblicamente la loro mascolinità) e io, fossi stato Abbasi, avrei lasciato questo tratto della personalità dell'assassino, anche a dimostrare come molto spesso i dettami religiosi che si portano avanti, anche arrivando all'omicidio, non sono cose in cui si crede veramente ma solo maschere o "ubriacature" che nascondono la vera essenza di molti esseri umani.
Invece alla fine possiamo dire che il vero "colpo di scena" del film è proprio l'integralismo dell'assassino, un killer che crede veramente in quello che fa, che non ha alcuna perversione sessuale sotto (oddio, a volte magari ha piccole tentazioni ma le reprime proprio pregando), che non ha doppi fini, Certo, forse questa scelta rende la vicenda ancora più inquietante (un uomo che uccide 16 donne senza altri fini pensando solo di fare la cosa giusta per religione è ancora più terribile) ma rende la sua figura secondo me molto meno complessa psicologicamente.
E pensare che tutte queste righe non le avrei mai scritte se, come faccio sempre, non avessi letto nemmeno due righe sulla vera vicenda (ma ero troppo curioso).

Al di là di questa sottile (ma sostanziale) differenza Holy Spider - come dicevo - è un film secco, fortemente realistico, che ripercorre questa vicenda così famosa in Iran.
Ci tengo subito a dire che mi affascinano moltissimo le ambientazioni mediorientali, i volti, i vestiti, le usanze (sia quelle positive, umanamente e culturalmente, che quelle terribili).
E ritrovarmi una storia di prostituzione e sesso (anche se nel film ce n'è pochissimo) nel paese più lontano possibile da questo immaginario, l'Iran, credo sia veramente uno dei punti di forza del film (questo Iran underground e "sporco" mi ha rimandato anche a quel gioiellino di "A girl walks home alone at night").
Film che comincia con un grande incipit (ah, il film è fotografato in maniera straordinaria, ha colori e luci notevolissimi e, come sempre in queste latitudini, gli attori sono eccezionali), incpit che, almeno per quanto mi riguarda, ha un grande pregio, ovvero regalarci un personaggio femminile che in soli 5 minuti mi aveva dato la sensazione che avrebbe potuto essere invece il principale.
Visto l'incipit ho immaginato che la figura del killer (nel primo omicidio non distinguibile) rimanesse nell'ombra per tutto il film (o comunque ci si svelasse solo alla fine) e invece no, Holy Spider procederà sin da subito (e sempre) in un - ottimo - montaggio alternato tra le vicende del killer (sia famigliari che i vari omicidi) e quelle di Rahimi, la giornalista intervenuta ad indagare su di lui.


E' indubbio che la tematica principale del film sia quella della condizione femminile in Iran.
Ma stavolta non tanto (o meglio, non solo) riguardo tutti i problemi che conosciamo benissimo (il doversi nascondere, il ruolo sociale praticamente nullo, il completo asservimento, la mancanza di diritti e svaghi) ma in questo aspetto abbastanza "nuovo", ovvero il mondo della prostituzione.
Già (vedi l'incipit) vedere queste donne truccarsi, vestirsi in modo più libero, mettere un rossetto ci sembra qualcosa di sbagliato, pericoloso, immorale. Lo spettatore percepisce benissimo questo clima, clima nel quale poi quell'assassino diventa addirittura, per la maggior parte delle persone, un benefattore, un eroe, uno che ripulisce la città dal vizio.
Uno che si poteva permettere di buttare le sue vittime nei fossi alla luce del sole, come fossero un trofeo di guerra che la gente doveva vedere.
Anche la figura di Rahimi, donna splendida e forte, è perfetta in questo. La sua lotta per la verità non è solo quella di indagine (per la quale rischierà la vita di suo) ma soprattutto il dover combattere una cultura per cui una donna non può ricoprire quel ruolo così importante che lei sta avendo (bellissima la scena dell'albergo che la rifiuta e poi accetta).
E' un film di donne uccise, derise, umiliate e la figura di Rahimi (credo inventata per il film) diventa quindi simbolo - per tutte le donne - della forza, della voglia di ribellione, della tenacia, dell'intelligenza, della voglia di giustizia e di libertà, un personaggio davvero meraviglioso, privo di ambiguità.
E in questa lotta per la verità Rahimi si scontrerà con un "apparato" che non solo non l'aiuta ma sembra quasi difendere, proteggere o comunque non perseguire i terribili omicidi di quell'uomo, anche lui  - come Rahimi - simbolo - ma all'opposto - di una cultura, sociale e religiosa, di devastante chiusura, integralismo e valori inumani.


Il film riesce così bene a portarci dalla parte di quelle donne (e ci mancherebbe...) che più di una volta, anche in personaggi visti pochi minuti, riusciamo ad avere una grandissima empatia (anche perchè gli omicidi, così "spogli", sembrano quasi reali).
Il personaggio di lui (grande attore) è davvero notevole. Ho amato moltissimo la scena del pic-nic, quella sua insensata isteria per il pallone in testa, una piccola scena che però rende il personaggio molto più complesso, dando anche delle suggestioni (ad esempio di una vera e propria pazzia).
Forse a livello narrativo-cinematografico una delle scene più belle è quella di lui che fa sesso con la moglie, a un solo metro da quel piede che spunta da sotto il tappeto.
Una scena, oltre che fortemente simbolica, anche da "thriller", davvero perfetta.
Anche se, visto il finale - con quella moglie talmente drogata dalla cultura in cui è cresciuta da difendere il marito -  quella scena, a tornare indietro, perde un pò di potenza.
Il problema di Holy Spider, o almeno per me lo è stato, è proprio in questa sua linearità, in questa sua sceneggiatura senza tanti guizzi (ne provano uno, quello della visione di lui, ma è forse una delle scene più deboli del film e anche delle più incomprensibili, visto che succede solo una volta) che ci fanno seguire il film con attenzione, piacere (il film è bello da vedere) ma anche in maniera un pò "piatta".
L'ultima parte poi, anche se ha dentro un paio delle cose più belle (l'impiccagione, il finale) è in questo senso ancora più emblematica, con la fortissima sensazione che dopo la cattura del killer (tra l'altro anche la scena di loro due ha qualche problema, con quel killer che riusciva facilmente ad uccidere tutte e che ha problemi proprio solo adesso) il film, invece di salire (come ci si aspetta in qualsiasi film) perda molto.
Per fortuna gli ultimi 10 minuti sono molto buoni, prima con le finte frustate, poi con la scena dell'impiccagione che diventa molto "densa" e quasi kafkiana per quella sensazione che ha lui (e anche noi) per cui, invece, gli era stato promesso di esser liberato.
Tra l'altro che lui muoia come le sue vittime, strangolato, rende tutto ancora più potente.
Ma in questa mezz'ora finale più debole emerge però una figura minore che diventa gigantesca, quella del figlio (tra l'altro anche lui molto aderente alla storia reale).
E secondo me l'ultima sequenza del film è addirittura la più bella, la più simbolica, la più terrificante.
Un filmino casalingo.
Il giovane ragazzo che usa la sorellina per simulare gli omicidi del padre.
La madre lì che non li ferma.
3-4 minuti intensi, potenti, fastidiosi che hanno veramente un mondo dentro.
L'uomo (il ragazzino) che imita il padre, come a dirci che niente cambierà, che anche le nuove generazioni cresceranno con quei dettami e quell'ideologia.
La donna (la piccola bambina) come vittima sacrificale, presente e anche lei futura.
E la madre (la società) che se ne sta lì, inerme, ormai assuefatta al mondo in cui è cresciuta.
Tre minuti che raccontano tutto, 3 minuti che raccontano i 20 anni successivi alle vicende del film.
Tre minuti che se non fossero terribili li definiremmo straordinari

7.5

4 commenti:

  1. Bellissima recensione Giuseppe! Anche a me è piaciuto tanto, mi ha tenuta incollata allo schermo e poi, a fine film, ho avuto tanto su cui riflettere, più o meno i tuoi stessi pensieri.
    Il regista mostra efficacemente col suo nuovo film quanto profondamente possano incidere, in un paese in cui la religione è imprescindibile, decenni di dittatura e fanatismo religioso; le uniche persone capaci di opporsi a questa deriva sono la giovane e coraggiosa giornalista e, in parte, il suo buon amico che si fa più audace man mano che si scrosta di dosso quella patina di accondiscendenza bonaria; loro soli, di fronte alle autorità che quando chiamate moralmente e giuridicamente a compiere giustizia, perseguono invece il male morale tramite la menzogna e la messa in scena.
    A proposito di messa in scena, mi sono chiesta mentre vedevo il film, se quelle azioni, tipo le false frustate, fossero davvero finte o se è Saeed, il killer, ad averlo immaginato nella sua mente malata; così come per le visite ricevute in carcere con i piani di fuga: sono reali, o frutto di un delirio giunto ormai all'apoteosi?
    Sicuramente non è così, forse solo il mio desiderio di credere che in nessun luogo si possa assolvere un uomo del genere, ma ho avuto la sensazione che Saeed fosse ormai sopraffatto dal delirio, una sorta di estasi religiosa che lo allontana completamente dalla realtà.
    E questo crescendo verso l'abisso inizia già prima della carcerazione, correndo parallelo all'avvicinarsi di Rahimi, la giornalista, alla sua identificazione, al "rumore" generato dalle sue uccisioni tra l'opinione pubblica e all'aberrante, crescente favore di questa che lo assolve in nome della morale.
    Anche il piacere sessuale inconscio che prova uccidendo trovo si faccia sempre più evidente, palesandosi a lui prima che le uccida: si avvicina ai loro corpi, le sfiora, le tocca, poi si prostra pentito al suo dio ed espia il suo peccato e insieme compie un atto di giustizia divina, togliendo ossigeno e vita a quelle donne colpevoli non solo di offendere dio ma di tentare alla sua stessa integrità morale.
    Povere donne reiette a cui non è concesso neppure il pianto delle famiglie, dei genitori che seppure affranti giocano, costretti, il ruolo prescritto di accusatori.
    E che bella quella scena in cui Rahimi si reca nella povera casa della prima vittima (se non ricordo male) giovane madre single o vedova, dove incontra i genitori di lei costretti a soffocare il dolore, malgrado il padre definisse la figlia come la cosa più preziosa della sua vita.
    E poi anche quella che ti è piaciuta tanto Giuseppe, quando lui fa l'amore sul divano con sua moglie, quasi più sedotto da lei che per suo desiderio, forse già appagato dall'uccisione, a quel cadavere che giace là con loro, avvolto in un tappeto, in quel che sembra un perverso accoppiamento a tre.
    E concordo anche sul finale del film, splendido e insieme un orrore! mi ha fortemente impressionato e non mi riferisco tanto all'epilogo del protagonista ma alla voce, ai pensieri, alla pantomima del suo giovanissimo figlio, a quella bambina che gioca, innocente, ad esser morta, uccisa, alla madre che giustifica e fagocita sentimenti di odio, parti di un tutto capace di elevare un mostro ad eroe. In nome di dio. Gelo.
    E penso che il regista, che torna con l’ambientazione nel suo paese di origine, volesse far emergere questa verità, che è quella più perversa e che fa più male, perché di serial killer malati è pieno il mondo, di luoghi dove si tollerano o addirittura si elevano al ruolo di eroi, un po' meno.
    E il “ragno sacro” del titolo, che inizialmente ho creduto fosse riferito al killer, alla fine è un riferimento al suo Paese - con quella scena notturna dall’alto che abbraccia l’intera città-ragnatela - a quella cultura (che mi pare quasi di recare offesa alla parola) a quel sistema che giorno dopo giorno, nei decenni, ha tessuto la sua tela di menzogne, ignoranza, misoginia, miseria che solo una credo religioso estremo può rendere accettabile e in cui, una volta dentro, si è tanto invischiati da non poterne più uscire.

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    1. Grazie!
      Sì, quei decenni hanno plasmato non solo i carnefici, ma anche le vittime (vedi moglie dell'assassino)
      Non è un caso che le due persone, come dici, capaci di combattere quella cosa siano chi è andata via e chi comunque ha "studiato" e conosce più il mondo (sono due giornalisti, e giovani, importante sta cosa)

      Suggestiva la tua ipotesi sull'immaginazione ma no Angela, sono quasi sicuro di no
      Uno perchè se fossero visioni ci sarebbe un'aura diversa (vedi quellache ha della vittima ancora viva), lo capiremmo anche formalmente. Poi quella delle frustrate sarebbe ancora più strana perchè la scena è super reale e che quindi ci sia solo un elemento non reale ha poco senso
      Inoltre ho letto su wikipedia che addirittura nella storia vera c'erano state ste false promesse o comunque la possibilità di qualcuno che lo facesse uscire...

      Quelle non frustate sono semplicemente la coerente prova provata di come quell'uomo a malincuore dovesse essere ucciso ma che quasi tutte le persone intorno a lui non vorrebbero farlo

      sì sì, perfetto, lui le uccide anche perchè si "permettono" di essere tentatrice verso anche lui stesso. Non solo sono immorali ma per colpa "loro" lui rishcia di sbagliare, avere desideri impuri

      E' vero, quella è quasi una scena da accoppiamento a 3. Lui che sfoga con la moglie quello che la vittima gli ha sprigionato e non poteva attuare o lui che ha una perversione sessuale (sesso con la moglie pensando alla ragazza morta) o anche semplicemente far sesso per distrarre la moglie o accontentarla e non farle vedere che è successo. In ogni caso è una cosa a 3

      il finale è devastante, sicuramente la parte più forte del film (secondo me anche la più bella se vogliamo)

      il ragno sacro è sicuramente riferito al killer (anche nella vera storia veniva chiamato così) ma la tua metafora è perfetta ;)

      anche nel caso Abbasi non c'avesse pensato, ahah

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  2. ragno... città... mi viene in mente Enemy, di Denis Villenuve

    Holy Spider è bello e terribile
    https://markx7.blogspot.com/2023/03/holy-spider-ali-abbasi.html

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