31.3.23

Recensione: "Quando Dio imparò a scrivere" - Su Netflix


Il quarto film di Paulo (dopo i primi bellissimi due - El Cuerpo e Contrattempo - e la mezza delusione del terzo - Durante la tormenta -) è l'ennesimo (4 su 4) thriller-giallo a orologeria dove tutti i pezzi si devono incastrare e dove - ormai da lui ce lo aspettiamo sempre - ci sarà un gran colpo di scena finale.
Il film è bello, forse molto bello (ma troppo lungo), affascinante, stimolante e ambiguo (come è ambigua la sua protagonista, Alice, una detective che si finge malata per indagare dell'omicidio avvenuto in un manicomio. Ma se fosse invece veramente malata?).
La sensazione, però, è che a differenza dei 3 precedenti film stavolta l'architettura sia talmente grande e complessa che qualcosa non torna o se torna, è solo perchè Paulo furbescamente usa tantissimi trucchi.
Resta un film piacevolissimo da vedere, che ti porta a parlarci ore con gli amici ma che - e questo è un difetto - ti sembra più volte un tantinello forzato per risultare credibile.
In ogni caso provo, come sempre, a dare la mia - lunga - spiegazione al film.

Oriol Paulo è ormai considerato uno dei maestri del thriller moderno.
Più che altro è uno che, a differenza di altri registi (anche migliori di lui), non ha mai tradito il suo genere.
Paulo (il cognome è questo) fa sempre e solo thriller/gialli con mega colpo di scena (e tutti con un omicidio di mezzo), è un vero e proprio specialista.
Non ricordo altri registi che, o prima o dopo, non siano mai usciti da questi binari.
Se i suoi primi due, "El Cuerpo" e "Contrattempo", erano davvero notevolissimi e se il terzo, "Durante la tormenta", un piccolo passo falso, ecco che con "Quando Dio imparò a scrivere" (brutto e "sbagliato" titolo italiano) io mi ritrovo nella fastidiosissima sensazione di non saper dare un giudizio netto.
Bello come i primi due?
Delusione come il terzo?
Il fatto è che questo film ha un'architettura così grande che al tempo stesso ti sembra geniale se tutto torna (perchè i pezzi son tanti, molti di più dei 3 film precedenti) o traballantissimo se, al contrario, tutto non torna.
Anche se in realtà la sensazione è che ci troviamo davanti ad una via di mezzo per cui tutto torna sì (proverò a dare la mia "soluzione più tardi) ma che per far ciò Paulo usi tante e troppe furberie, tante situazioni, frasi e personaggi che tu li leggi in un modo ma poi lui ti dirà "dovevi leggerli in un altro".
E, a proposito di fastidio, finisci il film con la voglia di rivederlo, ma non quella voglia che hai quando hai visto un film ostico e bellissimo e vuoi rivederlo per capirlo meglio o, nel caso l'hai già capito, per "riviverlo" con altri occhi (ad esempio lo stesso Contrattempo ma anche film ben più importanti e con altri tipi di difficoltà, vedi tanti Lynch).
No, ti viene voglia di rivederlo perchè la prima visione è stata così confusa e con così tanti dubbi che ti senti non possa bastare.
E questo è un difetto.
Tutto questo preambolo in realtà non rende merito a un film bello, forse molto bello, e che consiglierei a qualsiasi amante del genere, questo voglio ribadirlo.



Siamo alla fine degli anni 70.
La detective Alice (nome che mi dà sempre un brividino) viene accompagnata da un uomo in una grande clinica per malattie mentali (un manicomio) dove poco tempo prima è morto un ragazzo, il figlio dell'uomo che l'ha accompagnata.
Suicidio o, come pensa Alice, omicidio?
Alice, per essere il più possibile "dentro" l'istituto, accetta di farsi ricoverare come finta paranoica.
Ma se fosse davvero malata?

C'è da dire che il film è troppo lungo, due ore e mezza (peccato perchè fosse stato mezz'ora in meno l'avrei rivisto volentieri). 
E' vero che, come dicevo, ha un'architettura così complessa e con talmente tanti incastri che di tempo per erigerli ne serviva parecchio ma, ecco, la sensazione che se fosse stato più asciutto ne avrebbe giovato è forte.
L'ambientazione (come sempre nei film nei manicomi) è super suggestiva (buffissimo che due giorni dopo ho visto Adoration di Du Weltz, anch'esso - anche se solo nel primo tempo- ambientato in un manicomio con un bosco a fianco), e la regia di Paulo sempre moderna e accattivante.
Forse però, al di là della sceneggiatura che, come in tutti i film di questo regista è l'architrave più importante, è il materiale umano, più ancora di location e regia, l'aspetto più "debordante".
Questo perchè QDIAS (scusate l'acronimo) è un film corale, con almeno 15 personaggi con parti più o meno grandi.
Sono distinguibili in 3 macrocategorie, ovvero i personaggi che riguardano Alice (lei, il marito e l'uomo che l'ha accompagnata), i medici e i pazienti (e, come se non bastasse, ci sarebbero anche 3/4 elementi della polizia).
E' indubbio che il gruppo più interessante sia quello dei pazienti.
Ecco, tra i malati le facce son davvero perfette e la caratterizzazione veramente marcata.
Forse così marcata che - come avviene spessissimo in film ambientati in manicomi - il confine tra il trovarsi davanti un personaggio riuscito o una macchietta è davvero labilissimo.
Il Gigante, il Nano, i due gemelli inquietanti (con quegli occhi così distanti tra loro), la loro "sorella", l'uomo idrofobo ma anche tanti altri personaggi minori come la donna albina (che a me ha emozionato) creano un fascinoso, ma anche esagerato, Circo Barnum per lo spettatore.
In realtà Paulo è bravo a rendere tutti abbastanza credibili e a non farci pensare che quel tale personaggio sia solo strumentale (anche nel caso lo fosse veramente).
Interessanti anche i medici, su tutti l'ambiguo direttore Alvar, il vero e proprio personaggio chiave secondo me.
Indubbio però che buona parte del peso sia retto dalla sempre bravissima Barbara Lennie, attrice che ho sempre adorato (Magical Girl, Il Regno, Contrattempo) e che qui, pur bella, si mostra leggermente sfiorita per interpretare un personaggio equivoco, misterioso, a cui lo spettatore non riesce mai a dare un giudizio definitivo.
Questo grazie anche ad una delle prime furbate di Paulo, ovvero la (falsa? vera?) lettera iniziale di accompagnamento per farla ricoverare.
La si presenta come mentitrice professionista, come manipolatrice, come una capace di farti credere a qualsiasi cosa. 
E se è vero che lo spettatore (o almeno io) per buona parte della durata crederà alla sua buona fede e a vederla come "vittima" di un gigantesco raggiro, è anche vero che mai, anche nei momenti in cui la sentiamo più vicina a noi, abbiamo la certezza di quello che èensiamo di lei (conoscendo Paulo poi...).
Tralasciando per motivi di tempo accenni estetici (le scene da ricordare sarebbero tante, vedi quelle di pioggia, sempre incessante) credo che la cosa migliore da fare in un film del genere sia quella di "provare" a capirlo.



LA MIA SPIEGAZIONE AL FILM 

"Quando Dio imparò a scrivere" ha un grande merito, ovvero quello che negli ultimi 10 secondi è capace di ribaltarti TUTTO.
Ste cose le adoro nel cinema, quella sensazione per la quale il film sembra finito e poi accade una piccola cosa che te lo fa rileggere completamente.
Cosa succede quindi negli ultimi 10 secondi del film?
Che arriva il dottor Donadio, il medico che ha aiutato Alice ad entrare nel manicomio.
E questo suo medico, colpo di scena, è il presunto del Olmo, il padre dell'anch'essa presunta vittima sulla quale indagava Alice.
Quell'uomo, scopriamo quindi, è lo psichiatra di Alice...
E questo dato è inconfutabile, la stessa Alice quando il primario del manicomio annuncia l'entrata di Donadio comincia a tremare, ad aver paura. Perchè sa che adesso verrà scoperta.
Ecco quindi che, faticosamente, possiamo rileggere tutto il film.
Alice è veramente malata, paranoica e presumibilmente schizofrenica.
Ha veramente provato ad uccidere due volte il marito.
Al che invece che arrestarla lo stesso marito e il suo psichiatra decidono di ricoverarla (e lui facendo così può prendere i suoi soldi, per legge).
Alice a quel punto si crea un mondo tutto suo per camuffare il suo ricovero.
E' veramente una detective ma finge di esser lì per un'indagine, non sappiamo bene se per mentire agli altri della sua condizione o per mentire addirittura a sè stessa (insomma, mi creo questo mondo alternativo per non dirmi che sono malata).
La lettera di accompagnamento in questo senso ti "spoilera" tutto il film. Qualsiasi cosa vedremo sarà solo una bugia di Alice, un suo modo di manipolare la realtà, gli altri e forse anche sè stessa.
Attenzione, è anche possibile che Alice sia in realtà schizofrenica (più volte, anche lei stessa, parla di schizofrenia) e che quindi più che di menzogne possiamo parlare di doppia personalità. Non vuole quindi fregare il prossimo ma sta vivendo una parte di sè distaccata, che non esiste.
Eppure sembrerebbe strano in quest'ottica che lei non abbia mai momenti di lucidità, di "ritorno" alla vera sè, fuori dalla menzogna.
Ovvio che a questo punto non posso non citare il film che più si avvicina a questo, ovvero Shutter Island.
In una delle possibili letture del film (Alice vive tutto quello che vive pensando che sia veramente reale ma in realtà è solo una paziente persa in un mondo tutto suo) i due film sono completamente sovrapponibili. 
Se poi pensiamo che entrambi raccontano di un'indagine del protagonista, che entrambi sono ambientati in un manicomio visto dal protagonista come istituzione che lo sta fregando, che in entrambi c'è un famoso "paziente mancante" (che altro non è che lo stesso protagonista) e altre piccole cose, siamo davvero vicinissimi.
Eppure, a differenza del capolavoro di Scorsese, qui sappiamo tutto sin dal primo minuto, i due binari paralleli "verità - menzogna" ci vengono esplicitati immediatamente.
E' un congegno mentale diversissimo. 
Se in Scorsese era una specie di "questa è la realtà" e alla fine ci viene detto di no, qui si gioca proprio sul fatto per cui ogni cosa che vedremo lo spettatore può leggerla in un modo o nel suo opposto.
Quando a metà film vediamo i due flash back, quello raccontato da Alice e quello del primario (artificio che ricorda molto Contrattempo, basato sempre su diverse versioni di uno stesso passato) capiamo - dal finale - che è quello del primario ad essere reale.
Nessun uomo ha mai commissionato ad Alice un'indagine, semplicemente lei è stata portata lì dal suo psichiatra per i due tentativi di omicidio al marito (e quella scena che balla in casa mentre il marito sta morendo, alla luce del finale, è forse quella più emblematica del suo disturbo).
Tutto nel racconto di Alice è falso.
Ad esempio, solo per dirne una, la faccenda del giornale con l'immagine di del Olmo in prima pagina è completamente inventata.


Tutto quello che abbiamo visto è quindi o una gigantesca menzogna della nostra protagonista (nel senso di menzogna lucida, manipolatrice) o, come dicevo, un vivere un'altra vita parallela per non ammettere a sè stessa il proprio disturbo.
Alla fine per capire il film, per sapere ciò che è vero e ciò che no, basterebbe una sola cosa, ovvero ascoltare le parole del primario. Ogni cosa che dice, dall'inizio alla fine, è sempre e soltanto la verità, anche se furbescamente Paulo ce lo fa odiare (mentre ci fa amare Alice).
Andando al primo colpo di scena (dando per secondo il finae) quello che abbiamo visto all'inizio non è quindi un omicidio del passato (anche se nel recente passato c'è stato veramente un morto, ma per acclarato suicidio) ma, e Paulo qui fa un triplo salto mortale carpiato, l'epilogo del film.
Certo puzza di bruciato c'era (ad esempio io ero sicuro che quel medico legale di cui non vediamo mai il volto nel prequel fosse Alice, ma non capivo come fosse possibile) ma lo spettatore resta sicuramente spiazzato, il colpo di scena è grande.
Così grande, furbo e "ribaltante" però che un pochino ci si sente fregati e ci si chiede se davvero tutto torni.
Ora, tralasciando la storia dell'omicidio del Nano (una sottostoria secondo me debolina e solo funzionale) resta però un solo punto oscuro.
Alice crea quel casino immenso per scappar via (l'incendio).
Ci riesce (e noi nel frattempo, frastornati, capiamo che stiamo vivendo il finto prequel).
Ma alla notizia che è stato ucciso Romolo (alla quale è molto legata) torna indietro, aggredisce il medico legale e fa tutta quella pantomima (forse uno dei punti più forzati e non realistici del film).
Ma perchè, essendo ormai scappata, torna indietro?
Il perchè lo sappiamo - come dicevo ha sentito che Romolo è stato ucciso - ma questo giustifica il tornare dentro ad una struttura che ti stava uccidendo e dalla quale sei scappata appiccando un incendio?
Ecco che quindi allo spettatore (anche qui Paulo è molto furbo) viene il piccolo sospetto che, come affermavano, quei due gemelli siano davvero i figli di Alice (e quella che loro chiamano sorella veramente la sorella).
Del resto anche Alice (Paulooooooooooooooooooo! quanto sei stronzo co ste scene equivoche) dice al fratello sopravvissuto che ha sempre saputo tutto (cioè, li ha riconosciuti come suoi figli) ma che deve fuggire lo stesso.
Questa lettura che lei sia davvero la madre è bellissima e rende il suo ritorno indietro molto più sensato ma, davvero, è pochissimo credibile, solo l'ennesimo gioco ambiguo del regista per provare a fregarci.
Del resto Alice riesce veramente a fregare tutti.
A parte noi spettatori riesce a farlo anche con tutti i personaggi del film.
Compresi i medici (primario a parte che, senza alcun dubbio e molto pacatamente dice sempre la verità).
Ma anche qui Paulo è bravo perchè fa che un medico si innamorato di lei e un altro (la ragazza) la senta "vicina" in questa lotta al tremendo maschilismo imperante in struttura.
Insomma, anche personaggi che per ruolo o intelligenza avrebbero potuto capire che Alice mente sono in qualche modo condizionati da altri fattori.

Ci sarebbero tante altre scene che vorrei "spiegare" (ossia dare una mia interpretazione) ma credo che poi la cosa possa diventare troppo pesante e troppo analitica.
In ogni caso per qualsiasi dubbio sono qua :)

Si arriva quindi alla fine del film con la certezza di aver visto qualcosa di avvincente e stimolante ma con tante storture di naso.
E non parlo solo di furbescherie non tanto "fair" con lo spettatore ma anche di scene francamente sbagliatine (come è possibile che malati di mente vengano mandati ore ed ore liberi da soli nei boschi? Perchè Alvar nel finale, avendo l'asso nella manica dello psichiatra di Alice, lo fa entrare DOPO il voto?).

Però che gran personaggio principale, che grande atmosfera, che incastri.
Paulo, ti odio.
E ti amo.

36 commenti:

  1. Va bene thriller contorti, va bene psicologie schizzate, va bene anche che si sballottino gli spettatori con repentini salti spazio temporali a confondere ancor di più, ma se poi il tutto è davvero tirato per i capelli, se si mira solo a fornire quadri sballati ma non sostenuti da una logica di base, allora si può narrare di tutto, senza preoccuparsi che qualcosa fili esattamente. Basta sorprendere di continuo e fornire chiavi di lettura che si sovrappongono l’una sull’altra lasciando basiti anche sul finale, quando invece di scioglierli i nodi, si lascia intuire che comunque regista e sceneggiatori ti vogliano comunque fregare, della serie: pensavi di aver capito? E invece no, perché forse non abbiamo capito neanche noi che giravamo e sceneggiavamo.
    Insomma noi spettatori che già avevamo digerito a fatica le gesta iperboliche di Alicia all’interno del manicomio, descritto grossolanamente e senza mai offrire spessore agli ospiti, cominciamo a dubitare da subito ma è vero che la trama intriga ma alla fine il sufflè sbraga come quando apri il forno prima del tempo.

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    1. Se avessi una parte "cattiva" che parla male dei film riguardo questo scriverei (o vorrei scrivere) le stesse esatte tue parole, ahah

      nel senso che a me è piaciuto ma a denti stretti ammetto che tutto quello che dici ha senso ;)

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    2. .. a parità di incasinamento voluto, ho preferito Durante la tormenta.. ;)

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    3. Ahah, io no.
      Non ricordo perchè e percome ma quello lo considerai davvero un passo falso

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  2. Qualcuno sa dove si può vedere El cuerpo in italiano !?

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    1. Provo a sentire ma semmai mi devi contattare su fb o IG

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    2. Grazie mille ma è stato doppiato !?

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    3. Se ricordo bene no, lingua e sub ita

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  3. Gran bel film, non ai livelli di "El Cuerpo", ma certamente molto al di sopra de "Durante la tormenta".
    "Le linee storte di Dio", il vero titolo che avrebbe dovuto avere il film (dal romanzo da cui è stato tratto), non ha una complessità fine a sé stessa ma è Paulo che, a mio avviso in modo intelligente, racconta visivamente la storia in modo da far riflettere (piuttosto che confondere) lo spettatore.
    D'altronde tale strategia emerge prepotentemente nell'inquadratura finale: Alice ci fa o ci è?

    *****SPOILER*****


    Nel romanzo Alice viene lasciata libera di uscire ed iniziare una nuova vita ma lei, dentro se stessa, capisce che non è per niente sicura di tenere a bada la sua paranoia e nonostante abbia raggiunto il suo fine chiede di ritornare dentro l'istituto e terminare la sua esistenza dentro quelle mura.

    ***** FINE SPOILER *****

    A mio parere un film da vedere senza indugi.

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    1. Molto interessante! dico sia la questione generale del libro che il finale

      sì, il titolo spagnolo è bello e giusto, quello italiano brutto e sbagliato, se ci pensi quasi "opposto" a quello che si dice in quel dialogo (nel senso che i malati sono proprio le righe sbagliate di Dio, e sempre ci saranno, quindi quando Dio imparò a scrivere non ha alcun senso)

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    2. Per amor di pignoleria: è vero che il titolo italiano è discutibile, ma il fatto di Dio che impara a scrivere lo dice testualmente il primario al commissario.

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    3. Eh no, è questo che contesto

      Il titolo italiano lascia intendere nella nostra lingua che Dio abbia imparato a scrivere, che quindi non commetta errori

      Quando imparò significa questo nella nostra lungua

      mentre quel discorso fa leva appunto sugli errori, le righe sbagliate del titolo spagnolo, righe che continua a fare (i malati mentali ci sono sempre)

      non so, posso sbagliarmi, ma lo trovo un titolo che modifica il senso proprio

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    4. Io sono d'accordo con te: estratto dal contesto cambia effetto. Segnalavo solo per pignoleria che le parole del titolo italiano non sono una pura invenzione, bensì riprese dalla stessa battuta dei “renglones torcidos”. Per la precisione, “i pazienti che finiscono qui sono le righe storte che venivano fuori quando Dio stava imparando a scrivere” (in originale, “los pacientes que acaban aquí serían como los renglones torcidos de cuando Dios aprendió a escribir”).

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    5. Ah, sì sì, assolutamente.
      Io contestavo proprio il fatto che i due titoli,italiano e spagnolo, danno due sensi diversi, addirittura uno opposto all'altro

      Ma capita spesso che i titoli italiani oltre che più brutti dell'originale siano proprio sbagliati, o fatti da qualcuno che il film non l'ha visto o da qualcuno che non capisce

      tra l'altro l'errore è doppio perchè tradurre l'originale, oltre che più giusto,era anche più bello

      "Le righe sbagliate di Dio", hai comunque tradotto ed è più bello, non capisco perchè non mantenerlo ;)

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    6. Ah, e in tutto ciò ti ringrazio per avermi fatto scoprire questo film e Oriol Paulo!

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  4. Avendo adorato El Cuerpo e Contratiempo, avevo grandi aspettative sulla nuova fatica di Paulo e anche a distanza di 3 mesi dalla visione l'amaro in bocca resta.
    Se l'atmosfera e la caratterizzazione dei personaggi convince, gli espedienti utilizzati per alimentare mistero e dubbi sulla vicenda sono quantomeno forzati, in primis il finto prequel, preso chiaramente come riferimento dallo spettatore.
    La sensazione é che Paulo si sia fatto prendere un po' troppo la mano nel voler calcare una vicenda che puntasse a un epilogo quanto più sorprendente possibile e si sia inesorabilmente perso nei dettagli.
    Spesso meno elementi si da, più il mistero funziona e qua si é chiaramente voluto strafare...
    Resta, nonostante tutto, un ottimo thriller con un altrettanto ottimo finale, capace comunque di tenere incollati fino alla fine e a cui si può certamente perdonare i vari difetti di sceneggiatura.

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    1. "dettagli, dettagli", buffo che dici che si è perso nei dettagli (e probabilmente hai ragione) quando questi erano il mantra di Contrattempo (le virgolette l'ho messe perchè, appunto, lei diceva semrpe quella cosa)

      comunque d'accordo,troppe cose, troppi trucchi

      eppure, come dici, la visione è molto piacevole e magari una seconda lo rende quasi perfetto

      ma non è giusto che uno sia obbligato a farla ;)

      doveva asciugare, sì

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    2. "gli espedienti utilizzati per alimentare mistero e dubbi sulla vicenda sono quantomeno forzati, in primis il finto prequel, preso chiaramente come riferimento dallo spettatore."

      Film che iniziano fornendo allo spettatore una prospettiva che, alla fine, si dimostrerà assolutamente non veritiera ne esistono a bizzeffe, è uno degli escamotage più usati nella storia del genere Thriller.

      Personalmente non ho trovato tutti questi difetti (semmai la "deriva" del nano si rivela essere un macguffin) e sul discorso dell'utilizzo di meno elementi possibili è soltanto una questione di strategia: ricordo ancora "Madre!" dove tutto mi fu chiaro fin dal prologo (Aronofsky spiega tutto in quel minuto introduttivo) mentre alla maggior parte delle persone non fu chiaro nulla neanche dopo il finale; non si tratta di capacità personali quanto di "entrare nel film e viverlo" piuttosto che limitarsi a vederlo come spettatore.

      Ci sono tanti film che, al contrario, ti forniscono un sacco di elementi e che, ad ogni modo, permettono difficilmente allo spettatore di trovare il bandolo della matassa: vado alla rinfusa, da "We Need to do Something" a "El Habitante Incierto", da "Blood Punch" a "Don't Blink", da "Starfish" a "La Stanza", da "The Frame" a "Tiere" e sicuramente ne sto dimenticando di più importanti.

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    3. Ne ho visto solo UNO, ahah, Tiere

      che credo sia Animals, tra l'altro sottotitolato da noi se non sbaglio

      bellissimo, anche se ricordo non tanto (come di tutti i film complessi che si vedono una volta sola)

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  5. Qui è piaciuto e ci ha dato una bella serata - io l'ho visto dopo dieci ore di lavoro e, nonostante l'abbiocco, mi ha tenuto sveglio, segno che il su lavoro lo fa egregiamente. Anche se da un certo punto di vista era come essere di nuovo in turno...

    Con Paulo però ho un problema. Belli i suoi film e tutto quanto, ma mi danno sempre la sensazione dell'incasinamento e del colpo di scena fine a sé stesso, senza sovrastrutture o discorsi adeguati... il che non è per forza un demerito, ma dopo tutti quegli shock, per assurdo mi rimane un ricordo molto più "flebile".

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    1. Alla fine, anche partendo da strade diverse, ci ritroviamo bene o male tutti lì con questo film

      Bello, piacevole, da consigliare, ma incasinato e furbo. Dico la verità, a me quell'ultimo minuto è piaciuto, ma non per il suo effetto (farmi ribaltare di nuovo tutto) ma proprio per la questione che c'è riuscito in 10 secondi, ahah

      Insomma, ritrovarmi a cambiare idea in 10 secondi non me l'aspettavo, poi però le magagne vengono fuori

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  6. visto oggi, bello, Oriol Paulo sa il fatto suo, si ripete, nel senso che fa bei film a ripetizione.
    ti tiene incollato allo schermo fino all'ultimo minuto, e, comunque la si veda, non è cosa da poco.
    è come se gli sceneggiatori, come Pollicino, ci avessero fatto raccogliere le pietroline per tornare con sicirezza a casa, e poi, alla fine, come nel Monopoli, sotto l'ultima pietra (in realtà un macigno, ma lo scopri dopo) ci fosse la carta "ricomincia dall'inizio"

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    1. tutto vero quello che dici

      ma infatti io per questi motivi lo trovo davvero bello

      il problema non è il cosa, ma il come. Mi sembra che sia troppo furbo, comanda sempre il gioco lui come gli pare. Invece magari preferisco film come Shutter Island dove si va avanti come una spada ed è lo spettatore che deve cogliere le cose minime per capire

      qui invece è un "è così" poi "non è così" poi "è così" all'infinito

      divertente, suggestivo ma siamo trattati un pochino come burattini

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  7. Neanche a farlo apposta letto oggi un libro-diario di una compaesana con disturbo borderline, e giri per reparti e ospedali... Varda il caso...
    Bello, Alice mi puzzava fin dall'inizio, ma come tutti i film con colpi di scena non puoi essere sicuro di nulla, fino a un certo punto almeno. Poi capisci; ti godi il finale, mi son piaciuti i personaggi fino alla fine.
    Un saluto!

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    1. famoce il film!

      No, ma che Alice sia un personaggio ambiguo ce lo dicono dopo 3 minuti, con quella lettera

      comunque son d'accordo

      avendi Edo!

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  8. P.s. "dopo il voto" è la stronzaggine del direttore, si vendica, si è parato il culo facendo cascare ogni accusa e cambiandola in una lettera di dimissioni, ha sminuito fronte la commissione tutti i medici rimasti e la credibilità dell'ospedale senza di lui. La prova scritta che loro han sbagliato, la sicurezza di essere pulito.

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    1. ah, cavolo, non avevo pensato a questa lettura

      hai ragione...

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  9. Paulo si conferma un autore di grande talento. Ho apprezzato anche questo suo ultimo lavoro, sebbene non abbia la scintilla poetica di Contratiempo, che resta il suo prodotto migliore. In "Quando Dio imparò a scrivere" - che avrebbe potuto essere asciugato tranquillamente di una ventina di minuti - ci sono tutti i temi cari e gli stili cari a Paulo: l'ambiguità dei personaggi, i ribaltamenti di prospettiva, la contraddizione, un'atmosfera che si fa personaggio, l'improvvisa accelerazione del ritmo, il susseguirsi di colpi di scena in attesa di quello finale. Eppure, stavolta, si ferma un momento prima di farmi innamorare, come è successo con Contratiempo, che contiene tutto questo, ma - se mi è concesso usare questa brutta espressione - la volontà di stupire e confondere lo spettatore è subordinata alle necessità del racconto, mentre in Quando Dio imparò a scrivere sembra essere il contrario, almeno a tratti. A ogni modo, ci troviamo di fronte a un ottimo film, che fino all'ultimo istante mi ha tenuto lì col fiato sospeso, lasciandomi con tante domande e suggestioni, e credo che in fondo questo sia lo scopo che Paulo si era prefissato.

    Voglio spendere qualche parola inutile sul titolo. Appena l'ho sentito non ho potuto fare a meno di pensare a un libro che ho letto tantissimi anni fa, "La Musa impara a scrivere", di Eric Havelock. Non c'entra niente coi temi del film, dato che si tratta di un saggio che si interroga sui catastrofici cambiamenti avvenuti sulla scena sociale in seguito all'avvento della scrittura. Però ho pensato: quali sono le linee storte della Musa? Ma qua entriamo nei miei deliri e ve li evito.

    Un'altra considerazione inutile. La pioggia. La notte dell'incendio è immersa in una pioggia incessante, la stessa pioggia incessante che ritrovo, per esempio, ne La Isla Minima e in Infiesto, come se il recente cinema spagnolo avesse trovato un nuovo personaggio: la pioggia torrenziale.

    Un abbraccio :)

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    1. La penso esattamente come te Roberto

      Anche a livello umano se ci pensi questo film doveva trasmettere di più, mentre non lo so, ci si emoziona molto di più con Contrattempo, film certo strutturato ma molto più asciutto e meno cinematografico. Come dici te i fili del cinema e del voler stupire sono superiori al racconto. E quando succede questo si vedono bei o bellissimi film ma non film che facilmente facciamo nostri

      ahah, per me potevi anche esplicare i tuoi deliri sulla Musa ;)

      la pioggia è la cosa più bella che c'è nel cinema, ahah

      tra l'altro ho appena rivisto per la seconda volta Adorazione (che anche te hai visto) e anche lì ci sono due scenebellissime sotto il diluvio

      (comunque se non sbaglio anche Durante la tormenta e Contrattempo hanno scene di diluvio)

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  10. Thanks for the time and effort you've put into this blog

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  11. tra l'altro c'è da dire che un piccolo errore secondo me è quello della vacanza del dottor Donadio... nel senso, il film vuole farci capire che la donna ha sempre mentito, ma se ci fate caso la sua menzogna è stata mal architettata in quanto solo per puro caso non era stato possibile contattare il dottor Donadio (ci viene detto a fine film che era in vacanza con la moglie)... ma se fossero riuscito a contattarlo immediatamente, si sarebbe scoperta la verità a metà film... devo pensare che Alice non fosse poi così brava a mentire o che è semplicemente uno dei tanti piccoli errori del film? ad ogni modo, a livello emozionale, gran bel film, mi è piaciuto molto e sono proprio i film che amo... al di là di piccoli errori perdonabili

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    1. commento ineccepibile

      ora per risponderti dovrei ricordarmi perfettamente tutto ma, a sensazione, tendo a darti ragione

      in ogni caso sì, son quei film molto belli che però per far tornare tutto qualche forzatura la hanno...

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  12. Come fa ad avere il controllo sui pazzi per farsi assecondare la fuga? Il marito, oramai ricco , perché prende i soldi e scappa? Poi , avendo una moglie realmente "pazza" , per quale motivo deve dare tutti quei soldi alla clinica (2 milioni di pesetas), cifra spropositata? Poi , come ha avuto tre figli in manicomio? I dubbi sono tanti e sono fatti per attrarre i sospetti, ma non reggono.

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    1. Purtroppo è passato troppo tempo e fatico a rispondere a questi quesiti

      Riguardo i figli, sempre che siano suoi, non deve averli avuti in manicomio, chi lo dice? prima

      riguardo i soldi del marito mi pare che nel film venga detto che solo in caso lei fosse ricoverata gli spettavano, non se la uccideva

      ma non voglio arrampicarmi sugli specchi, ricordo benissimo il film ma non certi piccoli dettagli ;)

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